mercoledì 24 gennaio 2018

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


UNA SERIE DI FORTUNATI EVENTI
Il rapimento del Principe Margarina, Mark Twain, Philip Stead,
Erin Stead (trad. Giordano Aterini)
Bompiani 2017


NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dai 7 anni)

"L'unica vera amica di Johnny era una gallina malinconica dal nome bizzarro. Si chiamava Pestilenza e Carestia. In passato probabilmente le galline dovevano essere state due, una Pestilenza e una Carestia. Ma dobbiamo di nuovo attenerci ai fatti. C'era una sola gallina, adesso, e aveva due nomi.
Pestilenza e Carestia si avvicinò trotterellando e becchettò fiaccamente l'alluce malconcio di Johnny per manifestargli solidarietà.
'Grazie' disse Johnny. 'Non mi sono fatto niente, credo.' Saltellò su un piede. La gallina lo imitò, convinta che fosse la cosa giusta da fare. Johnny rivolse un sorriso alla sua vecchia amica."


Questi due sono amici e si fanno una gran compagnia. Da una parte, un ragazzino quasi solo al mondo (a parte il nonno che era proprio una brutta persona) che vive in uno sperduto paese con il nome difficile da pronunciare, un paese dove i poveri e gli sfortunati rimangono poveri e sfortunati per tutta la vita e dall'altra, una gallina che ha per nome un'imprecazione, una delle molte pronunciate dal nonno burbero di Johnny, al mattino appena sveglio.
Quella brutta persona sta per fare la sua ennesima cattiva azione: sta per intimare a Johnny di andare in città a vendere la gallina al mercato.
E questa è un po' la storia del viaggio di un ragazzino e della sua fedele gallina verso il mercato. Barattare con una vecchina la sua gallina permalosa e malaticcia, seppure socievole, è quello che fa Johnny e ne ottiene in cambio un pugnetto di semi blu.
Il viaggio di ritorno con i semini in mano non è facile, ma ciò che lo attende a casa è ancora peggio. Nel vedere il frutto dello scambio, il nonno impreca così tanto che ci lascia la pelle. Ma prima i semi li sbiascica e li risputa in giro. Il caso volle che uno di quei semi attecchisse e producesse un bel fiore che il povero bambino affamato mangiò per fame. Il fiore magico permette a chi lo mangia di poter parlare le lingue degli animali ed è quello che puntualmente si verifica.

 
E questa è anche la storia di quello che al piccolo Johnny capita, dal momento che si fa un'altra amica, Susy la donnola, e che le cose cominciano ad andare nel verso giusto e che decide di partire alla ricerca di un principe scomparso.
E del finale invece tacerò.

Ci sono due, anzi tre, eventi fortunati in questa particolare circostanza.
Il primo: la tradizione nella famiglia Clemens di raccontare prima di andare a letto una storia inventata, partendo da una figura di un giornale.
Durante la loro permanenza parigina, per le due bambine più piccole, Susy e Clara, Samuel Langhorne Clemens inventa storie ogni sera. Una di queste però sembra convincerlo più di altre e così decide, per cinque giorni di seguito, di appuntarsi qualcosa, con l'intento di ritornarci su, sulla storia di Johnny, con l'intento, forse, di renderlo indimenticabile come Tom o Huck.


In verità, Samuel Langhorne Clemens, sulla storia di Johnny non ci torna su, ma quei fogli sparsi, per la precisione 16, tornano a galla nel 2011, a Berkeley nell'università dove le carte di Twain si conservano con cura. E questo è il secondo evento fortunato.
Il terzo segue a ruota e si verifica quando a qualcuno, vari illustri professori e un bravo editore, viene in mente di rivolgersi a Philip Stead per ricucire degli 'appunti grezzi', seppure autografi di Mark Twain, e ad Erin Stead per illustrarli.
Ed eccolo qui, il libro che tutti dovrebbero avere a scaffale. O sul comodino.


Messa da parte ogni soggezione, Philip Stead ricama o per meglio dire plasma una meravigliosa storia che, sostenuta con forza dall'ossatura degli appunti di Twain, prende una sua forma, corpo, originali che, meravigliosamente, hanno l'imprinting del progenitore.
Per assurdo si potrebbe credere che Stead abbia origliato per quelle magnifiche cinque serate parigine dedicate al piccolo Johnny e alla sua gallina.
Per questa ragione, neanche per un momento, non stentiamo a credere alla storia-cornice che Stead imbastisce e che lo vede dialogare con Twain in persona, sorseggiando un tè sulle rive del lago, in vista dell'Isola dei Castori.
E quando Twain, come accadde nella realtà, si alza e puf! svanisce, arriva una donnola a confermare ai coniugi Stead che le fiabe sono vere.
I meriti di Twain, chi sono io per elencarli? Ognuno lo faccia secondo coscienza, ma sui meriti degli Stead e di Giordano Aterini, (il felice traduttore) qualcosa si può forse dire.
Se si procede con ordine, il primo che salta agli occhi è il ritratto di Johnny fatto dalla Stead: un ragazzino che lei decide, in assoluta autonomia, sia afroamericano. Ottima idea. E più in generale, il disegno, dai ritratti alle silhouette: da mozzare il fiato, siano essi galline o regine.


Il secondo è la scelta della citazione di Twain sulle leggi del racconto.
Il terzo è la autopresentazione di Philip che ha la leggerezza del miglior Calvino.
Il quarto, la felice sintesi per spiegare il senso ultimo delle fiabe: la differenza tra il Qui e il Là (e siamo solo a pagina 12).
Il quinto è il tono burbero, misantropico, ironico della voce che Philip dà a Twain. Non potrebbe che essere tale, anche nella sua felice declinazione italiana di Aterini.
Il sesto è il ritmo pieno di respiro, lento, pacato, sfumato almeno quanto il disegno. Uno spazio narrativo in cui il racconto si snoda con naturalezza per giungere e fermarsi di fronte ad alcuni punti cardine, che anche solo per loro sarebbe valsa la pena di leggere il libro:

"Johnny prese un bel respiro per calmarsi. Poi aprì la bocca e trovò le parole che potrebbero salvare l'umanità da tutti i suoi guai, se solo l'umanità le pronunciasse di tanto in tanto, pensandole davvero. Disse: 

'Sono felice di essere qui.'"

"Johnny fece un bel respiro per calmarsi. Poi aprì la bocca e trovò le parole che potrebbero salvare l'umanità da tutta la sua violenza sciocca e incessante, se solo l'umanità le pronunciasse di tanto in tanto, pensandole davvero. Disse: 

'Sono contento di conoscervi.'"




Ecco, cose così.
 
Carla

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