lunedì 27 novembre 2017

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

QUANDO IL BOSCO DORMIVA

Il bosco addormentato, Rébecca Dautremer
(trad. Francesca Mazzurana)
Rizzoli 2017


ILLUSTRATI

"A te che tieni questo libro tra le mani: grazie per il tempo che gli dedicherai. L'ho scritto e illustrato con molta cura e piacere.
Guarda lì, proprio lì, nella pagina accanto, i due tizi che discutono.
Credo vogliano andare a fare una passeggiata. Che ne dici di seguirli?
E cerca di sentire cosa dicono. Racconteranno una storia che forse ti ricorderà qualcosa..."
R.D.

Un giovane longilineo e un anziano signore in panciotto, entrambi usciti da un tempo passato indecifrabile, si avviano attraverso la pagina bianca.
All'arrivo, dall'altra parte della cucitura del foglio, trovano il colore e un grande silenzio, un gran vento e una strada che li conduce in un luogo tanto reale quanto spettrale dove tutto è addormentato. Animali, uomini, donne e bambini sono immobili, colti da un sonno eterno quanto improvviso. I loro corpi, complice il peso e la rilassatezza dei muscoli, si flettono nel torpore. Curva è la schiena del cavaliere ancora in groppa al suo cavallo, ciondolano i bambini dall'altalena, si accasciano sui loro strumenti le signore dell'orchestra. Si tengono in piedi a vicenda in un abbraccio dal precario equilibrio i due pugili e la fioraia è sdraiata a terra, come caduta d'incanto nel momento in cui annaffiava i suoi vasi. 


Il vecchio, nel suo monologo recitato dalla pagina bianca, ragiona su ciò che vede sulla pagina accanto: è una storia di cui si è sentito parlare, una storia strana. Questo sonno che sembra morte dura da un secolo, commenta il vecchio, ed è incredibile che nessuno si sia ribellato a questo stato di cose. 


Non serve incitarli al risveglio, constata l'uomo in panciotto: è un sortilegio di qualche strega, si chiede, oppure stanno solo facendo finta per stanchezza o paura? O forse stanno aspettando che succeda qualcosa o che arrivi qualcuno? Il ragazzo, muto e finora assorto nei propri pensieri, lontano dal chiacchiericcio del vecchio, finalmente alza lo sguardo, alla frase pronunciata dalla sua guida: forse un bacio?
Valicare il confine che tiene separato il bianco dal colore, il nulla dal tutto, la logica dalla fiaba, il suono dal silenzio, la veglia dal sonno, la sinistra dalla destra, è un gioco da ragazzi (anzi, da ragazza). Bastava solo pensarci e affidarsi alla potenza dell'immaginazione.
E quel genio di Rébecca Dautremer lo ha fatto.

Una costruzione narrativa di semplicità disarmante che diventa un oggetto reale: un gioiello editoriale pieno di bellezza, di arte, di pensiero.
Una fiaba, quella di Charles Perrault, che è nel nostro immaginario e che diventa, nelle mani di Rébecca Dautremer, teatro, palcoscenico per rappresentare qualcos'altro.


L'invito a seguire chi la guarderà da una certa distanza, chi si interrogherà sul prodigio che la tiene soggiogata, chi avrà il desiderio e il coraggio di entrarci per cambiare le cose, è un modo di offrire una nuova prospettiva per guardare ciò che già conosciamo, per indagare in altre direzioni. La rivisitazione di una fiaba classica non è un registro poco frequentato, ma una visuale del genere è decisamente originale.
E questo è il primo punto di interesse. Ne seguono molti altri che però sono espressioni di un lessico che la Dautremer ha utilizzato anche in precedenti occasioni.E che riconfermano la sua altissima qualità di illustratrice.

 
Per quanto concerne l'ambito più strettamente formale, gli elementi che tornano sono: il grande formato; una gamma cromatica che predilige il rosso (qui come già altrove in un contrasto cromatico con il turchese) che allude all'Estremo Oriente, come pure le fisionomie dei volti e il taglio degli occhi (sebbene qui sempre chiusi per obbligo di scena); una visuale grandangolare che distorce le figure come attraverso un obiettivo fotografico - in una tensione quasi deformante, sinuosa, dei corpi che diventano forme si legge un ulteriore riferimento alla miniatura e alla pittura giapponese; uno studio approfondito sulla luce e sugli effetti che produce su scenari e personaggi e sul suo tono potentemente evocativo; il continuo riferimento a un contesto geografico e culturale attraverso elementi di scena - oggetti, costumi, capigliature, manifesti, cartelli, segnali, decorazioni, architetture - che puntualmente vengono smentiti; il gusto per il dettaglio allusivo: dalla minuscola scritta sul muro per incitare l'atleta del ring, al nome del gruppo di musiciste. E ultimo: il dominio assoluto di una tecnica pittorica fuori dal comune. 

 
E grazie a questa non si può non notare nelle figurine monocrome come si voglia rendere omaggio al mondo del fumetto, a quello classico che non utilizza i balloon, che nasce in America con McCay e arriva in Francia con Moebius.
Un'allusione silenziosa, ma evidente a tutti i Little Nemo che si sono susseguiti dai primi del Novecento fino agli anni Ottanta del secolo scorso. 
D'altronde, non è forse Little Nemo l'icona per eccellenza del sonno (o del sogno) interrotto?
Riguardo all'ambito più attinente ai contenuti: l'allusione come chiave narrativa; la capacità di avere due universi comunicativi: uno che stupisce i piccoli e uno che solletica i grandi; la grande complicità tra testo e immagine; la complicità richiesta al lettore che in questo caso viene chiamato 'dentro' dall'autrice medesima; il rapporto con i classici della letteratura che sono reinterpretati secondo prospettive originali; una relazione forte tra il tempo della narrazione che avanza e quello della fiaba che è sospeso, pronto a rimettersi in moto e a sincronizzarsi con quello della narrazione solo sul finale, lo stesso accade con lo spazio: attraversabile sulla pagina bianca, conchiuso su quella colorata, pronto a ridiventare abitabile solo nella penultima tavola.
C'è di che ragionare, altro che dormire...


Carla

Noterella al margine: ancora una volta uno scivolone sul titolo che in francese suona molto più coerentemente Le Bois dormait, ovvero il bosco dormiva...Un'altra occasione persa di rimanere nell'allusione, evitando di cadere nel chiarimento.


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