FACEVA UN FREDDO CANE
Lapis 2024
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)
"Dentro la tana, tremando nel suo pelo grigio, Lupo socchiuse gli occhi.
Voleva dormire, ma nella grotta entrò la creatura che Cervo, Pernice, Lepre, Lince, Falco, Puma
e anche Lupo temevano di più.
Cacciatore portava in mano i suoi artigli di osso e pietra ed era coperto di pellicce. Alcune erano
di lupo."
Antefatto: quando un mattino il freddo si fa sentire Lupo si accorge di essere scontento perché è solo. E con la solitudine il freddo è ancora più freddo. Così si incammina e a tutti gli animali che incontra chiede amicizia. Lo fa con Cervo, con Pernice, con Lepre, persino con Lince e Puma e Falco. Nessuno lo asseconda. Tutti, chi per un motivo chi per un altro, gli fanno capire che di lui non si fidano, gli fanno capire che tra loro sono rivali. Allora Lupo capisce che forse deve cercare chi sia più simile a lui.
E con questo pensiero entra nella sua tana fredda. E cerca di addormentarsi.
Fine dell'antefatto.
Cacciatore, la creatura che tutti devono temere, entra nella caverna. Probabilmente anche lui in cerca di riparo dal freddo e dalla neve che adesso cade abbondante.
Quel che succede dopo è il fuoco che l'uomo accende per cuocere la carne, le radici e le bacche che ha con sé. L'odore che si diffonde è buono.
Entrambi hanno fame. Si studiano. Il lupo sta a distanza e l'uomo gli tira un pezzo di carne...
E il resto è il principio di una storia che non è ancora finita.
La domesticazione del lupo è roba di 15.000 anni fa e, a leggere gli studi sulla questione, non deve essere andata poi troppo diversamente da come la racconta Ivan Canu.
Comunque, così come la racconta lui è bella.
Ed è bella perché è piena di sottintesi, di cose non dette o solo evocate, e quindi ha un bel po' di silenzio intorno.
Proprio quel silenzio di cui Gianni De Conno ha amato avvolgere i suoi scenari sempre un po' velati, nebbiosi. Mai nitidi, così come Leonardo ha teorizzato nel Quattrocento. Una voluta rappresentazione della obiettiva mancanza di nitidezza che si prova nel guardare un paesaggio, ma anche un volto, da una certa distanza. La percezione visiva dell'atmosfera, con la sua umidità sospesa: quella 'nebbiolina' appunto.
In Gianni De Conno 'lo sfumato leonardesco' sembra alludere anche a un qualcos'altro: a un tempo sospeso, un tempo quasi fermo, che si fa attraversare da pochi fatti e personaggi che lui mette lì ad abitarlo. Più che creature, paiono simboli.
Ivan Canu e Gianni De Conno, che sono due giganti, hanno condiviso molte cose assieme e sono stati tra loro grandissimi e fedeli amici. Ma di libri fatti assieme, a parte questo, io non ne conosco altri. E trovo magnifico il caso, ma forse non lo è affatto un caso, che proprio su questa storia ci abbiano lavorato assieme, nel 2013 per l'editore francese Casterman che quell'anno lo ha pubblicato con il titolo, Froid de loup (il nostro freddo cane, direi).
Ora il libro torna in qualche modo a casa, attraverso Lapis che lo pubblica, facendo un'operazione che con il titolo ha una curiosa risonanza: "l'amico inatteso", almeno a me è subito venuto in mente, è proprio De Conno alle figure.
Fortunatamente, nonostante lui sia sfortunatamente morto nel 2017, i suoi libri circolano ancora, ma vederne di nuovi non capita dal 2018.
Quindi ora vedere il suo muso di lupo, già quasi di cane, nella nebbiolina, vederlo attraversare mari diversi, foglie, erba, neve, dà esattamente quel brivido di chi incontra un amico che non si aspettava di vedere...
A parte questa magnifica sorpresa, anche solo sfogliandolo, verrebbe da dire che le qualità di questo libro sono proprio, e ancora una volta, nelle sfumature.
La stessa delicatezza che c'è nel testo, in questi brevi dialoghi tra il lupo e gli animali che incontra, in cui ogni volta si rinnova il canone del lupo feroce e infido, altrettanta la si ritrova in questo mondo nuovo e quasi vuoto che De Conno crea.
Lo sfumato di De Conno, e certa ambiguità nel disegnare un lupo per niente vicino al lupo vero, ma invece cucirlo sull'icona che ognuno di noi ha del lupo letterario, corrisponde alla medesima mancanza di nettezza che mette Canu nel descrivere l'esigenza del lupo di avere un compagno con cui affrontare l'inverno - fino alla fine non è detto e non è chiaro se davvero quel lupo lì stia impersonando il suo omologo delle fiabe, o se invece sia davvero in cerca di un amico...
Beh, De Conno per parte sua salta a piè pari oltre il problema e ancora una volta va diritto all'icona di ciò che vuol rappresentare. Riuscendo in qualche modo già ad anticipare i connotati del cane.
Altrettanto evanescente sembra essere l'incontro nella caverna tra uomo e lupo. Alcune frasi alludono alla loro affinità che non parrebbe solo di intenti, ma arriva quasi a essere fisica, quegli occhi gialli e quelle zampe e quella pelliccia che indossano entrambi...
De Conno però se ne impossessa e, sebbene distingua il lupo scuro dal cacciatore chiaro, gioca da solo la sua partita: il gesto di chi comanda è evidente...
Ma, laddove Canu al principio di questo incontro nella caverna scrive "si fissarono con gli stessi occhi gialli", De Conno si inventa invece uno sguardo in tralice che è portatore di significati ancora ulteriori e anche più veritieri. Non ultimo quello che "guardarsi dritto negli occhi" nel mondo animale è forse il gesto di maggiore sfida possibile...
Ci sta che il mattino dopo quando De Conno li raffigura davvero occhi negli occhi, l'attimo successivo il lupo abbia abbassato i suoi... per farsi cane.
Carla
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