venerdì 29 settembre 2023

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

MORALE DELLA STORIA

Le mucche di Chernobyl
, Fulvio Ervas 
Marcos y Marcos 2023 


NARRATIVA PER MEDI (dai 9 anni) 

"Quando la centrale nucleare si era scassata, il cervo se ne stava accucciato nel bosco dietro una quercia e forse sognava. 
S'era udito un boato e dopo tanti rumori. Tra gli alberi si era scatenata una grande confusione: gli uccelli s'erano alzati in volo e nuvole di insetti erano scappate in ogni direzione, pareva fosse scoppiato un incendio. Le formiche erano più agitate del solito. Nemmeno l'arrivo dei cacciatori con i cani suscitava un tale pandemonio. 
Il cervo aveva annusato. Un'aria strana. 
Qualcosa era successo." 

Al cervo cominciano a ballare le gambe, i muscoli urlano e la vista si annebbia. Sopra di lui è appena volato uno sciame di cervi volanti, i coleotteri, e poi è sparito nel nulla. 
Al cervo sono cresciute delle poderose ali. Alle galline che razzolavano nel loro pollaio sono cresciute nel becco due belle file di denti aguzzi. Le formiche, persa la regina, si sono concentrate a formare una sfera che ha il pregio di illuminarsi, emanando energia nei momenti di maggiore tensione emotiva. 
Alle due mucche pezzate sono cresciute scarpe e pantofole, sopra gli zoccoli. 
Il maiale Igor ora ha intesta capelli e barbetta grigia, e gli scarafaggi si sono 'evoluti' diventando filosofi, e sentenziano in rima. 
Tutto questo era accaduto al momento dell'esplosione nucleare della centrale di Chernobyl. 
Questo curioso gruppo di animali si ritrova sotto lo stesso tetto, quello della casa ormai vuota dei coniugi Struganoff. 
La loro vita è molto cambiata, tuttavia il trovarsi tutti assieme li rende felici e amici. Con il passare dei giorni, ognuno di loro si trova una propria occupazione che in qualche modo sia utile per la piccola comunità. Ognuno secondo le proprie attitudini, le proprie competenze. 
Fino al giorno in cui alla porta di casa si sente un inaspettato TOC TOC TOC. 
Davanti a loro, aperto l'uscio, c'è un bimbetto. Muto, ma bravissimo con i numeri. Come spesso accade nella vita degli animali, anche di quelli strani come questi, quando arriva l'uomo (anche se sotto forma di bambino) nulla può essere più come prima. 
E infatti è proprio così che va.  

A metà strada tra i Musicanti di Brema e gli animali di Toon Tellegen, queste strane bestioline costituiscono un felice esempio di 'comune' animalesca pacifica e pacifista. E come tale si muove e agisce, come se fosse un corpo unico: ogni parte con la sua funzione. 
Dei Musicanti di Brema riprende quello stesso incedere fiabesco e dei serrati dialoghi tra gli animali di Toon Tellegen risuona una eco nelle idiosincrasie dei singoli protagonisti, insetti in primis. 
La loro bellezza letteraria si manifesta principalmente nelle loro peculiarità. Ognuno ha la propria che trova un suo senso e una sua assurdità corrispettiva: galline con i denti, cervi che volano, scarafaggi fini pensatori, maiali amanti del cibo raffinato. 
Poi ci sono loro: le formiche radiative e gli scarafaggi filosofi. 
E qui appare la seconda qualità letteraria, ossia la lingua di Ervas. Si ride.
Sempre ironica, un po' ammiccante, nelle rime degli scarafaggi, spesso e volentieri allusiva, nel cervo che vola e che quindi è a tutti gli affetti un cervo volante. Insomma, uno scoppiettante modo di raccontare una fiaba che a sua volta, come tutte le fiabe, nasconde al suo interno un nocciolo di profonda verità. 
La prima di queste verità la si deduce guardando le relazioni interpersonali che tengono insieme la comunità e la rendono salda. Tra loro sono gentili e rispettosi. 
Nonostante le grandi diversità di pensiero, di misure e di consuetudini, nonostante le avversità che si abbattono su di loro, mai nessuno mai si pone in modo conflittuale nei confronti dell'altro. Al contrario, ognuno è sempre teso a contribuire al benessere della comunità; in alcuni casi estremi, si arriva fino al sacrificio estremo. 
La seconda verità la si vede emergere guardando la capacità di adattamento che ognuno di loro dimostra nei confronti della realtà che li circonda. A seguito della grande esplosione della centrale, ciascuno riceve 'in dote' un carattere che non gli appartiene. Dalle ali ai denti, tutti imparano a trasformare quello che potrebbe essere un handicap in una opportunità. Naturalmente per farlo occorre la necessaria tenacia e allenamento. Non è che se ti spuntano le ali sulla schiena significa che tu sappia volare automaticamente. Per farlo, come a ogni pilota si addice, occorrono molte ore di volo. 
La terza verità la si osserva nell'atto stesso di osservare. Atto che si impone. In questo senso la scelta di mettere una squadra di coleotteri e una di formiche quali protagonisti ha un po' il senso di suggerire l'infinitamente piccolo accanto alla maestosità di un cervo, di due mucche e di un pingue maiale. 
In questo senso si dilatano ulteriormente le diversità dei componenti della 'comune' bestiale, pur non percependo tra loro nessuna differenza di sostanza. 
La quarta verità ha a che fare con la morale della storia, ossia quella secondo cui quando l'uomo arriva è meglio non aprire la porta. 
A meno che non sia un bambino... 

Carla

mercoledì 27 settembre 2023

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


LA MALEDIZIONE DEL RAGNO


Torna in libreria la scrittrice inglese Frances Hardinge, con un corposo romanzo di spiccata vocazione fantasy: ‘La Maledizione del Ragno’, pubblicato come di consueto da Mondadori.
Scritto durante il lockdown, ha visto diversi rimaneggiamenti e riscritture che hanno dato corpo ad una vicenda complessa, articolata, intrisa del materiale fiabesco e di storie tradizionali di diverse località inglesi.
L’ambientazione fantasy consente anche in questo romanzo di creare un mondo immaginario, fatto di terre desolate, paludi, città fortificate, villaggi dispersi in un mondo popolato da creature il più delle volte malvagie. Le creature più particolari sono i Piccoli Fratelli, dalle sembianze di ragni e come i più comuni aracnidi capaci di tessere tele. Ma la loro proprietà più inquietante è quella di instillare negli umani il seme dell’odio, trasformandoli in maledicenti, ovvero persone in grado di scagliare maledizioni che solo un essere umano particolare può risolvere, sciogliendo uno ad uno i nodi del rancore. Si tratta del giovane Kellen, punto tempo prima proprio da un Piccolo Fratello e da quel momento diventato un Risolutore, una creatura a cavallo di due mondi. I Piccoli Fratelli, infatti, vivono nei Meandri, zone paludose o boschive, all’interno delle quali si muovono le più strane creature, alcune delle quali sono state vittime dei maledicenti.
Un’altra creatura si muove fra due mondi ed è Nettle, una ragazza che ha subito una tragica maledizione, che aveva trasformato lei e i suoi fratelli in uccelli, e qui il riferimento ad Andersen è chiarissimo; anche lei è stata salvata da Kellen, ma il suo ritorno alla forma umana è stato drammatico e non completo, mentre uno dei fratelli, Yannick, ha preferito rimanere gabbiano.
Da quando è tornata umana, Nettle si è legata indissolubilmente a Kellen, lo accompagna nelle sue peregrinazioni e lo affianca nei salvataggi operati nei confronti delle persone colpite da maledizione, fino a quando non compare nella loro vita un personaggio inquietante, Gall, con un occhio solo a causa di un patto di sangue che lo ha trasformato in un cavaliere di palude: infatti si accompagna ad un cavallo palustre, creatura potente e feroce, temuta da tutti.
Il messaggio di Gall li coinvolge in una trama di tradimenti e complotti: da una parte Leona Tharl, una magistrata che cerca di svelare gli intrighi di Salvezza, una società segreta che raccoglie e fa fuggire i maledicenti catturati e rinchiusi in una fortezza; dall’altra i congiurati che vogliono togliere potere alla Gilda, una sorta di governo dei diversi territori di Raddith, questo mondo pauroso e complicato in cui si muovono umani e non umani, mossi in gran parte dall’odio e dal desiderio di rivalsa.
Leona Tharl vuole assoldare i due giovani protagonisti per riuscire a sventare il complotto, ma è un’impresa difficile e pericolosa, in cui nessuno è esattamente quello che dichiara di essere.
L’intero svolgimento del romanzo è il racconto di questa lotta senza quartiere di una fazione contro l’altra, ogni capitolo rappresenta un incontro, o uno scontro, con creature misteriose, nemici invisibili, uomini e donne colpiti dalla maledizione e trasformati in modi crudeli.
Una vicenda tutt’altro che lineare, dunque, ricchissima di particolari, di dettagli, di deviazioni dal percorso principale, tutte caratteristiche che possono disarmare il lettore o la lettrice alle prime armi.
La Hardinge conferma una vocazione sempre più netta nella direzione del romanzo fantasy, così come conferma una rara capacità di adeguare la lingua ad un mondo fantastico; una lingua ricca di metafore, che sottolineano il senso del magico che percorre le pagine, di immagini sorprendenti che stupiscono il lettore. Anche in questo romanzo ritorna il tema potente dell’odio che divide gli uomini, del rancore, della vendetta,cui difficilmente le persone riescono a sottrarsi.
Si comprende bene, dalla ricchezza dei personaggi e degli episodi, come l’autrice abbia lavorato su un materiale corposo e ne abbia tratto una storia complessa e affascinante. Personalmente trovo che questo romanzo sia fra i migliori della scrittrice inglese, anche se non eguaglia l’equilibrio narrativo e la forza della protagonista de ‘L’albero delle bugie’.
Complessità di struttura narrativa e di linguaggio rendono questo romanzo consigliato per lettrici e lettori a partire dai quattordici anni.

Eleonora

“La Maledizione del Ragno”, F. Hardinge, trad. G. Iacobaci e A.M. Biavasco, Mondadori 2023



lunedì 25 settembre 2023

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

ODE ALLA SCUOLA PUBBLICA

Anche le principesse vanno a scuola
, Susie Morgenstern, Serge Bloch 
(trad. Maria Bastanzetti) 
Babalibri 2023



NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dai 7 anni)

"La vita della principessa Delfina non era divertente. Suo padre faceva avanti e indietro tutto il giorno da una stanza all’altra, e così macinava più o meno diecimila passi all’ora. 
Aggrottava le sopracciglia, corrugava la fronte, si schiariva la regale gola e ripeteva ogni cinque minuti alla sua unica figlia: «Non dimenticarti che sei una principessa!". 

Il dubbio le era sorto ben presto: a essere una principessa, lei non ci aveva guadagnato un bel niente. Viveva con i suoi genitori, monarchi in disarmo e totalmente fuori moda, in un palazzo decrepito in cui pioveva dai soffitti, freddo gelato. Ed era maledettamente sola: servitù andata, istitutrici scomparse: solo quel padre peripatetico e quella madre sempre a letto che non facevano che ripeterle che lei non doveva mai dimenticare di essere quello che era, ossia una principessa. Implicitamente le stavano dicendo che lei non si sarebbe dovuta mischiare con nessuno che fosse di lignaggio inferiore. 
Quindi, in altre parole, era votata alla solitudine e parole come amici, sport, risate, giochi a lei erano del tutto ignote. 


Fino al momento in cui una Rolls parcheggia davanti al palazzo... 
Questa è la storia di una bambina che, complice la decadenza della monarchia, dal balcone del palazzone in cui vive ora, nel suo nuovo appartamento trecamereecucina, assapora quella che può essere la vita "reale". 

Susie Morgenstern è simpatica a pelle. Lo posso testimoniare. 
Ironica il giusto, con una grande empatia nei confronti di chi ha davanti, decisamente una penna felice e una testa in cui le buone idee per imbastire storie non mancano. 
Diciamo che in lei fa la differenza proprio questo, ossia la capacità di costruire  storie belle e solide, credibili e complesse, che si tengano lontane da qualsiasi tentazione di diventare semplicemente e banalmente storie per dimostrare questo o quello. 
La sua lettura del mondo e della realtà ha un respiro più ampio, il suo è uno sguardo aperto e interrogativo che tiene conto di molti fattori. Il punto di vista, mai scontato. 



Complice forse anche il fatto che ha sempre dimostrato un gran fiuto nel tenersi lontano dalla trappola dei libri che danno risposte, invece che porre domande. Troppo intelligente per cadere nel tranello. 
Questo è per dire che nei suoi libri mai 'il tema' brilla sulla superficie. A splendere è molto di più la storia raccontata nella sua complessità di fatti, relazioni e intrecci tra diversi personaggi. A ben setacciare ovviamente la questione viene fuori, ma si presenta in tutto il suo spessore, in tutte le sue diverse possibilità di essere interpretata. 
Vero è che certe questioni le sono più care di altre. Magari anche solo perché sono nel suo DNA. 
Anche le principesse vanno a scuola mette nero su bianco un bel po' di cose. E lo fa con il registro che le è consueto e congeniale: l'ironia e che condivide con Serge Bloch. 
Uno sguardo bonario, il loro, che non perdona. 
Con Bloch, Morgenstern condivide anche la leggerezza: nel disegno come nel racconto nulla si appesantisce o peggio annoia il lettore. Tutto però prende senso. 
quindi, dopo aver ben disegnato a parole e a china i tre personaggi principali, la famiglia reale e la vita di stenti che fanno in tutta nonchalance, arriva la svolta che cambia lo scenario. 


Niente palazzi reali, ma palazzoni brulicanti di gente comune: un bel condominio. 
Nuovo cambio di scena quando la principessa esce e pedina quelli come lei: bambini che tutti insieme si riuniscono in uno strano luogo per fare cose ancora più misteriose: in altre parole entrano a scuola. 
Ci siamo: qui il racconto spicca il volo e comincia una esilarante catena di equivoci, misteri che si chiariscono e divertenti situazioni in cui una principessa, pur con il suo scomodo abbigliamento di sempre, tra crinoline e coroncine, tenta ogni carta possibile per diventare finalmente 'solo' una bambina. Lo scatto di qualità è qui: Morgenstern mette in rotta di collisione la fiaba principesca con la realtà di un quartiere di una città, la vita in una fiaba con la vita vera di una piccola comunità cittadina. 
Continue 'incursioni' di una nell'altra.


Come possono i bambini lettori restare seri e non divertirsi di questo?
Ridere della contrapposizione tra la vita vera e le fiabe: un re che si toglie le regie pantofole e va a iscrivere sua figlia in una scuola pubblica. E un re che capisce di dover lavorare per guadagnare. Una regina che va in abito lungo per centri commerciali a comprare delle scarpe da ginnastica alla figlia e un re che, stanco a fine giornata, ronfa davanti al nuovo televisore in cui scorre il telegiornale. 
Che oltre alla risata ci sia anche un senso in tutto questo, credo di non doverlo dire.Ognuno se lo trovi da sé e nel frattempo si goda una storia piena di scintille e fuochi d'artificio. 
Morgenstern e Boch. Ancora e ancora. 

Carla

venerdì 22 settembre 2023

FAMMI UNA DOMANDA!


I GIGANTI DEL MARE


I cetacei, ordine dei Mammiferi che vivono in acque soprattutto marine, sono stati a lungo animali misteriosi e affascinanti; si dividono in due sotto ordini, dei Mysticeti (dotati di fanoni) e di Odontoceti (dotati di denti). Ai primi appartengono le balenottere, le megattere, le balene grige e altri tipi di balene; al secondo, delfini, capodogli e orche.
Il loro percorso evolutivo li porta dalla terraferma, su cui vivevano gli antenati comuni agli artiodattili, mammiferi ungulati erbivori, all’acqua ed è un percorso che comincia nell’Eocene e li vede adattarsi perfettamente alla vita acquatica, nonostante la persistente respirazione polmonare.
Il libro ‘Il soffio della balena’, di Rossana Bossù, pubblicato da Camelozampa, parla proprio di loro, della loro storia, del loro fascino, della loro stupefacente capacità di comunicare, della caccia spietata cui sono stati e sono tuttora sottoposti.


Si tratta di un testo consistente, che tratta diversi argomenti, affrontati comparando le specie che affollano le pagine, mostrando l’imponenza e la bellezza di questi animali. Sicuramente le dimensioni dei loro resti, approdati sulle rive in epoche passate, hanno alimentato leggende e racconti straordinari, che parlano di creature mitiche in grado di affondare le imbarcazioni.
Se con il passare dei secoli si è accresciuta la conoscenza sui cetacei, ne è anche aumentato lo sfruttamento, per ricavare non solo carne e grasso, ma anche altri prodotti organici che hanno avuto svariati usi. Tuttora, anche se sono diminuite le uccisioni per mano umana, molte specie sono a rischio di estinzione.
La lotta alle baleniere, vere fabbriche di morte, in Islanda come in Giappone, è stata una delle più importanti battaglie degli ambientalisti: nel 1982 Luis Sepulveda partecipò ad una di queste imprese incruente portate avanti dall’Associazione Greenpeace contro le baleniere giapponesi.
Oggi c’è un grande interesse da parte della comunità scientifica intorno al mondo misterioso di balene e orche, così come è testimoniato dai numerosi studi sulla loro modalità di comunicazione, studi di cui ha più volte parlato il naturalista e divulgatore Carl Safina, giustamente inserito nella ricca bibliografia che l’autrice riporta in chiusura del volume. Così come è anche cresciuta la consapevolezza dell’interconnessione fra le diverse specie nel mantenimento di un ecosistema sano.
Spesso il ruolo di piante e animali viene circoscritto agli aspetti più evidenti, ignorando, per esempio quanto possano essere importanti gli escrementi o le carcasse delle balene nel mantenimento della biosfera nel suo complesso.


Rossana Bossù, illustratrice di grande talento, coautrice del bellissimo ‘Il giardino delle meduse’ insieme a Paola Vitale, si cimenta qui con successo in un’impresa non facile: fornire molto materiale su un tema fra i più affascinanti, coniugando correttezza terminologica, documentazione approfondita, ma anche quel senso del meraviglioso che cattura la fantasia dei più giovani. Per necessità di sintesi, qualche affermazione viene lasciata senza spiegazione; ma si tratta di pochi passaggi. Efficace l’impaginazione, molto movimentata, che integra testo e immagini, con caratteri di stampa di diverse dimensioni; anche l’uso del colore, soprattutto su tonalità in contrasto, accentua la vivacità delle pagine, consentendo la lettura anche a bambini e bambine intorno agli otto anni, mentre le parti più complesse del testo saranno apprezzate soprattutto a partire dai dieci anni.

Eleonora

“Il soffio della balena”, R. Bossù, Camelozampa 2023



mercoledì 20 settembre 2023

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

TUTTO QUELLO CHE C'È DA DIRE

Di corvi e cornacchie
, Britta Teckentrup (trad. Mara Carla Dallavalle) 
Uovonero 2023 


ILLUSTRATI 

"Nelle città i corvi usano le automobili o i tram per rompere le noci. Proprio così. 
Quando un semaforo diventa rosso, i corvi si avvicinano all'incrocio con una noce nel becco e la depositano sulla strada. Quando scatta il verde, restano a guardare le auto che la schiacciano. 
Infine quando il semaforo è di nuovo rosso, possono raccogliere la noce che, essendo stata schiacciata, ora è a portata di becco." 

Grigi o neri, alcuni neri a tal punto da avere sfumature blu sulle penne. 
I corvi e le cornacchie sono uccelli magnifici. 
Belli, fieri di esserlo, intelligenti, affettuosi, socievoli e loquaci. In sostanza l'esatto contrario della cattiva fama che li circonda. 
Poche persone paiono amarli. Tra queste ci sono Britta Teckentrup, il marito Ian (che ha avuto la fortuna di avere sulla sua spalla appollaiata per un quarto d'ora una cornacchia addomesticata), Margherita e la sottoscritta. 


I corvidi, la famiglia più sviluppata tra gli uccelli, sono passeriformi e canterini e si dividono in 129 specie a loro volta suddivisi in 23 generi, tra cui ghiandaie, gazze, e naturalmente, corvi e cornacchie. Pur appartenendo alla stessa famiglia, si tende a distinguere la cornacchia - più piccola - dal corvo, per lo più nero "corvino". Il corvo imperiale e il corvo beccogrosso possono pesare fino a un chilo e mezzo. 
I corvi sono raffinati dialogatori. Hanno toni diversi: più alti se si tratta di estranei al loro gruppo e toni più bassi tra 'conoscenti'. Hanno lingue e dialetti. Celebrano in qualche modo la morte
Il nero, che normalmente è colore funesto, ai corvi invece porta bene perché li rende visivamente meno appetibili di altri uccelli colorati e per di più le penne piene di melanina, così scure, sono molto più resistenti di quelle chiare. Ciò nonostante fanno parte della stessa famiglia anche un sacco di altri corvidi coloratissimi: gazze e ghiandaie, con quei loro buffi ciuffetti sulla testa o crestine un po' punk. 

Queste informazioni sono solo un assaggio delle molte altre che si imparano in questo libro ibrido che Britta Teckentrup dedica ai suoi uccelli preferiti. 
Suddiviso in sette capitoli, più un'ode iniziale e una riflessione finale, questo libro di più di 150 pagine è il terzo che Britta Teckentrup dedica ad argomenti non esclusivamente letterari: il primo ragionava sull'uovo, il secondo sulle penne e adesso questo su corvi e cornacchie. 
Li tengono insieme due caratteri comuni e piuttosto interessanti. 
Il primo riguarda il tempo e lo spazio necessari che occorrono per dire tutto quello che c'è da dire: tutti e tre sono libri illustrati molto consistenti, con tante pagine e innumerevoli illustrazioni. Un po' come a dire, un albo illustrato 'gonfiato' in una estensione che non gli appartiene. Perché effettivamente il ritmo delle figure, il loro organizzarsi nella pagina, il loro dialogo serrato con i testi li assimilano a quelli che sono i criteri che governano l'albo. 
Mille soluzioni differenti per comporre testo e immagini: una gioia per gli occhi.
Ma le 32 pagine canoniche qui si sono quintuplicate. 


Questo significa che Britta Teckentrup decide di usare uno strumento nuovo, la forma dell'albo illustrato, per costruire un libro che le permetta di parlare tanto, che le consenta di andare in molte direzioni diverse. 
E così si arriva al secondo carattere comune che consiste in questa capacità che Teckentrup dimostra di avere, ossia quella di ibridare due generi che fino a un po' di tempo fa non si sfioravano nemmeno: la letteratura illustrata e quella di carattere divulgativo. 


In questo senso, lei ha sempre navigato in una direzione che le permettesse di dire il più possibile su una questione che la appassiona. Quale che sia. 
Quindi il tempo meteorologico, con Alle Wetter, oppure le grandi questioni che ci interrogano sul futuro, con Worauf wartest Du? a cui si aggiungono L'uovo, La penna e adesso Di corvi e cornacchie. 
Il tono discorsivo che si allontana dalla mera informazione e indaga verso altre direzioni - dalla tradizione letteraria con corvi come protagonisti, alla mitologia che li ha sempre circondati  - assume il tono più confidenziale della narrazione orale permette al lettore di bersi in un fiato tutti i suoi libri del genere, e quindi a lettura ultimata, di richiuderli soddisfatto per aver sentito molte storie e per aver imparato anche un bel po'. 
Questa particolare direzione che certa divulgazione ha preso pare davvero interessante e ricca di stimoli per riflettere e ragionare su quale sia la strada migliore da fare per imparare e far imparare. Affrontare un argomento e osservarlo girandogli intorno per coglierne la complessità e lo spessore, non può che essere efficace. Permettere a teste differenti di interessarsi ad aspetti differenti mi sembra una bella idea. E farlo attraverso linguaggi non convenzionali, esteticamente significativi, solletica l'interesse e la curiosità. Fermo restando che l'idea di suggerire di usare un albo per studiare gli aggettivi o la geometria non mi appartiene, mi pare invece cosa buona e giusta raccontare i corvi attraverso le tante storie che li riguardano, poesia ed etologia sullo stesso piano, sia quelle più strettamente scientifiche, sia quelle più decisamente legate all'immaginario. 


In questo senso Teckentrup non è l'unica e non è la prima ad averlo fatto, tuttavia l'aria rarefatta che si respira nei suoi libri e, diciamolo pure, l'altissima qualità del suo modo di concepire le immagini e il loro modo di dialogare con lo spazio finito di una pagina, la rendono unica, a mio avviso anche superiore in quel suo non voler essere per forza mimetica, ma invece evocativa attraverso il mezzo che sa usare meglio: il colore, si veda per esempio il lavoro fatto con Il mondo è rosso,  attraverso la luce, ma soprattutto l'ombra. 


Tutto questo fa la differenza. 

Carla

lunedì 18 settembre 2023

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


IL MISTERO DI WINDEBY




Il Mistero di Windeby’, pubblicato recentemente da Mondadori, rappresenta una interessante anomalia: Lois Lowry, che l’ha scritto a più riprese, non ci racconta solo una storia, anzi due, intorno al ritrovamento di un cadavere mummificato in un torbiera a Windeby, in Germania; ci spiega come e perché ha deciso di scrivere una storia relativa a questa persona, vissuta grosso modo nel I secolo dopo Cristo in una delle tribù germaniche della zona; e poi, di scriverne un’altra, in seguito alla diversa interpretazione data ai resti.
Il ritrovamento avvenne nel 1952 e archeologi e antropologi stabilirono che si trattasse di un’adolescente, morta probabilmente di morte violenta, anche se il corpo non portava tracce di ferite. La fanciulla, presumibilmente di tredici anni, era stata sepolta con una specie di piccolo mantello e con una fascia colorata che le copriva gli occhi.
La scrittrice Lowry si sente come davanti a un puzzle, come se davanti a lei ci fossero i pezzi di una storia che andava raccontata; il primo passo è stato darle un nome, Estrild e a quel punto la ragazza è diventata un personaggio.
La sua storia si svolge in un villaggio della tribù suebo; qui la vediamo partecipare alla vita familiare, aiutando la madre nei lavori domestici e in quelli agricoli. Siamo vicini alla cerimonia in cui alcuni adolescenti verranno nominati guerrieri. Il sogno segreto di Estrild è diventare la prima donna guerriera, stravolgendo i tradizionali ruoli sessuali. Per questo motivo si allena a combattere con spada e scudo e a farsi il nodo nei capelli, tipico dei guerrieri. La aiuta Varick, l’aiutante del fabbro che prepara gli scudi; è un giovane orfano, con alcune malformazioni ossee che ne impediscono la normale crescita. Deriso dagli altri ragazzi, trova conforto nello studio degli animali e nell’amicizia con Estrild, la ragazza ribelle.
In realtà, il capo del villaggio e i druidi conoscono il suo piano e questo segna per lei una fine crudele e inevitabile, che ce la restituisce nella sua eterna sepoltura.
Ma c’è un colpo di scena: nei primi anni Duemila, un’antropologa americana, con i moderni strumenti a disposizione, dimostrò che il corpo di Windeby apparteneva a un ragazzo, di circa sedici anni, molto esile.
La storia di Estrild, dunque, è doppiamente falsa: non solo è il frutto dell’interpretazione che un’abile scrittrice fa del ritrovamento, attribuendo a quella ragazza un desiderio di ribellione che forse a quei tempi e in quei luoghi non è mai esistito; ma proprio l’età e il sesso della mummia sono diversi.
Ma il personaggio maschile adatto alla nuova versione la Lowry l’aveva già, Varick. Ed ecco nascere la sua storia. Il ragazzo, come già detto, aveva alle spalle una storia triste, da orfano a mala pena tollerato, che si era dovuto costruire con le sue mani un piccolo ruolo nel villaggio, come aiutante del fabbro. In più, non avrebbe mai potuto diventare un guerriero, come era l’aspirazione di tutti i suoi coetanei, proprio per le sue malformazioni. Un po’ di conforto gli veniva dallo studio degli animali, guidato da una grande curiosità e dalla familiarità col mondo animale. Nelle sue passeggiate gli si affianca un vecchio, che, come lui, apprezza il mondo naturale e i suoi segreti. Anche per Varick arriva il momento del riscatto: in una fredda mattina autunnale, il fabbro presso cui lavora cade e s’infortuna. Grazie alle sue conoscenze anatomiche, Varick riesce a rimetterlo in piedi, ma la lunga esposizione al freddo gli sarà fatale. Come tanti animali che percepiscono la morte imminente, anche Varick sceglie il posto in cui adagiarsi in attesa del momento fatale.
Dunque due storie, con un finale inevitabilmente segnato, raccontano la vita di due giovanissimi nell’ambiente ostile di una tribù germanica dell’età del ferro. La Lowry fornisce ai giovani lettori e lettrici un esempio calzante delle modalità con cui l’intuizione di una scrittrice rende vivida e presente l’esperienza di ragazzi vissuti quasi due millenni fa. Lo fa proiettando volutamente le aspirazioni che lei stessa ritiene insopprimibili: l’aspirazione alla libertà e alla conoscenza. Nello stesso tempo fornisce un esempio di rigore, raccontando, nelle introduzioni ai due racconti, come ha raccolto i dati, le fonti storiche, le ricostruzioni fornite via via da archeologi e antropologi.
Già Siobhan Dowd aveva preso spunto dal ritrovamento di un corpo mummificato in una torbiera per raccontare la vita della giovanissima Mel.
Ma, se nella Dowd l’episodio del ritrovamento era pretesto per un racconto che abbracciava l’intera storia d’Irlanda, qui Lois Lowry suggerisce quanto le storie possano essere imbevute di realtà e quanto la realtà acquisti un altro valore grazie alle storie.
La lettura, stimolante per giovani lettrici e lettori, è consigliata a partire dai dodici anni.

Eleonora

“Il mistero di Windeby”, L. Lowry, Mondadori 2023




venerdì 15 settembre 2023

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

UN CAPPELLO ROSSO: DA DISNEY A PINTOR

Tartaruga vs Lepre. La rivincita, David Pintor (trad. Emma Vaccaro) 
Kalandraka 2023 



ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)  

"'Facciamo una gara?' 'D'accordo!' 
'Prova a prendermi!' 'Sono molto più veloce della tartaruga.' 
'Posso schiacciare un pisolo che comunque vincerò lo stesso'"

Al suo risveglio la lepre è del tutto sicura di essere in vantaggio, ma arrivata al traguardo, quello con le bandierine colorate, la sua rivale, la tartaruga con il cappello rosso, è lì che l'aspetta. E poi esulta vittoriosa.
Rivincita. Accordata. 
La lepre si impegna questa volta, ma scopre anche che la tartaruga hai i suoi personali sistemi per vincere. Non proprio legalissimi. Per esempio, l'aeroplano giallo che sta pilotando sulla testa della lepre... E non sarebbe nemmeno consentito dal regolamento guidare un fuoristrada, parimenti giallo, su cui lei appare seduta mentre la lepre, ancora una volta trasecola. 
Imbroglio dopo imbroglio, la lepre la scopre e ribadisce le regole d'ingaggio: non questo, non quello e via andare. 
Ma la tartaruga non molla. E continua a sfoderare uno dopo l'altro i suoi sistemi - diciamo così - alternativi per raggiungere prima della lepre il traguardo. 

Allora. Da che Esopo ne ha parlato più o meno tutti sanno che la lepre è una sbruffona, mentre la tartaruga è una che conosce la tenacia e l'impegno. La lepre, vantandosi con gli altri animali, la provoca e lei, modesta ma forte delle sue sicurezze, accetta la sfida e si mette in cammino. Lento pede, va avanti. La lepre si ferma addirittura a dormire, con ancora maggior sicumera di quella mostrata alla partenza. Quell'altra invece, con il suo carapace e il solito lento pede, tippete tippete arriva al traguardo e in tal modo per un soffio la lepre perde la gara. 



Visto che così sono andate le cose, va da sé che Esopo concepisca la seguente morale: a volte con l'impegno si può ottenere ben più che con un talento naturale. 
Ma alla fine del libro di David Pintor la morale, ovvero le ragioni della morale, saranno un po' diverse. 
Le cose che mi piacciono di questo libro sono sostanzialmente tre. 
La prima è David Pintor, ossia i suoi disegni: gli occhi, gli sguardi...
La seconda è di nuovo David Pintor, ossia il suo modo di 'correggere' una storia che tutti ormai hanno stradigerito. 


In questo senso sono sempre molto interessanti le riletture, perché spesso sfidano colossi dalle profonde radici. Di solito il cimento sta proprio nel gusto di ribaltare il punto di vista e non sempre il senso va nella direzione del politicamente corretto. Nelle favole, questo si verifica ancora di più, visto il loro insito contenuto morale. E infatti Pintor qui si prende un bel gusto nel mostrarci una tartaruga che è la quinta essenza del baro. Imbroglia, fino all'esaurimento delle forze e dei mezzi di locomozione e dei nervi della lepre. 
Evviva. Adoro gli imbroglioni. Un'arte sopraffina che - a mio parere - ha il pregio di affinare il pensiero, di renderlo lievemente più acuto di quello diffuso. E questo, anche se scorretto, può solo far bene all'intelligenza. E, a quanto pare, David Pintor fa la sua scelta di campo (come non condividerla) e la mette in mano ai piccoli lettori. Seppur con la dovuta ironia, sembrerebbe dire, non mettendo nessuna morale esplicita, quando si è in gioco, bisogna giocare. E vale tutto.


Certo ci vuole un po' di moderazione e di stile, ma la tartaruga ne ha da vendere. 
E a proposito di stile, si arriva al terzo merito di questa storiellina. 
Quel cappello rosso, che poi è la chiave di tutto... da dove arriva? Forse da nessuna parte, se non dalla fantasia di Pintor. Eppure, quel cappello non sta lì a caso. E perché è proprio rosso? 


Nel ricordo riemerge un cortometraggio. Uno dei primi della Disney, datato 1935, che si intitola The Tortoise and the Hare e fa parte di una serie di film di animazione che va sotto il titolo di Silly Symphonies, dedicate a rivisitazioni di favole e fiabe. Questa è la prima Silly Symphony, firmata da Wilfred Jackson, in cui si cerca di dare una forma visiva alla velocità. 
Un piccolo capolavoro in cui si toccano diversi colmi della velocità, di cui la lepre delizia il suo pubblico, di conigliette e non. 
Al contrario, la tartaruga in questione, sempre con quella sua aria da sprovveduta,  ovviamente vince. Legalmente. Ed ecco il punto: indossa una cravatta rossa (che quella di Pintor non porta più) e un meraviglioso cappello rosso con il quale moltiplica gag e divertimento. Vista la longevità delle stesse, chi mi dice che la tartaruga Toby, per restare in mezzo ai bambini, non abbia attraversato l'oceano e sia approdata nella matita di Pintor. 
Ecco. 
Qui gli otto minuti e rotti per i quali dobbiamo dire grazie alla tartaruga di Pintor che li ha riportati a galla.


Carla 

mercoledì 13 settembre 2023

FAMMI UNA DOMANDA!


LA BELLEZZA DELLE API

In perfetta continuità con il precedente ‘In un seme’, la coppia di autrici Bepi Piotto, per i testi, e Gioia Marchegiani, per le illustrazioni, ritorna per parlarci di api: sempre nella collana PiNO di Topipittori, è uscito recentemente ‘Api, sciami, alveari’.
Le diverse specie di api fanno parte fanno parte di una famiglia di insetti detti Apoidei, che raggruppano più di 20.000 specie, fra cui i bombi e le api legnaiole, per parlare di insetti a noi noti.
Insieme alle meno amate vespe, calabroni, e formiche, e tanti altri, costituiscono il genere degli Imenotteri, ovvero insetti dalle ali membranose.
Nel precedente libro si era già vista la stretta interazione fra piante ed insetti impollinatori; qui l’argomento viene analizzato dal punto di vista animale, cioè di quel gruppo di insetti che contribuiscono in maniera determinante al processo di riproduzione delle piante: l’interdipendenza fra api mellifere, per esempio, e riproduzione delle piante è talmente stretto da far dipendere la produzione di molti semi e frutti proprio dalla presenza di questi insetti, spesso danneggiati gravemente dall’uso di pesticidi in agricoltura.


La nostra preziosissima ape mellifera viene esaminata come singolo insetto, di cui si analizza l’anatomia, e come parte di uno sciame e di un alveare. La sciamatura segna la fuoriuscita di un’ape regina, l’unica in grado di riprodursi, insieme ai fuchi, che la dovranno fecondare, e ad un gruppo di api operaie che trasportano il miele necessario alla sopravvivenza, nei primi tempi, del nuovo alveare.
La complessità della struttura sociale e la complessità dei sistemi di comunicazione interni all’alveare hanno sempre affascinato i naturalisti, il più famoso dei quali è Karl von Frisch, che nel 1973 per questi studi ricevette il Premio Nobel, condividendolo, non a caso, con Konrad Lorenz e Niko Tinbergen: si era aperta l’era dell’etologia, lo studio evoluzionistico del comportamento animale, una parte non secondaria della rivoluzione darwiniana.
‘Api, sciami, alveari’ mantiene l’impostazione della collana, che unisce rigore scientifico ad una dimensione aneddotica utile a far apprezzare i testi anche ai lettori e lettrici più giovani; ma, e questo è l’aspetto più importante, né concetti né terminologie sono modificati per essere più comprensibili. Si tratta di testi che possono attrarre sia i bambini e le bambine presi dalle insorgenti curiosità, che ragazze e ragazzi che già esprimono un interesse specifico per il mondo naturale.
Nelle ultime pagine sono indicate attività pratiche per dar voce all’insorgente ecologismo, o per esprimere in senso artistico l’amore per la natura.


Le illustrazioni di Gioia Marchegiani rispondono alla duplice funzione di spiegare, far vedere quanto è contenuto nel testo, come nelle tavole che rappresentano l’anatomia dell’ape, e di ricostruire il mondo legato a questi insetti, fatto di fiori, di danze, e di infinita meraviglia.
Se, come credo, il libro riuscirà a trasmettere questo senso di meraviglia per quello che la natura comprende, credo avrà raggiunto il suo obbiettivo di contribuire a sollecitare nei più giovani la curiosità e l’amore per la bellezza.
Consiglio caldamente la presenza del libro nelle biblioteche scolastiche, come testo di approfondimento e come stimolo a ricerche e attività di tema ecologico. Ma consiglio la lettura a tutti quei giovani lettori e lettrici, amanti della natura, che non si accontentino delle informazioni trovate in rete.

Eleonora

“Api, sciami, alveari”, B. Piotto & G, Marchegiani, Topipittori 2023




 

lunedì 11 settembre 2023

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

AMO QUEL BAMBINO 

Amo quel cane. Odio quel gatto, Sharon Creech 
(trad. Andrea Molesini, Riccardo Duranti) 
Mondadori 2023

 
NARRATIVA PER GRANDI (dai 12 anni) 

 "AMO QUEL CANE 
(ISPIRATA A WALTER DEAN MYERS) 
DI JACK

Amo quel cane 
come un uccello ama volare 
dico che amo quel cane 
come un uccello ama volare 
amo chiamarlo al mattino 
amo chiamarlo 'Ehi tu, Sky!'" 

Questa è la poesia che Jack, un ragazzino che fino a poco tempo fa pensava che scrivere o leggere versi fosse roba da ragazze, ha scritto sul suo cane. Il suo cane giallo. Jack è arrivato alla poesia per due ragioni: la prima e la più importante è la sua maestra, miss Stretchberry, che ogni giorno arriva in classe e legge, legge poesia. Lenta, ma sicura conquista la testa e il cuore di quel ragazzino restio e triste. Lui di lei in qualche modo si fida anche perché le poesie che legge in classe non lo lasciano indifferente. In particolare quelle di Walter Dean Meyers, e ancora più in particolare quella che si intitola Amo quel bambino. 
Jack comincia a scrivere in versi, ma è convinto che le sue parole non siano vera poesia. Il fatto che la maestra le apprezzi (anche se rispetta il suo desiderio di restare anonimo) e le appenda in bacheca al principio lo imbarazza, ma poi lentamente gli infonde fiducia. Continua e attraverso le poesie e il dialogo poetico con la maestra si convince di una cosa fondamentale: la poesia è per tutti ed è di tutti. Così Jack trova il coraggio di scrivere a Walter Dean Myers per invitarlo a scuola, è felice nel leggere la risposta che il poeta gli invia, è pieno di emozione nel conoscerlo personalmente a scuola. Tutto questo, insieme alla seconda ragione, che si nasconde nel buon motivo che questo ragazzino ha per provare a tirare fuori e dare una forma al dolore che cova. 
E la forma è quella poetica. 
Il tempo scorre, passa qualche anno e la maestra Stretchberry non smette di coltivare i suoi giovani poeti e mette nelle loro mani strumenti sempre più raffinati... Ma questa è un'altra storia, che si intitola Odio quel gatto. 

Love That Dog la Creech lo scrive, in versi, nel 2001. Il tempo di reagire e nel 2004 lo pubblica Mondadori nella collana Junior Best Sellers con la illuminata traduzione di Molesini, che addirittura si premurava di cambiare Stretchberry con Strizzabacca. 
A mio modesto parere fin da allora ho sempre pensato fosse un libro fulminante. Per diversi motivi, non ultima la copertina che ancora a distanza di vent'anni mi commuove per la sua capacità di mettere insieme due tipi di creature che per natura dovrebbero convivere sempre e comunque: bambini e cani.


Il libro non so che successo editoriale abbia avuto, nonostante Sharon Creech sia una Newbery Medal, per Due lune, l'unico suo titolo che resiste nel tempo. Fatto sta che dopo qualche anno sparisce dai radar e diventa introvabile, insieme a molti altri titoli Mondadori. 
Ciò nonostante, per quei diversi motivi di cui sopra, non viene rimosso nella mia testa. Anzi. Ne regalo addirittura una copia trovata da un remainders a Giovanna Zoboli. Ovviamente non ricordo perché. 
Le cose che colpiscono, a parte la copertina, sono principalmente due: da un lato il tipo di scrittura che rende in modo inequivoco la poesia lingua della vita quotidiana, sfatando ancora una volta un luogo comune che la relega a letteratura per pochi, e dall'altro la costruzione di un personaggio complesso attraverso un delicatissimo lavoro di cesello, attraverso la scelta misurata di ogni parola messa sul foglio, esattamente come avrebbe potuto fare un poeta. Attraverso un percorso pieno di slanci in avanti e di ricordi del passato, pieno di parole personali di un bambino e altrettanto di poesia di grandi autori, la storia nella sua complessità si svela e cresce, in tutta la sua bellezza. 
Poi, nel 2008, Sharon Creech decide di scrivere un seguito e lo intitola, Hate That Cat. In questo caso Mondadori non reagisce e Odio quel gatto non esce, se non dopo quindici anni (in un unico libro con Amo quel cane per la collana Contemporanea in versi) con la felicissima traduzione di Riccardo Duranti, adattissimo a questo nuovo tipo di testo che rispetto al primo prende ancora più spessore e quindi peso, con particolare attenzione alla forma che la poesia può assumere. La maestra, che non ha mollato i suoi ragazzini, li sta allenando a raggiungere obiettivi sempre più alti. E quindi Jack e i suoi compagni van per similitudini, simboli e metafore, onomatopeizzano e allitterano, che è un piacere. E noi ne godiamo grazie alle valenti scelte di Duranti che se c'è da giocare con la lingua non si tira certo indietro. 
Su questo seguito si imparano altre cose sulla poesia, ovviamente, su Jack e sulla sua famiglia. Una in particolare apre una grande porta sulla questione della comunicazione e del linguaggio - e in particolare su quello poetico e sonoro - e dà un respiro, nel senso anche letterale del termine, pieno di ritmo - FORTE-piano FORTE- piano FORTE-piano - all'intera storia. 
Non una parola di più per non togliere il gusto a chi vorrà leggerli, uno dopo l'altro. 

Carla 

Noterella al margine. Come sempre i gatti, usurpatori dell'attenzione nei confronti dei cani, hanno fatto sì che la copertina cambiasse e l'abbraccio sparisse. Ma in cambio ci abbiamo guadagnato due disegnini di Steig, retaggio delle edizioni originali. Poteva andare peggio, dai.