lunedì 3 aprile 2017

LETTERE DI SCOIATTOLO A FORMICA (idee a due teste)


Cara Formica,
Come stai? Come passi i tuoi giorni? Fa freddo in città?
Nel bosco l’inverno è stranissimo, davvero fuori del normale: un freddo così non l’avevo mai sentito! Ma soprattutto, è la mancanza della neve a preoccuparmi. Di notte le stelle brillano su in alto come fitte dolorose, e la mattina quando vedo il cielo fisso azzurro mi si stringe lo stomaco.
Non va bene, l’inverno senza neve.
Ma non è per questo che ti scrivo.
Devo raccontarti qualcosa.
Qualche giorno fa sono sceso dall’albero a cercare le mie ghiande, e proprio alla base del mio albero ho trovato Tasso, il mio amico Tasso, disteso come se dormisse. Ho capito subito che era morto, perché nessuno schiaccia un pisolino in un posto così esposto. E poi, figurati, Tasso!!
Un tipo così riservato...
Mi sono avvicinato e lo ho ricoperto con delle foglie secche e degli arbusti, e poi sono andato a cercare le ghiande. Avevo fame.
Ma qualcosa in me era cambiato. È normale morire, fa parte della vita. Ma in un inverno normale Tasso sarebbe stato coperto dalla neve, ed io mi sarei accorto della sua mancanza solo a primavera, non vedendolo uscire dalla sua tana.
Invece quest’anno di neve non ne è scesa nemmeno un fiocco, non qui, almeno. Così, ogni volta che scendo dal mio faggio, o anche solo quando guardo fuori dalla finestra, vedo il monticello, le foglie e i rami che a malapena coprono il manto bianco e nero del mio amico, e mi viene voglia di chiacchierare con lui, come al solito.
Per questo, ho cominciato a sedermi al suo fianco nelle ore più calde della giornata.
Ho persino provato a parlare con lui...ovviamente non mi ha risposto. Non sono sciocco, so cosa è la morte. So che siamo uniti nel grande cerchio della natura, che quando la vita si stanca moriamo per tornare a vivere in altra forma.
Ma stando li, vicino a Tasso, nel silenzio irreale del bosco invernale, mentre mi immaginavo che il suo corpo a primavera si sarebbe piano piano trasformato in terra, ho cominciato a pensare.
Sai a cosa? Agli uomini, e a tutti quei libri di cui sotto sotto ho sempre sorriso. E alle domande che si fanno in quei libri....stupidamente sorridevo anche di quelle.
Ho provato a farmele anche io.


Dove sarà ora Tasso? Naturalmente lo so. È nella terra, nelle radici degli alberi, nella pancia degli insetti . Diventerà prato, e foresta, e le sue battute sarcastiche risuoneranno nel vento e tra i rami dei faggi.
Perché è morto? Anche questo lo so. Era vecchio. Ed anche stanco. Il freddo e la fame lo avranno sfinito. E forse era anche annoiato, e aveva voglia di vedere qualcosa di diverso dalla vita del bosco.
Ma a una domanda faccio fatica a rispondere, e mi arrovello giorno e notte mentre continuo a girare attorno al corpo ghiacciato del mio amico con uno stupore che non mi riconosco.
Come si fa a sopportare la sua assenza? Come si fa a sostenere il silenzio fortissimo che emana dal suo corpo ancora presente qui vicino a me, così presente che posso allungare la zampa e carezzargli il pelo ancora lucido?
E perché questo vuoto non si riempie, e di cosa lo dovremmo riempire, poi? E soprattutto, perché fa così male?
Ecco ecco cosa succede quando comincio a pensare.
Ed è per questo che ti scrivo: mi aiuti a rispondere?

Scoiattolo

Ah, caro, carissimo Scoiattolo, amico mio.
Come si può essere contenti e rattristati allo stesso momento? Eppure è così che mi sento adesso, nel leggere la tua lettera. Mi rammarico per Tasso, anche se non lo conoscevo, e al contempo, son felice di sentirti dopo tanti mesi di silenzio. Sentimenti diversi che si toccano.
Che domande grandi mi fai...e quante. Sai cosa mi viene in mente quando mi parli di assenza? L'immagine del distacco che separa i vivi dai morti, quel momento che la morte presenzia sempre. Io penso alla Morte, quella con il teschio, il grembiulone a quadri e le pantofoline, quella che Erlbruch ha disegnato con tanta delicatezza e sensibilità, sulla riva di un corso d'acqua verde che sinuoso va verso il mare aperto. Quella stessa Morte che, con la consapevolezza dell'ineluttabilità, ha messo sul corpo galleggiante e inerte di Anatra un tulipano scuro e le ha dato una spinta lieve. Te lo ricordi anche tu vero il bellissimo L'anatra, la morte e il tulipano1, sì? E ti ricordi cosa dice? "Quando la perse di vista..." - e infatti se guardi ora il fiume verde è sgombro - , "...la Morte quasi si rattristò. Ma così era la vita."


Da una parte la vita, dall'altra, la morte: sono prossime, si toccano per un momento e, a ben vedere, ognuna porta in sé tracce dall'altra: si compenetrano un po'.
Ho letto un libro: Cry, heart, but never break.2 E' un libro che nasce in Danimarca (hai notato, di nuovo una storia che arriva dal Nord...) e che racconta la storia di quattro fratellini che, piuttosto sgomenti, stanno aspettando la morte imminente della loro nonna. Un visitatore, la Morte appunto, ha lasciato la falce fuori dalla porta della casa per delicatezza nei loro confronti e ora è lì in cucina, ossuto e con un gran naso che sporge dal cappuccio del suo nero mantello. Siede con loro al tavolo di cucina e beve un caffè dopo l'altro che i bambini, spaventati, gli versano nella tazza per impedirgli, così pensano, di andare al piano di sopra a 'prendersi' la nonna. 

 
Il tempo passa e arriva il momento. Ai piccoli che fanno la tua stessa domanda, perché si deve morire, il visitatore con grande dolcezza (la Morte tutti la descrivono come con il cuore nero e duro come il carbone, ma non è la verità se guardi come la immagina Charlotte Pardi) racconta la storia di una coppia di fratelli, Sconforto e Dolore, sempre mesti che vivevano in una valle umida e tetra e una coppia di sorelle, Gioia e Letizia, sempre radiose che vivevano in cima al monte, in pieno sole. Si incontrarono un giorno e si innamorarono.


Decisero di vivere assieme in due casette a metà tra la cima e la valle. Passarono anni meravigliosi insieme e quando venne il momento di morire, lo fecero insieme perché era impensabile per loro separarsi. Lo stesso accade con la vita e la morte: stanno insieme e non ha senso dividerle. La vita sarebbe terribile senza la morte e viceversa. Apprezzereste il sole, se non piovesse mai? Vi verrebbe a noia il giorno se non arrivasse la notte? Ecco, la Morte è salita al piano di sopra. I bambini arrivano dopo poco e si riuniscono intorno al letto della nonna morta. Le lacrime scendono piano, come è naturale che sia, ma la Morte li avverte che quelle lacrime di dolore e quella tristezza è giusto che siano lì, ma fanno parte della vita. Segnano il distacco, ma aiutano ad andare avanti per una nuova strada. Questo sembra un modo accettabile per dei piccoli di darsi conforto? 


Sai, quando morì mio padre, un formicone magro e lungo, dagli occhi sporgenti e celesti come il cielo, la mia piccola consolò la mia panica disperazione dicendo: così è la vita, mamma... Lo vedi anche tu, al disorientamento di un adulto, è la purezza di pensiero di una bambina a dare parziale conforto. E sembra tornare il ragionamento della vecchia con le pantofoline e del visitatore in nero. Ma quella che ti ho appena raccontato è vita vera, non storia immaginata. Può fare differenza? E d'altronde anche le tue parole, "so che siamo uniti nel grande cerchio della natura, che quando la vita si stanca moriamo per tornare a vivere in altra forma" vanno nella stessa direzione: verso il mare aperto o nell'arietta che entra dalla finestra nella casa di quei tre bambinetti e li accarezza...


Vuoi la vera verità? Sembra facile, ma non lo è. E hai ragione tu, fa un gran male quel gran vuoto.
Ma riparliamone domani, vecchio mio

Formica


1W. Erlbruch, L'anatra, la morte e il tulipano (trad. V. Starnone) E/O 2007
2G. Ringtved, C. Pardi, Cry, heart, but never break, Enchanted Lion 2016

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