Papà ha perso la testa, André Bouchard, Quentin Blake (trad. Fabio Regattin)
#Logosedizioni 2024
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)
"Dovemmo arrenderci all'evidenza: la testa di papà era introvabile.
Era strano non saper dove guardare quando parlavamo con lui.
Inoltre, ci dicevamo, prima o poi avremmo dovuto spiegare alla gente che papà aveva perso la testa e che non riuscivamo proprio a trovarla.
La mamma si disperava pensando a quel che avrebbero detto: 'Che moglie negligente, non sa nemmeno dove si trova la testa del marito! Figurarsi i calzini dei figli, allora!'"
Così io e mio fratello decidemmo di fabbricare una testa per papà."
La testa è sparita un giorno, così, senza nessun preavviso. Non è che non l'abbiano cercata ovunque. Persino nei posti dove mai e poi mai sarebbe riuscita a entrare. Ma tant'è. Niente testa. Gli effetti collaterali di questa curiosa circostanza sono molteplici.
Il primo: una certa goffaggine nel movimento per casa.
Al prezioso e orrendo soprammobile rotto, al padre viene ingiunto di starsene seduto e, pur senza orecchie, lui obbedisce alla voce tonante della moglie.
Il secondo, nessun rimprovero per marachelle fatte: occhio non vede...
Il terzo, una certa condiscendenza a fare tutto quello che gli viene richiesto, senza poter protestare.
Il quarto: nessun russamento notturno.
In fin dei conti, quasi solo vantaggi e una serie di occasioni propizie e redditizie che balenano alla mente fervida dei due figli. La forza dell'abitudine fa il resto. Andare in ufficio ogni mattina (magari al volante è meglio ci sia mamma), andare a fare jogging al parco. Cose così.
Dal punto di vista estetico e più meramente pratico, i due bambini realizzano una capoccia in cartapesta, in modo che il mondo non percepisca poi troppo questo cambiamento.
E come spesso avviene, anche alle persone coinvolte in questa storia, la forza dell'abitudine e certo spirito innato all'adattamento, fa il resto e ritorna il solito tran tran.
E se un giorno, così come se n'è andata, la testa tornasse?
La scintilla che accende le storie di Bouchard è sempre molto luminosa e questa forse lo è ancora più di altre: partire da un assurdo assoluto, da un paradosso, impensabile purché comprensibile, quindi stravolgere o meglio capovolgere la realtà in un colpo solo, quindi rimettersi in piedi e riguardare tutto da un punto di vista consueto che però a questo punto assume i toni del grottesco e del comico.
Cosa ne deriva? Umorismo allo stato puro. E, sotto sotto, un bel po' di ironia.
L'umorismo è lì, sotto gli occhi di tutti: decapitare un padre e un marito e renderlo diverso, innocuo, condiscendente, manipolabile fa ridere.
Ma Bouchard fa un passetto in più.
Questo umorismo che a tratti si fa comico, anche grazie ai disegni di Blake, viene potenziato dallo sguardo costantemente ironico di Bouchard.
Parlare in senso ironico significa in ultima analisi: dire una cosa e pensarne un'altra, ma facendolo capire... Dal vocabolario Treccani, "nell’uso com., la dissimulazione del proprio pensiero (e la corrispondente figura retorica) con parole che significano il contrario di ciò che si vuol dire, con tono tuttavia che lascia intendere il vero sentimento".
Ecco quello che succede in una delle più esilaranti tra le storie di Bouchard, l'unica che è stata affidata a un altro illustratore...e che illustratore!
Certamente una storia che è nelle corde di Blake (credo che se Sir Blake non ne avesse riconosciuta la qualità e, da parte sua, la possibilità di renderla al meglio o addirittura di potenziarla, avrebbe gentilmente declinato l'invito. Credo)
Allora. Se andiamo a vedere nel dettaglio quali sono gli snodi tra comicità e ironia di questa storia individuiamo anche i punti che a Blake offrono agganci molto solidi.
La breve frase iniziale, quindici parole in tutto, è in grado di ribaltare la realtà e far partire per un viaggio che si preannuncia parecchio interessante. E, inevitabilmente, comico.
Che questo succeda nella prima pagina, quindi in quella di destra, che necessariamente prevede la sospensione del giro, è elemento ulteriore di grande attesa. Blake asseconda il ribaltamento di Bouchard e disegna, tra due ragazzini, i figli piuttosto preoccupati del protagonista acefalo, proprio lui, meravigliosamente inespressivo, in gilet e cravatta. Si ride.
Già dalla pagina successiva, Bouchard fa tornare tutto nella norma, a parte l'anomalia di partenza. E lo stesso fa Blake che disegna un uomo acefalo che dà una manata sul prezioso quanto brutto soprammobile e una moglie rossa di rabbia per quel che vede accadere davanti ai propri occhi - quindi disegna quello che il testo racconta, ma si prende lo sfizio di mettere un gatto che, guadagnatosi in silenzio il frontespizio, anche in seguito, continuerà a essere muto testimone atterrito, colpito, pestato, schiacciato, calciato, aspirato e addormentato ecc. ecc.
Ed ecco che il testo qui si fa ironico e il disegno invece è comico.
Altro grande snodo di divertimento, che pende tra la comicità di alcune situazioni e l'ironia del testo, si genera nella minuziosa fase di ricerca, dove Blake deve accelerare con i disegni a punteggiare il testo che si fa incalzante.
Per non parlare del seguito che riguarda la costruzione di una nuova testa che tolga d'impaccio i bambini che così sapranno dove guardare quando parlano al padre e la loro madre che non dovrà subire lo stigma di parenti e conoscenti... La faccia di Blake è comica, le ragioni della sua costruzione sono ironia pura.
Blake accelera un altro po' e quindi, girata pagina, rallenta di nuovo e si gode la bellezza di quella testa rotonda e meravigliosa che nella sua unica espressione sorridente e poco poco beota si rivela massimamente buffa, comica appunto, nelle diverse situazioni, perché in tutte sa essere è del tutto fuori luogo.
A questo punto Bouchard salta il fosso e parte con le sue consuete esagerazioni, i suoi paradossi.
E lo fa in un lungo elenco di valutazioni tra i tanti pro e l'unico contro che una situazione del genere produce sulle routine quotidiane di una famiglia.
E Blake invece che fa? Gli va dietro e si diverte, si diverte si diverte....
Carla
Noterella al margine. Va da sé che, anche se "distratti" dall'universo di Blake, non debbono sfuggire le molte frecciatine satiriche che Bouchard lancia qui e là. Come se fossero una sua sigla irrinunciabile nelle sue storie. Il perbenismo della madre, certe sue sottili rivalse nei confronti di un marito evidentemente non sempre molto collaborativo o premuroso o affettuoso in un recente passato... e via andare, tacendo sul finale.
I suoi bambini invece sono, come peraltro anche quelli di Blake, maestri di pragmatismo e capaci di andare sempre dritti al punto.
Beati loro!
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