lunedì 24 luglio 2017

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

LA SOTTILE LINEA ROSSA



La grande storia di un piccolo tratto, Serge Bloch  
(trad. Tommaso Gurrieri)
Edizioni Clichy, 2017

ILLUSTRATI

"Stavo camminando quando l'ho visto.
Era un pezzettino lungo il sentiero.
L'ho raccolto. L'ho guardato.
Nell'incavo della mia mano
era veramente una cosina.
Un pezzettino di un niente.
Me lo sono messo in tasca, al calduccio,
e l'ho portato a casa."


Riposto con cura nella scatola dei tesori di questo bambino, quel pezzettino di niente è restato lì più o meno dimenticato. Il pensiero però ogni tanto ci tornava e alla fine da quella scatola è uscito ed è finito sul foglio bianco. Si è mosso, è cresciuto e poi, stanco, si è acciambellato. Ma da quel giorno tra quei due è nata un'amicizia che è cresciuta con il fare cose assieme: prima piccole, poi sempre più grandi.
Condivise erano anche le emozioni e non sempre era facile essere vicini. Alle volte spariva il tratto, ma poi tornava sempre e la preoccupazione cessava. Insieme potevano fare belle cose, come divertire i bambini o far ridere o far piangere la gente. Insieme hanno girato il mondo, e hanno fatto scorrere il tempo e poi, di comune accordo, hanno preso una decisione importante...

La storia di una relazione: quella tra un disegnatore, Serge Bloch, e il suo tratto, un segno rosso in un mondo quasi tutto in bianco e nero; unica eccezione, un po' di blu che spunta qua e là.


Raccontata con quelli che sono i tratti consueti della poetica di questo autore: la capacità di sintesi, il disegno 'disimparato', il dialogo tra oggetto e segno, la padronanza del bianco, ironia e poesia in perenne dialogo, lo sguardo, la profondità, la capacità di dare un'anima, un senso all'esistenza.
Non credo che siano solo questi i punti fermi, sorta di punti cardinali, cui ancorare la mappa Serge Bloch per poterla leggere e interpretare.
Tuttavia essi possono costituire un buon punto di partenza.


Se mi è permesso, partirei dalla forma per poi arrivare alla sostanza.
"Neanche un giorno senza una linea" (quando Paul Klee riprendeva Plinio il Vecchio). La linea è la sua lingua. E' una linea talvolta veloce, talaltra accurata, per definizione sempre sintetica.
Essa è esito di un processo di 'allontanamento' dalla forma perfetta e sapiente del bravo disegnatore che privilegia in sua vece certa verginità e ingenuità del tratto infantile. Va da sé, come diceva Calvino a proposito della scrittura, ovvero che la leggerezza è la risultante di un sapiente lavoro di sottrazione, che anche la linea di Bloch si genera per eliminazione. Il suo segno 'infantile' nasce da una grande capacità disegnativa che però, in nome della sintesi, si libera di tutto il suo bagaglio acquisito per tornare a una forma primigenia. Ripeto ciò che ho notato altrove, "Mi ci è voluta una vita per imparare a disegnare come un bambino" (Pablo Picasso), il disegno è il linguaggio espressivo naturale dei bambini. Non dobbiamo dimenticarlo.


Il secondo elemento formale che è cifra costante in Bloch è la commistione, o per meglio dire il dialogo, che lui cerca tra elementi compositivi differenti: di solito oggetti fotografati che, usciti di contesto, dialogano in modo non convenzionale con la linea. In questo libro accade nel momento di massima tensione: il finale.
Altre volte l'intero libro si costruisce sull'oggetto (Io aspetto, Kite 2015): il filo rosso. Oppure è il frutto di una felice alternanza (Il nemico, Terre di mezzo, 2014). Ed è sempre una gioia per lo sguardo e un cambio di registro che accende l'attenzione, spostando di fatto il punto di vista dell'osservatore per metterlo, parole di Bloch, nella condizione di fargli credere che ciò che vede sia autentico.


Ulteriore elemento formale è l'uso del bianco, o per converso il disuso del colore da parte di Bloch. Ancora sue le parole che privilegiano il tratto, il disegno rispetto al colore. "A me interessa il segno, non il colore". Unica deroga in questo libro, alcune pagine in cui il colore è dato a pennellate liquide e veloci con il fine di creare volumetrie: il mare, la città. Altrimenti anch'esso soggiace al segno, nella linea rossa assoluta protagonista, o in quelle, più rare, blu.
Il registro dell'ironia è di nuovo un elemento costante nei suoi libri.
L'ironia genera sorriso e non risata e anche qui sono molti i momenti in cui il sorriso nasce nel lettore. Per motivi diversi: i lettori piccoli sorrideranno per il grande scarabocchio che è connesso con "quando io urlavo, lui impazziva", mentre i grandi sorrideranno per il tremolio di "non era sempre semplice vivere con lui. Me ne faceva vedere di tutti i colori". Sottile, lieve, la vena ironica è per definizione timida e non per tutti. Talvolta amara, ma sempre molto connessa con la poesia con cui Bloch legge il mondo e l'umanità.


E a proposito di poesia entriamo nella sostanza dei libri di Bloch, compreso questo che sembra essere, oltre a un omaggio al disegno, un bel modo per raccontare una vita, la sua. Diventa lirico nella suggestione creata da "A volte ci sedevamo uno accanto all'altro. Lui si allungava, disegnava l'orizzonte. Guardando bene, si poteva vedere una nave in lontananza" e un personaggino chiuso nelle sue ginocchia con l'occhio, punto nero, puntato lontano, su una sottile linea rossa e su un segnetto in fondo, la nave.
Ed ecco lo sguardo, elemento compositivo e sostanziale per raccontare il mondo e l'umanità che lo abita. Non è forse lo sguardo specchio dell'anima?Ragionavo su questo a proposito di un altro suo bel libro (Ti sfido a non sbadigliare, Edizioni Clichy 2016), quando a uno sguardo nel buio è dedicata una intera doppia pagina. Scrive Bloch che lo sguardo tanto più è evidente e prende spazio nel disegno, tanto più genera vita nel personaggio.


E così, senza quasi accorgersene, arriviamo all'ultimo punto cardinale della nostra mappa: la profondità dei suoi libri che deriva dalla sua capacità di dare anima e quindi un senso alle storie che disegna. Ancora una volta mi aggancio alle parole dello stesso Bloch: "il disegno è una sorta di finestra aperta davanti a un mondo di personaggi. Un teatro in miniatura che io ho la possibilità di animare" o ancora "io disegno cose, persone e circostanze che chiamo dentro attraverso il disegno".
E così, in soli 4 giri di pagina, e sole 8 parole è in grado di raccontare vent'anni di una esistenza. Valicando spesso i testi non suoi attraverso una sempre personale lettura, oppure in questo dialogo con il disegno, La grande storia di un piccolo tratto, riesce a mettere a fuoco questioni nodali: il rapporto con l'altro, l'autodeterminazione, la relazione genitori/figli.
Se non è un genio questo...

Carla


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