venerdì 12 aprile 2019

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


TRAGEDIA A RITMO DI UN RAP


‘La lunga discesa’, opera del 2017 di Jason Reynolds, appena pubblicata da Rizzoli, è a dir poco spiazzante: scritto in versi, cui la traduzione italiana non può essere completamente fedele, è il racconto sincopato di una discesa ineluttabile verso l’inferno da parte di un ragazzino afroamericano, Will, a cui è stato appena ucciso il fratello.
Nella giungla urbana ci sono tre regole che devono essere sempre rispettate, soprattutto davanti ad un lutto: non piangere, non fare la spia, vendicarsi.
Ma Will non è ancora pronto, non sa come fare a vendicare la morte del fratello Shawn, il cui corpo giace ancora caldo sul selciato.
Comunque sia, sa che deve farlo, deve uccidere l’assassino di suo fratello, che pensa di aver individuato in Riggs, un vecchio amico passato a una gang rivale.
Prende la pistola di Shawn, ben nascosta in un cassetto, e prende l’ascensore per scendere dall’ottavo piano, dove abita. A ogni piano sale una persona, che via via il protagonista riconosce come un personaggio fondamentale della sua vita, lo zio, il padre, l’amica d’infanzia, infine il fratello: si proprio lui, quello appena morto, perché ciò che lega tutte queste persone, oltre ai rapporti affettivi, è la morte, sono tutti morti ammazzati, tutti morti in ossequio alla legge della giungla urbana, in cui si spara prima di pensare, prima di sapere se stai davvero uccidendo la persona ‘giusta’. Ciascuno di loro racconta la sua storia, come è potuto succedere il ritrovarsi a terra col corpo attraversato dai proiettili. Da questi racconti emerge l’insensatezza di una ‘legge’ che non lascia scampo, che segna un destino ineluttabile, foriero di lutti. E quando l’ascensore arriva al piano terra , Will dovrà scegliere se seguire quel destino o sottrarvisi.


Jason Reynolds ci regala una storia potente, nera, disperata, con un unico barlume di incerta speranza, che qualcuno possa prima o poi sottrarsi al proprio destino.
In un linguaggio scarno, ritmato, ripetitivo, ci viene descritta la vita degli afroamericani poveri, quelli che vivono di spaccio e di espedienti, il cui teatro è la strada, dove a fatica devono conquistarsi un posto. Persone normali, in fondo, con un universo di affetti destinati al dolore, con le loro manie, i gusti, gli orologi di marca o la maglietta all’ultima moda. Ma nessuno di loro può sottrarsi alla legge primitiva che chiede vendetta, che genera a sua volta altre vendette e altre morti e dolore e solitudini. Le gang, le loro leggi tribali, le prove di coraggio e le pistole.
Will, prima di affrontare la sua prova, rivede i destini tragici dei suoi familiari, degli affetti più cari; capire l’inutilità di tutto questo è possibile, è possibile avere un’altra prospettiva di vita?
L’autore ci lascia con questo interrogativo, lui che dedica il libro ai ragazzi e le ragazze afroamericani che affollano i centri di detenzione, tutti figli della legge della giungla urbana.
E’ un libro dal forte impatto emotivo, che trasuda dolore, povertà, ignoranza. La sua lettura richiede un lettore, o lettrice, maturi, dai quattordici anni in su.
Bella la copertina che inquadra una pulsantiera graffiata e sporca e le pagine interne in cui le parole sembrano graffiti estemporanei, sfondo perfetto per una storia di degrado e solitudine.
Reynolds si conferma scrittore di talento, capace di esplorare territori diversi, linguaggi diversi.
Da leggere in un giorno di sole, con un cielo pieno di rondini.

Eleonora

“La lunga discesa”, J. Reynolds, Rizzoli 2018


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