giovedì 29 novembre 2012

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

PETTIROSSO SFORTUNATO


L’amore indiscutibilmente può far compiere imprese straordinarie! Devono aver pensato così i due autori (su Ale+Ale anche qui, qui e qui) di questo illustrato, Cuor di pettirosso, nel raccontare le imprese di un uccellino, trafitto dalla freccia di cupido nel vedere l’angelica creatura che gli rapisce il cuore e gli colora il petto di rosso. 


Ma l’oggetto del suo amore è sfuggente, incalzata da altri spasimanti più grandi, più forti, che sempre precedono il nostro piccolo sfortunato protagonista.
Così, inutile la poesia d’amore, o l’omaggio di un pezzo di vetro verde smeraldo, mentre la gazza, tutta fiera di sé porta una gemma splendente; sollevare una pigna? Nemmeno questo basta! C’è il corvo che riesce a sollevare un sasso. Che si può fare per farsi notare? 

Travestirsi con le penne e le piume dei rivali, ma il risultato non è quello sperato, l’amata perde i sensi di fronte ad una creatura così strana, salvo poi confessare, prima di volare via, di essersi innamorata di un coraggioso pettirosso. Povero uccellino, riuscirà a raggiungere l’amata? Poiché è una bella favola, confidiamo di sì.


L’illustrato realizzato da Ale + Ale ha un’ambientazione orientale, come se la gentilezza e la poesia ben si sposassero con le pagode e con i ponticelli su delicati giardini giapponesi.
Questi sfondi fatti di fiori di ciliegio ben rappresentano lo smarrimento del giovane innamorato, che però non si arrende, provando e riprovando a conquistare il suo cuore.
Non solo coraggio, direi anche determinazione e perseveranza, virtù non sempre abbastanza apprezzate.
Questa delicata storia d’amore è adatta a lettrici e lettori di tutte le età, a partire dai quattro anni.

Eleonora


“Cuor di pettirosso”, Ale + Ale, Arka 2012.





mercoledì 28 novembre 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

SEMBRA FACILE...

DA OGGI SONO FELICE, Sarah Weeks
Beisler, 2012


NARRATIVA PER GRANDI (dai 12 anni)

"Quell'anno molte cose stavano cambiando. Io, più di tutto. Divenni insopportabile. Bastava niente perché perdessi la pazienza, e la vittima preferita era sempre lei, mia madre. E poi mi mettevo a piangere, così, senza ragione. Fiumi e fiumi di lacrime, un mare di singhiozzi. Mi sentivo uno straccio, vuota, inutile. La mia vita era un disastro. A cominciare dai genitori. Lui vecchissimo, lei grassa e ossessiva."

Verbena Ellen Colter ha 11 anni e sta crescendo. E crescere è quasi sempre un esercizio faticoso. In crescita, sono due i sentimenti che si alternano: la rabbia e il senso di estraneità verso gli altri. Si possono avere i migliori genitori del mondo, e Verbena li ha effettivamente, ma nei loro confronti rabbia e lontananza sono fisiologiche, sintomi del naturale distacco che deve avvenire all'interno del legame tra figli e madri e padri. Verbena c'è in mezzo, in pieno.
Considera i suoi genitori altro da sé e si vergogna di loro. Si vergogna soprattutto di sua madre e pensa che la sua condizione di insoddisfazione dipenda massimamente da lei.
Così, quando il giorno del suo diploma la vede indossare il vestito con le bucce di pisello, quello stesso vestito che avevano uguale e che entrambe indossavano quando lei era più piccola per la gioia di entrambe, è per lei come 'fumo negli occhi': "un divano con la tappezzeria a bucce di pisello!"
Ma a questo diffuso senso di disagio, rabbia, inadeguatezza, fragilità si va ad aggiungere una difficile verità che fino a quel momento le era stata tenuta nascosta. Verbena è stata adottata; i suoi veri genitori sono in realtà un'alcolizzata e un galeotto. Quest'ultimo è però suo zio.
Per Verbena è facile mettere insieme le due cose: io sono così perché arrivo da lì, il mio essere così diversa nasce nel mio DNA e quindi sono condannata: as simple as it seems...
Ma questo rovello nella testa della ragazzina si inceppa con un granello di sabbia, o per meglio dire, con una Pulce. Lui, Pulce, è un ragazzino mingherlino, pieno di assurde fantasie, molte allergie e qualche affinità con questa ragazzina. Un'estate si affacciad'improvviso,nella turbolenta vita di Verbena.
Condividere con lui il progetto di rimettere in sesto un vecchia barca abbandonata sulla rive del lago, fa sì che Verbena faccia ripartire il suo cuore, rilassi i suoi muscoli troppo contratti e ricominci a respirare.
Ma soprattutto a Pulce va il merito, forse anche inconsapevole, di aver rimesso in contatto Verbena con Verbena. Avere un interlocutore per questa sbalestrata ragazzina ha significato soprattutto ritrovare se stessa, imparare ad accettarsi, ed avere nuovi punti di riferimento, sui quali poter fissare la propria nuova rotta, verso la felicità di diventare grandi.

Un altro meraviglioso romanzo di Sarah Weeks. La ragazza Chissachì (Beisler, 2005) che considero un caposaldo della mia biblioteca ideale mi ha così tanto colpito che per sette anni l'ho letto e riletto a tutti i ragazzi che ho finora incontrato. E mai una volta mi è capitato di sentirne un giudizio meno che entusiasta.
E adesso ci risiamo. Di nuovo una relazione madre-figlia indagata da scorci forse più consueti, di altrettanto toccante e potente autenticità.
Nella galleria delle ragazze da amare ad ogni costo ad Heidi si affianca Verbena. Nella galleria delle donne da amare accanto a Zucchero e a Bernadette entra a pieno titolo Ellen Wojcik, lei e le sue abbondanti misure.
Nella galleria delle scrittrici: Sarah Weeks, ancora una volta 'barca' sicura per tutti quei ragazzi che sono al guado tra infanzia ed età adulta.

Carla

martedì 27 novembre 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


ALBA E BELLA AMICHE PER LA PELLE, Dafna ben Zvi, Ofra Amit
Arka, 2012


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"La sveglia, puntuale a meraviglia, ogni mattina suona alle sette. Con un balzo Alba si alza, si stiracchia, scodinzola, sbadiglia e in un attimo rifà il suo letto.
E Bella? Lei di alzarsi proprio non se la sente. Fare stretching non è divertente. E che noia lavarsi, ordinare la casa e persino giocare! Meglio il dolce farniente. Solo per mangiare a volte mette un piede giù dal letto.
A volte..."

Se adesso vi dicessi che le protagoniste di questa storia sono un cane e un gatto, credo che non avreste dubbi su chi sia Bella, regina di pigrizia e Alba, campione di efficienza.
Nonostante la loro visione del mondo così diversa, le due sono grandi amiche. 


Alba, un nome un destino, si sveglia presto, rassetta la casa, prepara torte, pulisce, lava e va a caccia di pulci nascoste, gioca, legge e ascolta un po' di musica e aspetta che Bella si alzi. Dall'altra Bella, altro nome altro destino, sta invece tutto il giorno comodamente sdraiata sul suo canapè pieno di cuscini. Di alzarsi non se la sente.


La noia in quella giornata uggiosa spinge Alba a fare un bel giro nel bosco in cerca di funghi da cucinare per la sua pigra amica. E Bella che fa nel frattempo? No, lei di alzarsi ancora non se la sente.

Un violento temporale coglie impreparata la povera Alba che trova rifugio nel tronco cavo di un albero. Lampi e tuoni la fanno tremare. Con tutto il fiato che ha prova a chiamare. Ma nessuno la sente. E Bella? Continua a dormire, ovviamente!
Sarà la fame e tutto quell'insolito silenzio intorno a stanarla dal suo morbido giaciglio.
Ed eccola finalmente in azione per cercare la sua amica per la pelle. E tra lampi e tuoni, sotto una pioggia battente chiama Alba disperatamente. È nel bisogno che si vedono i veri amici.
Il lieto fine è in agguato!


Una cagnotta rosso acceso, con due belle orecchie lunghe da segugio, tenute come due vezzose treccioline, accanto a una gattona a righe, tanto pigra da aver la forma a pera: così Ofra Amit le ha immaginate, le due amiche per la pelle.


Divertente storiellina illustrata per la collana delle Perle di Arka. Formato quadrato, insolito per questa casa editrice, la carta lucida delle pagine interne è invece una consuetudine.
Ma per chi come me ha amato le bellissime tavole di Ofra Amit per il libro Bruno. Il bambino che imparò a volare, edito da orecchio acerbo (2012) e per chi ha avuto la fortuna di vedere gli originali in mostra a Roma lo scorso anno, questa pagina così lucida che 'appiattisce' il colore costituisce un piccolo dolore. Le tonalità calde, le sfumature che di solito in Ofra Amit creano volumi si 'schiacciano' in una resa bidimensionale che non le fa onore.
Pubblicata per la prima volta in Israele nel 2009, la storia raccontata da Dafna ben Zvi è molto divertente e porta con leggerezza l'attenzione del lettore sulla capacità di volersi bene anche se così differenti; sulla generosità di rispettare nell'altro attitudini diverse dalle nostre; ma anche sulla capacità di saper capire quando assecondare se stessi comporta il rischio di perdere 'qualcosa', in questo caso la propria migliore amica.
Bella è anche la sua musicalità interna del testo, che stupisce il lettore.
Sebbene non sia una storia tutta in versi, tuttavia ogni tanto, in maniera disordinata, torna la rima quando meno te lo aspetti. 
Ed è una gioia.

Carla

lunedì 26 novembre 2012

UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)


VANGO


La lettura di Vango è sicuramente complessa: sia nel primo volume che nel secondo, uscito da poco, si intrecciano diversi piani temporali, con una tecnica di scrittura che contraddistingue Timothée de Fombelle. In entrambi i volumi, che raccontano la storia movimentata di un giovane rampollo dei Romanov, si accavallano le vicende di molti personaggi, alcuni ben definiti altri appena abbozzati, che si muovono freneticamente fra Parigi e New York, fra l’isola di Salina e l’Inghilterra. Molti dei nostri giovani lettori indietreggiano di fronte a due difficoltà: una, come si è detto, è data dalla complessità della trama, dal dover andare avanti e indietro nel tempo e nello spazio, l’altra riguarda l’ambientazione storica scelta, fra la rivoluzione russa e le seconda guerra mondiale.
Detto questo, rendiamo onore al merito: c’è, nel nostro autore, una grande padronanza della narrazione, che nel secondo volume si snoda con chiarezza; abbiamo di fronte un romanzo corale, in cui ciascun personaggio, compreso Iosif Vissarionovich Dzugasvili, detto Stalin, acquista la sua giusta collocazione in un mosaico di intrighi, avventure, passioni, amori sottaciuti, segreti.
Nel dipanarsi della vicenda, che passa dalla prima guerra mondiale alla Resistenza nella Francia occupata dai nazisti, perde importanza l’interrogativo che chiudeva il primo volume, cioè chi fosse Vango, che legami avesse con la Russia; e diventa sempre più importante la vicenda umana che lega il protagonista a Ethel o a Mademoiselle, a padre Zefiro o alla Talpa. Ciascun personaggio porta nel cuore un dolore, una perdita, una separazione; ognuno di loro per difendere i propri affetti, per mantenere le proprie promesse deve conservare il segreto, deve fuggire e nascondersi, deve ingannare un nemico onnipresente e alla fine sconfitto.
De Fombelle ha delle grandi capacità narrative, riesce a creare immagini che illuminano stati d’animo, situazioni, emozioni; la scrittura è scorrevole e il lessico curato e va dato merito alla traduttrice Maria Bastanzetti di aver conservato questa ricchezza; infine ha una grande padronanza del meccanismo narrativo, grazie anche, credo, al suo lavoro di autore teatrale e sceneggiatore, con un ritmo serrato e un intreccio costante dei piani narrativi. La parte finale del romanzo è geniale, nel riconnettere tutti fili, nel ricongiungere i personaggi che nel frattempo sono diventati qualcosa di diverso, nello spiazzare il lettore, convinto fino a poche pagine prima che il centro narrativo sia davvero scoprire chi sono i genitori del protagonista. A maggior ragione dispiace constatare la resistenza che i giovani lettori dimostrano nei confronti di questa romanzo, fuori dai consueti canoni della narrativa di genere.


Eleonora


“Vango. Un principe senza regno”, T. De Fombelle, San Paolo 2012
“Vango. Tra cielo e terra”, T. De Fombelle, San Paolo 2011




domenica 25 novembre 2012


PAN DI SPEZIE 

Ormai fa freddo, almeno qui al nord, le giornate si accorciano sempre di più, quindi cosa c'è di meglio che riprendere l'abitudine di un bel te caldo pomeridiano accompagnato da un dolcetto? Certo non tutti i giorni, ma per quello poche o tante volte che ci riusciamo, perché non con un buon pan di spezie? Ammesso che vi piacciano le spezie.
A me sì, soprattutto abbinate ai gusti dolci.
Il pan di spezie non è di certo una mia invenzione, la sua origine ci riporta alle antiche civiltà del bacino del mediterraneo e anche un po' più in là verso il leggendario oriente.
Nel tempo la ricetta si è articolata nel composto e nelle forme date ai pani in svariate soluzione diverse. Da quelle elaborate dagli ordini religiosi a quelle territoriali più o meno irriverenti.
Io vi propongo questa, che faccio da molti anni. Non mi ricordo dove l'abbia trovata e perciò non so dire a quale contesto storico o geografico si riferisce. Però mi sembra ben equilibrata nei sapori e facile da fare.


Ingredienti:
  • 175 gr di farina bianca 0
  • 100 gr farina di segale
  • 250 gr di miele di montagna (o almeno non troppo dolce e zuccheroso)
  • 40 gr di zucchero di canna grezzo
  • 100 gr di burro
  • 2 uova
  • 1 cucchiaino e 1/2 di lievito in polvere
  • 1 cucchiaino e 1/2 di anice in grani
  • 1 cucchiaino di cannella in polvere
  • 1 cucchiaino di zenzero in polvere
  • ¼ di cucchiaino di noce moscata in polvere
  • 4 o 5 chiodi di garofano
  • un pizzico abbondante di sale.

In una casseruola scaldate a fuoco molto basso il miele, aggiungetevi il burro fatto a piccoli pezzettini e mescolare bene finché non è tutto fuso. E qui faccio un piccolo inciso sul miele. Benché siano le spezie a fare da protagoniste nella ricetta, il miele è molto importante perché dà il retrogusto dominante, quindi sceglietene un tipo che vi piace proprio.
Togliete dal fuoco e aggiungete lo zucchero. Se avete usato il tipo “Mascobado” dovete mescolare molto bene perché farà fatica a sciogliersi. Lasciate intiepidire un po'.
Sbattete bene le uova (meglio con la frusta) e unitele al composto miele-burro-zucchero.
In un'altra terrina, a secco, mettete le farine, le spezie, il lievito e il sale e mescolatele bene tra di loro.
Con un setaccio aggiungete poco alla volta le farine al composto umido fino ad ottenere un impasto omogeneo.
Versatelo in uno stampo da plum-cake da 25 cm foderato di carta da forno.
Cuocere a 180°per circa 70 minuti. Come sempre vale la regola della verifica di cottura con lo stecchino.
Avvolto in carta oleata si può conservare a lungo, ma di solito il problema non si pone.



Gabriella

giovedì 22 novembre 2012

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

PER RIDERE UN PO’

Due storie divertenti destinate ai piccoli, giovani lettori dai tre anni in su. Cominciamo dal più semplice: Un collo lungo lungo, di Anne Louchard, della Minedition. 



L’agile cartonato si pone una domanda tutt’altro che stupida: come fanno le giraffe a dormire con quel collo lungo lungo? Soprattutto dove lo mettono, come lo sistemano? Forse si appoggiano con la testa ad un ramo alto di un albero? Oppure lo arrotolano attorno al ramo, o le giraffe dormono intrecciando i rispettivi colli l’uno all’altro? Forse, invece, si agganciano fra due rami, cercando di fare una sorta d’amaca…sulla strada dell’assurdo, tutto è possibile, compresa la poetica soluzione che il libro suggerisce e che non vi svelerò. 


Divertente quanto lo può essere inseguire le spiazzanti domande dei bambini.
L’altra storia che vi propongo è Oh-oh!, di Chris Haughton, giovane autore irlandese, tradotto dalla Lapis. 


E’ la storia di un piccolo gufetto che sbilanciandosi nel sonno, cade dal nido. 

Come farà a ritrovare la sua mamma? Niente di meglio che chiedere allo Scoiattolo che sentite le descrizioni, un po’ succinte, del gufetto lo porta in realtà dalle mamme sbagliate. Non preoccupatevi, alla fine tutto si risolve, il gufetto riabbraccia la mamma e tutti insieme mangiano i buoni biscotti preparati da mamma gufo, solo che…
La storia è semplicissima e si basa tutta sui fraintendimenti che nascono dalle sommarie descrizioni che il piccolo gufo fornisce al suo soccorritore, che scambia le orecchie a punta del gufo con quelle della lepre, gli occhi grandi con quelli del ranocchio, che per fortuna si ricorda di aver visto una mamma gufo che cercava disperatail suo piccolo. Le illustrazioni sono vivaci, immediate, molto semplici, sottolineano amabilmente il lato paradossale della storia.
Guardatevi il divertente book trailer: 


Eleonora

“Un collo lungo lungo”, A. Louchard, Minedition 2012.
Oh-oh!”, C. Haughton, Lapis 2012.



mercoledì 21 novembre 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


IL PICCOLO IMPERATORE

CESARE, Gregoire Solotareff
Babalibri, 2012

ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Era domenica, subito dopo la distribuzione del mangime. era una bellissima giornata. All'improvviso, Cesare smise di cantare, si avvicinò a suo padre e gli bisbigliò all'orecchio: 'Papà! Guarda! La porta della gabbia è aperta! E anche la finestra. Vieni, torniamo a casa nostra, nel paese dei coccodrilli!'"

Cesare è piccolo. Un piccolo di uccello. Vive con il padre che, in una gabbia rinchiuso, soffre di nostalgia della propria terra. E allora racconta storie al suo bambino, prima fra tutte quella del coccodrillo imperatore. Cesare ascolta incantato e sogna di poter diventare lui stesso imperatore un giorno (con quel nome non potrebbe fare altro...), così invincibile da potersi mangiare addirittura un coccodrillo a pranzo. Quando qualcuno lascia la gabbia aperta, per Cesare non c'è dubbio: bisogna approfittarne. Fuggire! Il piccolo cerca di convincere il padre a seguirlo, ma oramai lui è vecchio e quel lungo viaggio fino in Africa lo consumerebbe... vai figliolo, sempre verso sud, ma attenzione ai coccodrilli!


Con l'incitazione del padre, spinto dalla curiosità, Cesare comincia questo suo lungo viaggio verso l'Africa. Qualche lacrima di nostalgia verso il padre ma soprattutto tante ore di volo per un piccoletto.
Raggiunto l'Egitto e trovato il coccodrillo, Cesare si ricorda che un imperatore non deve temere nulla: così con andatura impettita affronta il suo nemico storico.
Ma che può fare un coccodrillo, anche se enorme, di fronte agli impertinenti svolazzi di un uccellino tutto rosso e con il becco giallo?


Storia che racconta quanto sia importante staccarsi da casa, intraprendere un proprio cammino, fare tesoro di quanto i grandi ci dicono, ma poi trovare da soli il proprio posto nel mondo. E se questo posto è sulla testa di un coccodrillo che male c'è?

Questa storia parte da molto lontano. Parte da un altro libro bellissimo, ormai introvabile: Le larmes de crocodile di André Francois. Lì si raccontava in una chiave narrativa surreale che la cosa più facile per catturare un coccodrillo è comprarsi un fez, partire per un viaggio con una grande cassa di legno della misura giusta. Il coccodrillo incuriosito ci si ficcherà dentro e il gioco e fatto. Va da sé che occorre portarsi dietro anche una gabbietta per l'uccello 'spazzolino da denti'...ed ecco che i fili delle due storie si annodano. Chissà se quel grande uccello rosso chiuso in gabbia che racconta sempre la storia del coccodrillo imperatore non sia stato in passato un uccellino pulitore?

Solotareff, grandissimo come sempre, ci ha abituato a storie che toccano grandi temi con la leggerezza di un frullo d'ali. Storie che hanno a che fare con la paura e il coraggio (Lulù: magnifico apologo sul tema, ripubblicato 'grande' da Rizzoli, 2010), storie che hanno a che fare con giovani e vecchi messi a confronto, grandi e piccoli (Tu grande io piccolo, altro libro imperdibile, Babalibri 2006), storie che raccontano la consapevolezza di sé (La maschera, Babalibri 2003), solidarietà e diversità, convivenza (Mi sono perso, Babalibri, 2003 Tre streghe, Babalibri 2007). Sono tutti temi a lui cari e che tocca, come di solito, utilizzando un linguaggio figurativo di forte presa e nello stesso tempo molto semplice.
 
I libri di Solotareff si rivelano pietre miliari nel percorso di crescita di un bambino: sono costruiti in nome dell'essenzialità, lontani da ogni cedimento nei confronti di elementi esornativi. Tutto ciò che è detto, tutto ciò che è disegnato è funzionale alla storia.
Puri, forti, senza sfumature sono i testi così come lo sono le grandi campiture di colore che rapiscono lo sguardo del lettore.
A guardarli, i libri di Solotareff, non si potrebbe cambiarne neanche una virgola: sono meccanismi perfetti.


Carla

martedì 20 novembre 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


UN CATALOGO EGLI È CHE HO FATT’IO; 
OSSERVATE, LEGGETE CON ME.
(Don Giovanni)

NEL MONDO CI SONO..., Benoit Marchon, Robin
EDT Giralangolo, 2012


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"Nel mondo ci sono bestioline che zampettano, volano, pizzicano, strisciano.
Ci sono notti misteriose che fanno un po' paura.
Ci sono pesci enormi che mangiano pesci grandi che mangiano pesci medi che mangiano pesci piccoli che mangiano pesci minuscoli.
Ci sono musiche che fanno diventare allegre le giornate tristi."


Una piccola orchestrina di strada è piazzata in un angolo del metro e suona: i musicisti sono tutti a colori, la gente che passa con passo frettoloso e a testa bassa è colorata di grigio. Questa è una delle tavole più 'parlanti' di questo bell'illustrato.
In un apparente disordine, si susseguono -pagina dopo pagina- situazioni tra loro anche disparate e legate solo in alcuni casi da un filo rosso fatto di sottili nessi.


Ogni grande pagina è dedicata ad un aspetto dell'umanità o del mondo animale, dell'ambiente o è riferibile ad un sentire comune che fa sì che il bambino che sfoglia questo libro possa riconoscere e riconoscersi.
Il libro, come già lo fu l'anno passato Il libro dei regali immaginari, pubblicato anch'esso da EDT Giralangolo, si organizza come un vero e proprio catalogo.
Ah, il catalogo o lista, che meraviglia per la mente di un uomo! Umberto Eco elogiava il senso di vertigine che lista o catalogo sono in grado di generare nella testa di un uomo. E aveva ragione.
Alcune, purtroppo per noi, sono liste chiuse, ovvero si riferiscono a cose o a luoghi che contengono un numero compiuto di oggetti: i quadri in un museo, le ossa nel corpo umano.
Ma nei casi più stimolanti, la lista si preannuncia potenzialmente sempre ampliabile. Come in questo caso le 40 + 1 citazioni di cose esistenti al mondo sono perfettibili di ulteriori aggiunte.
E qui mi pare si annidi la grande potenzialità di questo libro. Davanti ad un gruppo di bambini si possono elencare le quarantuno diverse situazioni quindi fare loro con tutta tranquillità la domanda fatidica: che cosa manca? Se avremo davanti 10 bambini avremo come minimo dieci risposte immediate e tutte diverse tra loro, se i bambini saranno 20 le risposte saranno altrettante.


In altre parole questo libro ha la dote rara di essere lui stesso un 'generatore' ed un 'moltiplicatore' di idee. Un altro libro 'trampolino'.
A parte questo che mi sembra essere il pregio principale di Nel mondo ci sono... vorrei mettere in luce l'intelligente e mai scontata scelta delle sequenze che solo in apparenza possono sembrare casuali: mettere vicino animali minuscoli in libertà e grossi plantigradi dietro le sbarre, vecchi che giocano a carte accanto a bambini che giocano a barattoli, notti buie e distese innevate, città piene di gente e foreste piene di alberi ha un suo senso interno che ha il compito di 'accendere' nella testa di un bambino similitudini, contrasti, affinità, somiglianze, differenze.


D'altro canto la potenza espressiva e la poesia del disegno di Robin con i suoi acquerelli rende ogni tavola una finestra aperta sul mondo. La sua leggerezza nel tratto come pure nel taglio dell'immagine è in grado di equiparare cose piccole con cose gigantesche, grandi temi con minuscoli particolari. E il loro susseguirsi in una 'spensierata' alternanza e sequenza rende il libro ancora più apprezzabile agli occhi curiosi di un bambino alla scoperta del mondo.


Carla

lunedì 19 novembre 2012

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

STORIA DI UN GATTO E DI UN TOPO



Sepulveda è tornato a raccontare ai bambini, con una storia che potremmo dire la prosecuzione ideale della Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare. Anche qui il nocciolo narrativo è dato dall’apologia, semplice diretta e inequivocabile, dell’amicizia. Mix è il gatto, nero e bianco e dal profilo greco, di Max, ragazzino diventato grande: quando va a vivere da solo porta Mix con sé in una casa con una preziosa botola che schiude il mondo dei tetti al suo compagno di vita. Ma il tempo che passa toglie la vista all’avventuroso gattone, costretto a passare molto tempo ascoltando i rumori che lo circondano. E’ così che scopre il temerario topolino messicano, Mex, che si intrufola nella loro vita, perché non sa resistere alla dolce tentazione dei cereali croccanti. Mix e Mex, in barba a ciò che la natura vorrebbe, diventano grandi amici, regalandosi reciprocamente quanto di meglio possono offrire: ‘Per tutto il tempo –lungo o breve, non importa (…)- che il gatto e il topo trascorsero assieme, Mix vide con gli occhi del suo piccolo amico e Mex fu forte grazie al vigore del suo amico grande. E i due furono felici, perché sapevano che i veri amici condividono il meglio che hanno.’
La storia finisce così e quello che può sembrare un limite, l’esplicitazione forte del messaggio morale sottolineato dagli aforismi che chiudono quasi ogni capitolo, in realtà, dal mio punto di vista, è il vero punto di forza di una storia semplicissima ed essenziale, che dichiara apertamente quello che vuole essere: un apologo sull’amicizia e sulla possibilità di comprendersi anche fra diversi.
Certo, il lettore adulto non si rispecchia in tanta semplicità; ma credo l’autore volesse andare dritto al cuore dei bambini per consegnare loro un messaggio di speranza: l’amicizia ci rende migliori, ci insegna il rispetto e ci dà forza. Detto con lo stile narrativo che è stato proprio della Gabbianella, una lirica in forma di prosa.
Vietato agli scettici e ai critici letterari, è un libro che aiuterà i grandi a raccontare ai propri bambini il valore dell’amicizia, della lealtà, della comprensione.
Le interviste che l’autore ha rilasciato rendono bene l’idea del senso che l’autore attribuisce a questa sua ultima fatica; guardate ad esempio qui

Ed ecco il breve booktrailer:



Chi conosce la biografia di questo scrittore, imprigionato e torturato dalla polizia di Pinochet, esule per vent’anni, sa che il suo modo di vedere, il suo pervicace attaccamento ai ‘valori’ sociali hanno una precisa ragion d’essere.
Bentornato, Luis!

Eleonora

Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico”, L. Sepulveda, Guanda 2012.
Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, L. Sepulveda, prima edizione 1996.




venerdì 16 novembre 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


NEGRIN È IL PESCE GATTO

BESTIE, Fabian Negrin
Gallucci 2012


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"In quella zona del bosco gli alberi intrecciavano le chiome a formare un tetto di foglie che a malapena lasciava passare la luce.
Giulia improvvisamente si fermò.
'Hai paura?' le chiesi. 'Un po'' rispose lei."

Persi. Un barca blu cobalto in tasca e un ruscelletto: è facile perdere l'orientamento. Fare pipì, metterla in acqua per vedere se galleggia e il gioco è fatto. Per seguirla nella sua navigazione, i fratellini si allontanano. Basta un attimo, girare un angolo e cambia lo scenario: non c'è più mamma e papà e la macchina, blu cobalto. Al loro posto una fitta foresta, una radura costellata di grandi rocce, e di nuovo un bosco altrettanto fitto. Sembra proprio il precedente 'Ma di qui ci siam già passati...'


Togliersi una scarpa e camminare con un piede scalzo e l'altro no per lasciare tracce più chiare. Tracce più chiare. E' davvero un'idea furbissima. Dopo aver attraversato questo bosco lussureggiante, è stato altrettanto furbo arrampicarsi su un alto albero per riuscire a vedere in lontananza.
Girato lo sguardo, per fortuna si vede laggiù la macchina con i due genitori: furiosa come un'orsa, la madre e in lacrime come un coccodrillo il padre. Che bestie!
Il gioco sottile, raffinato, ironico dell'intero libro sta in questo piccolissimo meccanismo: mettere in scena il continuo cambiamento di stati d'animo attraverso l'assimilazione ad un comportamento animale. E farlo attraverso quello che è il nostro comune immaginario: furbo come una volpe, lento come una lumaca, agile come una gazzella. 


Una buona e piccolissima idea, intorno a cui si costruisce una altrettanto buona ma anche piccolissima storia: una sosta per pipì durante un lungo viaggio in macchina pare essere sufficiente ad accendere in Negrin un intero mondo.
Un mondo che ha un piede nella realtà e una zampa nell'immaginazione.
Un mondo fatto di avventura pura.
E il resto lo fa il disegno.
In un vero e proprio 'crescendo' musicale, le immagini assumono ruoli e spazi sempre più importanti rispetto al testo che si fa da parte fino a scomparire del tutto in una grande pagina quasi centrale. Da quel momento in poi il gioco è dichiarato: la parola racconta, il disegno immagina e trasfigura.
Una bambina che corre veloce, al girare della pagina è una gazzella che salta, un papà che si dispera dietro un finestrino della macchina è un coccodrillo.
Questo fantasmagorico gioco della trasformazione ci coglie ad un punto del libro quando è già molto evidente, ma se sfogliamo le pagine a ritroso siamo in grado di interpretare nella medesima prospettiva anche le tavole precedenti dove la metamorfosi non è ancora avvenuta ma è già 'nell'aria' e penso a un coniglietto quando si allude alla paura e a un canarino quando si parla di buona voce nel cantare.
Come sempre i raffinati libri di Negrin, soprattutto quelli che sono il frutto di un suo 'concept', sono ricchi di vie di fuga per la fantasia del lettore.
Ricordo, per l'appunto un anno fa, proprio Negrin teorizzare che nei libri illustrati occorre lasciare sempre uno 'spazio vuoto' tra le parole scritte, una sorta di 'sospensione' del racconto che permetta all'illustrazione di insinuarvisi.
Bestie sembra essere paradigmatico in questo senso.
Fin dalla copertina, attraverso il disegno, siamo di fronte ad una vera e propria dichiarazione di intenti: lettore, io non ti farò vedere tutto ciò che c'è da vedere ma nello stesso tempo ti farò vedere molto di più di quanto sentirai ascoltando le parole.
Mi pare di poter cogliere - in una sorta di meritato omaggio a se stesso - un continuo riferimento a libri passati: la bambina sembra uscita da Chiamatemi Sandokan! (Salani 2011), il fiume da In riva al fiume (Gallucci, 2010), certe pastose chiome di alberi così rosse mi ricordano la luce degli Inferi dove finiscono Frida e Diego (Gallucci, 2011) e probabilmente questi non sono gli unici.
Ancora una volta mi pare sia chiaro che Negrin nell'ambito del grande formato dell'albo illustrato è come un pesce gatto nel lago: ne è il sovrano assoluto!


Carla

mercoledì 14 novembre 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

NON CI RESTA CHE PIANGERE

L'OPOSSUM CHE INVECE NO, Frank Tashlin
Donzelli, 2012

ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni)

"Se ne stava lì appeso per giorni e giorni, e non faceva che sorridere e poi sorridere ancora. Era l'opossum più felice, più sorridente, più penzoloni di tutto il bosco."

Finché un gruppo di impettiti signori, di ritorno da un elegante pic nic, si accorgono di lui: "'Santo Cielo!', guardate quell'Opossum lassù, non vi sembra triste?'. L'Opossum rispose: 'Io non sono triste, anzi sono molto contento. Per questo sto sorridendo."
E così si genera un altro equivoco, proprio come quello che si generò tra un pacifico orso e un caporeparto cocciuto di una fabbrica... (qui)
All'opossum non va certo meglio che all'orso e la sequenza comica è costruita nel medesimo modo, ovvero con una contrapposizione di opinioni (nel primo libro di Tashlin tra orso e dirigenti della fabbrica, qui tra opossum e gitanti), cui fa seguito un 'crescendo' di voci da una parte sola tra le due a confronto. E come nel primo libro abbiamo già visto, tale presa di posizione è palesemente errata ma caparbiamente sostenuta da un sempre più grande numero di persone: un schema di comicità assicurata.
Tanto più gli impettiti signori si accalorano insistendo sulla presunta tristezza dell'opossum, tanto più l'opossum per parte sua, con una flemma invidiabile, sostiene la propria felicità.
Quello che è un sorriso di un animaletto a testa in giù viene letto come una bocca mesta da chi sta a testa in su.
E così scatta il 'tormentone' che prevede uno schema verbale sempre ripetuto: 'è solo uno stupido opossum che si crede sorridente, ma non lo è per niente' e un paradossale quanto goffo tentativo di ricondurlo a ragione, seguendo una logica tutta umana e molto miope.
L'opossum finisce in città, sempre attaccato al suo ramo, viene portato al cinema e in un night club...la sua felicità è messa a dura prova e alla fine il suo sorriso scompare per lasciare posto a uno sguardo triste, con tanto di angoli della bocca all'ingiù.


Ecco la nemesi: l'opossum per gli umani ha sorriso! Riparte un'altra comica sequenza di esagerazioni nei festeggiamenti. L'opossum viene lasciato solo, dimenticato sul suo ramo e allora decide di tornarsene a casa. Sconsolato, guarda quella strana umanità che si affanna e ne prova compassione.
Come dargli torto...
Tornato nel suo bosco, ai suoi panorami e ai suoi odori, in lui si risveglia la felicità creduta perduta per sempre. E anche il ricordo si offusca; che sia stato solo un brutto sogno?
Tanti i temi toccati sui cui si potrebbe discutere per del tempo con i ragazzini.
Penso in primo luogo all'incapacità di saper 'leggere' l'altro come diverso da te. Penso alla messa in ridicolo di certi atteggiamenti tutti molto umani, quali l'egocentrismo, l'incapacità di comunicare, l'ignoranza che porta necessariamente alla grettezza di pensiero. E ancora: la felicità fatta di nulla, o la libertà che non ha prezzo.
Meraviglioso e perfetto, da manuale, il ritmo comico della storia. E vorrei vedere: è Tashlin!
Meno meraviglioso il formato punitivo che Donzelli assegna ai libri di questo strepitoso cartoonist americano.


Carla