sabato 14 aprile 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


BELLI SONO I CASTELLI

C'ERA , LASSU' AL CASTELLO, Roberto Piumini, Gianni De Conno
Carthusia, 2012

NARRATIVA PER MEDI (dagli 8 anni)

"Belli sono i castelli, e bellissimo quello d'Avio. Ma qualche volta, anzi spesso, i castelli erano abitati da uomini avidi, crudeli e prepotenti, che con forza d'armi e leggi ingiuste sfruttavano, tormentavano e derubavano la gente. Ai contadini prendevano frutti e frumenti, ai pastori caci e agnelli, ai boscaioli legna e carbone, e alle ragazze l'onore."

Il castello di Sabbionara, altrimenti detto il castello di Avio, lo si vede bene dall'autostrada, la A22, quella che va al Brennero. Arroccato, bianco e robusto, con la sua cinta e il suo mastio che spicca sul verde dei boschi del Trentino che lo circondano. E' bellissimo.
Le sei leggende e una ballata che compongono questo libro arrivan di lì.
Leggende, quasi fiabe, che si raccontano intorno ad Avio, alle pendici del monte Baldo, dove governarono i Castelbarco (nel testo, diventati i Castelbaldo, probabilmente perché non ci fanno una gran bella figura...) e dove ancora oggi si trova questo castello, che nel Medioevo gli appartenne.
Posto a difesa di quella zona di confine, in corrispondenza di un importante valico, passaggio di pellegrini, viaggiatori (noi compresi), mercanti e soldati, il castello e il borgo sottostante sono stati teatro di narrazioni di storie di dame e cavalieri, piuttosto che di pastori e di streghe.
Così, il bibliotecario di Avio e Carthusia hanno pensato fosse giusto non perderne la memoria e le hanno affidate a Roberto Piumini e a Gianni De Conno perché ne facessero un libro. Un bel libro.

Il castello stesso è protagonista muto di una delle sei leggende, Il vitello d'oro, in cui si racconta dell'avarizia e del sospetto che corrose l'animo di Brandone, signore del luogo. La generosità invece distingue il carattere del pastore che accolse nella caverna, dove teneva al riparo dal temporale le sue pecore, il gregge di un pastore sconosciuto e misterioso, o quello della principessa longobarda Teodolinda che sacrificò la sua dote per la salvezza di due bambini. Orgoglio e fede alla parola data sono le due parole chiave per definire il carattere della principessa, protagonista de La prigioniera muta. Rinchiusa senza colpa da un marito geloso e possessivo, Bercione, lei decise di non parlare più fino al giorno in cui fosse stata riconosciuta la sua innocenza. Neanche il pastore Matteo che con affetto e dedizione se ne curò riuscì ad addolcirne il proposito, salvo poi ottenere da lei, ormai riconosciuta la sua onestà, la desiderata ricompensa amorosa. L'amore, quello autentico e voluto, è anche il protagonista dell'ultima leggenda, quella de Le lettere d'amore. Mariana, che non voleva ancora trovare uno sposo, nonostante le insistenze del vecchio padre, decise così di stabilire come condizione per il matrimonio quella di mettere alla prova i pretendenti nell'indovinare alla cieca le lettere del suo nome, dipinte tra tante altre, sulle pareti di una sala del castello. Ironia della sorte, fu un cieco a indovinarle, a dire il vero spinto da un amore nascente più che dalla fortuna.
Gianni De Conno conferma per i bei testi elaborati da Piumini la stessa atmosfera quasi irreale, fiabesca e nebbiosa che ci porta in un mondo leggendario, scuro e silenzioso entro cui le figure sembrano cristallizzate nei loro gesti significativi.


Tanto sono ispirate ed evocative le parole di Piumini e le tavole di De Conno, tanto artificiose sono le soluzioni grafiche del libro, con titoli svolazzanti e composizioni o accostamenti di figure, inutilmente arditi.

Carla

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