mercoledì 31 marzo 2021

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

ALMA DEL VENTO



Lo straordinario viaggio di due ragazzi in fuga sulle onde della libertà’, pubblicato da Mondadori, è l’ultimo romanzo pubblicato in Italia di Timothée de Fombelle, anche questa volta con l’ausilio delle illustrazioni di François Place. E che romanzo!
Dopo prove non all’altezza del romanzo che ha portato l’autore all’attenzione del pubblico italiano, ‘Tobia. Un millimetro e mezzo di coraggio’, pubblicato nel 2006 per i tipi delle edizioni San Paolo, ecco finalmente un romanzo di grande respiro, costruito con sapiente perizia, ricco di avventura e di riflessioni sul mondo coloniale.
La trama, come nei suoi migliori romanzi, non è lineare e intreccia tre linee narrative: la storia di Alma, intrepida ragazzina appartenente ad un popolo africano ai confini del mito; la storia di Joseph, imbarcato sulla nave negriera comandata dal feroce Capitano Gardel; e quella di Amélie Bassac, la figlia dell’armatore della Douce Amélie, la nave attorno alla quale si incrociano i destini dei tre ragazzi; Amélie, coinvolta nel complotto ordito dal contabile del padre, si trova a doversi imbarcare, alla volta delle Americhe, per rintracciare il veliero di sua proprietà, e su cui si svolge buona parte dell’azione.
La storia che seguiamo con maggiore chiarezza è quella di Alma, da quando, per seguire le tracce del fratellino, fuggito in sella al cavallo bianco con cui avevano imparato a vivere, lascia la sua terra: una valle chiusa da un passaggio impenetrabile, che solo con la stagione delle piogge può essere attraversato. In quella valle vive isolata la sua famiglia: il padre, ex mercante di schiavi, la madre, ultima del popolo degli Oko, portatori di segreti poteri, e il fratello più grande.
Appena il fratellino più piccolo fugge, Alma si mette sulle sue tracce e così farà il padre, ignaro della fuga di Alma. I cacciatori Ashanti, nel frattempo, raggiungono la valle e fanno prigionieri Nao e suo figlio.
Nello stesso tempo Joseph, imbarcato sulla Douce Amélie, cerca di convincere il Capitano di essere in possesso di informazioni importanti sul leggendario tesoro del pirata Luc de Lerne; spinto dall’avidità, il Capitano segue le indicazioni del ragazzino, che sulla nave incontra il carpentiere Poussin, che ha ben altri motivi per essere lì. Sta infatti indagando sulla morte sospetta di suo figlio e dell’amico che lo stava istruendo.
C’è dunque forte il sapore dell’avventura, quella degli intrighi e dei colpi di scena, delle storie di mare e di pirati, ma c’è anche il ritratto impietoso dei grandi imperi coloniali, siamo nel 1786, della tratta degli schiavi africani, della disumanità che ha accompagnato la grandezza degli stati europei.
Uno dei ‘tesori’ più preziosi imbarcati sulla nave era rappresentato da casse piene di biancheria, portate in America perché si riteneva che lavate nelle lontane lande americane sarebbero tornate indietro più bianche che mai; mentre nella stiva viaggiavo ammassati i futuri schiavi delle piantagioni di cotone. Raffinatezza e orrore, la grande civiltà fondata sullo sfruttamento e il commercio degli schiavi.
Il romanzo, come dicevo, ha una struttura complessa, ma come in ‘Tobia’, c’è un ritmo serrato che tiene incollati alla pagina, e un grande respiro, che unisce la ricostruzione realistica della tratta degli schiavi nell’Africa Occidentale, con i luoghi, i porti, gli usi e gli attori di questo disumano mercato, ma nello stesso tempo una vena fantastica, che rende giustizia ai popoli così a lungo sfruttati.
Sono molti i colpi di scena e non tutte le linee narrative si intrecciano perfettamente nel finale, facendo pensare, ed è un bel pensiero, ad un possibile seguito.
E’ un romanzo davvero apprezzabile per la forza del suo racconto e per la capacità narrativa dell’autore, ma anche per l’originalità dell’ambientazione scelta, uno di quei romanzi che si fatica ad abbandonare.
Lettura caldamente consigliata a ragazze e ragazzi riflessivi, amanti dell’avventura, a partire dai dodici anni.

Eleonora


“Alma del vento. Lo straordinario viaggio di due ragazzi in fuga sulle onde della libertà”, T. de Fombelle, ill. F. Place, Mondadori 2021




lunedì 29 marzo 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

L'ULTIMO STARK
 
Animali che nessuno ha visto tranne noi 
Ulf Stark, Linda Bondestam (trad. Laura Cangemi)
Iperborea 2021


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)


"L'escaloppo
 
Un grande fiume,
una tana di tasso,
un Escaloppo solo sul masso.
Nel mondo tutto sta insieme.
Io invece no."


A seguire c'è l'Ummalia che la luce si porta via. E poi arriva Un altro che non si sa come nel corpo di un altro è andato a finire. Seguono i Kakaki, il Nomadino sempre in giro e mai contento, il Gnoccantropo che è gigantesco ma nei suoi sogni si vede leggero. Al contrario il Giallalà leggero lo è e tutto sommato felice di passare il suo tempo ad acchiappare zanzare. Il bumbumpo è ingombrante e non piace a nessuno. Poi c'è il Dorano e il Lumarone, il pesce Guaguà che tutto sembra tranne che un pesce. C'è anche lo Zitto che non fa mai un fiato e la malinconica Quinella sul bordo di uno stagno che patisce un po' la solitudine, mentre qualche metro più in là il Letargale si gode l'ultimo giro prima del riposo invernale. 
 

E quando il sole volge al tramonto è il Saltuccio che si dà lo slancio e nel cielo alto sparisce così. Più rari sono gli ospiti del Monte Bu che solo ogni sette anni dal basso vanno all'insù per gridare in coro, non si dice che cosa, e poi prendono e tornano all'ingiù. Con il favore delle tenebre compare anche lei, l'Ombrarella, forse la più bella, libera ballerina per l'intera notte con passi leggeri e che, se la guardi bene, vedi che ha i denti neri!
 Ma il migliore di tutti è lui: il Bipolare che in autunno cerca gli abbracci per farsi consolare, mentre a primavera si sente robusto e va avanti contento per tutta l'estate, ma al successivo autunno tornano le lacrime. E la vita è solo un gran giro.


Ci sono passioni nella vita di ognuno. Personalmente nutro quella per le liste. Mi sembrano un modo così geniale e contemporaneamente elementare di raccontare il mondo, che le trovo irresistibili. La loro genialità si nasconde nello scatto di pensiero che si produce nel metterle secondo una sequenza che solo in rarissimi casi può considerarsi casuale. E sono elementari perché tecnicamente sono alla portata di tutti. Chi non è in grado di elencare, di costruire una lista, a seconda delle proprie competenze ed esigenze: da quella della spesa all'inventario di un museo, o quella che mette in sequenza le procedure per il lancio di un satellite in orbita?
Per esplorare la questione, che si presenta tutt'altro che marginale, si può agevolmente leggere il librone di Umberto Eco, La vertigine della lista, su cui mi è capitato di ragionare altrove. Nel primo albo che Iperborea pubblica, bellissimo e raffinato come sempre anche nella confezione telata, a firma di Ulf Stark e Linda Bondestam, c'è una lista o, per meglio dire, è una lista.
 

Ventisette creature animali che nessuno, tranne Stark che le descrive e Bondestam che le disegna, ha mai incontrato. Così parrebbe.
Come in tutte le liste che abbiano un senso, anche in questa esistono uno o più criteri comuni che tengono legati i singoli lemmi, come fossero perle attraversate da un filo. Il primo e più evidente dei quali è il fatto che sono animali inesistenti, il secondo è che sono divertenti e il terzo è che sono in linea di massima un po' scontenti. O per mole, o per aspetto, o per solitudine o per timidezza, o per paura non sono mai completamente appagati e la loro esistenza pare sempre un po' in salita. Se questo da un lato genera il sorriso dall'altro fa nascere un senso di tenerezza che dalla simpatia sfocia nell'empatia perché a ben vedere in ciascuno di loro è possibile cogliere parte delle nostre quotidiane insoddisfazioni. Sembrano essere malesseri conosciuti. Non si tratta mai di casi 'incurabili'. Stark, come di solito, usa mezze tonalità, ovvero si muove nella sfera delle inquietudini, e lo fa, come di solito, con grande lucidità: la solitudine che intristisce l'Escaloppo e fa piacere al Solitello, o fa urlare nel cielo notturno il Lumarone, oppure parlare alla sua immagine riflessa la Quinella; oppure l'attesa di chissà cosa per gli Aspettaespera o quella del buio per l'Ombrarella; c'è la nostalgia per il tempo andato che è il cruccio dello Gneiss o la perenne insoddisfazione del Nomadino. 
 
 
Ma non tutti, dal Bipolare in giù, avrebbero bisogno di una bella chiacchierata dallo psicologo o dallo psicanalista. Ci sono creature che pur nel loro passaggio effimero sul pianeta, sanno trarne comunque gioia. Si sanno accontentare, come il Giallalà o la magnifica Giornaliera, altri ancora sanno leggere la bellezza nel colore e nel calore, come il Dorano o il Gigatlante. Tutti condividono la consapevolezza della propria imperfezione e soprattutto della propria transitorietà.
Stark, d'altronde, è un uomo del Nord: profondo, ma non solare. È il suo bello, verrebbe da aggiungere.
 

Insomma siamo di fronte a una sapiente lista/catalogo di varia umanità che può essere letta a diversi livelli. Magari i bambini più piccoli apprezzeranno e rideranno forte delle singole descrizioni in rima, che Laura Cangemi ha ricomposto in un italiano egregio, si divertiranno del lato folle della questione, delle illustrazioni luminose. I più grandi, finanche gli adulti, potranno invece interrogarsi, con quel sorriso cui si alludeva al principio, sulle questioni che si intravedono sul fondo. E in questa ottica 'leggeranno' - a posteriori - anche il titolo con occhi e mente diversi, laddove quel 'noi' non si riferisce ai soli Stark e Bondestam, ma ci chiama in causa tutti.
E questo, gente, è l'ultimo Stark.

Carla

domenica 28 marzo 2021

LA GEOMETRIA DELLA MATASSA DI PANE
 

 

Nasce in Vietnam, ma cresce in Corea, terra decisamente più social, almeno nel mondo occidentale, e si presenta sulla barra di destra del mio schermo, un paio di settimane fa.
La sua perfezione colpisce me e, apprendo in seguito, milioni di altri.
Esce un video totalmente silenzioso, di 9 minuti e 50. Gli unici suoni sono quelli provocati dalle mani sulla pasta, dal taglio con il coppapasta, dal coltello sui mirtilli. Un piccolo capolavoro di perfezione nella pulizia e nella sicurezza dei gesti, nella cura dei tempi e delle inquadrature. La semplicità essenziale delle suppellettili impiegate denunciano una cucina casalinga. Fa eccezione un piano di lavoro a circonferenze graduate e concentriche che denuncia una certa professionalità. E genera una qualche invidia.
Parte la sfida e partono le solite due settimane di prove, sconfitte e miracoli, lievi modifiche che producono la seguente ricetta.


Ingredienti
340 gr di farina da pane
5 gr di sale
3 gr di lievito di birra istantaneo
80 ml di latte tiepido
30 gr di zucchero
1 uovo
100 ml di panna (oppure 80 ml di latte e 30 gr. di burro sciolto)


Per la farcitura
5 o 6 noci sminuzzate a coltello
un pugnetto di uvetta ammollata nel brandy o nell'acqua
cannella
 
 
In un bicchierino mettete il latte tiepido e il lievito e lasciate agire per 5 minuti.
In una ciotolina mettete le uvette a rinvenire.
Prendete una teglia da 20 a cerniera, ungete tutto l'interno con il burro e sulla base mettete un cerchio di carta forno, unta anch'essa. Mettete in frigo.
Nel frattempo in una capiente ciotola mescolate la farina con il sale, lo zucchero, la panna (o il latte con il burro), l'uovo e il lievito con il latte. Mescolate con cura fino a ottenere un composto elastico. se dovesse servire, ogni tanto spolveratelo di farina perché perda in collosità con le mani durante la lavorazione. Fatene una sfera e mettetela a riposare per 3 ore (fino al raddoppio del suo volume) in una ciotola lievemente unta e coperta.
A questo punto capovolgetela e lasciatela cadere sul piano leggermente infarinato. Non lavoratela assolutamente, limitatevi a comprimerla leggermente in modo da ottenere una 'focaccia' circolare che con il coppa pasta dividerete in 5 archi di circonferenza, ovvero spicchi per i non geometri, uguali di peso. A questo punto lavorateli portando i vertici verso l'interno in modo da arrivare a ottenere un panetto simile a una sferetta. Fatele riposare per un quarto d'ora.
Ora mischiate le noci, con le uvette e con la cannella e fatene un unico composto. E lasciatele lì.
Riprendete le vostre sfere e stendetele leggermente con il matterello in una unica direzione su una superficie un po' infarinata, una per volta in modo da ottenere delle ellissi. Con il coppapasta cominciate a incidere la pasta a striscioline traloro parallele lungo l'asse verticale per tutta la metà superiore dell'ellisse. Più vicini fate i tagli, meglio sarà nella resa finale.
 

Nella metà sottostante dell'ellisse (+ o -), quella non incisa (potete anche sconfinare sulle incisioni, ma di poco) spennellate la superficie con del burro morbido, spruzzatevi un pizzico di zucchero e poi disponete lontano dai bordi un quinto dell'impasto fatto con le noci, l'uvetta e la cannella. Ripiegate verso l'interno i bordi a contenere l'impasto e contemporaneamente arrotolate l'intera ellisse. Otterrete così un prisma cilindrico con la superficie incisa. Ripetete la sequenza per tutte le altre sfere.
Recuperate dal frigo la teglia e lungo la circonferenza disponete in orizzontale i cinque prismi. Fateli riposare per almeno un'ora, in modo che riparta la loro lievitazione. Nel frattempo portate a temperatura il forno a 170°.
Quando i prismi sono cresciuti quasi del doppio, spennellateli delicatamente con del latte lungo la parte superiore, nel verso delle linee parallele.

Infornate e fate cuocere per 20/25 minuti, finché non raggiunge il massimo gonfiore e quasi si chiude il cerchio centrale. E finché non diventa di un bel colore caldo la superficie.
Sfornate, aprite la cerniera e fate freddare per qualche minuto.
Poi attaccate pure a dipanare la vostra matassa.
 
 
Un'accortezza, se non lo mangiate tutto in una unica soluzione, conviene stivarlo in un contenitore a pressione, perché patisce un po' il nostro clima secco. Che, invece, in Vietnam mi risulta non essere contemplato.
 
Carla


 

venerdì 26 marzo 2021

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

BABELE 
 

François Place è un grande creatore di universi, universi visivi e narrativi, su due registri che si intrecciano perfettamente. Ritorna in libreria con un albo spettacolare, pubblicato da L’ippocampo editore, intitolato ‘Re e Regine di Babele’.
La narrazione non può che avere un tono leggendario, quasi fiabesco: racconta la storia di una roccia a picco sul mare, ai confini del mondo. Lì vive, da tempo immemorabile, un eremita, che abita una grotta insieme alle capre selvatiche. Re Nimrod viene condotto lì dall’inseguimento, fallito, ad un cervo bianco, che appare e scompare nelle tavole in cui Place descrive il nuovo mondo che il Re vorrà costruire proprio lì. Nel nuovo palazzo, che si erge sempre più alto, vivrà insieme all’amata moglie Zelia. Il loro lungo regno, fatto di prosperità e di pace, non trova degni successori, che si dibattono fra assurdi progetti e battaglie fratricide.
 

Durante il regno di Nimrod XII nel sottosuolo della torre vien trovata una vena di argento, subito sfruttata, non per il benessere del popolo , ma per placare l’avidità del sovrano. Ne seguono lotte fratricide che disintegrano il regno fino a che Nimrod XV, detto il Re di Ferro, non riesce a riunificarlo, morendo però poco dopo. A lui succede la moglie Berenice, con cui inizia una dinastia di sovrane illuminate, che ricostruiscono la torre come un luogo cosmopolita, centro di studi e luogo di commerci con i paesi più lontani. E’ un’epoca d’oro, in cui Babele è luogo di pellegrinaggi di sapienti e di esploratori, dove crescono arte e scienza.
 

La dodicesima sovrana di questa lunga stirpe di regine, Berenice, decide che gli uomini non hanno bisogno d’altro e se ne va in groppa al cervo bianco. La roccia, con le sue grotte e le sue rovine di un passato glorioso, ritorna al vecchio eremita, la cui vita si perde nella notte dei tempi.
In questo racconto rivive la capacità immaginativa de ‘Gli Ultimi giganti’, così come si rinnova la capacità dell’autore di costruire universi fantastici coerenti e credibili, metafore elaborate del nostro mondo, della nostra storia. Così come ne ‘Il segreto d’Orbae’ si intrecciava l’amore per la conoscenza con la potenza dell’amore fra esseri umani, con lo straordinario personaggio femminile di Ziyara, anche qui si contrappone il mondo maschile, potente, sì, ma anche portatore di distruzione, a quello femminile, portatore di sapienza e di giustizia.
 
 
Più che un approccio antropologico, mi sembra emerga un riconoscimento del fallimento di un’idea di potere e di forza, che, alla fine, per quanto siano grandi le imprese compiute, non può che auto distruggersi. Al contrario, l’immagine della femminilità è identificata con la saggezza di chi non soggiace al desiderio di sopraffazione.
Un riconoscimento che suona molto amaro per i tempi che non sono mai maturi per esprimere forti leadership femminili.
Questo grande respiro, questa visionarietà, che va oltre il racconto puro e semplice, non può che rispecchiarsi nelle grandi tavole che lo ospitano, lo racchiudono al loro interno, grandiose e dettagliate, con il consueto gusto per il particolare che l’autore ha sempre espresso nei suoi lavori. Acquerello, o ecoline, e china danno alle tavole levità e ricchezza di dettagli, fra i quali il giovane lettore o la giovane lettrice possono piacevolmente perdersi. Tanti i riferimenti e le citazioni alla storia dei regni europei, fatta di dinastie e guerre permanenti, nello stesso tempo di magnificenza e splendore.
 

Lettura caldamente consigliata a lettori e lettrici di tutte le età, a partire dai sei anni.
 
Eleonora


“Re e Regine di Babele”, F. Place, L’Ippocampo edizioni 2021




mercoledì 24 marzo 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

ORRIBILMENTE MAGNIFICO 
 
La zia ha adottato un licantropo, Saki, Quentin Blake
(trad. Massimo Birattari)
Salani 2021


NARRATIVA PER MEDI (da 9 anni)


"'Ti darò io qualche lettera di presentazione per tutte le persone che conosco dal quelle parti. Alcune di loro, a quanto ricordo, sono molto simpatiche.' Framton si domandò se la signora Sappleton, alla quale era venuto a presentare una di quelle lettere, rientrava nella categoria delle persone simpatiche."
 
Per curarsi un po' i nervi esauriti Framton Nuttel ha deciso di dare retta ai consigli della sorella e così è partito per la campagna dove trascorrere un periodo di riposo. Per agevolarlo nelle sue relazioni sociali, la sorella lo fornisce di lettere di presentazione a suoi conoscenti. Ad accoglierlo però non c'è la signora Sappleton in persona, ma la giovane nipote, Vera, che lo mette subito al corrente della tragedia che ha colpito la famiglia: la scomparsa del marito e di entrambi i fratelli della signora Sappleton, usciti una mattina per andare con i cani a caccia di beccaccini e mai più tornati dalla palude. Questa è la ragione per cui tutti i giorni la portafinestra che dà sulla campagna deve rimanere aperta: la zia della ragazza, evidentemente uscita di senno per il dolore, li aspetta ancora... Così racconta la compunta quindicenne.
Costernato, il signor Nuttel di lì a poco conosce di persona la signora Sappleton che lo informa, come se fosse ordinaria amministrazione, che la finestra è lì aperta nell'attesa del ritorno dei tre uomini dalla battuta di caccia.
I convenevoli vanno avanti fino al momento in cui, in lontananza si scorgono tre uomini con i cani da caccia al seguito che si stanno avvicinando alla villa per farvi ritorno...
A questo punto Framton Nuttel ha la certezza di avere davanti dei fantasmi e l'unica cosa che pensa sia saggio fare è scappare il più lontano possibile.
Ma spesso l'apparenza e la verità non coincidono...


Un meccanismo narrativo, questo costruito in La finestra aperta, che ha il carattere della genialità. La cosa che accade dopo la prima lettura è che nel rileggerlo una seconda volta, con l'intento di condividerlo con qualcun altro - irrefrenabile è il desiderio di metterne a parte chiunque passi di lì - nulla può essere più come prima. E' come se si stesse leggendo la stessa storia che però non è più la stessa. Un corto circuito niente male.
Qui non è dato dire di più. L'unica cosa che si suggerisce con forza è di provare personalmente l'esperienza.
Con questo piccolo gioiello della letteratura, per l'appunto uno dei migliori racconti fulminanti di Saki, apre il piccolo libro Salani, nella collana Gl'Istrici +, in economica a distanza di quasi vent'anni dalla sua prima edizione.
Una cosa va detta subito: Saki è un scrittore salvavita, un po' come quei farmaci che, se sei cardiopatico serio, devi avere sempre con te. Ecco, con lo stesso criterio di necessità, i racconti di Saki, letteratura britannica di altissima qualità a cavallo tra Ottocento e Novecento ignorata dai più, non dovrebbe mai mancare nelle tasche, sui comodini, nelle librerie, sui tavoli, nelle borse o negli zaini, negli ebook di tutte quelle persone che sanno o quanto meno intuiscono che una buona storia ben scritta sia utile alla vita tanto quanto l'aria e l'acqua.
Saki, nonostante abbia campato soli 46 anni, è riuscito a produrre una sufficiente quantità di racconti molto brevi, che per un motivo o per un altro, hanno la capacità di mettere il loro lettore in una condizione di felicità e benessere diffusi.
La qualità sta nel suo modo di raccontare, tra l'umorismo e l'orrore, che non arriva mai alla cattiveria per se stessa, ma è capace di incidere in modo indelebile le virtù ma soprattutto i vizi dell'umanità. E questo accade, sebbene il contesto della stragrande maggioranza dei suoi racconti sia la provincia inglese, la borghesia edwardiana sicura del fatto proprio, forte di un impero britannico invincibile. Saki guarda sempre con uno sguardo di bonaria ironia, con una qualche indulgenza o gentilezza i suoi personaggi e lascia ai suoi lettori il compito di trarre le dovute conseguenze circa i loro destini non sempre fortunati.
Incarnazione del più puro humor inglese, Saki è forse uno dei migliori narratori di infanzie, per quel suo sguardo sempre pieno di stupore e per quella sua capacità di immaginare la perfezione del mondo sempre sull'orlo del precipizio.
Per questo motivo spesso i protagonisti dei suoi racconti sono bambini e bambine, fanciulle o ragazzini. Ingenui, bene educati, ma nello stesso tempo forti della loro onnipotenza, essi dimostrano di avere una vena sadica, lievemente inquietante, che li rende 'orribilmente' buoni. Di norma sono contornati da zie inappuntabili in apparenza, ma severissime e dispotiche nell'animo e ottuse non poco.
Può sembrare un cliché, ma a ben guardare è lo specchio del baratro interpretativo che separa i grandi e piccoli nella loro lettura della realtà: da una parte il mondo delle regole, delle convenzioni, delle certezze, dall'altro il mondo del possibile, dell'immaginazione, dell'invenzione.
Questa schiera di personaggi, bambini/bambine e zie, fortuna vuole che abbiano preso residenza nell'editoria per l'infanzia in taluni sporadici episodi.
Nell'ordine, da anni si possono leggere: Il narratore, Il ripostiglio, Sredni Vashtar. A questi tre (che compaiono anche nella raccolta di Salani) si aggiungono ora La finestra aperta, Il maiale, La ghirlandetta, Gabriel-Ernest, Il metodo Schartz-Metterklume. E così si sale a otto.
La conclusione qual è? Che Saki va letto sempre e comunque perché è orribilmente magnifico.


Noterella al margine.
Per chi volesse proprio esagerare con Saki, si consiglia, per questi tempi di incertezza, la lettura quotidiana dei Racconti che Il Saggiatore ha pubblicato nel 2017 per un totale di 662 pagine.
 
Carla



lunedì 22 marzo 2021

FAMMI UNA DOMANDA!

UN’IDEA DI ENCICLOPEDIA


Rimpiante o meno, le vecchie Enciclopedie per ragazzi appartengono a un passato (editoriale) lontano; sono state sostituite da monografie, più o meno agili, che hanno sperimentato linguaggi diversi.
Resta il fatto che la produzione editoriale, soprattutto per la fascia d’età fra i 10 e i 14 anni, è molto discontinua, con alcune lodevoli eccezioni.
A questo vuoto prova a mettere rimedio Il Castoro, casa editrice sempre più poliedrica, da un’idea del gruppo Book on a tree. La proposta è ambiziosa e ben strutturata, almeno così sembra a giudicare dalle prime due uscite e dal piano editoriale che prevede quindi volumi corrispondenti ad altrettante domande. Lo staff è di prim’ordine con Pierdomenico Baccalario e Federico Taddia, coadiuvati di volta in volta da titolatissimi esperti. Dunque, la doppia garanzia di contenuti validi e di scrittura efficace e piacevole.
Gli argomenti trattati sono molteplici e vanno da temi squisitamente scientifici, fisica, astronomia, biologia, alle cosiddette scienze umane. Per ora sono usciti due volumi: ‘A cosa servono i soldi?’, con il contributo di Simona Paravani-Mellinghoff, e ‘’Cosa c’è nella mia testa?’, con il contributo di Luca Bonfanti.
Per capire meglio il senso di questa proposta, vediamo più da vicino il volume dedicato all’economia, ‘A cosa servono i soldi?’: il volume, di formato agile, con un numero di pagine non eccessivo, affronta tutti gli argomenti intorno al tema del denaro, parlando quindi di lavoro, di impresa, di banche, di mercato, di sostenibilità. I capitoli sono brevi, le definizioni essenziali, le spiegazioni sono affiancate dalle illustrazioni di Gud.
Argomenti abbastanza complessi, che metterebbero in difficoltà più di un genitore o insegnante, sono trattati con un linguaggio molto semplice, preciso e sintetico. Sicuramente la lettrice o il lettore che volessero farsi un’idea di cosa sia la finanza o l’impresa, o il lavoro salariato, troverebbero qui delle risposte comprensibili e adeguate, con qualche accenno alle problematicità dei singoli argomenti. Tuttavia, mi è sembrato proprio su questo punto, di trovare delle timidezze, degli accenni un po’ elusivi. Sono testi molto assertivi, che definiscono e schematizzano, come è giusto che sia quando si danno delle informazioni; gli autori finiscono il testo augurandosi di aver suscitato molte domande, ma, in fondo, ne hanno indicate poche. Faccio un esempio, laddove si parla di sostenibilità della produzione, si accenna all’impatto ambientale. Sarebbe bastato fare l’esempio dell’acciaieria di Taranto per mostrare, in termini molto concreti e attuali, il conflitto fra necessità economiche e salute pubblica. Oppure, laddove si parla della funzione dello Stato o del mercato, non si accenna al fatto che sui rispettivi ruoli ci sono opinioni molto diverse. Oppure, ancora, lo stesso sviluppo tecnologico, di cui siamo tanto fieri, si fonda sullo sfruttamento elementare delle ricchezze e della forza lavoro dei paesi poveri, alimentandone la povertà. Diventa, quindi, una pura petitio principii l’affermazione dell’obbiettivo della riduzione della povertà a livello globale.
Un esempio di divulgazione più aperta ai diversi problemi delle discipline è dato dalla collana della De Agostini. In questi testi l’obbiettivo principale è sfrondare gli argomenti dalle false credenze, i sentito-dire, le approssimazioni che spesso circolano in rete. E, contestualmente, proporre un metodo per vagliare le risposte alternative, perché di idee diverse e contrastanti ce ne sono sempre e un buon libro di divulgazione, per questa fascia d’età, dovrebbe mettere l’accento proprio su queste.
Non che in questa libro manchino gli accenni, ma sono degli incisi, con alcuni silenzi, come quelli citati sopra, di troppo.
I titoli dei prossimi volumi sono molto interessanti e davvero ricchi di domande possibili; mi aspetto quindi di veder crescere questa collana che merita l’interesse di ragazze e ragazzi, ma anche degli insegnanti che ne potrebbero fare largo uso.
 
Eleonora


“A cosa servono i soldi?”, P. Baccalario, F. Taddia, S. Paravani-Mellinghoff, Il Castoro 2021


venerdì 19 marzo 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

CAPIBARA SEMPRE
 
Intrusi, Alfredo Soderguit (trad. Sara Ragusa)
Terre di Mezzo 2021


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni) 
 
"Quello era un luogo confortevole e sicuro.
La vita era tranquilla, ognuno aveva un compito.
C'era da mangiare per tutti e non succedeva mai niente di strano.
Finché un giorno arrivarono i capibara."


In quel piccolo pollaio non lontano dalla palude vivono -per ora- una decina di galline, un gallo e tre pulcini. Al di là del recinto, un cagnaccio fa la guardia. Quando, dal canneto, si affacciano un gruppo di capibara di diverse misure ed età, tra il pollame si scatena lo scompiglio. Sono tanti, pelosi, bagnati e troppo grandi. Per loro non c'è posto, ma i capibara non hanno nessuna possibilità di fare dietro front, perché in laguna si sono accampati i cacciatori che, in barca, perlustrano i dintorni con i loro binocoli.
 
 
L'unico modo che i capibara hanno per restare è quello di sottostare alle quattro regole insindacabili imposte dai polli.
Contravvenendo alla regola numero due, un cucciolo di capibara 'sbarca' sulla terraferma e fa conoscenza con un pulcino, il più curioso e intraprendente dei tre. Coraggioso a tal punto da avere l'ardire di andarsi a fare un giro in acqua sulla schiena del suo nuovo amichetto capibara. Ripreso aspramente dal gallo, viene fatto rientrare, ma il pulcino dall'indole audace si mette di nuovo nei guai e sta per finire tra i denti del cane quando l'intero gruppo di capibara si schiera...
Da questo momento in poi, nulla sarà più come prima...ma proprio nulla!


Un annetto fa usciva per Ekaré con il titolo Los Carpinchos o Els Capibares, i capibara, in Spagna e Venezuela e dopo poco veniva premiato come miglior libro in lingua spagnola dalle Biblioteche pubbliche di NY, selezionato tra i White Ravens 2020, vinceva il Premio Quatrogatos nel 2021, veniva selezionato nella rubrica Babelia del quotidiano El País, e recensito magnificamente dal Kirkus Review, ancora prima della sua uscita ufficiale negli Stati Uniti per la sua edizione in lingua inglese che avverrà il 13 aprile.
Vorrà pur dire qualcosa. Va da sé che nelle diverse lingue i capibara stanno conquistando ziti zitti anche l'Europa, oltre che il pollaio di partenza.
La bellezza del libro è sotto gli occhi di tutti. 
 
 
La prima cosa che colpisce è la qualità del disegno. Una linea chiara, pochissimi colori, il marrone dei capibara e del cane, il rosso del tetto dei bargigli e dei cappelli dei cacciatori. Il resto è la matita, sapientissima, di Alfredo Soderguit, uruguaiano, che ha al suo attivo più di 50 libri illustrati e un film d'animazione, Anina, pluripremiato anche quello.
Immediatamente dopo arriva un testo che è essenziale, si potrebbe definire addirittura lapidario. 
 

Terza qualità sta nell'uso sapiente dello spazio della pagina, o meglio della doppia pagina. Le immagini chiuse con la cornice, secondo uno schema più che canonico, sono sempre molto equilibrate e sempre bilanciate con cura tra destra e sinistra, senza invasioni di campo: galline da una parte, capibara dall'altra; bianco contro marrone. La cucitura della legatura a fare da silenzioso spartiacque tra i due mondi.
E quando invece, per ragioni di contenuto, le cose si mischiano ecco che anche l'uso dello spazio registra un cambio di passo. Quando c'è da accelerare arrivano le sequenze e quando c'è da frenare arrivano le tavole a piena pagina in cui il bianco e il marrone si toccano e ibridano molto di più.
 

A questo punto, nel mettere in relazione l'immagine e la parola, Soderguit è capace di far sollevare il libro in un continuo gioco, anche questo sapientissimo, tra i due codici. Vola alto lasciando dietro di sé una scia di raffinata ironia che non si rivolge più solo ai bambini, ma chiama dentro anche il lettore più malizioso. Ironia che è in grado di costruire storie interne alla storia più grande: una di queste è quella che riguarda solo le galline, quelle che non eseguono i compiti loro assegnati...
L'altro grande suo colpo di genio sta nell'aver scelto personaggi e contesti che possono immediatamente diventare emblema di qualcos'altro. Mettiamo in elenco, senza voler spiegare tutto, il colore dei capibara e quello delle galline, oppure la simbologia che c'è dietro un pollaio o dietro una stagione venatoria. O ancora, nella scena finale, del tutto silenziosa quanto allusiva al fatto che nessuno può dirsi esente da un destino 'migratorio' verso la libertà e il proprio riscatto.
Ed è così che il libro si guadagna anche un messaggio preciso e condivisibile.
Il titolo italiano, unico tra tutti, proprio a questa questione sente il bisogno impellente di alludere.
Certo, lasciarla inespressa fino all'ultima pagina, concentrandosi piuttosto sul nome esotico di questo buffo e socievole animale, assecondando così la scelta dello stesso Soderguit, e assecondando il suo evidente e diffuso gusto per il non detto, non sarebbe stata una cattiva idea.


Carla


Noterella al margine. Tra i tanti non detti a parole, ma disegnati con cura ci sono molte delle abitudini dei capibara, i più grandi roditori al mondo diffusi nelle zone paludose del sud America: il vivere in piccoli gruppi di esemplari di età differenti, il loro habitat naturale tra i canneti degli stagni, la loro passione per la vita acquatica e, la più caratteristica, l'abitudine di portare in groppa, anche nuotando, spesso e volentieri altri animali, come uccelli e.... forse anche galline.