mercoledì 7 maggio 2025

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

TOPO DI CITTÀ, RAGAZZO DI CAMPAGNA


Elwyn Brooks White era un tipo particolare. Lavorava al The New Yorker come redattore e nel 1945 decide di scrivere un libro per bambini che a una prima lettura aveva destato qualche preoccupazione all’editore, il titolo era Stuart Little – Le avventure di un topolino coraggioso
Questo è l’incipit del libro: 
“Quando la moglie del signor Federico Little mise al mondo il suo secondo figlio, tutti notarono che non era più grosso di un topo. E in verità di un topo aveva molte caratteristiche: non più alto di cinque centimetri, ne possedeva il naso aguzzo, la coda, i baffetti e le maniere timide e piacenti.” 
Si può ben capire cosa avesse fatto saltare sulla sedia l’editore, il quale cercò di convincere White a cambiare questo inizio brusco, che insomma forse non era cosa socialmente accettabile che un’amabile e benestante signora newyorkese facesse nascere un topo. Insomma, certe cose non si fanno. 
White allora lavorò un po’ di cesello sulle prime righe, tolse due parole là due parole qua e ricompose la frase in modo più sfumato, ma rimanendo ben saldo sulle origini del piccolo protagonista. 
D’altro canto, per decenni il suo manuale di grammatica fu usato da tutte le scuole di scrittura degli Stati uniti: diciamo che White sapeva come usare le parole. Addirittura uno dei più grandi scrittori americani, Kurt Vonnegut, disse che White era uno dei più ammirevoli litterally stylish che gli Stati Uniti avessero prodotto. 
Stuart Little, come si evince dall’incipit, racconta la vita di un piccolo topino educato di città: un topino colto, un po’ maniacale nella cura della sua persona e delle cose, vagamente nevrotico, amante dell’avventura, incapace di stare fermo, curioso, spiritoso, romantico, insomma un vero topino newyorkese. 
Le prime avventure di Stuart sono molto ordinarie direi, ossia sono esattamente quel tipo di avventure che se io fossi stata la madre del topino gli avrei senz’altro fatto provare: per esempio riprendere un anello caduto nel tubo di scarico della vasca da bagno, oppure far funzionare quel martelletto del pianoforte al momento giusto nel modo giusto, infilando il proprio figlioletto tra le corde. 
Ma per un giovane topo avventuroso, queste sono sciocchezze e così Stuart si concentra su Central Park dove finalmente può salire a bordo di un veliero (giocattolo) e salpare verso il mare (il laghetto) in burrasca. 
Ma la vera avventura si presenta con un’uccellina di nome Margalo. La descrizione del primo incontro con Stuart ci dà l’idea della grande capacità narrativa di White, tanto elogiata da Vonnegut:
“Il mio nome è Margalo – rispose l’uccellina con una voce morbida e musicale – Vengo da dolci pasture tenere, da campi folti di grano zecchino, da boschi ricchi di capelvenere, da prati sparsi di cardo turchino; vengo da valli con acque chiare, amo la vita e adoro fischiare.” 
Ma Margalo a New York è solo di passaggio e così un giorno vola verso nord. Questo dà l’occasione al nostro topino per nuove avventure: con un’auto nuova fiammante (una macchinina, sempre giocattolo) andrà finalmente alla scoperta del mondo. 
E. B. White amava molto New York, le era riconoscente, ma era anche un ragazzo di campagna, adorava gli animali, era un tipo timido e riflessivo. Queste due sue anime di riversano perfettamente in Stuart. Penso anzi che lui volesse avere di Stuart la sfrontatezza unita alla più franca gentilezza. Appena Stuart vede qualcuno in difficoltà, senza nemmeno pensarci, si ferma e chiede e ascolta, quasi che le sue fattezze e la sua statura (poco più di cinque centimetri, ripete orgoglioso) non segnassero una differenza col mondo. 
Stuart intende vivere al massimo, occupare ogni secondo: si innamora senza pregiudizi di qualsiasi forma di essere vivente, aiuta grandi omoni seduti a bordo strada, affronta onde gigantesche di laghetti in apparenza placidi. Ma Stuart sa anche fermarsi e gustarsi il momento, come quando, giunto in un placido villaggio all’ombra degli olmi, si ferma a gustarsi un bicchiere di salsapariglia, in un brano narrativo di una bellezza cristallina. 
Stuart è un (piccolo) paradosso, è un bambino cresciuto in fretta – si sa che l’infanzia dei topini dura un zic – in un mondo di adulti alti che però del mondo sanno molto poco. E la dimostrazione della sua precoce saggezza la dimostrerà tutta nel suo breve lavoro di supplenza in una scuola elementare. Con uno stile elegante ma semplice, con una cesellatura magistrale sulle parole, White ci racconta del piccolo Stuart che affronta tutte le avventure in cui sulla carta dovrebbe uscire perdente, come un vero eroe, ma senza l’arroganza che a volte accompagna i vincenti. Lui non si accorge di essere uno di loro, tanto è impegnato a vivere, a guardare, a risolvere i problemi, ad amare. 
Libro perfetto dai 9 anni in poi.

Valentina


"Stuart Little – Le avventure di un topolino coraggioso”, E.B. White, ill. Garth Williams, trad. Dino Segre, Nord Sud Edizioni, 2025

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