venerdì 29 marzo 2019

LETTERE DI SCOIATTOLO A FORMICA (idee a due teste)


Carissimo, 
son qui tutta su di giri, perché forse so in che direzione dobbiamo guardare...
Se tiro le fila di quanto ci siam detti fin qui, se ne deduce quanto segue: l'uomo è una bestia! Che lo voglia a no, se ne deve fare una ragione.
Se però sono uno Scoiattolo delle foreste e una Formica delle intercapedini a diglielo così fuori dai denti, secondo me, un poco di peso sulla coscienza se lo sentirà addosso, non credi? Magari anche quando scrive libri per bambini...
Accidenti, quando io dico con voce stentorea 'L'uomo è una bestia' sto già facendo mio quell'atteggiamento tutto umano che è impastato di moralismo e di prevaricazione. Vedi come è facile caderci?



Dietro quella sfumatura di disprezzo, che c'è nella parola bestia, però si nasconde la consapevolezza che l'uomo si è imposto, fin dal momento che ha scoperto di avere il pollice opponibile, come dominatore assoluto di tutti gli altri sudditi del suo stesso regno.
Lo abbiamo detto: infischiandosene allegramente, si è incoronato sovrano assoluto di tutte le altre creature viventi.
Le ha usate, ne ha abusato e lo ha raccontato e insegnato per millenni ai suoi diretti discendenti.
Ed eccoci qua a constatarne gli esiti, anche quelli che potrebbero sembrare i più innocui, ovvero le storie che racconta nei libri e con le quali pretende di insegnare ai più cuccioli a stare al mondo, diventano armi taglienti contro di noi, che siamo gli animali, o anche, e perché no?, le bestie!
Altro valore avrei dato se avessi saputo mantenere una giusta distanza e più obiettivamente avessi solo detto: L'uomo è un animale...
Ed è a proposito di questo L'uomo è un animale, che mi viene in mente una curiosa liaison che potrebbe essere utile per trovare una quadra alla faccenda.
Sai chi ha intitolato così la sua tesi di fine corso al College of Art di Leeds? Proprio uno che quando aveva diciotto anni voleva fare il pittore e non certo l'illustratore di libri per bambini, come invece poi ha fatto per una vita intera. Sono sicura che lo hai riconosciuto. Intorno agli animali, e in particolare ai suoi più stretti cugini, i primati, ha costruito l'intera sua poetica. E che poetica.
Non è un mistero a chi mi sto riferendo, direi.


A parte una deviazione fatta con i maiali, utilizzati in senso simbolico con un'etichetta moraleggiante non da poco, e come tale ammessa da lui stesso, per il resto Anthony Browne si è occupato di gorilla, scimpanzé e oranghi nella maggioranza dei sui migliori libri. 
E lo ha fatto non perché gli mancasse il coraggio o la capacità di disegnare altro, o perché in tal modo volesse educare qualcuno. O peggio volesse che dalle sua storie si ricavasse un qualche insegnamento. Tutt'altro.
Le ragioni per cui lo ha fatto si distaccano da qualsivoglia intento morale. 


Te le elenco brevemente: i gorilla sono belli da disegnare, sono potenti e fragili allo stesso tempo (e tanto ricordano i limiti dell'umanità), sono quanto di più simile all'uomo (dallo sguardo in poi) esista in natura, ovvero sono, negli occhi di chi li vede, perfetti per creare la necessaria 'ambiguità', quello stupore e quella meraviglia necessarie per trasformare una storia in una bella storia.


Il loro essere così 'analoghi' all'umanità li rende adatti, pensa Browne, a raccontarla, in una preziosa sospensione di giudizio.
Riconoscere la sottigliezza di un confine, non farne strumento di prevaricazione, al contrario essere capaci di saltellarci al di qua e al di là con la necessaria leggerezza e consapevolezza è quello che metterebbe in salvo noi e loro.



Ma tu lo sai che non sarà così, vero?
E su questo mi sento di averti detto tutto quello che sapevo dirti.

La tua amica di e per sempre, F.



giovedì 28 marzo 2019

LETTERE DI SCOIATTOLO A FORMICA (idee a due teste)


Sai cara formica…
Mi sono girato tante volte nella mia tana cercando nuovi spunti per sciogliere il rovello su cui stiamo ragionando.
Mi sentivo come uno stercorario che non sa dove far rotolare la sua pallina, come un pipistrello di giorno che non sa più dove è la sua tana, come uno stambecco in pianura. Insomma… come uno scoiattolo che ha perduto la sua scorta di ghiande e nocciole!
Questo immaginarmi nei panni di altri animali mi ha fatto venire in mente quello spettacolare repertorio di similitudini che è Forte come un orso.1

 
Uno dopo l’altro, Katrin Stangl passa in rassegna bambini intenti a fare cose da bambini, caratterizzandoli in modo manifesto con lo stratagemma di paragonarli a degli animali: una bambina è chiassosa come un gallo, un altro dispettoso come un tasso, un bambino è rosso come un granchio, un altro ancora grosso come un elefante. Tanto gli animali nelle illustrazioni sono immediatamente diversi uno dall’altro, ognuno raffigurato nella sua specifica forma, quanto i bambini sono simili: due braccia, due gambe, una testa, capelli e occhi e mani. 



Gli animali fungono da alfabeto per spiegare in modo manifesto non tanto chi sono quei bambini tanto simili, ma quell’insieme di azioni e situazioni che si chiama infanzia… Ogni bambino può essere orso e gazzella, gallo e tasso, a seconda della situazione di cui sta facendo esperienza, o dei rapporti che intreccia con la realtà. Ogni bambino è molti animali, e molti animali servono per raccontare un bambino.


Hai presente Zagazoo? 2 Ecco, lì Quentin Blake si serve di molti animali per raccontare un solo piccolo uomo nel suo processo di crescita: da rosa e tenero neonato si trasforma in pulcino di avvoltoio urlante, poi in un piccolo e ingombrante elefante, in cinghiale e in drago sputafuoco e infine in strana creatura pelosa, come se gli animali fossero lo strumento per descrivere l’identità in divenire del bambino che cresce.


Attraverso il paragone con molti animali il cucciolo di uomo trova la definizione della sua complessità, mentre gli animali divengono simbolo stesso di identità, acquisendo una caratura maggiore nelle pagine di questi libri: non più burattini accattivanti per ridurre i bambini alle leggi dell’adulto, ma presenze totemiche in grado di risvegliare la più profonda radice nell’essere raffigurandola con pelliccia, piume, corna, code e proboscidi.
Come in Jane, la volpe ed io3, cara Formica... Se non lo conosci, leggilo per arrivare al momento in cui Helene trova il bandolo della sua personale matassa… Indovina, amica mia, chi troverai…


Stanco e prostrato dal tanto ragionare mi avvicino al mio giaciglio di foglie, amica mia… attendo tue nuove

P.S. Ti avevo detto del daimon nella Bussola d’oro, vero? Ricordi che quello dei bambini cambiava continuamente forma, vero? Forse adesso capisco ancora meglio perché…


1Katrin Stangl, Forte come un orso (trad. G. Mirandola), Topipittori 2013
2Quentin Blake, Zagazoo (trad. S. Saorin), Camelozampa 2016
3Fanny Britt, Isabelle Arsenault, Jane, la volpe & io (trad. M. Foschini), Mondadori 2014



Che dire, amico mio dei boschi e delle foreste,
ti ho lasciato parlare e ti ho lasciato scrivere in assoluta libertà, ma tra le punte delle mie antennine, come tra due poli elettrici, fremeva -o dovrei dire meglio sfrigolava- la frase: E DOV'È LA NOVITÀ?
È proprio il caso di dirlo che da che il mondo è il mondo, tra i tanti compiti che gli animali devono svolgere al servizio dell'umanità c'è quello di accollarsi sulle spalle la rappresentazione delle loro qualità e dei loro difetti.
Spesso con breve morale annessa.
D'altronde, tu lassù e io quaggiù, ci stiamo ronzando intorno da un po', o sbaglio?


Mi scrivi dei bambini della Stangl e del piccolo Zagazoo e giustamente cogli il lieve spostamento rispetto al canone.
E io, invece, sono proprio qui a metterlo a fuoco questo canone. E penso a come già in antico questo succedesse spesso e volentieri. Mi permetto però si tralasciare ciò che accadde nel resto del mondo, per mia ignoranza conclamata, ma non posso non pensare a quello che è capitato intorno alle rive del Mediterraneo, quando noi, te ed io, eravamo ancora solo un sogno.
Esopo, Fedro e ancora La Fontaine, in prosa o in versi non hanno fatto altro che dirci che dietro la lepre si nasconde l'animo frettoloso e superficiale di un uomo e dietro la tartaruga, quello di qualcuno che conosce i propri limiti, ma li sa mettere a frutto. Credo non ci sia angolo del mondo dove la favola -scusa se è poco: un genere letterario coniato appositamente allo scopo- non abbia messo radici profonde. Ma se si fossero limitati solo a creare gli stereotipi della cicala indolente e neghittosa e della formica laboriosa e alacre (cosa peraltro lontana dalla verità), tutto sommato non ci sarebbe stato tanto di male.
Il problema è altrove, nell'appendice moraleggiante.
Segui il mio ragionamento: ci sta che ci siano animali che della velocità o della lentezza hanno fatto la loro cifra distintiva, e ci sta che una donna veloce sia definita 'lepre', ma è il giudizio che ne segue che fa la differenza.
Il volerli per forza condannare o assolvere -a seconda delle situazioni- è davvero un sovrapprezzo che come animale non mi sento di dover pagare.
La morale nel regno animale non ha dimora.
Eppure non sono forse le favole di Esopo, Fedro, La Fontaine, Tolstoi le prime letture che vengono messe nelle piccole mani degli infanti? A scopo pedagogico per di più. Spesso sono vera e propria palestra di allenamento per le loro incespicanti letture e, con l'occasione, diventano martellanti precetti di buona morale.
Ma fortunatamente c'è chi questo andazzo lo ha saputo cavalcare. Due esempi paradigmatici di come sia bello, almeno in arte, poter leggere il mondo con sguardo originale. Suona strano che sia proprio io, una formica, a spezzare una lancia nei confronti della mia antagonista di sempre, la cicala (vedi lo stereotipo che scherzi fa?). Ma così va il mondo, non ti stupire.


Hai per caso letto Shaun Tan1 a proposito della questione?
Mai finiscono lavoro Umani.
Rimane sempre Cicala. Finisce lavoro.
Nessuno ringrazia Cicala.
Tok! Tok! Tok!

Oppure Pascale Petite2 che dà voce alla volpe adulatrice, sopraggiunta alla porta della casa di mia cugina?


"È vero che non si può dare a tutti quanti
a destra e a manca, ai nullafacenti,
ha fatto bene a essere intransigente
con la cicala incosciente,
che è veramente stonata
che è tanto asfissiante,
almeno quanto lei è organizzata
metodica e attraente."
A quel punto si apre la porta e pensate...
su Formica e Cicala abbracciate.

SBRENG! Bella tranvata, vero?


Ci ritorno, tra non molto.

Formica

[continua]


1Shaun Tan, Cicala (trad. M. Ruffo Bernardini), Tunué 2018
2Pascale Petit, Gérard DuBois, La volpe senza il corvo (trad. M. Baiocchi), Orecchio acerbo 2018

mercoledì 27 marzo 2019

LETTERE DI SCOIATTOLO A FORMICA (idee a due teste)


E infatti, non mi sbagliavo! Caro il mio caudato amico.
Non è da tutti ammettere, accettare e in qualche misura assecondare il proprio lato animale. E farlo -da grandi- in un libro per l'infanzia è ancora più compromettente, non credi?


Ci si può giocare, come fa Laurent Moreau nella Famiglia selvaggia1 o ancora come fa Negrin in Bestie2, entrambe autentiche dichiarazioni di presa di coscienza e conseguente presa in carico della questione.
Tuttavia spetta ai colossi il compito di sferrare il colpo definitivo. 


Anche a loro spetta il merito di ammetterla, ma soprattutto quello di averla messa a canone.
Sto pensando a Maurice Sendak3, a Claude Ponti4 e a Grégoire Solotareff.5
Loro di bambini se ne intendono, e questo lo sanno anche i sassolini del bosco.
E non è un caso che tutti e tre lo facciano, ricorrendo allo stesso espediente: 'mascherando' i loro protagonisti.
Pensa a Max con il suo vestito da lupo, pensa a Biagio e alla sua maschera rossa, o a Lila e Ulisse che del lupo indossano addirittura la pelliccia.
Si assiste a un vero crescendo: se in Max si codifica la belva nascosta in un bambino che fa il selvaggio, nel contempo la si attenua in quel costume che tanto ricorda un pigiamino.
La ferocia iniziale sembra smussarsi con lo scorrere del tempo. E la cena calda rimette tutto in ordine.
In Biagio, ovvero con Ponti, si fa un piccolo passo ulteriore verso l'aspetto grottesco e comico del bambino/bestia. La maschera per lui è il lasciapassare verso la trasgressione, sebbene Ponti non ami la scomodità.
A lui piace piuttosto costruire mondi alternativi e mettere su la maschera fa parte del grande scenario, del grande gioco.
Ma è con Gregoire Solotareff che si fa davvero sul serio.
Con lui, il gioco si fa duro ed è la bestia che prende il sopravvento.
Per i due, fratello e sorella, la prova a cui sono chiamati è ancora più profonda, quasi iniziatica: mangiati dal lupo se ne devono liberare e nel farlo però, ne assumono i caratteri. 
 

E ciò accade in assoluta solitudine rispetto al mondo dei grandi.
Non c'è più nulla di rassicurante: tutto si muove nell'ambito dell'istinto, della 'bestialità' di quel bambino e di una sua 'alterità' rispetto al mondo ordinato e conosciuto degli adulti. Ma non c'è nulla di disperante in lui, al contrario una grande forza e vitalità che gli permettono di attraversare il bosco, di guadare il fiume, di andare al di là.

Ah, scoiattolo, meno male che ogni tanto nasce un Solotareff, sennò sai che noia...

Formica, verso la branda della notte

ps. tu lo sai vero che io vivo stabilmente con un cane...?
Fa così bene alla salute, nelle serate di silenzio e solitudine, a parte il fatto che devo stare sempre attenta a che non mi pesti.


1Laurent Moreau, La mia famiglia selvaggia, Orecchio acerbo 2014
2Fabian Negrin, Bestie, Gallucci 2012
3Maurice Sendak, Nel paese dei mostri selvaggi, Babalibri 1999
4Claude Ponti, Biagio e il castello di compleanno (trad. M. Saporiti), Babalibri 2005
5Grégoire Solotareff, La maschera (trad. F. Rocca), Babalibri


Mia cara Formica…quanto hai ragione…
Non faccio fatica a percepire quel tanto di selvatico che esiste nei piccoli umani e anche in certi grandi è palpabile e vicino, talmente vicino che basta un passo…come quando il piccolo protagonista de Le streghe viene trasformato in topo per davvero, e nessun turbamento attraversa il suo intrepido cuore, anzi proprio l’adiacenza tra la sua natura e quello di un piccolo animale gli permette di saltare a piè pari da una condizione all’altra, assaporandone istantaneamente i vantaggi, pur diventando piccolo come un topo.1
Forse il desiderio di convivere con un animale nasce qui, lungo questo sottilissimo confine che per alcuni è talmente sottile da poterci vedere attraverso: al di là ci sono l’accoglienza e il rispetto…

Mi viene in mente ad esempio Una foca in salotto, in cui a essere accolto nella vita di un umano è addirittura un cucciolo di foca, rimasto orfano.2 Come potrai immaginare, sono parecchi gli sforzi necessari a ospitare in modo adeguato una bestia tanto lontana dal contesto domestico, ma Mister Cleghorn ha così chiare le esigenze del cucciolo che si fa in quattro: pappe su misura, una vasca per tenerlo al bagnato, un carrello per portarlo in giro. La sua vita comincia a ruotare attorno ai bisogni di questo animale e a modificarsi di conseguenza.
E in questo ruotare avviene qualcosa di magico che permette al nostro ragionamento di fare uno scarto: accogliere un animale significa fare spazio per un essere diverso e oltrepassare il limite del reale così come fino ad allora è stato conosciuto.


Lo stupore e la meraviglia iniziali svolgono appieno la loro funzione magica di apertura al nuovo, come succede in modo ancora più evidente (e divertente) in Una tigre all’ora del tè. 3 A dar vita alla convivenza tra uomo e animale è un evento che pur accadendo in una cornice normalissima, è assolutamente straordinario: all’ora del tè una tigre suona alla porta e chiede di entrare. Il fatto stupefacente viene accolto con self control tipicamente britannico: la tigre si ritrova al tavolo imbandito ad assaporare pasticcini, bere intere caraffe di tè e frugare nella credenza e nel frigorifero senza che né grandi né i bambini trovino qualcosa da ridire. Questo cambia il tenore del gesto di accoglienza, e la tigre assume contorni meravigliosi e metaforici. 

 
Ancora tigri. Se pensi a C’è una tigre in giardino, dove la nonna invita la nipotina annoiata ad andare a giocare in giardino, avvertendola però della presenza di animali pericolosi.4 Nora, che è grande e un po’ troppo disincantata, sa (o crede di sapere) che nel giardino non possono esistere insetti carnivori, orsi brontoloni e men che meno tigri, ma la passeggiata e certi incontri le fanno cambiare idea, soprattutto al cospetto della tigre che diviene l’incarnazione stessa della possibilità di accedere a un universo magico attraverso la relazione con l’animale simbolico che sta nelle storie per bambini.



Mia cara Formica…non riesco mai stare con i piedi per terra… un ramo tira l’altro nel fitto intreccio dei miei pensieri…
Ma sento che abbiamo imboccato una strada interessante, con questa questione del metaforico….
Ho finito le carte e l’inchiostro, però…ti scrivo presto, non appena le ritrovo…

Scoiattolo

P.S. Ho sentito sai, Formica, la tua risatina per via delle cose che perdo e non trovo mai!

[continua]

1Roald Dahl, Le streghe (trad. F. Lazzarato, L. Manzi), Salani 1987
2Judith Kerr, Una foca in salotto (trad. B. Capatti), Rizzoli 2017
3Judith Kerr, Una tigre all'ora del tè (trad. A. Macchetto), Mondadori 2016
4Lizzy Stewart, C'è una tigre in giardino (trad. S. Ragusa), Terre di mezzo 2017

martedì 26 marzo 2019

LETTERE DI SCOIATTOLO A FORMICA (idee a due teste)

Carissima Formica…
No, hai ragione, non continuare! Quello che mi racconti mi ha fatto rizzare il pelo dalla punta delle orecchie a quella della coda: scoiattoli nati in cattività! Scoiattoli più facili da trattare per averli al proprio fianco?!? Ma dove siamo finiti…
Hai ragione, il bacio dell’anello riassume efficacemente l’atteggiamento dell’uomo nei confronti di noi animali e a dirla tutta, nei confronti della natura.
Sai cosa mi fa rabbrividire, vero? Che questo atteggiamento trapeli anche in certi libri con cui l’umano adulto cerca di dire qualcosa ai suoi piccoli…


Mi riferisco ad esempio a questi albi, che hanno per protagonisti i mastodontici dinosauri. Ce ne sono parecchi e sono tutti illustrati e scritti dalla accoppiata Yolen/Teague: Cosa fanno i dinosauri quando è ora della scuola, quando è ora di dormire, quando è ora di mangiare…1
Questi enormi animaloni vivono il quotidiano che ogni bambino in un modo o nell’altro conosce ma... sono troppo grandi per sedersi sul sedile dell’auto, hanno artigli troppo aguzzi per giocare con gli altri bambini, oppure code troppo lunghe per spostarsi in un'aula senza buttare all’aria tutto quanto…a questi problemi legati alle loro dimensioni si aggiungono una serie di situazioni disastrose che nascono da tutti quei comportamenti che fanno di un bambino piccolo quello che è: i capricci, la noia, la ridarella, la voglia di saltare una lezione per prolungare i giochi sfrenati in cortile, il voler stare alzati fino a tardi, l’impuntarsi davanti a un cibo sgradito.


Ebbene, in queste pagine si può sentire tutta la strisciante violenza con cui certi grandi tentano di convogliare l’istinto dei piccoli in una serie di comportamenti considerati adeguati, proprio come farebbero con un animale per addomesticarlo e ridurlo, è proprio il caso di dirlo, a un essere più comodo e semplice da tenere con sé.
Certo, un po’ di controllo è indubbiamente necessario per rendere possibile il vivere civile, ma è davvero necessario allo scopo scomodare l’evidente grandezza dei dinosauri e la loro naturale, direi ovvia tendenza ad essere enormi e complicati da gestire?
È davvero una buona strada quella di negare l’indubbia selvaticità di certi comportamenti affinché i bambini capiscano di dover essere buoni e non arrechino disturbo?
Non trovi poi che sia tristissimo scegliere una creatura immensa ed estinta a incarnare il lato scomodo dell’infanzia, quasi a voler sottintendere che tutta l’ingestibile energia dei bambini debba scomparire, estinguersi, appunto?

Perché a me, Formica cara, tutto questo sembra solo un modo sbrigativo per risparmiarsi la fatica di accogliere davvero i bambini, questi animali strani e ingombranti che irrompono nel mondo adulto in modo talmente deflagrante da poter addirittura essere paragonati a dinosauri!

E ti dirò che questo mi ha fatto venire in mente un altro libro, un romanzo questa volta, in cui si respira la stessa violenza, lo stesso miope atteggiamento. 
Lo conoscerai di certo, è La Bussola D’oro di Pullman2.
In questo romanzo ogni persona ha un daimon, un animale a cui è legato indissolubilmente dalla nascita e che è la sua guida per la vita. Il daimon non può essere toccato dagli altri uomini, e nemmeno può essere separato dal suo umano senza che uno dei due muoia: a tal punto sono uniti!
E in questo romanzo una organizzazione di uomini senza scrupoli inventa un Intercisore. Solo a leggere questa parola mi vibrano i baffi di paura e indignazione.
Con l’Intercisore, questi uomini terribili separano i bambini dai loro daimon…per rendere tutto meno complicato, riducendo il fiero daimon a un innocuo animaletto tollerante e il bambino un essere facilmente manipolabile…

Non lo trovi terrificante anche tu, cara amica mia?

Scoiattolo



P.S. Ne ho trovato un altro, mia cara, di libri del genere, in cui mamma e papà scimmia dicono al proprio cucciolo scimmia di non fare la scimmia… non ridere, ma ti dico che quel cucciolo una volta cresciuto riuscirà a fare la scimmia solo in un circo!3






1Jane Yolen, Mark Teague, Cosa fanno i dinosauri quando è ora di mangiare (trad. P. Floridi), Il Castoro 2014; Jane Yolen, Mark Teague, Cosa fanno i dinosauri quando è ora di dormire (trad. P. Floridi), Il Castoro 2014; Jane Yolen, Mark Teague, Cosa fanno i dinosauri quando è ora della scuola (trad. P. Floridi), Il Castoro 2015
2Philip Pullman, La bussola d'oro, (trad. M. Astrologo, A. Tutino), Salani 1996
3Mario Ramos, Smettila di fare la scimmia! (trad. F. Rocca), Babalibri 2010




 
Caro te!
Te lo devo dire, zero simpatia per i dinosauri. E poca pietà all'idea che si siano estinti. Forse dipende dalla mole che ci distingue e separa, ma da sempre non godono della mia simpatia e stima. Ciò nonostante seguo passo passo il tuo ragionamento e con te mi allineo. Tuttavia non posso risparmiarmi dal farti presente ancora una volta che di norma la mela non cade lontano dal melo. Con ciò voglio dire che, se gli adulti sono riprovevoli nel loro cercare di addomesticare i propri figli, come farebbero con cani e gatti, correggendogli e addirittura negandogli quel necessario quid di selvatico che li rende amabili, non sono da meno certi frugoletti letterari. Emuli dei grandi, o forse semplicemente mossi dal desiderio di compiacerli, ho collezionato un certo numero di esempi in letteratura in cui i bambini si impongono come 'educatori' di povere bestiole che hanno il solo torto di passare di lì quasi per caso. Perché lo facciano, e perché riescano a essere a tal punto determinati, mi sfugge a tutt'oggi anche se, da formica, ho passato quasi tutta la mia vita a schivare maltrattamenti e sevizie da parte di ragazzini e ragazzine in vena di esperienze nuove. Quindi, non mi stupisco.
Il primo esempio che mi sovviene ha molto a che fare con il libricino che ti citavo la volta scorsa. Stesso autore e stesso animaletto: ancora Scheffler, ancora scoiattolo.1 Questa volta, nessun esemplare in cattività, al contrario, un esemplare adulto, papà scoiattolo, caduto dall'albero in una notte di bufera e recuperato dal bidone della spazzatura da due bambinetti zelanti. 



Dopo averlo 'spupazzato' per bene, i due -sotto suggerimento di un adulto- decidono di restituirlo alla propria famiglia che ne piange la perdita, sui rami più alti di un albero del parco. I piccoli non sono per nulla convinti sia la scelta giusta, ma lo issano su un aeroplanino telecomandato e lo rispediscono da dove è precipitato. E sai che cosa c'è? Papà scoiattolo neanche si gira a dir loro grazie per il salvataggio. Come dargli torto, accidenti.



Un altro che non perdona il suo piccolo seviziatore è il gatto Mio Miao2 (il nome è tutto un programma) che con calma e fermezza ribadisce al ragazzino che lo vorrebbe mettere a dormire nel lettino delle bambole che lui fa solo quello che gli va! E dormire con la papalina in testa non è nelle sue corde. E a proposito di corde, mi viene in mente la storia dell'alce Marcel erroneamente considerato di sua proprietà dal piccolo Wilfred. 3 




Una vera commedia degli equivoci in cui l’alce serenamente persiste nella convinzione di appartenere solo a sé stesso, e il bambinetto in quella di esserne il proprietario e l'amministratore unico. Goditi il finale, se non lo hai mai letto! Se devo ricavare un senso da tutto questo, direi che la dominanza è ben dura da estirpare tra i signori del pianeta. Come vedi, grandi o piccoli che siano, quando c'è da imporsi l'umanità non si tira indietro.
Eppure, mi resta un rovello. Non sarà per caso che libri del genere sono lì a mettere in berlina la categoria umana, fin dai suoi esordi, ammettendo in tal senso i propri limiti, e considerando fittizia ogni espressione di supremazia in nome di una civiltà dominante? Se così fosse, chapeau a Stoddard, Scheffler e Jeffers per la scelta.
Se così fosse, ne conseguirebbe la seguente riflessione: se davvero ci sono persone che sulla dominanza non si fanno illusioni, si può sperare che ne esistano altre altrettanto coraggiose nell'ammettere l'affinità che in natura tiene insieme l'animo istintuale dell'uomo con quello di un lupo o di un canarino?
Devo pensarci. Torno presto da te, spero con una risposta convincente

Formica arrovellata

[continua]

1Axel Scheffler, Papà scoiattolo cade dall'albero (trad. M. Scaldini), Emme Edizioni 2018
2Sandol Stoddard, Remy Charlip, Mio Miao. Il mio unico specialissimo gatto (trad. F. Lazzarato), Orecchio acerbo 2012
3Oliver Jeffers, Quast'alce è mio, Zoolibri 2013

lunedì 25 marzo 2019

LETTERE DI SCOIATTOLO A FORMICA (idee a due teste)


Carissima Formica…

È tantissimo, davvero tanto che non ti scrivo.
Molte cose sono successe, quelle cose che succedono sempre nei boschi, sai…
Le foglie sono diventate verdi, poi rosse, poi sono cadute. Io ho mangiato tutte le mie vecchie ghiande, ho osservato le nuove far capolino tra le foglie e quindi ingrossarsi per poi virare a quel marroncino tanto invitante… è allora che comincio a raccoglierle e a stiparle da qualche parte…
Sai, poi mi capita che nel cercare qualche deposito dimenticato trovo qualcos’altro. 

 
Ebbene, l’altro giorno ero perso in un boschetto di aceri nodosi quando mi sono imbattuto in una mia vecchia tana, una tana che avevo abbandonato probabilmente perché era troppo piena di…libri!!
Subito mi sono scordato la fame e ho cominciato a guardare tra i volumi che coprivano ogni superficie disponibile. Erano, manco a dirlo, tonnellate e tonnellate dei nostri amati albi illustrati.
In men che non si dica mi sono completamente dimenticato delle ghiande e dell’inverno, e mi sono chiuso nella vecchia tana a leggere, perdendomi tra le pagine.

Beh, cara Formica…come immaginerai, dopo non molto tempo le storie hanno lasciato il passo alle riflessioni, e dalle riflessioni sono passato alle domande, e dalle domande al foglio e alla penna. E allora ti ho scritto.
E quindi eccomi qui, con lo sguardo aggrottato e una questione pelosissima che non riesco a sbrogliare da solo (e ci mancherebbe, mi dirai!).

Insomma cara Formica, forse tu che vivi nel grande formicaio ci sei abituata, ma io proprio no! Mi sapresti dire perché nei libri per bambini ci sono così tanti animali?
E non sto parlando di libri che spiegano e raccontano come questi ultimi vivono in natura, ma al contrario di libri in cui le storie sono infarcite di tigri, gatti e anche coccodrilli che spesso fanno proprio cose da uomini: mangiano seduti a tavola, lavorano, abitano nelle case e sono vestiti come loro, e parlano addirittura, oppure convivono con gli uomini e le donne e i bambini come se non facesse nessuna differenza essere uomini oppure scoiattoli!!
E questo è davvero sorprendente, perché in fondo gli uomini non sono animali, e quindi mi chiedo cosa ci guadagnino gli autori e gli illustratori a utilizzare come soggetti tassi, conigli, elefanti, e addirittura dinosauri…
Forse che gli animali sono più semplici da disegnare? Non mi pare proprio, senza contare tra l’altro che gli animali sono tutti diversi uno dall’altro per aspetto: le forme dei corpi, la lunghezza delle zampe, la presenza di becchi, ali e antenne, e poi le pellicce, i colori dei manti, delle piume…persino gli occhi…non ce n’è uno uguale all’altro!
Però, Formica, la cosa che mi infastidisce di più è che gli animali in questi libri si comportano in modo assolutamente disdicevole, e c’è sempre un umano che cerca di ricondurli a un comportamento che lui ritiene accettabile… perdindirindina…cosa mai potrà saperne un uomo di come si deve comportare un animale? In quanto a comportamenti noi siamo senza dubbio più educati degli umani, che ne dici mia cara amica: tu che vivi in quella comunità di formiche così altamente organizzata me lo potrai confermare. Del resto noi nasciamo e sappiamo quello che dobbiamo fare per istinto, mentre quanto ci mette l’uomo a raggiungere l’età della ragione?
E poi, vuoi mettere quanto siamo diversi tra noi per comportamenti? Invece l’uomo è uno e uno soltanto e mi chiedo perché non si accontenti di utilizzare sé stesso per raccontare le storie che lo riguardano, quali vantaggi possano trarre i suoi piccoli dal leggere storie di animali che con loro non hanno nulla a che spartire…
Insomma Formica, come potrai ben immaginare, sono qui in mezzo ad alte pile di albi in preda a un turbine di domande che solo tu mi aiuterai a placare.
E a proposito di placare… mi è venuto un certo appetito, è mi sono anche ricordato dove avevo nascosto alcune ghiande, quindi…
A presto

Scoiattolo.



Ah, carissimo Scoiattolo! Che piacere ricevere tue notizie e che onore essere ancora una volta la tua interlocutrice prediletta.
Non è piaggeria, la mia. Devo proprio darti ragione.
E, scusa il gioco di parole, concordo con te che sia proprio la ragione a creare la prima frattura fra uomini e bestie. I primi sono convinti di detenerne il primato, e per questo accampano supremazia, mentre agli animali è assegnato l'abito della selvatichezza e del puro istinto.
Come se fosse una colpa...
E già solo per questo sono da domesticare.

Spero tu sia ora a pancia piena così non te ne avrai a male - di scoiattoli si parla - ma vorrei citarti un libriccino illuminante su la questione che sollevi.
Non dovrebbe farti specie se è in tedesco, giusto?
Visto che bazzichi le foreste altoatesine...


Ah, la copertina è già tutto un programma: un omino comodamente seduto in poltrona, pantofole ai piedi e quotidiano aperto davanti. Se la mano destra tiene il giornale, la sinistra penzola per essere devotamente baciata (il rituale non è nuovo, tra subalterni, nel consesso degli umani) da uno scoiattolo dagli occhi chiusi, in estasi.
E ora ascolta il titolo - Über das Halten von Eichhörnchen (aus dem Englischen von Harry Rowohlt)1. Capisci da te dove stiamo andando, vero?
Però prima fammi illustrare brevemente, la storia di questo libro, acciocché tu sappia subito che è un pamphlet di raro pregio editoriale, a prescindere da questo contenuto quanto meno disdicevole.
Pubblicato per la prima volta tra i Tolle Hefte, hai sentito? i Tolle Hefte! di Armin Abmeier nel 2009! E questo già dovrebbe dirti molto, l'opuscolo oggi compare nel catalogo di uno degli editori più esigenti della Germania, Jacoby & Stuart. Ma il testo ha origini molto più antiche: si tratta infatti di uno stralcio preso dalla Children's Encyclopedia, pubblicata nel 1900 da Arthur Mee, e poi tradotto in tedesco da Harry Rowohlt.
Nella bandella si legge già qualcosa che, sono certa, ti farà inferocire...
"Gli scoiattoli sono le scimmie dei nostri boschi."
Santo cielo, vuoi che vada avanti? Procedo, dunque. "Gli scoiattoli possono essere animali domestici interessanti e allettanti, ma occorre sempre fare attenzione che l'animale che noi acquistiamo sia giovane e, quando possibile, sia nato in cattività.... Perché se ha assaporato la libertà sarà più difficile addomesticarlo e rischierete che vi pianti i suoi dentini nel dito. Al contrario, gli esemplari nati in cattività sono quasi sempre liberi da queste abitudini e li si può addomesticare con più facilità...."


Vuoi che ti dica cosa compare nella figura? Una elegante signora con gli orecchini di perla e le scarpe verde speranza con tacchetti vezzosi e... un frustino nelle mani.
Credo che possa bastare, per oggi, sennò mi scoppi.


Tua, sempre

[continua]



1Axel Scheffler, Über das Halten von Eichhörnchen - Ein Ratgeber (aus dem Englischen von Harry Rowohlt), Jacoby & Stuart 2009