mercoledì 29 marzo 2017

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


ALLA MIA PEONIA CHE È BELLA

Che bello!, Antonella Capetti, Melissa Castrillon


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Conosceva bene i ramoscelli: spesso c'erano delle foglie attaccate. Ma questa volta il ramoscello, corto e stretto era nudo e, cosa mai accaduta prima, si era alzato da terra a velocità vertiginosa. Di fronte a sé il muso di una bestia sconosciuta.
Aveva uno strano odore , non il solito profumo di bosco, muschio e terra bagnata.
'Come sei bello', disse.
Poi posò a terra il bastoncino e, come era venuta, se ne andò."

A parlare è un bruco. Un bruco che ha appena incontrato qualcuno che, come Mary Poppins, arriva dal nulla, sconvolge la sua esistenza, e poi se ne va via, riassorbita dal medesimo nulla. Un incontro che ti cambia la vita.


La vita condotta finora dal bruco lo aveva visto impegnato nelle attività di demolizione di foglie. Le mangia, le buca, le assaggia, ci sale, ne scende. Ci dorme. Insomma una tranquilla routine da bruco, appagante, con testa sempre vuota e leggera.
Poi arriva lei e gli dice Come sei bello. Sarebbe facile se il bruco sapesse cosa è il bello. Ma non lo sa e quindi parte per indagare, chiedere e capire. Così animale dopo animale, incontra tutti gli abitanti del bosco in cui vive, sempre tampinato da una petulante cornacchia, attenta misuratrice di mondo e lessico, e fa a tutti la stessa domanda: cosa vuol dire bello? L'orso allude al favo di miele, che però è buono e non bello, gli scoiattoli che scorrazzano tra le foglie alludono al gioco, che però è divertente ma non bello, il topo che si ripara dalla pioggia indica il fungo che gli protegge la testa dall'acqua, che però sembra piuttosto essere utile, ma non bello...Come un mantra, fa a tutti la stessa domanda e ogni volta la risposta porta in sé un sottile distinguo e al bello assoluto sembra non arrivarci mai.


Intanto si fa scuro: il sole tramonta, il cielo si riempie di stelle, sorge la luna, e gli animali, riunitisi sotto la volta, sdraiati con il naso all'insù, sono tutti d'accordo di trovarsi davanti a qualcosa di bello!

La domanda è gigante. Ma ieri è fiorita la mia peonia e io ho pensato, come sei bella. Da lì ho avuto chiaro che fosse arrivato il momento di ragionare su questo libro. Ma prima di ogni riflessione filosofica su bello e bellezza, occorre sottolineare come il punto di partenza di questa storia racchiuda in sé una verità incontrovertibile: gli incontri con le parole, e con le persone che le pronunciano o le scrivono, sono talvolta fatali. Contribuiscono a darci una forma.
La definizione di bello ha a che fare con la filosofia, in particolare con l'estetica che svolge il difficile compito di fissarne i caratteri.
Leggermente più evoluta del bruco, io stessa spesso mi trovo a desiderare di trovarne una definizione, ma fatico. La cosa che mi riesce di fare è quella di associarvi alcuni concetti che con il bello hanno a che fare: l'armonia, l'equilibrio. Ma non basta, il bello è arduo da oggettivare, mentre risulta piuttosto semplice rendere soggettiva la sua definizione. In questo caso è il gusto, a sua volta frutto di un insieme di fattori culturali e ambientali, a determinare che cosa effettivamente possa dirsi bello. Ma non solo: c'è l'affetto, la sensibilità, l'attesa, lo stupore e mille altre sfumature emotive che contribuiscono a fare di un oggetto, di una persona, di un luogo, di una storia, di un tempo qualcosa di bello.


Stando così le cose, ho atteso con  curiosità la risposta di Antonella Capetti alla grande questione.
Forse aveva davvero trovato la pietra filosofale?
Per nulla. Anche lei, insieme al bruco, deve convenire che il bello, in quanto tale, esiste nella sua rarità, ma il cercare di imbrigliarlo in una definizione è davvero una cattiva idea.
A Renzo Piano, che di bellezza prodotta da mano e testa umana se ne intende, una volta sentii dire che il bello sparisce nell'istante in cui si cerca di descriverlo. Come dargli torto.
Ed ecco quale è la posizione che prende Antonella: in un processo 'ermeneutico' va diritta come una freccia, nonostante il contesto barocco che la Castrillon le costruisce intorno, attraverso una sequenza di aggettivi puntuali, verso la definizione di ciò che erroneamente si assimila al bello, ma che bello non è. Le sue parole hanno il passo di una camminata decisa, mentre le illustrazioni si attardano in riccioli e intrecci e volute, dalla forte connotazione decorativa, che mi sembra cifra costante in Castrillon. Il contrasto di andatura, da un lato l'incedere sicuro da maestra montanara, e dall'altro, la leggerezza di una giovane illustratrice sensibile al colore, mi convince. 


E se, parola dopo parola, ci dice cosa non sia il bello, per converso fa convergere tutti nel gran finale a constatare, di fronte a una luna piena che prende la pagina, dove la bellezza effettivamente faccia mostra di sé, in tutto il suo nitore. Per poi tacere.

Carla

 

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