venerdì 4 maggio 2018

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


CAVALCARE LA TIGRE

La tigre di Anatolio, Guia Risari, Giulia Rossi
Beisler Editore 2018



ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"Fin da piccolo Anatolio era appassionato di tigri. La prima parola che disse fu 'tigre'. Disegnava sempre grandi felini striati e, a volte, rispondeva con un ruggito. Pensava alle tigri da mattina a sera. Quanto alla sua, non era un animale immaginario, ma reale. Pesava duecentocinquanta chili ed era lunga tre metri. Aveva baffi come corde e una coda irrequieta che frustava l'aria."



Anatolio, essendo esperto, era anche abile nella gestione del felino. Le aveva insegnato come ci si comporta al parco, niente cani, bambini e vecchietti da sgranocchiare. Le aveva insegnato a sorridere e a scodinzolare per rassicurare i passanti. Insieme facevano una bella vita: si raccontavano a vicenda storie, si facevano effusioni affettuose, leccatine e grattatine. Anatolio era abile anche nel saper mantenere un buon livello di igiene personale della tigre, perché il suo lato selvatico non risultasse sgradito agli altri.
A parte il giovedì che era giorno di bagno, il resto del tempo lo passavano, inseparabili, esplorando il mondo. Una città può rassomigliare a una giungla, a saper guardare...

Bambini e tigri. Non è la prima volta che si incontrano sulle pagine di un libro per l'infanzia. Capostipite Mowgli fino al piccolo Babaji (L'ippocampo 2008) e l'ineguagliato principe tigre (Babalibri, 2005). In tutti questi esempi, tuttavia, le tigri sono a casa loro. Qui, nel racconto di Guia Risari, la tigre invece è un'eccezione, un fuori programma, in una città qualsiasi, lontana da scenari asiatici.
C'è da chiedersi, potrebbe essere amica o parente di una tigre che compare all'ora del tè? Potrebbe. Non a caso con quella di Judith Kerr (Mondadori 2016) che suona il campanello, depreda il frigo e beve tranquilla il tè con la bambina a sua madre, questa di Anatolio condivide più di una analogia. La prima: spunta dal nulla e da un momento all'altro diventa assolutamente normale per chi la vede (con una sola eccezione per il dobermann) che lei sia lì. Come quella della Kerr, la tigre di Anatolio non teme lo sguardo degli adulti. Come quella della Kerr è una tigre al cento per cento, con usi e costumi propri della specie. Ed è proprio su questo che, come la Kerr, anche Guia Risari sembra voler giocare: ovvero innestare un elemento totalmente alieno e assurdo in un contesto che appaia il più quotidiano e consueto possibile. 


Così nasce la risata.
Secondo passo, si potrebbe dire, necessario: mettere l'assurdo nelle mani di un bambino e stare a vedere che cosa succede. Anatolio, come già è capitato ad Anna nei confronti dei gorilla (Anthony Browne, Gorilla, Orecchio acerbo 2017), ama a dismisura le tigri e non pensa ad altro. Questo è il pretesto narrativo per materializzarne una sul suo tappeto e per mettere quel bambino nella felice posizione di poterla avere come animale da compagnia. In assoluta nonchalance.
Se si legge il solo testo, in maiuscolo per andare incontro alle prime esperienze di lettura autonoma da parte di bambinetti e bambinette di tra i 5 e i 7 anni, si aprono svariati scenari possibili perché ovviamente è costruito su un buon numero di gap, altrimenti detti 'non detti'. Il primo ed esemplificativo si riassume in meno di una riga: Quanto alla sua, non era un animale immaginario, ma reale. Non una parola in più viene spesa al proposito. E chi legge non può fare altro che adeguarsi e far partire la propria immaginazione. 



Immediatamente dopo, come ad attestare il registro intrapreso, l'assurdo, della tigre vengono elencate le caratteristiche fisiche e di comportamento che sono assolutamente ancorate alla realtà: baffoni, codona, peso cospicuo e certa ferocia. Naturalmente tutto quello che segue assume il tono esilarante dell'improbabile. E l'alternanza tra realtà e assurdo prosegue. Stando al testo, apparentemente fino alla fine (ma allora che ci fa il gatto di casa a riportare tutto alla normalità?)
Ebbene un libro che ha tutte queste potenzialità narrative, date da un silenzio programmatico che si è imposto di non voler spiegare troppo, si asciuga nel suo aspetto illustrativo. In simmetrica controtendenza, nei disegni tutto appare molto descritto, rigido, normalizzato, e a un passo dallo stereotipo. 



Più felici e liberi sono gli sfondi architettonici di città, e arborei di parchi e 'giungla'. Innegabile l'equilibrio compositivo delle pagine, con alcune soluzioni divertenti. Tuttavia, Anatolio e la sua tigre sembrano, al contrario, bamboleggiare davanti al lettore, come se si sentissero osservati e si irrigidissero, perdendo di spontaneità e di piacevolezza per chi guarda. E anche, purtroppo, del necessario stupore.


Ancora un po' di strada deve essere fatta...


Carla

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