mercoledì 4 settembre 2024

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

L'ARTE DEL PERDERSI


La storia inizia con una scatola e con la sfida che Jon lancia a Tin e Bas: devono indovinare cosa contiene senza ovviamente sbirciare. Con questo e con altre trovate che seguono, i tre provano a inventarsi una maniera di trascorrere il tempo, fino alla brillante idea di Tin di chiudere gli occhi e camminare fino a perdersi. In effetti è quello che poi gli capita, e a un certo punto si trovano a seguire percorsi con esiti differenti: lo smarrimento di Tin diventerà una sorta di fuga dagli adulti che vorranno riportarla a casa e, strada facendo, incontrerà la nonna che desiderava (e alla quale con l’immaginazione aveva anche dato vita); Bas farà invece la conoscenza di un grosso pachiderma in fuga dalla triste realtà di un circo. 
La conclusione vedrà un felice ritorno a casa dei tre che avranno nel frattempo guadagnato l’affetto di una nonna e quello di un elefante. 
Si può teorizzare uno smarrimento? 
Tin sembra conoscere esattamente le caratteristiche di questa pratica, non solo mette in atto una serie di passaggi che provocano effettivamente l’approdo in un posto sconosciuto (l’estero!), ma è a conoscenza per esempio di quello che compete a un bambino: gli smarrimenti dei piccoli non sono necessariamente corti, i suoi per lo meno sono sempre lunghissimi. 
Tin ha le caratteristiche di alcuni personaggi femminili che popolano le storie di questo importante autore olandese, a partire dalla serie di Madelief, fino ad arrivare a quella di Polleke. Tin è intraprendente, impavida, assolutamente convinta di sapere come ci si muove nel mondo e per nulla disposta a cedere a certe logiche del buon senso comune. 
Qui gli elementi del romanzo d’avventura vengono piegate al volere di una ragazzina che non si muove spinta da curiosità, e poi vittima delle circostanze finisce con lo smarrirsi. 
Tin parte per perdersi, senza però che a questo concetto lei attribuisca alcun senso altro se non quello di smarrire la strada di casa. 
Il titolo originale del libro è proprio Tin Toeval e l’arte di perdersi, nella traduzione in italiano questo argomento si spartisce lo spazio con quello della nonna, un personaggio sicuramente spassoso, ma la cui importanza evidentemente l’autore non pensava di sottolineare. Proprio perché il nucleo narrativo di questo romanzo è la logica gratuita dello smarrimento, che non rappresenta quindi solo l’innesco narrativo dell’avventura. 
Perché dei bambini scelgono di perdersi? Per nessuna ragione a dir il vero, se non il divertimento. Ci si perde perché questo ci allontana da casa e cosa potrebbe esserci di più elettrizzante di un pericolo scampato e poi di un ritorno a casa? 
Tin non è nuova a questa pratica, conosce i modi e coinvolge gli altri amici che, in modo un po’ più incosciente, accettano di stare al gioco. 
Ma la “professionista” è lei, la bambina che spinge l’impresa oltre, fino a sfuggire deliberatamente alla vista del padre che vorrebbe riportarla a casa. E anche questa scelta di non farsi intercettare è del tutto gratuita: Tin non fugge, come in tanti romanzi di avventure capita di leggere, perché ha commesso una marachella e teme di essere punita; no, lei scappa per il gusto di farlo, per lo stesso piecere che si prova giocando a rincorrersi in cortile. Qui cambia il contesto e si alza l’asticella del rischio. E, d’altro canto, sorprendendo non poco il papà di Job, il padre di Tin non dimostra di preoccuparsi troppo per le sorti della figlia, abituato com’è alle imprese ardue della figlia. 
C’è in tutto questo la spinta energica dei bambini a immaginarsi oltre il presente e il conosciuto, senza però alcun intento contestatorio, come accadrà invece durante l’adolescenza. 
In questo romanzo l’autore celebra l’infanzia nelle sue logiche di pensiero ancora lontane da quelle del mondo adulto che è comunque popolato anche di soggetti in dialogo aperto con questi bambini: la nonna cieca che Tin conoscerà e “adotterà” alla fine della storia, i due fornai che accolgono Job e Bas e offrono loro da mangiare in attesa che i genitori li raggiungano, lo stesso padre di Tin. 
I personaggi non bambini che però si affiancano nella storia e che rivestono un ruolo più importante, sono la nonna e l’elefante. 
La prima viene coinvolta nell’impresa da Tin e finisce con avere parte attiva nella storia. 
Il secondo incontra per caso il piccolo Bas e si lega a tal punto al bambino da difenderlo da chiunque voglia portarglielo via. Non capita certamente tutti i giorni di incontrare un elefante e questo, in particolare, decide per la fuga e si perde, come i bambini protagonisti. Ma differenza di questi, il suo intento è proprio quello di allontanarsi da una condizione di dolore (dalla quale poi, grazie proprio ai giovani protagonisti, riesce a riscattarsi). 
Gli animali, insieme ai nonni, costituiscono i soggetti che più di altri sono in grado di relazionarsi spontaneamente e in modo libero con i bambini e non è un caso che entrambi siano presenti in questa storia. Tuttavia, nonostante animali e vecchi qui abbiano caratteristiche assolutamente irresistibili, sono i bambini - i loro dialoghi, i loro giochi e la loro immaginazione - a rappresentare la parte più felice di questo breve romanzo. 
Non è una storia di contrasti e antagonismi questa, come lo sono molte altre scritte da questo autore. Qui il tono è quello della leggerezza e dell’avventura divertita e spensierata. 
Un libro perfetto per i bambini che hanno acquisito una discreta competenza di lettura autonoma, che può essere proposto anche ai più piccoli in lettura condivisa. 

Teodosia 

"Ti perdi e trovi una nonna", G. Kuijer, trad. L. Draghi, Salani 2023


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