DISEGNARE IL VUOTO
Vazio,
Catarina Sobral
Pato Lógico 2014
Senza parole. Su un
fondo di pennellate colorate e macchie, bianca, senza tratti che la
caratterizzino, la sagoma di un omino, vestito di tutto punto, con
cappello e cappotto, domina la copertina di Vazio.
Quel bianco e questo
titolo fanno coppia: il bianco per raccontare il vuoto. Il bianco,
così fermo ed uniforme rispetto al resto della copertina fatta di
colori in movimento, fa pensare subito a qualcosa che se ne è
andato, si è ritagliato fuori, qualcosa che manca: il silenzio, la
stasi del vuoto, del niente.
La solitudine.
Bella sfida: disegnare
il vuoto. Apriamo il libro e cominciamo a vedere come prende forma il
vuoto. Come lo spazio racchiuso in un profilo, la sagoma dell'omino
bianco è la nostra guida nella storia, la sua storia di uomo fatto
di niente.
Forse ancora solo ieri
l'omino che io chiamo Vazio aveva la sua consistenza, ma ora, davanti
allo specchio prima di uscire per la sua passeggiata cerca di
disegnarsi, perché di lui è rimasta solo la sagoma. In fila nella
sala d'attesa del dottore, lui c'è nel suo bianco, così come c'è
il vuoto intorno a noi, ma non essendo visibile, gli altri lo
'occupano'. Lo stesso dottore studia il suo curioso caso di
'sparizione'.
La spesa di Vazio
lentamente sparisce nel nulla, riassorbita dal bianco. Siano fiori di
un prato, o colori dei quadri di una mostra, ogni cosa che Vazio
incontra diventa parte di lui e poi, nel suo bianco, sparisce.
Nella fredda giornata
di un tardo autunno in cui la pioggia diventa neve, l'animo vuoto di
Vazio accoglie in sé tutti gli uccelli per poi liberarli e farli
volare verso il caldo. Arriva l'inverno che imbianca tutto, e Vazio
diventa invisibile anche a noi, bianco nel bianco (come capitò anche
al Cappuccetto di Munari). Al disgelo, a primavera, sulla sua strada
di omino solitario, Vazio sembra essere triste della sua
invisibilità: la gente non lo vede e non si accorge del suo incedere
con la testa bassa.
Avvolto nella sua malinconia, sembra non
accorgersi di un'altra anima bianca, Vazia?, che incrocia il suo
percorso e che nel vederlo mostra un cuore pulsante...
Ciò che sembrava
irrimediabilmente vuoto, silenzioso, bianco ora non lo sarà più...
Catarina Sobral sfida,
attraverso il disegno, in assoluto silenzio!, il tema del vuoto.
Laddove il vuoto è qui sinonimo di solitudine. Quella solitudine
che, almeno una volta nella vita, ci ha reso invisibili agli altri,
indifferenti, e ci ha fatto camminare con la testa bassa per le vie
di una città. Ci ha fatto sentire insoddisfatti, vuoti, attraversati
da molte cose che non si fermano e poi spariscono.
Ma come si può
disegnare il vuoto? Attraverso la trasparenza, oppure, come decide la
Sobral, attraverso il bianco. Quel bianco che tutti gli altri colori
assorbe in sé. E attraverso un immaginario taglio di una sagoma,
illudendo il nostro sguardo che davvero Vazio sia qualcosa che
'temporaneamente' è stato ritagliato via, è assente, al momento.
Mi vengono in mente
altri illustri tentativi di raccontare l'assenza: penso a una
toccante immagine di Ofra Amit che con una silhouette nel libro
Bruno, il bambino che imparò a volare (Orecchio acerbo,
2012), racconta la dolorosa mancanza del padre di Bruno Schultz.
Oppure il bellissimo Gisele de verre di Beatrice Alemagna
(Seuil, 2002), bambina azzurra che combatte l'indifferenza del mondo
attraverso le sue trasparenze...
A questi aggiungo ora
il libro di Catarina Sobral, uno dei pochi che a Bologna mi ha fatto
saltare a piè pari sul posto, ovvero nello stand di Pato Lógico
sempre così ricco di belle sorprese. Vazio è pieno di raffinate
sottigliezze e soluzioni di segno così insolito che, in assenza di
parole, aprono strade interpretative originali per ogni lettore.
Io ho, modestamente,
dato la mia.
Carla
Noterella al margine.
Un grazie di cuore a Maita perché non mi dimentica, a Catarina per
il bacio nella dedica, ad André perché pubblica 'certi' libri.
A tutti e tre per il
loro cuore pulsante...
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