mercoledì 28 novembre 2018

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


I FANTASMI DI SNOW CASTLE


La parola che meglio può definire il nuovo romanzo di Sonya Hartnett, ‘I figli del Re’, pubblicato da Rizzoli, è ‘complessità’. Complessità della trama, che vede due narrazioni parallele, una al presente, un presente ambientato nel 1940 in Inghilterra, e l’altra, che si incastra nella prima sotto forma di racconto leggendario, ambientato negli stessi luoghi ma cinque secoli prima. Complessità dei personaggi, che accogliamo all’inizio con una certa impressione di vacuità e che acquistano una forte caratterizzazione nel corso della narrazione. Complessità del tema, che sottende il racconto vero e proprio: la guerra, il coraggio, il diventare grandi. E, ancora una volta, l’abbandono dell’infanzia, segnato da un evento traumatico.
Andiamo con ordine; intanto la trama, che parte da una Londra impaurita, in attesa dei primi bombardamenti; qui vive la famiglia, facoltosa e importante, di Cecily e Jeremy. Partono insieme alla madre e ad una piccola sfollata, destinazione la tenuta dello zio Peregrine, nel lontano Nord. In questa tenuta ci sono anche le rovine di un antico castello, Snow Castle.
Jeremy, un quattordicenne intriso della retorica del ceto cui appartiene, freme per partecipare in qualche modo allo sforzo bellico, mentre la sorella più piccola è impegnata a dimostrare la sua importanza a scapito della piccola sfollata May, il cui padre è morto in Francia, sul campo. Heloise, da brava signora dell’alta società, pensa di avere tutto sotto controllo e di gestire la vita dei figli ancora ‘bambini’.
Su tutti veglia lo zio Peregrine, con un grande lutto alle spalle e una gamba poliomielitica che gli ha impedito di partecipare alla guerra. Le giornate trascorrono relativamente tranquille, mentre le bambine scorrazzano in libertà, seguite dal terranova dello zio. Nel corso di queste incursioni, le due bambine perlustrano le rovine di Snow Castle, imbattendosi in due ragazzi dall’aspetto inconsueto.
Negli stessi giorni lo zio Peregrine comincia a raccontare la storia delle rovine, storia che ha a che vedere con l’affermazione della casata Tudor nella lotta per la corona d’Inghilterra. Si parla di omicidi, tradimenti e soprattutto della segregazione di due ragazzi, di cui il più grande legittimo erede al trono di Inghilterra. La vicenda mi sembra corrispondere all’ascesa al trono di Riccardo III nel 1483. La vicenda in realtà si svolse a Londra e il giovane erede al trono insieme al fratello furono reclusi nella Torre di Londra. Una storia truce, piena di crudeltà e che vide la lunga prigionia e poi la morte di due innocenti.
I due ragazzi incontrati da Cecily e May sono dunque due fantasmi imprigionati nel loro destino?
Nel frattempo Jeremy fugge, per dimostrare a se stesso e al mondo di essere in grado di affrontare la sua prova di coraggio. Il suo obbiettivo è raggiungere Londra, ormai oggetto di quotidiani bombardamenti nemici.
Qui diventa necessario soffermarsi sui personaggi, che mutano improvvisamente ruolo al momento della scomparsa di Jeremy: Heloise, da gran dama altezzosa e distante si trasforma in una madre come tante altre, che, nel difendere la vita del figlio, esprime il suo disprezzo per la guerra e per chi la vuole a tutti i costi, mettendo in dubbio l’etica che dovrebbe giustificarla. Cecily è accecata dalla paura e scaglia le sue ire su May, che si dimostra la più forte, la più fiera figura di resistente. Infine Jeremy stesso, travolto dalla sua idea romantica di eroe, che torna dalla sua avventura londinese vittorioso e sconfitto nello stesso tempo. Cecily e Jeremy scoprono la realtà del loro padre mitizzato come un eroe, in realtà un normale banale borghese che utilizza i suoi privilegi. Vedere i genitori per quello che sono è uno degli aspetti del diventare grandi, lasciandosi alle spalle il mondo infantile fatto di eroi e regine. Così come vedere direttamente la furia distruttrice della guerra ne demolisce il fascino romantico.
Ho cercato di ragionare sulla funzione che nella narrazione è svolta dal racconto di Snow Castle, i cui evanescenti abitatori svaniscono alla fine del libro. Questi incontri, fra le due bambine e i due fratelli, al limite fra immaginazione e realtà, servono soprattutto ad introdurre un racconto che è una descrizione amara del potere, di ciò che le persone fanno in nome di esso e delle conseguenze che ne derivano. C’è molto da discutere in questo romanzo: una descrizione molto dura della borghesia, dei privilegiati che si dibattono in dilemmi etici quando gli altri combattono e muoiono; ma nello stesso tempo un’idea disincantata della crescita, che alla fine non è altro che allinearsi alle idee degli altri e corrispondere al futuro che altri hanno immaginato; e la figura un po’ troppo frivola e superficiale di Cecily, che a dodici anni riveste il ruolo di ‘bambina’ viziata.
E’ quindi una lettura che richiede impegno e attenzione e che consiglierei a partire dai tredici anni.

Eleonora

“I figli del Re”, S. Hartnett, Rizzoli 2018



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