lunedì 31 ottobre 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


UN BUCO È PER SCAVARE
 
Fedoro, Katherina Applegate (trad. Mara Pace)



NARRATIVA PER MEDI (dagli 8 anni)

"Il fatto è questo: non sono uno da amici immaginari. Dico sul serio. Quest'autunno vado in quinta. Alla mia età è meglio non passare per matto.Mi piacciono i fatti. Da sempre. Le cose vere. Tipo due-più-due-uguale-quattro."

Eppure, nonostante questo, Jackson quel giorno sulla spiaggia vede con chiarezza un gattone che fa surf con un ombrello in mano. L'unico che lo vede è lui e quindi è facile pensare a una allucinazione. Chiudere gli occhi e poi riaprirli farà sparire il gatto: infatti questo accade. Peccato che l'ombrello gli si conficchi a pochi centimetri dai piedi a sancire il fatto che forse qualcosa di vero c'è in quel gatto grande come un orso.
Fedoro, questo è il nome che il gatto si è guadagnato, è un amico immaginario di Jackson che arriva alla bisogna. E ora, nella vita di questo ragazzino di nove anni, la necessità preme: la sua famiglia sta attraversando una crisi economica piuttosto seria. Mamma con un lavoretto part-time, papà malato e praticamente disoccupato, sorellina piccola piena di paure per la seconda volta nella loro vita si ritrovano a vendere quasi tutto l'arredo di casa e in seguito a lasciare il piccolo appartamento per andare a vivere in auto anche con la cagna Aretha, girando per le strade d'America.
Jackson, con la sua mente 'scientifica', il suo spirito di osservazione legge sintomi e segnali che sta tornando un momento difficile, nonostante mamma e papà non facciano altro che minimizzare la gravità della situazione con l'intento di proteggere i loro piccoli dalle durezze della vita. Jackson ha smesso di fare domande difficili perché ha capito che i suoi non vogliono dargli risposte difficili e come se non bastasse, deve anche farsi carico delle tante insicurezze di sua sorellina. Ma a lui chi ci pensa? Si fa urgente la presenza di qualcuno con cui parlare. Ed è così che Fedoro entra in azione e, immerso nella schiuma di una vasca da bagno, con grande semplicità spiega:
"Perché gli amici immaginari non arrivano di loro spontanea volontà. Qualcuno ci invita. E dobbiamo restare finché non c'è più bisogno di noi..."

La copertina di questo libro, per certi versi un po' troppo americana, parla chiaro. Un ragazzino con le spalle scese che punta il suo sguardo verso un bosco un po' nebbioso ha accanto un gattone grosso come un orso.
La relazione tra le loro proporzioni preannuncia il mood del libro: un bambino che si fa piccolo nelle avversità e un gatto che si fa grosso nell'essergli di aiuto. Se la si guarda con un po' di attenzione e sensibilità, l'aggettivo che meglio la defisce è malinconica. Così come dolcemente malinconica può dirsi l'intera storia.
Alla tenerezza delle soluzioni ingenue di Jacks nei confronti di sua sorella e anche di se stesso, si contrappone l'amarezza di una quotidianità difficile provocata dai grandi; alla ricerca della verità da parte di Jacks si oppone una sorta di 'grande illusione' creata dai genitori.
E' un percorso fatto di piccoli passi, quelli che può fare appunto un bambino, verso una nuova consapevolezza di sé e del mondo. Ancora una volta si è di fronte ad adulti un po' inadeguati e a ragazzini che potrebbero essere in grado di salvare il mondo. D'altronde dalle loro bocche escono spesso piccole verità inoppugnabili:
"vendere i propri oggetti nel cortile è un'esperienza strana. Un po' come andarsene in giro con gli strati di vestiti a rovescio. Le mutande sopra i jeans, le calze sopra le scarpe da ginnastica."
Jackson, la sua strepitosa amica e vicina di casa Marisol, e persino la piccola Robin costituiscono un bel pacchetto di mischia che si contrappone con i mezzi che ha a disposizione, amico immaginario compreso, al mondo dei grandi.
Ed è loro la vittoria.

Carla


Noterella al margine. Una profonda sensibilità e onestà nel costruire i personaggi e le situazioni, una trama senza cedimenti, un testo scorrevole in una felice traduzione, un finale aperto con un briciolo di speranza sono altri elementi che contribuiscono a fare di Fedoro un gran buon libro.

domenica 30 ottobre 2016

TORTA MOKA, O QUASI
 
Mi piace molto il caffè, ma non nella sua forma pura, aspra e concentrata. Preferisco di gran lunga le sue diluizioni con zucchero e latte, da cui grande amore per cappuccini, crema caffè, coppe del nonno e i dolci in genere a base di.
Ma non conoscevo la torta moka fino a poche settimane fa, quando ho visto fare la sua comparsa in televisione. Incuriosita ne ho cercato la ricetta in rete scoprendo che è nata probabilmente negli anni '50 (insieme alla diffusione delle omonime caffettiere) ed è una preparazione ora piuttosto in voga, di cui esistono svariate versioni, tutte tendenzialmente però molto ricche di zuccheri e soprattutto grassi.
Da qui a tentarne una versione personale il passo è stato davvero breve. Alla prima cena con amici mi sono lanciata nell'esperimento e penso, immodestamente, di poter dire 'buona la prima'.
Volendo però rispettarne la struttura - pan di Spagna a strati con crema e rivestimento - anche questa mia versione resta comunque un dolce un po' impegnativo (in tutti i sensi, dato che ci vuole anche un po' di tempo per completare tutte le fasi della preparazione), ma un po’ meno delle versioni con crema al burro.

Ingredienti per una teglia di 20x20  
Per il pan di Spagna
4 uova
80 gr di burro
180 gr di zucchero
160 gr di farina 00 (in genere cerco di evitare le farine troppo raffinate, ma il pan di Spagna deve essere soffice e leggero)
40 gr di fecola di patate
6/8 gr di lievito per dolci
2 tazzine di caffè ristretto (se lo ritenete opportuno rispetto agli orari di degustazione, decaffeinato)
sale

Per la farcia
2 uova
100 gr di cioccolato fondente
1,5 cucchiai rasi di zucchero

Per la copertura
200 gr di panna da montare
40 gr di latte condensato
1 tazzina di caffè molto ristretto (se lo ritenete opportuno rispetto agli orari di degustazione, decaffeinato)

Iniziamo dalla farcia che in realtà non è nient'altro che una mousse, a cui ho diminuito la proporzione degli albumi, e che come tale dovrà passare almeno qualche ora in frigo prima di poter essere utilizzata.
Sciogliete a bagno maria il cioccolato mentre con la frusta montate gli albumi a neve ben ferma con un pizzico di sale, lasceteli da parte e procedete con i tuorli con lo zucchero. Unire il cioccolato fuso ai tuorli, e una volta amalgamati, anche gli albumi, delicatamente girando dall’alto verso il basso.
Inserisco qui un consiglio. Dato che la mousse si può congelare e che la dose di due uova per farcire la torta è abbondante, potete farne anche il doppio o più e tenerla pronta nel freezer per la prossima torta, al caffè o meno.

Il secondo passaggio sarà la preparazione del pan di Spagna. Iniziate montando con la frusta il burro e lo zucchero (tenetene da parte due cucchiaini) fino ad ottenere un composto spumoso a cui aggiungerete, uno alla volta, le uova sempre sbattendo con la frusta. Ora incorporate lentamente il caffè raffreddato e successivamente le farine più il lievito e il sale. Versare nella teglia ricoperta di carta da forno e cuocere a 160 gradi per circa 30/40 minuti.
Quando sarà raffreddato tagliatelo in tre strati e iniziate a comporre il dolce bagnando la faccia superiore del primo strato con la seconda tazzina di caffè leggermente allungata con un po’ d’acqua. Spalmate la mousse (4/5 mm circa) e sovrapponete il secondo strato. Ripetete l'operazione e coprite con il terzo.



Ora non resta che la finitura.
Mescolate bene il latte condensato con la terza tazzina di caffè raffreddato. Montate la panna con la frusta aggiungendo progressivamente i due cucchiaini di zucchero tenuti da parte e, dopo che ha iniziato a solidificarsi, aggiungete un pochino alla volta il caffè/latte.
Attenzione, questo è un punto delicato. Se verificate che la panna tende a smontarsi fermatevi anche se non avete aggiunto tutto il caffè.
Rivestite la torta. La parte superiore è facile, un po' meno i lati verticali. Vi consiglio di distribuire meglio che vi riesce la panna e sostenetela momentaneamente con della carta da forno. Riponete in frigo e quando si sarà un po' consolidata, rimuovete la carta e finite di lisciare i fianchi.
Decorare a piacere.


Gabriella

venerdì 28 ottobre 2016

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

LUNA DI FORMAGGIO


Lo scoiattolo e la luna, di Sebastian Meschenmoser, è un albo illustrato che potrebbe passare quasi inosservato, nella ressa di albi dalle copertine spettacolari che affollano i banchi delle librerie in vista del natale. Ma, come si sa, l'apparenza inganna e qui abbiamo uno scrigno di tesori ben celati. C'è una storia, ed è quella di uno scoiattolo ansioso, soverchiato dai sensi di colpa. 


Si vede catapultare sul ramo una grossa 'luna' gialla e lui già si vede incarcerato insieme a un galeotto amante del cucito, in una cella accessoriata a misura di scoiattolo.
Deve liberarsi di quella 'luna' ingombrante e si dà da fare a più non posso: spinge, tira e proprio mentre si ferma a prendere fiato, ecco che il ramo si pezza, facendo cadere l'ingombrante oggetto sulla schiena di un povero riccio. 


Oh, la faccenda si complica, i due malcapitati non sanno proprio come fare; per fortuna arriva un caprone , che, armato di corna e di testosterone, infilza baldanzoso la 'luna'. Ma quanto a liberarsene è tutta un'altra storia; anche il caprone si agita di qua e di là, fino a rimanere incastrato nel tronco di un albero. Ora per davvero la questione pare giunta a un punto morto, mentre lo scoiattolo continua a temere le terribili conseguenze della sparizione della 'luna'. 
 

Quando tutto sembra perduto, ecco arrivare uno sciame di insetti e un nutrito gruppo di topi che alacremente cominciano a mangiarsi l'astro, fino a riempirsi le pance. Della rotondità originale è rimasto in realtà solo uno spicchio: lo scoiattolo già si immagina in cella, insieme al riccio, al caprone e al galeotto sarto.


Bisogna escogitare qualcosa: ed eccoli tutti, attaccati l'uno all'altro, costruire una bella fionda per rimandare la luna lì da dove è venuta. I tre amici possono contemplarla in tutta tranquillità.
Questa è la storia, ma c'è un antefatto e un breve seguito, nascosto nella contro copertina e nel finale, che inquadra gli eventi da un altro punto di vista, molto più realistico, e credo che in molti l'abbiano già intuito. L'autore, che immagino animato da grande senso dell'umorismo, gioca con il lettore, confidando nella consuetudine di iniziare la lettura partendo dal titolo e poi a seguire. Per capire la storia, o per darne una diversa interpretazione, bisogna tornare indietro e chiedersi che ci stanno a fare lì un uomo, un bambino e un carretto pieno di forme di giallo formaggio. Già questo mescolamento di carte vale tutto il libro, ma non basta; è magistrale il personaggio dello scoiattolo, ansioso e preoccupato oltre ogni dire dalle conseguenze delle sue azioni; nemmeno per un momento si ferma a pensare cosa sia realmente quella cosa tonda, è la luna e basta, e qualcuno sicuramente la vorrà indietro e se la prenderà con lo scoiattolo se non la troverà al suo posto. 


Ma altrettanto divertente il personaggio del caprone, che prima di pensare, fa, cioè prende a cornate quello che lo ostacola. Di caproni così, quanti se ne incontrano...E poi le cupe fantasie dello scoiattolo colpevole a prescindere, questi quadretti rigorosamente grigi quanto può essere triste e grigia la vita di uno scoiattolo galeotto. Ciascun soggetto è ritratto con precisione naturalistica, ma nello stesso tempo è portatore di espressioni ed umori squisitamente umani; d'altra parte, Meschenmoser è un illustratore di rango, premiato a Bologna nel 2015.
In conclusione, considero la lettura di questo illustrato quasi obbligatoria, per bambine e bambini dai sei anni in poi, ma consigliatissimo anche agli adulti.



Eleonora

“Lo scoiattolo e la luna”, S. Meschenmoser, Il Castoro 2016


mercoledì 26 ottobre 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


SPEZZATINO DI BAMBINO

La zuppa dell'orco, Vincent Cuvellier, Andrea Antinori 
(trad. Flavio Sorrentino)


NARRATIVA PER MEDI (dai 7 anni)

"Quel paese era il più povero paese del mondo e Josef viveva nella casa più povera del quartiere più povero della città più povera dell'intero paese. Il padre di Josef era un uomo lungo e giallo e non lavorava mai. 'Non mi piace lavorare' diceva, 'mi stanca'. Su madre era una donna grassa e rossa e neanche lei lavorava. 'Non ho tempo, io! strillava, agitando la scopa contro il cielo."


Se madre e padre non lavorano, tocca ai figli portare a casa il denaro per sopravvivere. I sette fratelli ogni giorno vengono cacciati di casa per andare a mendicare e, al loro ritorno, la madre li passa in rivista e svuota le loro tasche fino all'ultimo centesimino. E se non hai guadagnato nulla, come spesso capita al piccolo Josef, sono dolori. Fannulloni e avidi, i due genitori si rivelano insaziabili e diabolicamente stabiliscono che i loro figlioli non hanno l'apparenza di creature miserabili: lo sarebbero molto di più se fossero mutilati. Senza una gamba, senza un piede, senza il naso o ciechi ispirerebbero molta più pietà nella gente che sarebbe più generosa di prima. Il progetto è quello di tagliare dai loro piccoli corpi, piccoli pezzi.


Come in Pollicino, il piccolo Josef origlia i discorsi dei genitori e, in preda al terrore, organizza il contrattacco, su cui è meglio non svelare nulla. Come in Pollicino i sette fratelli fanno il loro incontro con l'Orco, con l'Orco sporco. Un orco piagnucoloso e cieco che ha una passione per la musica e per il buon mangiare, bambini esclusi, per questa volta...

Ritorna la perfidia di Cuvellier per Biancoenero Edizioni. Distribuita con equità tra le due case editrici che pubblicano questo autore di culto in Francia, Sinnos con I bambini sono cattivi (2016) e Biancoenero con La zuppa dell'orco, la crudeltà allo stato puro diventa il Leitmotiv di questo breve racconto illustrato. 
 

Se già Pollicino non faceva sconti in quanto a perfidia genitoriale e, più in generale, del mondo degli adulti, qui si oltrepassa ogni limite e si finisce a un passo dallo splatter. Bambini tagliati come fette di pane, orchi sporchi di schizzi di sangue: ci sono tutti gli ingredienti che possono rendere questa fiaba, da quelle classiche prende a prestito ritmo e contenuto, amabile a un pubblico di ragazzini e ragazzine che amano i sapori forti.
Come in una fiaba classica, lo stesso Pollicino ne è esempio palmare, anche qui la contrapposizione tra piccolo scaltro e grande crudele è lo snodo dell'intera vicenda. Come allora, nel racconto di Perrault, così ora in quello di Cuvellier, si va a dimostrare che il mondo degli adulti pullula di personaggi tremendi che tutto possono fare tranne che essere esempio per i più giovani. E si dimostra anche che alla meschinità di pensiero si deve rispondere con il guizzo dell'intelligenza. 
Sempre.


Raccontare tutto questo con una lingua vivace, modernissima, ironica e molto consapevole del proprio pubblico, non è poca cosa e farlo con il gusto e l'intento di cogliere alla sprovvista chi legge è un merito ulteriore che riconosco a questo libro.
Detestabili i finali melensi e pieni di redenzione, peraltro già nelle fiabe settecentesche si evitavano (salvo poi i rimaneggiamenti dei due Grimm che emendavano laddove si intendeva rivolgersi all'infanzia). Preferibili quelli che si concentrano sul presente, ne mettono in luce il godimento, evitando con cura i 'per sempre', quelli sì, davvero diseducativi.

Carla


Noterella al margine: Antinori mi pare soffra lo spazio circoscritto della pagina e anche l'alternanza con un testo che è oggettivamente 'ingombrante'. Nelle poche tavole a piena pagina smette di essere 'subalterno' al racconto e con maggiore autonomia dà a chi sa osservare una sua personale 'versione dei fatti'.

lunedì 24 ottobre 2016

FAMMI UNA DOMANDA!


COSA C'E' IN UN MARINAIO


Non sono mancate negli ultimi tempi segnalazioni di belle pubblicazioni in ambito divulgativo, dedicate, soprattutto, agli animali e ai loro ambienti.
L'editore L'Ippocampo ci porta altrove con diversi libri interessanti.
Quello di cui per primo vorrei parlarvi è Anatomia. Sezioni e animazioni per osservare il corpo da vicino, di Hélène Druvert, con la collaborazione di Jean-Claude Druvert; potrebbe sembrare, a prima vista, un libro per piccoli, un primo approccio al tema del corpo umano.
In effetti, si tratta di un libro in cui vengono introdotti i concetti e i termini dell'anatomia umana ad un livello di approfondimento che può essere apprezzato da lettrici e lettori di almeno nove, dieci anni. Parliamo infatti di muscolatura striata o liscia, di circonvoluzioni celebrali, di ventricoli cardiaci e così descrivendo da un punto all'altro del corpo umano.


Sottolineo la fascia d'età perché la presenza importante delle immagini, che costituiscono il primo impatto visivo del giovane lettore, potrebbe far pensare, appunto, ad un libro più semplice e più intuitivo. Nello stesso modo, la presenza di animazioni, finestrelle sovrapposte e così via, che svelano man mano aspetti diversi del medesimo organo, potrebbero indurre a proporre il testo a bambini e bambine più piccoli. E' questo un equivoco su cui incappiamo spesso nel proporre libri illustrati ai più grandi.


In realtà la raffinatezza dello stile illustrativo è messa al servizio del testo e lo introduce grazie alle prime pagine in cui il taglio preciso del laser disegna i diversi apparati del nostro corpo, che si sovrappongono pagina su pagina. Questa scelta consente di dare immediatamente l'idea d'insieme della complessità e armonia delle diverse parti che costruiscono il nostro corpo. In questo modo, la descrizione seguente dei singoli aspetti viene introdotta in modo immediatamente comprensibile dalla visione d'insieme.
Hélène Druvert è una specialista del paper cut, dell'intaglio della carta, sia come elemento decorativo sia come stile illustrativo. Recentemente ne abbiamo visto firmare la copertina di Anne-Laure Boundoux in Finché siamo vivi. Questa tecnica è ben presente nella produzione francese, a partire da Antoine Guilloppé e il suo Pieno sole, tradotto sempre da L'Ippocampo, cui chiediamo perché mai non ci abbia portato, dello stesso autore, Pleine Lune.


E' una tecnica interessante, che consente di dare profondità alle immagini e che si presta, spesso, ad ambientazioni di tipo teatrale.
Qui, questa tecnica consente, dalle prime pagine del libro, di accendere la curiosità del lettore, spinto a guardare cosa c'è sotto, come è fatto 'dentro' il giovane baffuto marinaio che si presta all'esperimento.
Bella proposta, che credo incontrerà, per l'originalità delle immagini e per l'accuratezza del testo, l'interesse dei giovani lettori e lettrici.

Eleonora

Anatomia. Sezioni e animazioni per osservare il corpo da vicino”, H. Druvert e J.C. Druvert, L'ippocampo 2016







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venerdì 21 ottobre 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


"MI PIACE SENTIRTELO RACCONTARE"

Chiedimi cosa mi piace, Bernard Waber, Suzy Lee (trad. Davide Musso)


ILLUSTRATI

"Chiedimi cosa mi piace.
Cosa ti piace?
Mi piacciono i cani.
Mi piacciono i gatti.
Mi piacciono le tartarughe.
Mi piacciono le anatre.
Le anatre in cielo? O le anatre in acqua?
Mi piacciono le anatre in cielo.
No, nell'acqua. Mi piacciono tutte e due."


Padre e figlia si sono preparati, già nel colophon del libro, ad uscire per una passeggiata all'aria aperta. Giacca rossa lei, berretto e snickers color cielo, lui. Pochi colori, per ora.
Nel frontespizio già si capiscono, attraverso i gesti di entrambi, molte cose del ritmo che la storia sta prendendo. La bambina salta i gradini con slancio, il padre è seduto ad allacciarsi con cura le scarpe.
La gamma dei colori usati, intanto, si amplia ulteriormente.
Quindi la storia ha ufficialmente inizio. A sancirlo lo scambio di battute serrato tra i due, che dialoga in modo strettissimo con il disegno: un parco cittadino in autunno con i prati gialli e le chiome degli alberi, esplosioni di rosso.
La gamma dei colori si è espansa del tutto. 
È la bambina a condurre il gioco: innanzi tutto quello verbale, ma anche quello di movimento. E' sempre lei a essere davanti e a guidare la passeggiata, a indicare con le braccia le direzioni da prendere. Il padre si limita a seguirla e ad assecondarla, ma anche a far convergere il suo sguardo con quello di lei.
 

In questo senso si resta basiti per l'assoluta corrispondenza che c'è tra i dialoghi e le posture che Suzy Lee conferisce ai due personaggi.
Un'intesa così profonda tra un autore e la sua illustratrice raramente capita di riscontrarla. A tal punto sono in sintonia che si fa fatica a distinguere, pur sapendo la genesi del libro, cosa sia nato prima. E soprattutto è piuttosto complicato trovare priorità di argomenti per provare a raccontare la bellezza di questo libro.
Proviamo ad andare per argomenti. 


La storia. E' esilissima e si può riassumere in due parole: una riposante passeggiata di padre e figlia che dialogano sulle cose che vedono, sulle cose che amano. Dopo la passeggiata che sembra durare l'intera giornata, i due tornano a casa e si preparano per la notte, continuando a giocare tra domande e risposte.
Il tono. In questo albo salta immediatamente all'orecchio il tono intimo e familiare, di intesa profonda, di due voci che dialogano a voce alta, senza concedersi pause, o quasi. Una nera e una blu. A seconda dei momenti variano velocità e potenza; parte alto, allegro, vivace e si conclude con parole sussurrate con pacatezza. Il tono è quello di una bambina che prende il comando di un gioco con il proprio padre che partecipa in modo attivo pur tenendosi volutamente un passo dietro di lei.
Il ritmo. Salta subito agli occhi l'esuberanza della bambina nel raccontare le proprie preferenze, in fatto di colori o di animali: bestioline luminose, farfalle e altre creature che l'ambiente circostante le suggerisce. Ma si spinge anche verso la sfera della loro vita comune, passata e futura, con un compleanno in arrivo. Il padre, dal canto suo, la asseconda nelle sue richieste, nei suoi salti logici da un pensiero all'altro, pur mantenendo il suo ruolo di adulto 'timoniere'. Non si sottrae mai alle richieste della piccola, mai la contraddice, anzi le fornisce ogni volta conferme rassicuranti e affettuose.
Quanto detto ora dà modo di concentrarsi sul senso e contenuti di un libro del genere. 
Il senso. Che Waber abbia sempre dimostrato una rara sensibilità nel raccontare l'infanzia è evidente se si considera il grande successo che tutti suoi libri hanno avuto per diverse generazioni. In Ask me, pubblicato postumo, si confermano alcuni caratteri del suo modo di scrivere, primo fra tutti il grande rispetto che ha sempre nutrito nei confronti dell'infanzia. E dal rispetto nasce questo talento nel saper cogliere alcuni aspetti peculiari del modo di pensare dei bambini e delle bambine. Freschezza, libertà di pensiero, ingenuità, caparbietà, un po' di scaltrezza, sono tutte cifre che cogliamo nel fraseggio di quella ragazzina spensierata. Chi ha la fortuna di essere stato interlocutore attento con i più piccoli riconoscerà tutto ciò. Accanto a un ritratto di infanzia che non cede a sdolcinatezze o banalizzazioni, ma anzi ne valorizza lo spessore, c'è un attento quanto sensibile racconto di una bella relazione padre-figlia. 



Il gioco/richiesta è dettato da una grande intesa fra quei due, intesa costruita, evidentemente, sulla reciprocità dell'affetto e della condivisione che li unisce indissolubilmente.
I disegni. Suzy Lee alle matite. Molti aspetti della sua poetica sono riconoscibili. Provo a elencarne alcuni.
La bambina protagonista. È la 'sua' bambina, in tutto e per tutto: quella dell'Onda, di Mirror e dell'Ombra, quella con i vestiti che guizzano nell'aria e che sfida il mare, entra dentro a uno specchio ed è anche un po' lupo...
L'idea dell'infanzia che ha Suzy Lee collima alla perfezione con quella di Waber.
Il far finta che c'è nel testo - chiedimi cosa mi piace - è speculare al far finta delle immagini. Al testo 'mi piacciono le storie sugli orsi...' guardate cosa replica il disegno, oppure laddove fiera dice: 'Mi piace il colore rosso, mi piace tutto rosso' notate cosa avviene con quel colore?


E, a proposito di colore, la sua passione per privilegiare un uso limitato dei colori, in questo caso la dominante dei rossi e dei gialli, ha anche lo scopo di focalizzare l'attenzione di chi sfoglia.
Il formato classico non le impedisce di muoversi con la consueta padronanza dell'oggetto libro (già dal colophon comincia a comunicarci cose) in panoramiche orizzontali laddove il bosco intorno al lago è protagonista, e in vere e proprie zoomate sui visi quando l'osservazione è puntuale e convergente sulle minuscole 'bestioline'. Visioni dall'alto, visioni dal basso.


Sua è anche la capacità di far percepire a chi legge che nel libro 'qualcosa' sta cambiando. Mi riferisco alla pagina che precede la pagina senza testo e a quest'ultima. Segnano, senza dichiararlo apertamente, una cesura, un cambio di ritmo, una inversione di percorso e nello stesso tempo il climax. La pagina con le chiome degli alberi 'in soggettiva' è ovviamente l'unica in cui i due sono assenti e non a caso precede la doppia pagina senza testo, che li vede entrambi sdraiati a godersi i colori di quegli alberi in autunno e a prendere fiato. E, avendo rallentato il respiro, si stanno godendo anche l'un l'altra: non è forse questa la pagina che di più racchiude il senso dell'intera storia?


Mi sarebbe davvero piaciuto non essere così tassonomica nello scrivere di questo libro, ma ho temuto di perdere fili importanti e di creare confusione in chi ha avuto la pazienza e la tenacia di avermi seguito fin qui...
Se qualcuno avesse ancora fiato per chiedermi cosa mi piace, risponderei perentoria: 'questo libro mi piace!'

Carla

Noterella al margine. Belle le somiglianze di atmosfera con un altro capolavoro, Sidewalk Flowers (Groundwood 2015).  Bello il ritmo sapientemente conservato nella traduzione, tuttavia, pur sapendo di non essere la prima a scriverlo (propendo almeno per un ex equo nell'averlo pensato con Maria Polita) il titolo italiano, rispetto all'originale, mi pare eccessivamente prudente nel voler dichiarare tutto e subito.

mercoledì 19 ottobre 2016

FAMMI UNA DOMANDA!


FRA POTENTI ULULATI E MIAGOLII FESTOSI


Cani e gatti sono spesso presenti in tante storie, più o meno di maniera, mentre si perdono fra le pagine dei grandi atlanti naturalistici; ecco un libro che rende loro giustizia, da poco pubblicato da Editoriale Scienza: Cani & Gatti sotto la lente della scienza, di Antonio Fischetti con le illustrazioni di Sébastien Mourrain.
L'autore, un fisico e giornalista scientifico francese, compie un vero miracolo perché finalmente ci racconta due dei più amati e frequentati animali domestici con tutto il rigore delle discipline scientifiche che ci consentono di conoscerli, partendo dalla zoologia e dall'etologia.  


Abbiamo di fronte un testo serio, anche se lo stile semplice e ironico appiana tutte le possibili difficoltà. I giovani lettori e lettrici, ma anche i genitori, scopriranno molti segreti della vita canina e felina, nonché quelle che sembrano essere le nuove frontiere della conoscenza.
Ma veniamo al merito: se il processo di domesticazione del cane è antichissimo e risale davvero alla notte dei tempi, prove della presenza canina negli insediamenti umani risalgono da circa 15.000 anni fa. Nel lungo tempo trascorso si è evoluto il rapporto fra la specie canis lupus e gli umani, forte della grande propensione sociale che il cane eredita dal lupo. Fischetti descrive con rara capacità di sintesi le forme della comunicazione canina, dal linguaggio del corpo all'uso della voce, con la vasta gamma di versi che ben conosciamo. Ne descrive le capacità sensoriali e intellettive, indispensabili alla convivenza con noi umani. 


Se il cane non avesse un comportamento plastico, cioè non fosse capace di imparare, non potrebbe essere educato o addestrato; studi recentissimi hanno dimostrato quanto il cane sia 'empatico', cioè capace di interpretare l'umore, le intenzioni, la volontà del proprio 'umano'. Chiunque abbia un cane sa quanto si possa comunicare con lui attraverso gli sguardi o i gesti, senza utilizzare la voce. Fischetti svela alcune false credenze: il cane, per esempio, non ha il comportamento sociale del lupo e non ne ha nemmeno la competenza sociale. I branchi di cani randagi o rinselvatichiti non sono strutturati come quelli dei lupi. Quanto poi ai cani mordaci, veniamo a sapere che il record non è detenuto certo da pitbull e rottweiler, ma dai cani di piccola taglia e dai labrador. Solo che quando un pitbull morde...

E che dire dell'altro amico a quattro zampe? Del mondo felino scopriamo moltissime cose: del potere terapeutico, per gli umani, delle fusa e delle coccole; del motivo per cui i gatti passano tanto tempo a leccarsi; delle capacità funamboliche che spesso li mettono in situazioni imbarazzanti: chi non ha visto gatti salire in luoghi inaccessibili, senza riuscire poi a scendere? Molti dei comportamenti descritti sono ben noti agli appassionati: la selettività nella scelta del cibo, la rissosità amorosa, la promiscuità sessuale che consente di sfornare cucciolate di padri diversi. 



E poi la constatazione, un po' frustrante, che ogni gatto ha un proprio carattere, il più delle volte poco modificabile. Quanto alle comunità feline, l'autore sottolinea come abbiano una motivazione sostanzialmente utilitaristica, generata dall'attingere a un'unica fonte di cibo; su questo in parte dissento, ho personalmente constatato la presenza di maternage, cioè la condivisione dell'allattamento e cura della prole da parte di gatte della stessa comunità. Un comportamento decisamente sociale.
In comune cani e gatti hanno la rovinosa esplosione di nuove razze, spesso assurde, negli ultimi due secoli, segno dell'arroganza infinita con cui noi umani affrontiamo il mondo naturale.


Ma veniamo alle immagini di Sébastien Mourrain: un testo così serio e circostanziato non poteva che essere alleggerito dall'ironia delle immagini che lo accompagnano; l'illustratore si diverte a sottolineare il lato buffo del rapporto umano-canino o umano-felino, rendendo immediatamente comprensibili i concetti espressi nel testo, ma anche deformandoli per ricavarne una buffa scenetta. Come non riconoscere lo sguardo colpevole del cane o l'atteggiamento aristocratico del gatto?
In verità però, sappiamo ben poco dell'intelligenza degli animali e meno che mai del loro mondo interiore, della percezione che loro hanno del mondo umano. Come dice Frans de Waal nel suo ultimo libro: Siamo così intelligenti da capire l'intelligenza animale?
Molto da meditare, molto da imparare, per lettrici e lettori dai nove, dieci anni in su.

Eleonora

“Cani & gatti sotto la lente della scienza”, A. Fischetti e S. Mourrain, Editoriale Scienza 2016

lunedì 17 ottobre 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


COLORIN COLORADO...

Le tre principesse pallide, MaríA JOsé Martín Francés, Carole Hénaff
(trad. Elena Rolla)



ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Non riusciva a scegliere nessuna delle tre figlie per la successione, perché le amava tutte e tre allo stesso modo. Pertanto, decise di consultare la cittadinanza, affinché fosse il popolo a dire quale delle tre figlie meritasse di diventare regina."

Il re si è fatto vecchio e teme che alla sua morte il trono rimanga vuoto. Le sue tre figlie, nel loro pallore principesco, non convincono il popolo chiamato a sceglierne una delle tre. Troppo slavate per i sudditi che, riuniti sotto il balcone del palazzo, decretano in coro alla richiesta del re:

Delle tue tre figlie?
Nessuna! Sono pallide come la luna!


La più grande delle tre, per avere la meglio sulle sorelle si beve cielo notturno e succo di stelle. Ma il risultato è deludente. Da pallida diviene azzurra ed è scartata nuovamente. La mediana confida nella terra, visto che il cielo si era dimostrata una scelta sbagliata, e si rotola sull'erba dei prati e si avvinghia a un'edera. Ma anche questa volta il popolo decreta che una regina verde nell'incarnato non è indicata.
Come in ogni fiaba degna di questo nome, la terza figliola è tutt'altra dalle sorelle. La cosa che l'angustia non è certo il colore della sua pelle, men che meno regnare, ma piuttosto l'imminente scomparsa del padre. Così, mestamente piangendo al davanzale, si addormenta finché al sorgere del sole, il suo viso si colora della tinta ideale per diventare regina...


Una fiaba contemporanea scritta secondo la migliore tradizione classica. Tutti gli ingredienti necessari sono presenti. Il contesto consueto di un dilemma a corte, con un re che si trova costretto a trovarsi un successore. Il numero perfetto delle figlie: tre. Circostanza questa che preannuncia due altri topoi della tradizione: il primo, le tre diverse strategie adottate dalle fanciulle, laddove le prime due sbagliano e la terza, la più giovane, supera la prova; il secondo, la tripla reiterazione di uno schema pressoché analogo, con alcune varianti che si rivelano fondamentali per il successo (I tre porcellini docet). Ultimo ma non ultimo, il sapiente uso del ritornello in rima che scandisce le tre parti con un ritmo preciso da metronomo e la consueta chiusa finale Stretta la foglia, larga la via...che in originale suona con l'altrettanto consueto Colorin, colorado este cuento se ha acabado.
Nelle maglie di questa che potrebbe sembrare una fiaba della tradizione orale andalusa, viste le palme nei giardini del palazzo, viste le guglie a cipolla o gli ingombranti copricapi e le barbe bianche lunghissime, si insinuano elementi che ne denunciano la contemporaneità: primo fra tutti il finale rassicurante e condiscendente che ha lo scopo di allontanare ogni inquietudine dall'animo di lettori e lettrici giovani in cerca dell'auspicabile lieto fine: in questo caso al consueto e vissero tutti felici e contenti, si aggiunge un implicito per sempre



Cui si somma, nel disegno, una brocca e tre bicchieri 'riconciliatori'.
Ajo Martín Francés di mestiere fa l'insegnante e la formatrice di insegnanti e si occupa di promozione della lettura.
Tanta scioltezza  di costruzione e di linguaggio, tanta dimestichezza con la fiaba, si può presumere arrivi da lì.
I disegni sono altra cosa.
Testimoniano un gusto per la grafica e per il grafismo, in ogni particolare di arredi a tessuti che offra l'opportunità di esplicitarlo. Carole Hénaff, illustratrice francese trapiantata a Barcellona, è anche graphic designer. E si vede.


L'avevamo già apprezzata in un piccolo e longilineo libretto contenente un assurdissimo quanto breve racconto di Antonio Orlando Rodríguez pubblicato per Ekaré (Concierto para escalera y orquesta, 2013). Nelle Tre principesse pallide, forse perché dedicato a un pubblico di più piccoli, i colori pastosi e scuri, il segno sintetico, la prospettiva verticale data dal formato del libro, si perdono in una delicatezza diffusa, nei toni pastello richiesti anche dal tema. Tuttavia rimane il gusto per soluzioni grafiche interessanti, a partire dal taglio del cielo blu che attraversa la grande superficie bianca come un rigagnolo che finisce nella bocca della principessa più grande, per finire nei meravigliosi tre copricapo che le contraddistinguono: una sorta di carota, una sorta di melanzana e una sorta di grande cipolla che coronano i delicati contorni dei tre visi. A questi si aggiunga una predilezione per la decorazione che non risparmia nessuna superficie, ma in particolare riguarda i tessuti. 

Questo ornatismo, che in altri contesti forse non mi avrebbe convinto, qui trova una sua precisa ragion d'essere che sottilmente allude -purtroppo non sempre- al mondo fiabesco 'arabisant',  ma con un lessico che declina echi che spaziano dall'Art Nouveau alla miniatura persiana. Il tutto in chiave contemporanea.
Un piacere sfogliarlo, ma soprattutto leggerlo ad alta voce.

Carla