La cabina telefonica di Yuan Huan, Miyase Sertbarut, di Zülal Öztürktrad.
(trad. Maria Chiara Cantelmo)
Emons Edizioni 2024
NARRATIVA PER MEDI (dai 9 anni)
"'Qualcuno ha letto un libro durante il fine settimana?' Ilhami alzò immediatamente la mano. Caner e Zümrüt quasi si cacciarono sotto il banco per nascondere le risate. Credevano che da lì a poco avrebbero ascoltato la storia di una bambina morta di freddo mentre vendeva fiammiferi in strada. Ovviamente una storia del genere era triste, ma era divertente il fatto che il libro non fosse adatto alla loro età. Con quella fiaba Ilhami sarebbe diventato lo zimbello non solo della classe, ma di tutta la scuola."
Le cose non andarono così, perché Ilhami non raccontò La piccola fiammiferaia, il libro preso a caso in biblioteca, ma un'altra storia: La vendetta delle lettere. Storia, questa che, non si sa come, aveva ascoltato in un rottame di cabina telefonica abbandonata nel parco. Il circo che aveva dovuto lasciare la città anzitempo l'aveva lasciata lì in mezzo, insieme a tanti altri altri rifiuti che nel giro di pochi giorni sarebbero stati portati via.
La cosa assurda che succede è la seguente: quel ragazzino entra nella cabina, tiene in mano la cornetta, scollegata da qualsiasi filo, e ascolta ogni volta una storia diversa che lui, puntualmente, racconta in classe il giorno dopo per espressa richiesta della prof di turco che vuole che i suoi alunni leggano e raccontino quello che hanno letto al resto della classe.
Ilhami, che non legge e non vuole cominciare proprio ora. Il suo ragionamento non fa una piega perché tra il leggere una storia e ascoltare una storia è molto meno faticoso ascoltarla. Il risultato finale, in fondo, non cambia: avere una storia da raccontare in classe e fare bella figura con la prof e prendere un bel voto. E questo è quello che succede, all'insaputa dei suoi due amici del cuore che di lui sospettano, ma non capiscono fino all'ultimo cosa stia veramente accadendo.
Storia dopo storia, ascoltata furtivamente nella vecchia cabina telefonica, quel ragazzino si appassiona e, oltre a collezionare buoni voti a scuola, capisce una grande verità: le storie sono come l'aria, necessarie.
Diciamo che Emons è la casa editrice elettiva per pubblicare questa storia che arriva dalla Turchia. Miyase Sertbarut, autrice di successo in patria, ci sta dicendo proprio questo: le storie possono arrivare sotto forme diverse. Possono essere lette da una pagina di libro, ma possono anche essere ascoltate con qualcuno che le legge per te ad alta voce. Il fatto importante è che arrivino. Come dice Benni "non c'è rivalità né inimicizia tra libro e audiolibro".
Che una storia sia solo ben scritta oppure che sia ben scritta e poi letta altrettanto bene ad alta voce per tutti quelli che vogliono ascoltarla, resta comunque un bell'incanto.
Il tempo dell'ascolto non esclude quello della lettura, anzi spesso è prodromico. Almeno questo è quello che pensa la prof di turco, ma anche molte altre persone.
Certo è che una sola cosa è imprescindibile: la storia deve essere una buona storia. E quella, anzi quelle, che Miyase Sertbarut imbastisce - secondo lo schema della storia cornice che al suo interno ne contiene quattro, quasi cinque - colpiscono per originalità di sguardo.
Già la storia cornice in sé, in particolare la sua conclusione in cui si trova un senso a tutto il mistero iniziale, è un piccolo congegno piuttosto interessante. Ma la vera piacevolezza arriva nelle storie che la voce misteriosa racconta al ragazzino attraverso la cornetta del telefono.
Sono racconti autoconclusi che per la necessità di stare nella ventina di pagine diventano blocchetti narrativi belli densi e con una prospettiva di osservazione sempre originale. Brevi sguardi sulla vita quotidiana in Turchia con personaggi sempre molto credibili e riconoscibili anche per il nostro vissuto. Non ci sono maghi e streghe, ma fornai, editori, librai, scrittrici e un consistente numero di ragazzini. I vari pizzichi di magia che l'autrice dispensa qui e là servono a non spiegare proprio tutto, con il risultato di chiamare dentro il lettore che vuole a tutti i costi capire. Insomma si tratta di quel po' di mistero che, anche nella vita vera, rende alcune giornate leggermente diverse dalle solite routine.
Ma la cosa ancora più interessante è un'altra, ossia la riflessione più generale su cosa nasconda una narrazione fatta di parole e messa nero su bianco su una pagina di libro.
Non pochi illustratori hanno costruito storie che hanno ragionato sul bianco della pagina, considerandolo uno spazio vero e proprio (pensiamo a cosa è stato disegnato intorno alla cucitura centrale delle pagine), oppure su quale sia il mondo che si nasconde dietro la pagina bianca, uno su tutti David Wiesner con I tre porcellini.
Ecco. Altrettanto fa Miyase Sertbarut, ragionando - attraverso le storie raccontate al piccolo Ilhami -su quello che, con la giusta dose d'immaginazione, le parole, i luoghi, i personaggi possono fare: cancellarsi, scavare un buco tra un qui e un altrove, abitare una zona di mezzo tra l'una e l'altra, o ancora rimanere bloccati - come intorno al castello di Rosaspina - ma non per un incantesimo, ma molto più realmente perché l'editore li tiene fermi immobili nel racconto, semplicemente perché non vuole pubblicare il libro di cui sono i protagonisti.
In questa prospettiva, tutta la metalettura che attraversa La cabina telefonica di Yuan Huan richiede un piccolo sforzo in più da parte dei lettori, un po' di sassolini in tasca perché, dopo essersi persi camminando in diverse direzioni e dimensioni, tornino finalmente a casa. Magari a leggere un libro, anche se con ogni probabilità la loro consapevolezza sarà diversa.
Carla
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