lunedì 14 novembre 2016

LA BORSETTA DELL SIRENA (libri per incantare)

CHE KLASSEN!

Toh, un cappello!, Jon Klassen
Zoolibri 2016


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Come mi sta? Ti sta proprio bene.
E a me come sta? Sta proprio bene anche a te.
Sta proprio bene a tutti e due. Ma NON È GIUSTO CHE UNO ABBIA un cappello E L'ALTRO NO."


Ci risiamo. Di nuovo problemi di cappelli. Di nuovo problemi connessi al possesso di cappelli. Due tartarughe, una a destra e una sinistra di un cappello da cowboy bianco abbandonato nel deserto, discutono e argomentano cosa sia giusto fare nella circostanza, visto che il cappello piace a entrambe, ma loro sono in due e il cappello è uno solo.
Sebbene il cappello sia grande per entrambi, con gentilezza i due amici affermano che il cappello calza a pennello sulla testa sia dell'uno sia dell'altro. Il problema persiste e l'unica soluzione percorribile è la rinuncia da parte di entrambi. 


Allontanatisi, i due contemplano il tramonto. Contemplare, azione che non prevede possesso, scelta, rinuncia - perché il sole è di tutti - sembra essere un buon diversivo rispetto al cappello. Sembra.
Sebbene la prima tartaruga in effetti abbia onestamente distolto la mente dal cappello, così non è per la seconda che continua a pensarci. Negando, almeno a parole, l'evidenza.
 

Il sole tramonta e si va a dormire. E anche in questa terza circostanza la distanza tra i due amici è palpabile. Mentre il primo sogna, sogna che entrambi hanno un cappello in testa, l'altro - alla chetichella - si allontana con l'intento di impossessarsi del cappello. Tuttavia il racconto del sogno, condiviso come in una trance, sortisce un effetto inaspettato sull'imbroglione. Inaspettato per la tartaruga stessa, per il lettore, e ancora di più per il lettore conoscitore di Klassen.


È cosa nota che Klassen abbia la stoffa di cavalcare un medesimo tema, di declinarlo secondo prospettive diverse senza mai cadere nel già detto, nell'ovvio, nel prevedibile. Anzi, dimostra di avere la forza di rilanciarlo ancora più in alto con sempre maggiore maestria. È altrettanto raro che un autore abbia così tanto da dire su tre nuclei di pensiero con cui l'umanità si confronta da millenni: la giustizia, la colpa, la vendetta, la lealtà, la redenzione. E farlo con poco e niente: un cappello, due pesci, due tartarughe un orso...
Eppure Klassen è così. Voglio il mio cappello!, Questo non è il mio cappello, Toh! Un cappello sono tre capolavori equivalenti.
Dal punto di vista strettamente formale, i tre albi di Klassen sono meccanismi perfetti che dimostrano, in crescendo, una sua straordinaria capacità di manipolazione dell'oggetto albo illustrato.


Nel primo aveva lavorato sul lettering del testo, dimostrando di saper piegare a suo uso e consumo il colore e la grafica di cui si impasta un albo illustrato e aveva nel contempo dimostrato al mondo che lui sapeva utilizzare lo spazio della pagina come contenitore ideale di sentimenti ed emozioni, sdraiando il grande orso nella disperazione, sedendolo su uno sfondo rosso nel momento della presa di coscienza, facendolo correre a ritroso sulla pagina nel suo ripercorrere indietro lo spazio, ma soprattutto il tempo, nella fase di riscatto. Nel secondo aveva saputo far dialogare testo e immagine con un gioco sapiente di continua smentita da parte del secondo nel confronti del primo. In Non è il mio cappello infinitesimi gesti rendono il racconto a parole semplicemente deflagrante. E ora nel terzo libro, che suona davvero come un inno alla bontà dopo due libri che erano stati inno alla cattiveria, si assapora il gusto che ha la redenzione finale.
Fatto tesoro delle due precedenti esperienze, qui Klassen le mette in gioco entrambe: a un uso sapientissimo di maiuscolo e minuscolo per comunicare a chi legge valore e plus valore delle parole, un tempo interno ritmato alla perfezione nel giro delle pagine, nell'uso dei capitoli (assoluta novità che dà lo spessore del 'romanzo' a un testo di meno di duecento parole) nel dialogo asciugato all'essenza, si unisce il sottile ma efficace gioco di sguardi dei personaggi che, analogamente al nesso visto nel libro precedente, dicono una cosa ma ne pensano tutt'altra.
A questo si aggiunge un disegno e un uso del colore davvero pieno di sapienza e a tratti emozionante. Quasi subliminale lo scorrere del tempo che si percepisce dai fondi che da grigi si colorano di arancio, tanto insolito e inaspettato nella tonalità, per poi imbrunirsi nella sequenza notturna.
Il sole che cala è mozzafiato, come sarebbe giusto che fosse ogni tramonto. Senza contare il cielo stellato che diventa tappeto accogliente del sogno.
Ma su tutto regna e impera la profondità di dialogo tra testo e immagine. Impossibile scinderli per valutarli in autonomia. Ciò nonostante il distillato che se ne ricava è semplicemente magnifico: un apologo su che cosa sia il senso di colpa, e il ripensamento che porta alla salvezza, su cosa sia la generosità e la lealtà, su quale sia valore dei sogni, su quale sia il senso ultimo che deve avere l'amicizia: due tartarughe e un cappello, in un deserto dell'Arizona tra saguari, dialogano con parsimonia e in un amen spazzano via ogni altro discorso dotto e articolato e mille e più pagine di saggi sul tema.


Questo è Klassen. Questa è letteratura.

Carla

Noterella al margine. Una a di troppo o una a di meno. A chi legge l'onere di trovare dove.

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