venerdì 17 maggio 2024

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

GRANDE IMPERO

La parabola del panificio indipendente, Neil Packer (trad. Sara Saorin) 
Camelozampa 2024 


ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni) 

"Un giorno, il signore della grande fabbrica si recò al piccolo panificio. Disse quanto gli piaceva come si presentava quel negozio e si complimentò per come era esposta la merce nelle vetrinette. Disse anche quanto gli piaceva il profumo del pane fresco e aggiunse che doveva essere un lavoro tremendamente faticoso per una coppia anziana sfornare ogni giorno del pane così delizioso per tutta la città. Chiese loro se magari avrebbero voluto vendergli il negozio, ma i due panettieri risposero di no!" 

Prima, in quella città i panettieri erano molti e da tutte le panetterie arrivava sempre un profumo delizioso. Poi, con il passare del tempo e con l'arrivo della grande fabbrica, tutti i panettieri smisero di panificare e vendettero le loro botteghe al signore, il padrone della grande fabbrica che produceva in grande quantità pane tutto uguale: insipido, insapore, molliccio e gommoso. 
Solo la panetteria della coppia di anziani resistette, ma fare il pane per tutti coloro che non gradivano il pane della fabbrica - ed erano in molti - era davvero troppo per le loro forze. Così quando l'uomo della fabbrica tornò per una terza volta, loro non trovarono più il coraggio di opporsi e, in cambio di sei anni di crociera intorno al mondo, cedettero la loro attività. 


Ma un giorno tornarono nella loro città e, a casa, ricominciarono a farsi il pane. Il profumo, in uno con la notizia che erano rientrati, si propagò per l'aria e quindi la gente ricominciò a fare la fila davanti alla loro porta di casa per comprare il pane di nuovo delizioso. 



Ma se prima erano solo molto stanchi adesso erano anche davvero molto vecchi. 
Tuttavia un sistema per accontentare tutti c'era: diffondere la ricetta, in modo che ciascuno fosse così in grado di impastare e cuocere il proprio pane. E così andò. 
E la fabbrica chiuse e anche tutte le botteghe che fino a quel giorno avevano venduto quel pane insipido, insapore, molliccio e gommoso. 

Anche in questa seconda uscita italiana di Neil Packer accadono alcuni fenomeni che già con Unico nel suo genere erano stati notati. 
Qui come lì, la storia è esile e tutto sommato è la cosa meno intrigante del libro nel suo complesso. 
A parte il voler dire che i centri storici delle nostre città si stanno gentrificando, che l'omologazione è un fenomeno pericoloso e da combattere, a parte il voler dimostrare che nel piccolo si fanno cose più originali che nel grande, a parte voler ribadire che il pane di una piccola bottega, fatto con cura e sapienza "profuma", mentre quello di fabbrica è gommoso, mi pare che ancora una volta Neil Packer intorno a questo sia capace di costruire una struttura tridimensionale, il libro in sé, ben più stimolante e interessante. 


Se si allarga - anche di poco - l'orizzonte profetico di quanto la storia stessa racconta riguardo all'appiattimento di ogni diversità, nello specifico quella panificatoria, si potrebbe affermare che le cose fatte ad arte - compresi i libri - profumano, ovvero hanno un gusto migliore di quelle prodotte in serie e industrialmente. 
Questo è per dire che la morale della storia dei due vecchi panettieri, a me pare molto più efficacemente espressa nel libro in sé. La parabola del panificio indipendente, il libro come oggetto fisico, sta lì a dimostrarlo. 
E quindi un libro come una pagnotta, se fatto a regola d'arte, si distinguerà da un libro uscito da un'editoria un po' più commerciale: il pan bauletto non può competere con una buona pagnotta, impastata a dovere e cotta a legna. 
E allora Neil Packer fa le seguenti cose: si rende unico (!) e progetta un formato insolito, una stampa a due colori, una copertina battuta a secco, font originali, e una impaginazione canonica con blocchetti di testo e capolettera rosso, quindi con un effetto visivo molto 'tradizionale', vecchio stampo (!). E altrettanto classicamente, il testo mai si incontra con le immagini. Fanno eccezione tutte le diciture delle botteghe di pane, la cartellonistica e il frontespizio. 


Costruisce le singole tavole con grande raffinatezza, con elementi che talvolta escono dalla gabbia, con simmetrie interessanti e con quella prospettiva quasi zenitale e quella voluta riduzione della profondità di spazio che ci rimanda - anche con alcuni richiami precisi - alla storia di Arvo e del suo gatto, visto in Unico nel suo genere


Parecchi i riferimenti e una comune matrice espressionista tedesca con i suoi echi politico-sociali e, soprattutto, la cura lì come qui per il dettaglio. Anche infinitesimale.
Ma fa ancora di più, impasta, in squadra con Camelozampa, una storia dal gusto molto italiano, e infatti il libro nasce e lievita tutto in Veneto. Una storia che ruota intorno al pane e a una certa cultura del pane che ci appartiene (ma ruota intorno anche a una cultura del piccolo commercio e delle piccole botteghe che cercano di resistere all'impatto della grande distribuzione). Crea uno spazio apposito per accogliere la ricetta di Marco Sutto di Pane e Bontà 1921, combinazione di Portogruaro. Il libro viene stampato, con quella cura di altri tempi, da una delle ultime tipografie a Venezia, la Grafiche Veneziane che fa un lavoro egregio. Rispetto al suo predecessore, qui una sola cosa manca: se Unico nel suo genere, a volerlo leggere a fondo, si è rivelato una miniera di spunti per ulteriori ragionamenti anche molto divergenti, qui nella Parabola del panificio indipendente tutto sembra invece convergere verso una morale unica. 


D'altronde è una parabola, giusto?

Carla

mercoledì 15 maggio 2024

FAMMI UNA DOMANDA!

NEL MARE BLU


Con colpevole ritardo, segnalo il primo di due libri pubblicati da Gianumberto Accinelli con l’editore Nomos: in occasione della terza ristampa, ‘Giù nel blu. Dalla superficie agli abissi: viaggio sottomarino sfogliabile’, che il noto biologo e divulgatore firma con l’illustratrice Giulia Zaffaroni, è stato insignito del Bologna Ragazzi Awards 2024 nella categoria speciale ‘Mari’.
Si tratta di un libro con sfoglio verticale, che accentua l’impostazione data dagli autori, simulando una coraggiosa discesa nelle profondità marine.
Il testo ha una struttura molto razionale, proponendo, dopo una breve introduzione, una serie di capitoli che corrispondono alle diverse zone in cui è suddiviso il mare: epiplegica, mesoplegica, batiplegica, abissoplegica e adoplegica. Ciascun capitolo vede un’introduzione che ne spiega le caratteristiche fisico chimiche, per poi descriverne gli abitanti. Su alcuni di essi, i più rappresentativi, l’autore si sofferma con una descrizione approfondita.
Nella successione delle zone marine sono inseriti due capitoli di approfondimento su tematiche specifiche: uno dedicato alla plastica e alla sua presenza distruttiva nel mare, l’altro riguarda l’interdipendenza fra le specie viventi e l’importanza della biodiversità. Termina il volume un indice degli animali che sono stati descritti nel testo.


Fermiamoci un attimo sul tema affrontato nel libro, l’andare a vedere cosa c’è sotto; di libri fatti così ce ne sono stati diversi, sia in forma descrittiva che in forma narrativa.
Fra tutti, non può essere dimenticato il capolavoro della coppia Mizielinski e Mizielinska ‘Sott’acqua. Sotto terra’, pubblicato in Italia nel lontano 2015. Come ricorderete, il libro prevede una progressiva discesa all’interno della Terra, da un lato nel terreno, dall’altro lato del libro nel mare, fino a ricongiungersi nella pagina centrale che rappresenta il centro della Terra.
Dunque le profondità, poco visibili in superficie, della terra e dell’acqua hanno un indiscutibile fascino, che l’illustratrice Giulia Zaffaroni ha interpretato in questo libro come una rappresentazione sintetica degli ambienti descritti: poche creature su uno sfondo che si fa sempre più scuro fino a diventare nero, riuscendo a dare profondità ad immagini con pochissimi soggetti.
Quanto al testo, Accinelli si conferma come un ottimo divulgatore, capace di mantenere una prosa lineare, chiara, senza perdere però l’accuratezza dei termini e delle descrizioni.
‘Giù nel blu’ è senza dubbio un ottimo libro di divulgazione per bambine e bambini, dai sette anni in poi, attratti dal mare e dai suoi segreti e il premio ottenuto a Bologna certifica la qualità della produzione di un editore come Nomos.

Eleonora

“Giù nel blu. Dalla superficie agli abissi: viaggio sottomarino sfogliabile”, G. Accinelli, ill. G. Zaffaroni, Nomos 2021







lunedì 13 maggio 2024

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

L'ELOGIO DEL QUASI E DEL SILENZIO

Papera, Coniglio e Grande Orso, Nadine Brun-Cosme, Olivier Tallec 
(trad. Tommaso Gurrieri) 
Edizioni Clichy 2024 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni) 

 "Vanno sempre dappertutto insieme! Dappertutto, ma... 
 ...ma non vanno mai insieme per il lungo e tortuoso sentiero. 
Papera dice che il sentiero sembra un po' stretto per tutti e tre. Grande Orso è d'accordo. 
Coniglio dice: 'Nessun problema! Ci sono un sacco di altri posti in cui andare.' 
 Ogni estate Papera, Coniglio e Grande Orso organizzano una festa. Preparano tutto insieme." 

I preparativi sono piuttosto laboriosi: costruiscono e poi appendono cose agli alberi. Festoni e lucine abbelliscono quella porzione di bosco, ma non si spingono con le loro decorazioni fino al lungo e tortuoso sentiero, sarebbe troppo faticoso, e sarebbe più saggio riposarsi un po' prima della festa e per di più le decorazioni non basterebbero mai per arrivare fin lì. 
Anche quando arriva l'autunno i loro giochi con le foglie si svolgono nel solito posto. Il lungo e tortuoso sentiero è pieno di fango e molto freddo. Stesso succede in inverno: le battaglie a palle di neve e le sciate e le pattinate sul ghiaccio le fanno tutti insieme, ovviamente lontano dal lungo e tortuoso sentiero. Sarebbe pericoloso. Oh sì sì, molto pericoloso. E lo sa bene Coniglio che, non sapendo frenare coi pattini, purtroppo lo imbocca a tutta velocità... Per poi fermarsi a quattro passi dal grande abete. Imponente, magnifico. Soprattutto per chi lo vede per la prima volta, come è per lui... Almeno per lui. 

Di nuovo insieme! Per una storia che, come già era successo in passato, va a toccare corde belle profonde. 
Tutto comincia con tre amici che, come tali, amano condividere tutto. O almeno così parrebbe. Festeggiano assieme, giocano, fanno sport e si aiutano a vicenda. 


Giorno dopo giorno, mese dopo mese, la loro amicizia, la loro gioia di stare assieme, attraversa lo spazio e il tempo: dalla primavera all'inverno questi tre - così diversi, ma così uniti - sembrano non desiderare altro che condividere spazi ed esperienze. Anche le scelte sembrano accomunarli. Sebbene ciascuno porti le proprie ragioni per giustificarle, il risultato è sempre il medesimo: sono una squadra compatta! 
Fino al momento in cui qualcosa si inceppa, o per meglio dire, qualcuno inciampa nella propria bugia. 
E allora quello che sembrava un gruppetto proprio solido, quella che sembrava un'amicizia senza veli, quello che sembrava un patto di assoluta trasparenza fra i tre, così non è. 
La grande verità che si dimostra, ridendo e scherzando tra orsi papere e conigli, è quella che ognuno di noi ha bisogno di un angolo, seppur piccolo, di un tempo, seppur breve, che non sia di nessun altro. Ma proprio di nessuno. Dev'essere solo per sé. 
Tanto Grande Orso quanto Papera quell'abete magnifico e imponente lo conoscevano già, ed entrambi per scelta avevano preso il lungo e tortuoso sentiero per andare in cerca di qualcosa che volevano solo per sé, appunto. 


Potrebbe sembrare, a giudicare dal attorcigliamento delle orecchie di Coniglio nell'apprendere la confessione degli altri due, che il magico equilibrio tra loro si sia incrinato o ingarbugliato. E invece no, quelle orecchie si ridistendono, così come pure si appianano e si ristabiliscono i vecchi meccanismi, ma con una consapevolezza tutta nuova. 
Insomma questo è per dire a Nadine Brun-Cosme e a Olivier Tallec se mi potessero sentire, ancora una volta bravi per come riuscite ad arrivare al punto, prendendo la strada più breve, altro che lungo e tortuoso sentiero! 


Dote rara, la loro, quella di saper cogliere il nocciolo di una questione, mai banale e mai trita, e di riassumerla in pochi segni, in poche parole che mettono in bocca a qualcuno che è terzo rispetto a noi lettori, ma che - proprio per questa sua apparente estraneità - può diventare emblematico. A quei due riesce facile come disegnare un lupo senza mai staccare la matita dal foglio in poco meno di due secondi, o come racchiudere in un puntino nell'occhio un'espressione inconfondibile, facile come definire il sentiero "lungo e tortuoso" o solleticare in una frase Se solo i miei amici potessero vederlo! il ricordo di quello che ognuno di noi almeno una volta nella vita ha pensato, scoprendo in totale solitudine qualcosa di magnifico. 


Facile come concentrare in una sola parola finale, quasi, il senso della complessità del nostro essere. E quel po' di silenzio intorno.

Carla

venerdì 10 maggio 2024

FAMMI UNA DOMANDA!

POTERE DEL POPOLO


Nel suo articolato percorso di divulgatore, Philip Bunting ha inserito un tema per così dire ‘politico’: il nuovo libro pubblicato da Caissa Italia, con la traduzione di Elena Montemaggi, si intitola appunto ‘Democrazia!’.
Il metodo espositivo di Bunting è assai consolidato: il tema viene trattato in modo sintetico, e qui davvero è un’impresa!, e anche pratico, cercando di indicare a lettrici e lettori le modalità con cui esprimere la propria opinione.
Si parte, necessariamente, dalla democrazia ateniese per poi mostrare sia i sistemi di governo alternativi, dalla monarchia ai regimi totalitari, sia le ricadute positive che il sistema democratico comporta: il rispetto dei diritti, pace, sicurezza, libertà.
Qui è necessario un appunto: non si può parlare di democrazia senza parlare del potere e del popolo: i diritti che un sistema democratico riconosce non sono stabiliti una volta per tutte e il ‘popolo’ può comprendere o escludere componenti essenziali della società: le donne, le minoranze linguistiche e via discorrendo. Anche quando si dice che la democrazia riconosce uguali diritti, pensando alle democrazie contemporanee, si resta un po’ basiti: davvero c’è chi pensa che possano esserci uguali livelli di partecipazione a prescindere degli stridenti conflitti di classe? Chi è povero è veramente libero? Per non parlare della pace, che, ahimè, trova scarsa ospitalità sotto qualsiasi regime.
Insomma, non si può fare un libro sul tema politico per eccellenza, ignorando volutamente la storia del ‘900. E non si tratta di questioni poi così complesse: chi non ha pane difficilmente sarà libero di scegliere chi lo rappresenterà in Parlamento.
L’autore, naturalmente, richiama le imperfezioni dei sistemi politici contemporanei e sottolinea, giustamente, quanto la democrazia non sia un’acquisizione data una volta per tutte e che , quindi, vada salvaguardata costantemente.
Molto interessante, direi, la parte del libro che invita lettrici e lettori a farsi attivi sostenitori delle proprie idee: l’autore insegna come fare un cartello di protesta, scrivere un testo appropriato e comprensibile, connettersi con altri che la pensano nello stesso modo. Tutto all’insegna del rispetto e dell’ascolto delle altrui ragioni.
Peccato che poi le stanche democrazie occidentali facciano molta fatica ad ascoltare proteste e proposte che vengono dal mondo giovanile: la stessa cronaca di questi anni e dei giorni più recenti dimostra la vitalità del mondo giovanile e l’ottusità delle istituzioni e, direi, della pubblica opinione.
Ma questo forse è meglio non dirlo a chi si sta appena affacciando a questi temi, così importanti.
Sarebbe bello che di questo libro si discutesse nelle classi, a partire dalla terza, quarta elementare, come primo esercizio proprio di democrazia.
Consiglio, quindi, la lettura a bambine e bambini battaglieri, ma anche a genitori e insegnanti coraggiosi che abbiano voglia di affrontare questioni complesse come questa.

Eleonora

“Democrazia!”, P. Bunting, trad. E. Montemaggi, Caissa Italia 2024



mercoledì 8 maggio 2024

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

BAD BOYS!

La maestra è scomparsa!
Harry Allard, James Marshall (trad. Sergio Ruzzier) 
Lupoguido 2024 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni) 

"Il mattino dopo, la maestra Dolcini non venne a scuola. 'Evviva!' urlarono i bambini. 
'Ora si che possiamo comportarci veramente male!' 
Si misero a fare palline da sputare e gli aeroplanini di carta. 
'Oggi saremo più terribili che mai!' 'Non credo proprio!' sibilò una voce molto sgradevole. 
Una donna con un orribile vestito nero apparve all'improvviso.
 'Sono la vostra nuova maestra, la signorina Acquamarcia.' E batté con violenza il righello sulla cattedra." 

Breve antefatto. La classe della maestra Dolcini è davvero molto indisciplinata: i bambini non fanno mai i bravi nemmeno per sbaglio. Fanno palline di carta che poi ciucciano e sputano sul soffitto e aeroplanini di carta e chiacchiere e risatine, smorfie e mai stanno fermi. Neanche nell'ora di lettura... Per non parlare dei compiti. Fine dell'antefatto. 


E quindi la cosa che succede è che la maestra Dolcini smette di andare a scuola. 
Al suo posto, nell'aula 207, arriva l'Acquamarcia che è davvero tremenda. Di sgradevole non ha solo la voce, ma tutto il suo modo di comportarsi è orribile. Una vera strega che li sommerge di compiti e li fa rigare dritti. E così, tutti i giorni. 
La maestra Dolcini ora manca loro più di ogni altra cosa al mondo. Tanto da spingere l'intera classe ad andare al commissariato di polizia per denunciarne la scomparsa. Ma il baffuto ispettore Smog non si dimostra risolutivo e anche l'ispezione a casa Dolcini non porta a niente. Tutte le ipotesi fatte dai bambini disperati, dagli squali divoratori alle farfalle rapitrici, si rivelano infondate. 
La signorina Dolcini si è davvero dissolta nel nulla. Possibile? 

Se uno dovesse leggere i segni, faticherebbe a non accorgersi che Lupoguido sta portando in Italia James Marshall sotto varie forme. Da una parte siamo già al secondo libro di George e Martha, George e Martha bis! e ora arriva anche La maestra è scomparsa, che è stato scritto da un altro grande calibro statunitense: Harry Allard, uno dei più amati e contemporaneamente contestati autori americani degli anni Settanta e Ottanta. 
Evviva, per almeno due ragioni. 
La prima: James Marshall è un portento dell'illustrazione. 
La seconda: Harry Allard ha scritto libri così originali da aver spaccato in due l'America. 


Da una parte ci sono i detrattori di storie geniali come quelle sulla famiglia degli Stupids o come Bumps in the night, ovviamente tutti illustrati da Marshall (tanto gli uni quanto l'altro fino al 2009 sono all'indice secondo i criteri della potentissima ALA, l'associazione dei bibliotecari americani), dall'altra ci sono invece i suoi estimatori che a quegli stessi libri hanno assegnato premi molto prestigiosi. 
Ah, che grande paese, l'America... 
Il primo evviva dunque è per la diffusione di Marshall. 
Sensibile, spiritoso, capace di una grande semplicità e immediatezza di segno e nello stesso tempo capace di comunicare moltissimo attraverso piccoli gesti ed impercettibili espressioni dei suoi personaggi. Punteggia le sue tavole di particolari esilaranti che sono in grado di dire ancora molto, oltre le parole del testo. 
Stimatissimo da Sendak che lo definì l'ultimo di una stirpe di maestri - da Caldecott a Ungerer. 
E a proposito di Ungerer forse si possono fare due ulteriori riflessioni.
 

E qui arriva il secondo evviva. 
Tanto Marshall, come illustratore preferito di Allard, quanto soprattutto Allard, in quanto scrittore d'elezione di Marshall, con Ungerer hanno condiviso la stessa visione di un'infanzia che sa essere anche molto scorretta, con Ungerer hanno condiviso il coraggio di non fermarsi in nome del politicamente corretto, ma di proseguire per la propria strada, raccontando e disegnando adulti stupidi che fanno cose stupide, oppure brutti e severi, oppure ancora carini, ma bugiardi e lievemente disonesti e anche un filino omertosi...


Le loro storie si modellano intorno ad altri valori che non sono necessariamente edificanti e men che meno mainstream, anzi. 
A parte la 'rivoluzionaria' gentilezza, di cui si è già parlato a proposito di George e Martha, lasciano indietro la correttezza per privilegiare l'assurdo, al posto dell'onestà si manifesta l'imbroglio, le buone maniere soppiantate da pessime abitudini, la cattiveria al posto della bontà, salvo poi concludersi sempre in gloria, ossia con la grande vittoria di chi se la è meritata sul campo! 
O in cattedra! 


E chi è senza peccato... 

Carla 

NOTERELLA AL MARGINE.
Non una, ma tre. 
La prima è un encomio a Sergio Ruzzier che ha trasformato Viola Swamp nella signorina Acquamarcia e una troppo anonima signorina Nelson in una indimenticabile maestra Dolcini. 
La seconda è un altro encomio ai risguardi che sono una galleria di facce niente male.
La terza è un augurio che altri libri di Allard sbarchino da noi. A parte la serie della signorina Nelson, aspettiamo con trepidazione Bumps in the night per goderci una seduta spiritica in piena regola. 
Certi che invece la famiglia degli Stupidi, che tanto ci farebbe bene, non ce la possiamo proprio permettere qui, alla periferia dell'impero. Sperando di sbagliarmi.

lunedì 6 maggio 2024

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

L’ARTE DI ANDARE IN PEZZI


A chi non è capitato di trovarsi, in alcuni momenti della propria vita, di fronte ai frammenti delle proprie certezze per un lutto, una separazione, un brusco cambiamento di orizzonti?
Questo tipo di passaggi di vita, particolarmente difficili, accomuna tre ragazzi che frequentano la stessa scuola in una cittadina della Pennsylvania. Di questo parla il romanzo di Paul Acampora, ‘L’arte di andare in pezzi’, tradotto da Aurelia Martelli e pubblicato da Edt Giralalngolo.
Dunque, i personaggi: il primo, Oscar, è una promessa della squadra di football della scuola; ha perso da poco la sorella più piccola, Carmen, e non riesce, come è giusto che sia, a farsene una ragione. Poi c’è Noah, un ragazzino cresciuto fino a quel momento con la homeschooling; figlio di due artisti, è stritolato dalla loro recente separazione. Infine, Riley, una ragazzina fuggita con la madre da Philadelphia, dove hanno subito una rapina, per ritornare nel luogo dell’infanzia materno, distante anni luce dalla vita brillante, e pericolosa, di una metropoli.
Frequentano tutti e tre il corso di modellazione dell’argilla, con risultati molto diversi: Noah, figlio di ceramisti, è quasi un professionista; Oscar ce la mette tutta, Riley è proprio una frana.
Ma, ed è questo il filo conduttore della storia, essere amici, magari quasi per caso, significa sostenersi e aiutarsi nelle piccole e grandi cose: imparare a modellare in modo decente, resistere alla terribile notizia che non si potrà più scendere in campo, combattere contro i fantasmi del passato.
Seguiamo le storie dei tre ragazzi, che ci raccontano in prima persona, alternandosi di capitolo in capitolo, quanto gli avviene quotidianamente a scuola e a casa, spesso vivendo la stessa scena da punti di vista differenti.
La frequenza al corso di modellazione costituisce un po’ il filo conduttore che unisce i vari passaggi nelle vite dei tre amici e fornisce lo spunto per una metafora neanche troppo nascosta: come nelle tecniche giapponesi dei raiku e del kintsugi, che si fondano proprio sulla valorizzazione delle imperfezioni, delle fratture, sulla capacità di mettere insieme, in modo esteticamente impeccabile, i pezzi di un elemento apparentemente rotto; nello stesso modo, secondo l’autore, l’arte della sopravvivenza consiste proprio dal rimettere insieme i pezzi che un trauma ha disperso, ben sapendo che quella ferita non scomparirà.
Tutto questo i nostri personaggi non lo sanno, sono quattordicenni alle prese con una vita difficile; ma, questo è quanto ci racconta il romanzo, insieme riusciranno a rimettere insieme i pezzi delle loro vite e ad andare avanti.
Certo, il messaggio è espresso anche troppo chiaramente, ma questo romanzo ha diversi pregi: in primo luogo l’ironia, che pervade il racconto e alleggerisce le situazioni, di per sé drammatiche. In secondo luogo, la credibilità dei personaggi minori, lo zio prete, le mamme di Riley e di Noah, il coach, l’insegnante di modellazione: nella loro fragile umanità, sono ritratti di adulti imperfetti, ma non assenti.
Infine mi sembra appropriata la metafora della modellazione, con i riferimenti all’interessante estetica giapponese. Così come il richiamo al potere salvifico dell’amicizia, di cui ragazze e ragazzi hanno tanto bisogno.
Lo stile scorrevole e il ritmo sostenuto rendono la lettura adatta a ragazzi e ragazze a partire dai dodici anni.

Eleonora

“L’arte di andare in pezzi”, P. Acampora, trad. A. Martelli, Edt Giralangolo 2024

NOTERELLA AL MARGINE
Una piccolo nota sulla traduzione: viene usato sistematicamente il termine ‘modellaggio’, invece di modellazione. Mi sfugge la motivazione o la particolare interpretazione.


giovedì 2 maggio 2024

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

A CHE PENSI?

La vita comincia alle medie 1.Caterina
, Alice Butaud, Lisa Chetteau, 
(trad. Silvia Turato) 
La nuova Frontiera Junior 2024 


NARRATIVA PER GRANDI (dagli 11 anni) 

"A lasciare le elementari ci sono anche dei vantaggi come quello della mensa. Prima avevi il tuo piatto e basta. Se non ti piaceva qualcosa, peggio per te, ti attaccavi e ti tenevi la fame per il resto della giornata. Adesso quelli della mensa ci lasciano scegliere, possiamo prendere più di questo e niente di quello. E' una cosa che ti cambia la vita. La prima media è come entrare in un mondo dove spetta a te la scelta. Non è che sia proprio la rivoluzione, è solo l'anticamera, una specie di sala d'attesa. Hai un assaggio di cosa significa essere una persona ed essere considerata come tale, con libero arbitrio sulle patatine fritte o i fagioli." 

L'altra grande novità è l'estinzione della cartella. Alle medie, solo zaini. 
Le medie sono un'altra cosa. 
A Caterina, appena arrivata nella nuova scuola, con i suoi amici - la Banda dei Tonni - e tra questi Esther, la sua miglior amica da sempre, la vita sta cambiando parecchio. Non ultimo per il fatto che le è appena nato un fratello, Jonas che, come tutti i neonati, conosce bene come catalizzare su di sé tutta l'attenzione in casa. Madre e padre sono sfiniti dalle molte notti insonni, dalle pappe, dai rigurgiti, dai cambi di pannolino andati male e dai molti pianti inspiegabili del bebè. I due non hanno molte energie residue da dedicare alla primogenita, Cat, tuttavia a con quel fil di voce che ancora dimostrano di avere, non smettono di chiederle "a che pensi?" e soprattutto le ribadiscono che per lei l'autonomia, e una sua vita privata, arriverà solo a quindici anni: fino a quel momento saranno loro a vegliare su di lei, senza darle la password per poter usare il computer. 
Ma tutto questo è prima. Prima di scoprire che nella nuova scuola c'è Azamat, che nella vita può essere utile mentire ma soprattutto prima di ricevere in regalo dalla signora More, ospite della casa di riposo Gli Amaranti, dove da due mesi anche i suoi nonni soggiornano felicemente, un brutto cappello piuttosto dotato. E solo per essersi finta sua nipote Yolanda con il fine di salvarla da una noiosa lezione di tango... 

George Saunders ha elaborato una interessante teoria riguardo a quello che succede nella nostra testa quando leggiamo. 
Detto in parole molto povere, la nostra mente mentre scorriamo una storia sulle pagine di un libro si barcamena in un continuo trattare tra il nostro esserci dentro e il nostro sentirci fuori, tra l'essere coinvolti e l'essere espulsi. Ossia, più e più volte capita di leggere un frammento di un testo che ci convince a tal punto dal venire percepito come una acquisizione (vuoi per immedesimazione, vuoi perché dice meglio ciò che noi abbiamo in mente ma in una forma più confusa, vuoi...) e altrettanto può capitare di leggere parti in cui siamo noi a sentirci respinti (vuoi perché lo troviamo quel prevedibile, vuoi retorico, vuoi...). Insomma, siamo sempre lì in questo curioso meccanismo per cui durante la lettura non facciamo altro che riempire una borsa ideale di crediti e poi la svuotiamo in nome di debiti che l'autore contrae con noi. 
Alla fine della lettura, se ci siamo sentiti coinvolti e convinti, succede che quel libro entra nel nostro cuore o quanto meno nella nostra biblioteca ideale. Ma a ben vedere in questa continua trattativa la cosa che si scopre è il nostro profilo personale di lettori. Guardando quello che ci convince, capiamo chi siamo. Ma questa è un'altra questione. 
Invece, a proposito di convincimento, mi vengono in mente le parole di Gottschall nel suo ultimo libro Il lato oscuro delle storie, dove tutto converge su un unico punto: noi scriviamo e raccontiamo storie per convincere gli altri. Come al solito, per me il suo pensiero è inoppugnabile. 
Tutto questo pippone teorico è per dire che La vita comincia alle medie mi ha convinto e coinvolto, ovvero nel leggerlo ho guadagnato più di quanto invece io possa aver perso. Infatti ne scrivo. 
Volendo dare concretezza al ragionamento di Saunders e un po' anche a quello di Gottschall forse sarebbe utile mettere in elenco i punti in cui mi sono detta: sì, mi hai convinto, è proprio così. Insomma annotare qui di seguito ciò che mi è piaciuto e che quindi vorrei sostenere. Per convincere gli altri. 
Il primo su tutti: l'elogio della bugia. Se ne trovano di vario tipo e anche i mentitori sono di diverso genere. Per esempio, la signora More è una mentitrice professionista: per non partecipare alle attività sociali della casa di riposo, si inventa una nipote fittizia, Yolanda. Di conseguenza mente anche Cat, impersonando Yolanda. Lei stessa ammette, a proposito: "Personalmente non ho nessun problema con le bugie. Sono come il lievito in una torta. Ne metti un po' per far gonfiare la pasta. Senza bugie la vita sarebbe piatta." Mentono, complici, anche i suoi nonni, alla grandissima. 
 Il secondo: l'elogio del candore, ovvero quella dote che hanno quelle poche persone che credono, a prescindere. Una "ingenuità" che non dubiterebbe mai di un mago o di una veggente o ancora, aggiungo io, che "sa" che i pupazzi sono creature viventi (cfr. il teorema del peluche di Chiara Valerio). 
Appartiene allo stesso candore dell'infanzia (e non solo) quel gioco che Cat fa con se stessa in cerca della prova provata che Azamat la ama: "Se papà si sta lavando i denti quando entro in bagno, allora Azamat mi ama. Se mamma è ancora in pigiama, allora Azamat mi ama. Se Jonas ha sporcato il pannolino, allora Azamat mi ama..." E via andare. 
Il terzo: il lessico famigliare. Per esempio, il gioco che padre e figlia fanno in macchina: "E se non tornassimo a casa?" risposta "E per andare dove?" O ancora, la "carezza colpevole": un genitore dice qualcosa di poco carino a un figlio e poi lo accarezza per farsi perdonare. O ancora, la domanda di una madre, che dovrebbe funzionare come passepartout: "A che pensi?" 
Il quarto: la teoria estetica secondo cui "il bello è già stato di moda. Adesso va il brutto". Secondo detta teoria tutto è molto più comodo perché qualcosa di brutto lo riconosci all'istante. Sul brutto non ci si arrovella nel dubbio, sul bello, sì. Moltissimo. 
Il quinto, complice Baudelaire: "La bellezza è sempre strana". "Non c'è bellezza banale, altrimenti non è vera bellezza." E per rimanere nello stesso ambito, per disegnare, bisogna "guardare tanto prima". 
Il sesto, quello in cui si vede con chiarezza quanto un piccolo che sta diventando grande abbia tutti gli strumenti per mandare a zampe all'aria un genitore. Questo succede per esempio a p. 124... 
Il settimo: come montare un muso nei confronti di un amico e come cercare di uscirne, annaspando. 
A parte questi sette motivi, per convincervi ancora di più, segnalo un piccolo gioiello dell'assurdo, che luccica nel dialogo delirante tra un lattante e sua sorella, a proposito della parola nessuno... 
Degno del miglior Ionesco. 

Carla

mercoledì 1 maggio 2024

ECCEZION FATTA!

AL SIGNOR GIANNI


Broccaindosso, osteria bolognese, a casa nostra è famosa dai tempi universitari della M, ossia da almeno una dozzina d'anni. Per una famiglia di leccucci come noi, il fatto che all'epoca i dolci fossero serviti in modalità all you can eat (ricordo un profiterole lasciato al nostro tavolo per diverso tempo...), lo rendeva un posto prediletto. E così si è mantenuto negli anni. 
Non c'è fiera BCBF in cui non si celebri il rito di almeno una cena da Broccaindosso. 
Nel mio cuore, Broccaindosso sta in cima per la crème caramel (fiordilatte, latteinpiedi, latte alla portoghese ecc ecc) - non pirottini monoporzione, ma vassoi lunghi su cui avanza dalla cucina tremolante, ma neanche tanto, adagiata come un vagone merci color ambra e soda, molto soda e liscia, molto liscia. All'epoca la signora mi diede anche la ricetta: uno sfondone di uova e latte e panna...
Quest'anno, nuovo passaggio, e una bella sudata per trovare un tavolo... Ogni volta che celebro il rito della cena, appena prendo posto chiedo se c'è sufficiente crème caramel, altrimenti minaccio di alzarmi e andarmene... 
La signora, l'imperatrice della crème caramel, è ormai in pensione, ma lui, "il signor Gianni", direi il capo (almeno ai miei occhi devoti), mi rassicura: ce n'è (e ne porta anche un ripresino, l'angolino a fine vassoio). E, senza parere, mi mette sulla strada del segreto: niente panna, ma... 
La seguente ricetta è un bel mischione di varie informazioni, alcune dal sapore alchemico, raccolte qui e là, ma allo stato attuale è la cosa che più rassomiglia alla créme caramel di Broccaindosso, che mi permette di sopravvivere dignitosamente tra una BCBF e l'altra.  

Ingredienti 
1 litro di latte intero 
4 uova  
210 gr di zucchero 
un grano di sale grosso 
mezza bacca di vaniglia 
la scorza di mezzo limone 

Procedimento 
Occorre molto tempo, quindi partite per tempo. 
Mettete il latte a bollire a fuoco bassissimo con 110 gr di zucchero, il grano di sale grosso, la bacca incisa e la scorza del limone. Dovete farlo sobbollire fino a che non si dimezza: un'ora e mezza, due almeno... 
Preparate il caramello con i restanti 100 gr di zucchero. Scaldatelo in una padella antiaderente e poi versatelo nello stampo da plumcake e fatelo raffreddare. 
Sbattete le 4 uova e quando il latte si è ridotto della metà passatelo con un colino per togliere ogni residuo, e versatelo sulle uova. Adesso versate tutto nello stampo con il caramello. 
Accendete il forno a 110° e mettete in un pirex dell'acqua e, sul fondo, una busta di carta del pane. Appoggiatevi dentro lo stampo (deve avere almeno due dita di acqua intorno) e fate cuocere a bagnomaria per almeno 2 ore. L'acqua, dice una delle mie fonti, non dovrebbe mai superare gli 82°. 
Si scurirà in superficie, ma per capire se è cotto infilate lo stuzzicadenti e se esce pulito, bon, chiudete lì la cottura. 
Spostate lo stampo nel frigo e lasciatecelo per almeno 12 ore, meglio 24! 

Enjoy! e buon primo maggio piovoso

Carla