DA LUNEDÌ A LUNEDÌ, PASSANDO DA VENERDÌ
Biancoenero 2025
NARRATIVA PER MEDI (dai 7 anni)
"Insomma, il giorno in cui quel gatto è entrato dalla finestra, l’ho chiamato Lunedì.
Perché i gatti sono brutti come il lunedì. Sono furbi, ladri e infidi.
Li vedo nel mio giardino, scavano la terra, strappano i miei fiori, e fanno i loro bisogni
tra i miei porri. Sono insopportabili!
Insopportabili quasi quanto la ragazzina bionda della casa accanto.
Ma io aspetto comunque Lunedì.
Perché non è un gatto come gli altri.
Non appartiene a nessuno. È un randagio."
Il gatto Lunedì arriva e, si piazza sulle ginocchia della vecchia signora che ha una gamba ingessata e sta aspettando anche la sua fisioterapista.
Lui, come fa di solito, le si accoccola sulle ginocchia e, facendo le fusa, si addormenta.
Quando un gatto ti si acciambella addosso e ti si addormenta in grembo, puoi essere anche la persona più malmostosa del mondo, puoi detestare tutti (di certo i gatti e le bambine rumorose), ma prima o poi cedi. Ed è quello che è capitato anche a lei, Loretta.
Temporaneamente bloccata a casa dalla sua gamba ingessata - un ragazzino in bici l'ha stesa per strada vicino a casa - vede solo la fisioterapista, il dottore per la visita di controllo e le sue amiche che da lei vanno a giocare a scarabeo e a mangiarle tutte le torte. Un vicino di casa anziano come lei e quella bambinetta che canta sempre sono per lei tutto il suo mondo che sbircia dai vetri della finestra.
Finestra che, per l'appunto, è la via d'accesso del gatto nero.
Oggi è lunedì, ma nel gatto omonimo c'è qualcosa di diverso: ha un nastrino intorno al collo da cui pende un guscio di noce che contiene un brevissimo messaggio, anzi una domanda: come va?
Il classico granello di sabbia nell'ingranaggio che fino a oggi aveva funzionato sempre allo stesso modo. Nella solitudine della vecchia Loretta si è appena affacciato qualcuno... per di più sconosciuto.
Vista l'indole, ma anche l'inevitabile curiosità, la signora non resiste e risponde, ma con una rispostaccia perché in cuor suo ha già "capito" chi potrebbe essere: quella impertinente della bambinetta vicina di casa.
Si sbaglia, lo sconosciuto dichiara di chiamarsi Sofian...
O forse allora è il vecchio signore che annaffia con amore le sue piante sul balcone?
Comincia così un fitto scambio di bigliettini ed equivoci, alcuni anche molto poetici, che il gatto si premura di recapitare nel corso di una settimana.
Il lunedì, nel pomeriggio, a gesso tolto, i due, Loretta e Sofian, si incontreranno...Forse.
L'unico gatto che ho avuto nella mia vita era un siamese "nero" che mia madre odiava perché un gatto nero nella casa di una signora superstiziosa non era proprio l'ideale. Come antidoto al malocchio lo aveva battezzato Venerdì. Ha campato felice e cattivo per 17 magnifici anni!
Questo è per dire che questo libro mi ha proprio cercato e, finalmente, trovato. Mi si è accucciato sulle ginocchia e ha cominciato a fare le fusa.
A parte la contingenza di aver avuto un gatto di nome Venerdì, a parte la passione per storie di gatti con più case (dai Sei pranzi di Sid in poi), questo libro colpisce anche per ragioni più generali, che provo a elencare.
Va subito chiarito che il libro è rigorosamente diviso a metà, come suggerisce il titolo.
C'è un gatto che fa la spola tra due (o forse più) case: di sicuro visita le case dei due interlocutori misteriosi, che "al buio" si stanno scrivendo e si stanno anche un po' raccontando, con le domande e le risposte che viaggiano nella noce.
Cosa ami? Ci incontriamo? Facciamo assieme uno spuntino?
Sebbene sia necessario tacere qui sulla seconda versione della storia, quella di Sofian...
è invece utile sottolineare, quelle ragioni più generali.
Prima fra tutte l'idea, la scintilla che mette in moto tutta la storia.
Bello e perfetto, il meccanismo a orologeria che ticchetta per tutto il libro, ossia lungo le sue due metà tra loro simmetriche.
Una grande armonia le tiene insieme, salvo poi "scoppiare" in un fuoco d'artificio finale, inaspettato. Anzi, due.
Piacevole la leggerezza e contemporaneamente la profondità di scrittura, la sottile ironia che sa stare tutta racchiusa in poche frasi.
Devi essere un bravo scrittore, e Servant ha dimostrato più volte di esserlo: non è da tutti raccontare un personaggio, anzi due, solo attraverso scambi telegrafici da mettere in un guscio di noce.
E ancora, in quelle poche frasi che sono i testi dei reciproci bigliettini, Loretta e Sofian sono entrambi affetti dalla stessa "malattia", entrambi un po' troppo soli.
Argh, la solitudine potrebbe essere un bel tranello, che ti fa cadere nella retorica sul tema.
Qui no.
Bello il modo che Servant ha scelto per raccontare la solitudine, peraltro da due punti di vista anche parecchio distanti.
Bello è anche il modo - non detto, ma lì sotto gli occhi di ogni lettore attento - in cui i nostri pensieri funzionano nei confronti degli altri: i preparativi di entrambi, Loretta e Sofian, per arrivare al meglio di sé all'incontro di persona, sono un concentrato di tenerezza.
A ragion veduta si può parlare di concentrato: in sole 64 pagine, 32 a testa, succede tutto.
Evviva!
Carla