Si riapre la rubrica IL RIPOSTIGLIO.
Come esattamente un anno fa, rendendo il nome dal titolo di un meraviglioso racconto di Saki.
E nasce dal desiderio di togliere dall'oblio di un ripostiglio, quei libri di orecchio acerbo (clic) che - per l'imbarazzo che nasce da un conflitto di interessi patente - non hanno meritato a tempo debito neanche una riga su questo blog.
Visto che l'imbarazzo è comunque inevitabile, la rubrica avrà una cadenza vacanziera.
Date queste premesse, la rubrica si sarebbe potuta anche chiamare: In punta di piedi,Tutto cambia, Vacanze o ancora Oltre il giardino. Ma non è successo.
Ludwig e il rinoceronte, Noemi Schneider, Golden Kosmos (trad. Lia Bruna)
Orecchio acerbo 2024
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)
"Che cosa combini, Ludwig? Con chi parli?
Con un rinoceronte.
Un rinoceronte? Ma qui non c'è nessun rinoceronte! Te lo sei immaginato.
Dietro di te.
Non vedo nessun rinoceronte!
Nell'armadio.
Non c'è nessun rinoceronte!
Sotto il letto."
Interno. Notte. Padre e figlio in una stanza, quella del figlio, appunto: Ludwig.
La giornata sta per finire ed è ora di andare a letto. Ludwig e suo padre però stanno discutendo sulla presunta presenza di un rinoceronte nella stanza. Il bambino lo vede, in tutto il suo splendore, mentre il papà, giacché non lo intercetta con lo sguardo, afferma non ci sia. Inoltre sarebbe troppo grande per entrare in una camera così piccola.
Eppure, il bambino lo vede con sicurezza nascosto dietro la porta, da cui fa capolino solo il corno. Oppure nell’armadio, con un paio di mutande che sempre dal corno pendono. Oppure ancora sotto il letto dove si è acquattato.
Il dialogo fra i due si fa sempre più serrato a colpi di punti esclamativi del padre sempre più innervosito...
Se fosse vero che ciò che non si vede semplicemente non c’è, allora come si può
spiegare l’esistenza di tutto quello che gli occhi non vedono, ma che sappiamo esiste?
Una esilarante quanto incontrovertibile, storia filosofica della buonanotte - così si legge nello stesso frontespizio del libro, ma sul fatto che possa considerarsi della buonanotte, ho seri dubbi...
Per chi prenderà questo libro fra le mani, non sarà un mistero che dietro quel nome Ludwig non si cela solo un vezzo, ma un filosofo vero, ossia realmente esistito. Qui per necessità di plot è ancora un bambino: Ludwig Wittgenstein. E dietro questo divertente dialogo tra padre e figlio si nasconde, non solo un rinoceronte, ma anche uno dei cardini del suo pensiero.
La pagina di appendice alla storia che spiega il ragionamento fatto dalla Schneider su Wittgenstein ha un suo senso e rende la storia ancora più esilarante, se possibile.
Sono tuttavia convinta che questa parte farà brillare gli occhi dei grandi, mentre quelli di un bambino si illumineranno per ben altro.
Inoltre, ragionare sull'aspetto più filosofico della faccenda, credo lo abbiano già fatto in molti e quindi io preferirei vedere nelle pieghe più sottili di questo libro, perché è lì che si annida un'altra questione chiave: il confronto, sotto forma di dialogo, tra un padre e un figlio.
Non so quanti abbiano infatti notato la punteggiature di questo dialogo, che nasconde - a mio avviso - una dominanza di ruoli indiscutibile.
Da un lato c'è un padre che si rivolge al figlio sempre terminando la sua frase con un punto esclamativo. Dietro c'è l'intento preciso di affermare la propria verità come incontrovertibile. Dietro ogni sua frase sembra di cogliere la seguente postura: Io sono il grande e tu sei il piccolo, io sono quello che sa e tu sei quello che deve imparare. Dietro quei punti esclamativi c'è tutta la sicurezza e la forza che ogni adulto sfodera quando rivolge il suo sguardo a un piccolo che sta cercando di portare dalla sua parte.
Mi viene alla mente il secondo libro di Gottschall sul perché l'umanità abbia così tanta predisposizione a inventare e quindi raccontare storie. Il succo di quel libro si potrebbe riassumere in una frase: le storie nascono per convincere gli altri che le cose siano proprio andate così, come ce le stiamo raccontando...
Quel padre sta facendo esattamente questo: sta cercando - punto esclamativo dopo punto esclamativo - di convincere quel bambino del fatto che lui, il piccolo, è solo un visionario, mentre. lui, il grande, la verità la conosce.
Questa attitudine, pur nella sua costante frequenza, è piuttosto pericolosa. Ma tant'è.
Per converso, dall'altra parte c'è un bambino. Un bambino che, in quanto tale, ha più dimestichezza di suo padre con le grandi domande e quindi anche con la filosofia. E un bambino che ha la chiarezza di visione che gli deriva dal non doversi (men che meno volersi) imporre sul padre.
Lui, con grande tranquillità, probabilmente derivante da una pace interiore ben meno effimera di quella dell'agitato padre, perché lui non si sente un maestro, tutt'al più un filosofo, ha dalla sua parte la potenza che c'è nell'atto di chiedersi, di domandarsi, di porsi un dubbio, in sostanza lui è lì che ragiona, pensa. Non ha nessuno da convincere. E così quando suo padre parla con una voce stentorea, lui risponde con calma olimpica e ogni volta gli indica il posto dove il rinoceronte si trova...
Aveva ragione Serianni quando definiva la mente di un bambino a - in fatto di ragionamento e apprendimento - "miracolosa", ovvero geniale nella sua limpidezza.
Carla
Noterella al margine. Un post a sé meriterebbero le illustrazioni del duo Golden Kosmos che sono così tanto raffinati che sono riusciti a mettere anche sul pigiama di Ludwig una mandria intera di rinoceronti...
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