Lo scheletro nell'armadio, Lilija Berzinska, Anna Vaivare
(trad. Rita Tura, Margherita Carbonaro)
Iperborea 2025
NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dagli otto anni)
"Allora non ci sarebbero stati né il fresco venticello primaverile né il caldo torrido e odoroso di fieno dell'estate. Lollo Mollo non avrebbe potuto arieggiare la casa e lo scheletro sarebbe rimasto nell'armadio per un altro anno.
Questi pensieri gli fecero venire mal di pancia. Bisognava fare le cose per bene e tirare fuori lo scheletro dall'armadio, proprio come ogni anno. Eppure l'ansia continuava a graffiargli il petto.
E se la primavera fosse arrivata dappertutto tranne in quel posticino solitario, lasciandolo immerso nell'alito gelido e ostile dell'inverno? Cosa avrebbe fatto?"
La questione è complessa. Lollo Mollo ogni anno si prefigge questa incombenza: tirare fuori l'armadio da casa, pesante e scomodo, ma con le fette di patata sotto le zampe ce la fa, e dopo averlo caricato sulla carriola, arrivare sulla collina isolata e solo lì tirare fuori lo scheletro dall'armadio per spolverarlo a dovere, togliere gli eventuali ragni che si sono annidati tra le costole, mettere due palline di antitarme nell'armadio (non si sa mai).
Tutto questo richiede una bell'aria di primavera un bel sole, una collina isolata, appunto, dove nessuno lo veda.
Questa incombenza va svolta in assoluta solitudine: è sempre stato così e così sarà per sempre.
Ma quella mattina tutti i segnali, compreso l'entusiastico vociare di Gracchio che annuncia in giro la primavera, confermano che il sole e il caldo sono arrivati.
Si può procedere.
Portata a termine la consueta procedura, Lollo Mollo si siede soddisfatto e comincia a pensare quando quello scheletro era apparso per la prima volta nel suo armadio... E mentre è lì che pensa si chiede anche che cosa sarebbe potuto succedere se gli altri abitanti del bosco avessero saputo del suo scheletro nell'armadio... Certo potersi confidare gli sarebbe piaciuto, ma come farlo? E gli sarebbe anche tornato utile che gli altri gli dessero una mano nel trasporto dell'armadio. Ma no!
La cosa migliore era continuare a conservare il proprio segreto. E mentre lo pensa, temendo la pioggerella primaverile, si sincera che nessuno sia in vista per ricaricarsi l'armadio e rimetterlo a posto in casa. Con lo scheletro dentro.
Intanto Occhiolungo e Gracchio, non lontano da lì, decidono di non andare al mare perché se Lollo Mollo ha rimesso dentro l'armadio con il suo scheletro, vuol dire che la pioggia sta davvero per arrivare...
Se un libro di racconti (il genere e passo narrativo che amo di più) esordisce così, con un piccolo gioiello perfetto, da lì in poi la voglia di proseguire nella lettura schizza a mille. E infatti è quello che accade.
Due parole sul gioiello.
Molto giusto che dia il titolo all'intero libro, se lo merita.
Il ritmo pacato.
La scrittura esatta al millimetro.
L'ambientazione che è quella di un gruppo di case tra bosco e mare, tra fiaba e realtà.
Ed è un contesto che ricorda molto quello di altri potentissimi libri: il migliore tra tutti, Lettere dal bosco di Tellegen.
Il gioco linguistico che dà l'avvio all'intero racconto e che ne costituisce l'ossatura, lo riempie di una sana follia. Lo scheletro nell'armadio è contemporaneamente metaforico e letterale e su questo si regge l'intero dialogo tra i due significati e di fatto l'intera storia. Bella idea, non l'unica.
La piacevolezza della lingua delle due traduttrici lo illumina possibilmente ancora di più: una lingua curata, parola per parola.
Il colpo di teatro finale che ti lascia lì, stupito, sorridente e intenerito.
Da qui in poi, tutto quello che viene dopo questo gioiello iniziale.
Siamo piombati nel mezzo di una piccola comunità pacifica di animali diversi - e alcuni piuttosto inconsueti - e una ragazzina, di nome Sipriki, che vale uno come tutti gli altri.
Vivono insieme, condividono con grazia e gentilezza lo spazio e il tempo comuni.
Non tutti loro agiscono all'unisono. Ci sono storie a due, per esempio quella di Leprotto e Lupo di mare (!) - sono io che stravedo o potrebbe essere una allusiva declinazione del mito della donna foca?
Ci sono storie più corali in cui si impara a conoscere la personalità dei singoli protagonisti. Alcuni di loro portano nel nome la loro fragilità: Goffofredo o Sperperina, per esempio.
E alla fine, letti tutti e nove i racconti, è possibile avere una visione di insieme che tanto da vicino ci riguarda in quanto razza umana.
Questo attesta che l'intero libro può essere letto come collezione di racconti oppure come piacevole trattatello di filosofia.
In questo diffuso e generale stato di grazia, grandi domande attraversano le singole storie: Stridulone che non vuole lasciar andare la giornata perfetta. L'inadeguatezza di Farfalla che, per la sua ala a cui manca un pezzetto, non si sente vera e completa...Riccio e il suo problema di misantropia, o Pigolino non proprio convinto che nella vita il traguardo sia tutto....
A ben vedere si tratta di grandi questioni che si pongono, tra gli altri, un gatto, Occhiolungo, un corvo, Gracchio, un lumacone, Lollo Mollo, un leprotto, Leprotto, un lupo, Lupo di mare...
E poi c'è lei: la traduzione, ossia la lingua scritta che tutto tiene insieme.
Studiata e limata per essere perfetta nel suo essere rispettosa dell'intreccio fittissimo di doppi significati, di allusioni lessicali.
Tanto per dire: la brillante scelta dell'onomastica dei singoli personaggi è un raffinato lavoro di cesello, che in un gioiello, appunto, ci sta perfetto.
Libro necessario, da tenere stabile per mesi o anni sul comodino, per leggerlo e rileggerlo ogni sera, prima di fare bei sogni.
Carla