venerdì 15 novembre 2019

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


WHERE THE WILD THINGS ARE

L'isola schifosa, William Steig (trad. Daniela Magnoni)
Rizzoli 2019


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"C'era una volta un'isola bruttissima, brullissima, schifosissima. Era ricoperta a perdita d'occhio di pietre aguzze e vulcani che ruttavano fumo e fiamme, vomitavano lava bollente, sputavano dardi velenosi e rane a due teste.
Sulle piante sbilenche, deformi e spinose dell'isola non sbocciava mai neppure l'ombra di un fiore."

E questa isola brulla era squassata da terremoti e da eruzioni di vulcani, tempeste di sabbia, cicloni. Durante la notte, tutto ghiacciava, per poi ricominciare a muoversi il mattino seguente.


Su quest'isola, circondata da un mare infestato da ogni genere di animale orribile e pericoloso, compresi i granchi dalle chele giganti, vivevano altrettante creature terribili. Con forme tra loro molto diverse: rachitici o giganteschi, con speroni, artigli e tentacoli, con occhi e altre parti sistemate a casaccio sui corpi. Gli insetti erano grandi come barracuda e il loro aspetto era terribile. Le creature cenavano l'una con l'altra, ovvero si divoravano a vicenda e ogni volta che si incrociavano sputavano, sibilavano. Tra loro non c'era simpatia reciproca: al contrario erano invidiose e gelose della loro bruttezza. Vivevano nei vulcani oppure nuotavano inquinando le acque del mare con il loro veleno. 


La sofferenza degli altri generava in loro puro piacere. Le creature schifose vivevano felici, facendosi del male a vicenda. In qualche modo quell'isola era il loro paradiso.
Finché un giorno dal terreno roccioso sbocciò qualcosa di mai visto: un fiore bellissimo. Tutti lo guardarono con sospetto, quindi paura e poi rabbia. Fu subito guerra: serpeggiava il dubbio che fossero gli altri a piantare qui e lì fiori magnifici per diffondere il terrore. C'è chi andò fuori dai gangheri, chi fuori di testa e fu scontro totale di tutti contro tutti. Questo provocò l'estinzione dei mostri sull'isola che, fiore dopo fiore, pioggia dopo pioggia, smise di ghiacciare la notte e cominciò invece a essere un luogo meraviglioso, circondato da un bel mare blu.



Steig al suo quarto libro, pubblicato per la nascente casa editrice Windmill. Siamo nel 1969 quando esce per la prima volta con il titolo The Bad Island (il titolo fu poi cambiato, in una edizione successiva, in Rotten Island).
Steig non è certo agli esordi della sua carriera di vignettista del New Yorker per il quale lavora già dal 1930, ma sta muovendo i primi passi, per nulla incerti, nel mondo dell'editoria per bambini. Ha già all'attivo CDB! - un capolavoro di scrittura criptata, intraducibile- Roland the Minstrel Pig e soprattutto Sylvester, ovvero Silvestro e il sassolino magico, forse il suo capolavoro che lo ha fatto entrare nell'empireo degli autori classici e che gli ha fatto vincere la Caldecott Medal, l'anno successivo.
L'isola schifosa è per certi aspetti un unicum nella sua produzione, ma ha in sé anche molti dei caratteri della sua poetica. Un unicum forse per il fatto che è una storia corale e forse anche perché attinge a un immaginario di creature inventate e non fa riferimento al più consueto e frequentato mondo degli animali parlanti che popolano la stragrande maggioranza dei suoi bellissimi libri.
Altra caratteristica che la rende unica è l'uso del colore e del disegno che sembra non volere confini o limitazioni. In questo senso, la storia che comunque ha una sua morale interna, sembra essere terreno fertile per far crescere un disegno sempre più incalzante e sempre più divertito e folle. 

 
Lo stesso accade con il linguaggio. Ma in questo caso, la vulcanica atmosfera offre spunto per un racconto carico ed esuberante, costruito spesso sull'elencazione e sull'accumulo di dettagli raccontati.
Tuttavia Steig conferma il sapientissimo uso della sua lingua, leggerlo in inglese fa la differenza, che nonostante la follia raccontata non perde mai il proprio rigore, la propria esattezza e sincerità. La sua lingua, non sempre rispettata in questa traduzione, sa essere immaginifica e precisa allo stesso tempo: gioca con i suoni, ma mai bamboleggia con parole inventate o diminutivi o accrescitivi che avrebbero lo scopo di blandire, fare l'occhietto a chi legge.
Non è impresa facile tradurre bene Steig, ovvero trovare e rispettare la vena lirica che compare talvolta e quella più concreta che però ha il merito di renderla unica e indimenticabile (per intenderci la balena Boris che giace sulla spiaggia è 'breaded', impanata. Il più asettico 'spiaggiata' così come è arrivato a noi, perde parecchia della originaria corporeità).


E a proposito di espressività, L'isola schifosa, è uno straordinario repertorio di disegni totalmente folli, che tanto ricordano quelli dei bambini che inventano davanti a un foglio bianco di carta e che per questa ragione forse sono stati di ispirazione per quelli che ha disegnato nel 1989 Quentin Blake per il testo di Russel Hoban, Mostri).
Il lavoro che Steig fa con il disegno e il colore ha radici profonde. Se il colore è meraviglia pura -e non sembrerebbe un azzardo pensare che dai fauves, dalle belve, dai selvaggi, abbia preso a prestito la gamma cromatica e l'uso da Braque - per quanto attiene al disegno ci sono tracce di un gusto per la scomposizione che deriva dal suo amore dichiarato per Picasso,ma anche una freschezza creativa di un'infanzia mai dimenticata.

Carla

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