Inizierei a scrivere del nuovo romanzo di Rob Buyea, già autore dell’acclamato Il maestro nuovo (Bur), descrivendo e proponendo un gioco che la nuova maestra di quarta elementare di Carter Avery propone la prima volta che incontra i suoi alunni, alla fine della terza: ognuno di loro deve scrivere tre cose su di sé, ma due devono essere vere e una deve essere falsa. Chiaramente l’ordine delle frasi deve essere casuale, in modo da rendere più difficile per gli altri capire quale sia la falsità.
Ms. Krane, la maestra, dopo aver ascoltato i propri alunni, legge le sue tre frasi:
1. Amo i libri
2. Sono incinta
3. Non mi piacciano i bambini
Essendo Ms Krane magra e con due occhi da gufo, Carter si convince che non le piacciano i bambini, come d’altro canto già sospettava.
Devo dire che questo gioco l’ho trovato molto divertente, e ho cominciato a praticarlo anch’io. Il libro prometteva molto bene, ed ero solo a pagina 20.
La maestra di Carter non trascina dietro di sé solo la maldicenza di essere cattiva, ma ha pure una grande voglia sul volto davanti alla quale Carter non frena la lingua, chiedendole subito che cosa le sia successo. Ms Krane spiega di essere nata così, con quel ‘nevo vinoso’ stampato sul viso, e si spinge un po’ più in là, spiegando ai bambini che questa cicatrice viola che si è ritrovata alla nascita, le ha reso la vita difficile.
Carter capisce subito cosa intende la maestra, perché anche lui da quando è piccolo piccolo non riesce a stare fermo e per concentrarsi deve impiegare molte energie, motivo per cui tutte le insegnanti del passato lo hanno rilegato per ore e ore nel corridoio, fuori dall’aula, incapaci di gestirlo.
Questa è la prima caratteristica che accomuna i due personaggi cardine del libro, Carter e Ms. Krane, entrambi si sono ritrovati a gestire una parte di sé che in qualche modo infastidisce gli altri.
La seconda è la solitudine. La maestra è in realtà stata cacciata dalla scuola per aver deciso di avere un figlio senza un padre – sì, ok, adesso sapete che la falsità su di lei era che non le piacessero i bambini – e così si ritrova in una scuola nuova, in una nuova città, senza nessun amico né parente.
Carter vive con la sorella maggiore e la nonna da quando i genitori sono morti in un incidente. Lui non è precisamente solo, perché il suo mondo fuori dalla scuola è colmo di adulti amorevoli, dall’autista del bus, al fattore dove con la nonna va a comprare le uova. Carter è però solo a scuola, dove la sua iperattività e la fatica che fa a contenere le parole e le frasi che pensa, lo isolano sempre più, soprattutto dai suoi compagni.
Ms. Krane capisce subito Carter, entra in sintonia riuscendo a contenerlo e allo stesso tempo dandogli la parola, senza bloccarlo, ma indirizzando la sua sprizzante energia: gli permette di sedersi vicino alle finestre, per guardare fuori e per stare vicino alla teca della raganella Mimo, gli dà una sedia girevole, gli offre uno strumento tecnologico per scrivere dettando.
Carter riconosce in Ms. Krane un’alleata e per la prima volta è contento di andare a scuola. La maestra legge albi illustrati e romanzi, usa parole nuove su cui Carter e Mr. Wilson, l’autista, si arrovellano. Tutto procede a gonfie vele fino al giorno in cui arriva il supplente dell’amata maestra.
Rob Buyea torna a raccontare, come pochi sanno fare, le dinamiche di classe e in particolar modo entra nella testa di un novenne che deve gestire non poche difficoltà relazionali. Carter è una pallina instancabile che corre tra un adulto e l’altro a tessere relazioni perché è lì nel mondo adulto che lui, finalmente, si sente bene. E quello che davvero fa di rivoluzionario Ms. Krane, è agevolare in Carter la relazione coi suoi compagni, in particolar modo con Missy, sua saputella nemica, perché per quanto il mondo adulto possa proteggerti, poi un giorno te la dovrai vedere da solo coi tuoi pari.
Il libro, adatto a lettori dai 9 anni, ha molti piani di lettura accattivanti, dal piano lessicale – Ms. Krane ha in grembo un bambino avuto in modo ‘artificiale’, ma se artificiale vuol dire fatto dall’uomo, allora tutti nasciamo in modo artificiale, pensa Carter – a quello narrativo con tutti gli agganci che i libri letti in classe dalla maestra permettono di fare.
E’ anche un libro proprio sul concetto di nascita e crescita. Ms. Krane sta per mettere al mondo un bambino, e perché non prendere spunto da questo evento reale e un po’ misterioso per studiarlo? E così arrivano a scuola delle uova fecondate e delle incubatrici e guarda caso nella fattoria dove la classe va in gita, una mucca mette al mondo un vitellino. Dalla nascita come evento forte, sanguinoso, alla nascita come cura delicata e amorevole – voi lo sapevate che le galline girano le uova da covare tre volte al giorno per scaldarle in modo uniforme?
Sarà che io ho anche il debole per le galline, ma tutta questa riflessione sulla nascita, sull’origine e sulla crescita, dona al libro uno sguardo ampio che va al di là della relazione tra Carter e Ms. Krane.
Buyea ama molto la scuola, e ama moltissimo gli insegnanti, categoria di cui ha fatto orgogliosamente parte prima di dedicarsi in modo esclusivo alla scrittura. Questo amore per l’insegnamento e per gli alunni trasuda da ogni riga, ed è un’altra meraviglia da assaporare.
Valentina
"Io e la mia maestra Gufo", Rob Buyea, trad. Beatrice Masini, Rizzoli, 2025