Metafora. La storia della filosofia in 24 immagini,
Pedro Alcalde, Merlín Alcalde, dipinti di Guim Tió (trad. Federico Taibi)
L'Ippocampo 2024
NARRATIVA ILLUSTRATA PER GRANDI (dai 12 anni)
"Il concetto diventa immagine.
Ma c’è qualcosa di molto più importante che pulsa in loro: una luce diversa e rivelatrice che illumina il mondo intorno a noi, il mondo-ambiente con le sue forme e i suoi colori, la sua vita, il suo sangue e il suo odore.
È così che le metafore filosofiche cancellano i margini delle astrazioni che le motivano per invitarci a una riflessione continua e a chiederci se, in fin dei conti, il nostro modo di intendere il mondo e noi stessi non sia di fatto modellato essenzialmente proprio da loro, dalle nostre metafore."
Prima che tutto cominci, su due colonne, Pedro Alcalde, Merlín Alcalde trovano una definizione di metafora. Per meglio dire, di metafora filosofica, ossia di quel particolare tipo di metafora che è concettuale e che funziona da ponte tra una parola o una frase che appartiene al pensiero di un filosofo e una immagine. In estrema sintesi, la metafora filosofica trasforma i concetti in figure.
Per farlo deve per forza sconfinare dal mondo dell'astrazione per andare nel mondo del sensibile e lì prender forma in qualcosa di tangibile.
E poi tutto comincia.
Il pensiero filosofico, la sua storia attraverso i secoli, viene raccontata in breve e a ogni tappa prende forma di paesaggio, sempre un po' diverso, sempre attraversato da una umanità piccola.
Sulla pagina di sinistra le parole e un simbolo grafico, ci torno, e su quella di destra la grande immagine, un quadro di Guim Tió.
Il concetto del continuo movimento del mondo, panta rei, di Eraclito trova nella parola fiume, che poi diventa scorrere di un fiume, la sua rappresentazione tangibile. Oppure la ben nota caverna di Platone o il giardino di Epicuro dentro cui si coltivavano ortaggi, ma anche l'imperturbabilità e l'autosufficienza per arrivare alla felicità in un mondo che cambia...concetti che diventano luoghi.
Sono due dozzine le immagini cardine che diventano icone di altrettante filosofie (e più precisamente dal fiume dei presocratici alla vita liquida di Bauman, chiudendo così una sorta di cerchio perfetto anche in senso visuale): tra le due immagini di Guim Tió, un minuscolo uomo che cammina non lontano dalla riva di un fiume e un altro uomo che si tuffa in uno specchio celeste non troppo dissimile.
Tra questo principio e fine ci sono Hegel con la sua civetta, Marco Aurelio con la sua marionetta, Agostino con lo specchio, Hobbes e il lupo, Parmenide con la sfera, Arendt e il deserto, Benjamin con l'aura e Butler con la sua Matrix, matrice.
E in mezzo noi, la nostra curiosità verso quel regolare quanto continuo passaggio da un linguaggio a un altro.
E quando si arriva in fondo al percorso, senza essersene neanche accorti, abbiamo ascoltato una storia e l'abbiamo vista illustrata.
Una storia unica che ci riguarda tutti.
Questa è forse la ragione per cui, dopo lunghi tentennamenti, il libro Metafora. La storia della filosofia in 24 immagini trova la sua posizione tra le varie rubriche di Lettura candita, non in quella più prevedibile, dedicata alla divulgazione - Fammi una domanda! - ma piuttosto tra i libri di narrativa. Ha prevalso il senso di unità - una unica grande e magnifica storia del pensiero - che ha, nonostante alcuni esiti da vero libro di divulgazione, una sua precisa volontà letteraria cui corrisponde una magnifica eco visuale.
Pedro Alcalde, alla domanda sulla nascita di un libro del genere (liquido, nel suo genere?) ha risposto così: un viaje a lo largo de la historia de la filosofía que estuviera acompañado por imágenes que facilitaran su compresión.
Ho voluto credergli e, dato che le storie di viaggi, sono letteratura, narrativa, eccoci qua.
Padre e figlio condividono, almeno a vedere i loro cursus honorum,, una passione comune: la filosofia. Così hanno deciso di trovare assieme un filo rosso che tenesse assieme le singole storie dei singoli filosofi: la metafora era perfetta per il loro gioco. Insieme, come prima di ogni viaggio ben fatto, hanno individuato le tappe e il percorso tra partenza e arrivo. Poi si sono spartiti i compiti: ognuno ha approfondito la singola tappa scelta per poi ritrovarsi a condividerle e la soddisfazione, come dovrebbe essere alla fine di un viaggio ben fatto, è stata quella di riconoscere al proprio compagno il merito di aver portato un accrescimento all'esperienza in sé.
A parte l'interesse che ha come sempre in una storia-catalogo la scelta dei due Alcalde, scelta che sta dietro ai nomi dei pensatori prescelti, ci sono un paio di cose che davvero colpiscono.
Da una parte il grandissimo lavoro fatto da Guim Tió. che qua dimostra una maturità raggiunta a soli trentasette anni.
Paesaggio come campo di colore, è lui stesso a definire così le sue tele.
Paesaggi sgombri da tutto, a parte qualche omino piccolo o donna altrettanto minuta, spesso di spalle e volutamente assente ogni loro espressione. La grande discrepanza fra le dimensioni di una piccola quanto rara umanità che fa passeggiare nei suoi scenari, sembra voler trasmettere una sensazione di potenza del paesaggio, di una natura raccontata solo attraverso la sua essenza cromatica che la rende inevitabilmente molto vibrante e misteriosa, ma anche a segnare la presenza di un elemento differente, una sorta di contrappunto visuale. I colori stessi - pochi - contribuiscono a rafforzare il valore metaforico delle immagini, lo stesso sembra riuscire a fare la sparuta umanità.
Bello, davvero.
Resta in ultimo da dire qualcosa su un elemento che non so in quanti valorizzeranno e che invece considero un piccolo capolavoro in un libro già bellissimo.
Esiste una sorta di indice simbolico, che viaggia accanto a quello più classico di titolo e pagina corrispondente.
Ognuno di questi simboli lo si ritrova poi in cima alle rispettive pagine ed è una sorta di icona della metafora stessa: uno spicchio grigio per la lama del rasoio di Occam, due cerchi rosa per la civetta di Hegel, quattro linee parallele per la marionetta di Marco Aurelio, un pentagono grigio con un vertice più chiaro per l'iceberg di Freud.
Non so dire da quale testa sia uscita una idea e una sintesi del segno così efficace, tanto stupefacente.
Parrebbe lontana anni luce dalla ricerca di atmosfere di Guim Tió, lontana dai suoi quadri che si fanno illustrazioni, diventando metafore esse stesse in un libro sulla metafora. Ma chissà.
Forse la maternità spetta a quella grande grafica e designer che ha curato il progetto grafico e che è dietro la casa editrice català, Zahorí Books, Joana Casals?
Forse.
Carla
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