lunedì 3 agosto 2020

IL RIPOSTIGLIO (libri belli e impolverati)

Da oggi succede questo. 
Si inaugura una nuova rubrica dentro Lettura candita.
Prende il nome dal titolo di un meraviglioso racconto di Saki. 
E nasce dal desiderio di togliere dall'oblio di un ripostiglio, quei libri di orecchio acerbo (clic) che - per l'imbarazzo che nasce da un conflitto di interessi patente - non hanno meritato a tempo debito neanche una riga su questo blog.
Visto che l'imbarazzo è comunque inevitabile, la rubrica avrà una cadenza grossomodo semestrale e vacanziera, agosto e dicembre.
Date queste premesse, la rubrica si sarebbe potuta anche chiamare: In punta di piedi, Tutto cambia, Vacanze o ancora Oltre il giardino
Ma non è successo.

L'elefante più piccolo del mondo, Alvin Tresselt, Milton Glaser
Orecchio acerbo 2020


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Per strada, tutti erano così occupati a correre qua e là che nessuno notò un elefante delle dimensioni di un gatto di casa, cosa molto triste per loro. Dopotutto, non capita tutti i giorni di vedere un simile spettacolo!
Ma di lì a poco, un ragazzino venne giù lungo la strada.
Anche lui era occupato. Stava cercando di non calpestare le fessure del marciapiede, così naturalmente non ebbe difficoltà nel notare subito l’elefante più piccolo del mondo. 'Proprio quello che ho sempre desiderato!' gridò il ragazzino, che si chiamava Arnold. 'Un elefante delle dimensioni di un gatto di casa!' 'Meraviglioso!' esclamò l’elefante. 'Perché quello di cui ho bisogno è proprio una casa.'"

L'elefante più piccolo del mondo, non più grande di un gatto di casa, è fuggito dalla giungla indiana dove tutti gli altri animali si prendono gioco di lui, perché è piccolo, perché è goffo. Sebbene sappia fare tutto quello che gli elefanti sanno fare, in primis barrire, ciò nonostante è lo zimbello di tutti. La decisione per lui è presa: andarsene altrove in cerca di una casa. 


Si imbarca su un cargo e arriva nella grande città dove ha la fortuna di incontrare Arnold, un bambino determinato almeno quanto lui.
La madre di Arnold però non è d'accordo ad avere un elefante, seppure grande come un gatto di casa. Come animale da compagnia, tutt'al più accetterebbe un gatto.
Ed è così che con le dovute 'modifiche' e un paio di lezioni, l'elefante diventa almeno in apparenza un gatto. La madre non si accorge di nulla, ma il topo fiuta l'inganno. L'elefante è smascherato e deve andarsene immediatamente. Deve andare dove di norma stanno gli elefanti: al circo. Ed è lì che fa il suo secondo incontro fortunato. Tra gli artisti che lavorano sotto quel tendone circo lavora L'uomo più piccolo del mondo. Tra i due scatta immediata l'intesa. Questa volta duratura.
E il povero Arnold perde di vista il suo elefante non più grande di un gatto di casa? No, perché il direttore del circo ha in serbo per lui una bella sorpresa...

Pubblicato per la prima volta nel 1959.
Ha la stessa età del capolavoro di Lionni, Piccolo blu e piccolo giallo (e, modestamente, mia).
Nasce in quell'America in cui, già da un decennio, molto era in ebollizione nell'ambito dell'editoria per l'infanzia e più in generale della grafica.
Se prima della Seconda guerra mondiale era l'Europa a guidare la ricerca e le avanguardie, con l'avvento del conflitto molti fuggirono in America e fu lì che si crearono le condizioni ideali perché attecchisse e fiorisse una nuova idea di libro illustrato, una nuova idea di comunicazione visuale.
Milton Glaser, il miglior graphic designer di sempre, era lì, al centro di tutto questo fervore (reduce da una Fulbright a Bologna sotto la guida di Giorgio Morandi che ovviamente lasciò un segno nel suo stile). Nel suo studio, il Pushpin Studio, fondato nel 1954, circondato di più interessanti grafici e illustratori di quegli anni.
Tutti votati verso idee nuove e, spesso e volentieri, rivoluzionarie.
Erano gli anni di Lionni alla rivista Fortune.
Glaser era giovane, nel pieno di quella fase estremamente 'decorativa', come lui stesso ha amato definirla. 

 
Basterebbe paragonare i ghirigori del suo pennino o il lettering in molte parti di questo libro, con le forme sintetiche, asciutte, date da fogli a colori piatti strappati a mano, che invece costituiscono l'illustrazione del libro di Lionni, per capire l'ampiezza espressiva di quegli anni d'oro.
È sotto gli occhi di tutti, quanto Glaser si sia divertito nel decorare, appena la pagina e la storia glielo consentiva, a partire dal 'fiorito' frontespizio, attraverso le casse sul cargo, fino ai pattern dei pavimenti e dei vestiti della madre di Arnold e del direttore del circo. Per chiudersi con un decoratissimo frontalino della casetta su ruote... 
Anche se era agli inizi della sua carriera, era già grandissimo nell'uso di uno degli strumenti di grafici e illustratori: il colore. 


Sono ancora tempi in cui occorre risparmiare i costi di stampa e quindi Glaser sceglie due colori non primari, ma opposti (cosa che li rende gradevolissimi all'occhio che nel guardarli passa continuamente da quello caldo a quello freddo): l'arancio, ovvero un rosso con del giallo dentro, e un verde che oggi diremmo petrolio, ovvero con del blu dentro. 
Dalla loro sovrapposizione in percentuali diverse ottiene il nero e il terzo colore del libro, quel verde marcio che punteggia le casse o che viene usato per gli elefanti del circo. Nella nuova edizione americana le cose sono andate diversamente: i colori puri che sono stati usati sono tre, oltre al nero.
Ma in quello stesso centro pulsante si muoveva anche Alvin Tresselt. Grafico come Glaser e autore di una gran quantità di titoli, aveva cominciato a pubblicare libri già più di dieci anni prima e aveva già vinto la Caldecott Medal nel 1947 per il libro White Snow, Bright Snow, illustrato da Duvoisin.
Lo stesso gusto che Glaser dimostra per il 'divertimento' grafico lo si ritrova nel testo di questo libro. Tanto vibrano le illustrazioni, tanto suona il testo, costruito su una serie di ritornelli che lo rendono piacevolissimo a una lettura ad alta voce.
Il nome dell'elefante diventa di fatto 'l'elefantepiùpiccolodelmondo' e il ripetere che non è più grande di un gatto di casa, non solo è miccia della partenza e del grande inganno, ma è vero e proprio tormentone per tutto il libro.
Ma se da un lato questo libro è lieve nel testo, diventa molto profondo nei suoi significati. Proviamo a metterli in sequenza: 

 
1) Grande stima e rispetto del pensiero infantile che sa 'capovolgere' le situazioni a proprio uso e consumo. Si noterà come in un amen il bambino organizzi un piano contro la decisione materna. Si noterà come il bambino sia in grado di accomodarsi nel destino avverso.

 
2) L'osservazione dell'infanzia. Si noterà che il bambino per strada fa una cosa che tutti bambini hanno fatto almeno una volta nella vita.

 
3) Ironia nei confronti del perbenismo. Si noterà come la madre, che peraltro Glaser si guarda bene dal rappresentare in volto, ragioni esclusivamente tenendo conto del giudizio degli altri. 



4) La questione della diversità, trattata in una chiave non retorica. Si noterà che gli animali della giungla indiana non ci fanno una gran bella figura, al contrario dei loro omologhi del circo.


5) Il senso di positività del finale che accontenta tutti, in una sorta di moderno 'e vissero tutti felici e contenti', dove si dimostra che ognuno ha diritto a un suo posto nel mondo.
Anche se oggi qualcuno potrebbe storcere il naso al sentire che quel posto è in un circo.
Grande annata, il '59.

Carla


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