mercoledì 21 maggio 2025

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

UN CUOCO (IN FAMIGLIA) FA SEMPRE COMODO 


Christine Nöstlinger è stata una scrittrice assai prolifica, in Italia numerosi suoi romanzi sono stati pubblicati da importanti editori, eppure questo che racconta una porzione importante della sua infanzia non era mai arrivato. Pubblicato per la prima volta nel 1973, grazie a San Paolo questo libro raggiunge i giovani lettori italiani ed è una grande gioia che una scrittura come questa possa essere conosciuta e goduta a decenni di distanza dalla sua stesura. 
Originaria di Vienna, la Nöstlinger racconta del periodo conclusivo della seconda guerra mondiale, di quel momento in cui, sotto i bombardamenti degli alleati, cominciava a serpeggiare sempre più consistente il sospetto che i tedeschi stessero perdendo e che prima o poi avrebbero abbandonato la terra invasa. 
Chi ci sarà dopo di loro? Il mondo post bellico a chi farà spazio? Ci saranno i russi, ma chi sono questi soldati che arrivano da lontano e contro cui molti degli stessi austriaci assoldati nelle milizie sottomesse al Führer hanno dovuto combattere in Russia? 
Non sono solo i bambini a costruire leggende e racconti che aiutino a interpretare una realtà complessa, sono gli stessi adulti che si rintanano dietro il baluardo eretto contro il nemico, un po’ per convincersi di essere nel giusto, un po’ perché come sempre ciò che non si conosce, spaventa. 
E così in questi racconti i russi diventano capaci delle peggiori nefandezze, esseri abbietti dai quali conviene fuggire, ma che non si può evitare di incontrare e conoscere. 
E l’infanzia come può sopravvivere in un universo completamente sconvolto dal conflitto armato? 
Gli episodi narrati in prima persona da Christel ci restituiscono un’età tutt’altro che estranea a quello che accade, testimone attiva e propositiva. I bambini qui sono protagonisti di operazioni di incredibile resistenza: lo spazio virtuale e immaginato del gioco continua ad avere ancora piena legittimità, a sgomitare tra le storture adulte per riuscire a ritagliarsi una concreta e assolutamente brillante presenza. E così non mancherà di stupire con quale abilità la Nöstlinger sia riuscita a riportarci con dovizia di particolari l’universo emotivo di chi, come evidentemente è capitato a lei per prima, può rimanere completamente paralizzato in mezzo a un campo, sotto un bombardamento, incapace di muovere le gambe e di fuggire, accanto a una serie strepitosa di momenti in cui il gioco, le invenzioni, le lotte e le fughe della vivace protagonista incollano il lettore alla pagina, deliziandolo e spesso divertendolo moltissimo. 
A suo modo, i bambini si aggrappano a quello che hanno e non è mica detto che sia buono. In un quotidiano in cui gli adulti sono impegnati nella difficile impresa di sopravvivere, loro godono semplicemente di un margine di autonomia maggiore, ma solo di poco, eppure è quel tanto sufficiente a Christel, per esempio, per fuggire di casa, superare un posto di blocco e andare a trovare i nonni che si sono rifiutati di trasferirsi in un luogo forse più sicuro. 
La storia inizia con un bombardamento e la protagonista, diversamente da quello che sarebbe logico e opportuno fare, approfitta della parziale sordità della nonna per non riferirle dell’allarme appena annunciato alla radio perché questo significherebbe rifugiarsi in cantina, luogo che la bambina detesta profondamente. Cominciare un romanzo con una nonna che impreca sonoramente contro Hitler (rischiando non poco) e una bambina che pur di non finire in cantina mette a repentaglio la propria vita e quella dell’anziana significa chiarire da subito alcuni aspetti della storia che stiamo per leggere. 
Nessun ritratto edificante né tantomeno compassionevole dell’infanzia vittima della guerra, nessun gesto eroico compiuto da persone delle quali non si risparmiano lati umani, quanto meschinità. 
Tra i tanti personaggi della storia c’è n’è uno che merita un capitolo a parte: Cohn. 
“Più tardi mia sorella disse che il cuoco era la persona più brutta che avesse mai visto. Hildeard disse che il cuoco era la persona più puzzolente che avesse mai odorato e mia madre disse che era la persona più folle che avesse mai sentito. Per me è stato in ogni caso la persona più brutta, puzzolente e folle che abbia mai amato. L’ho amato veramente e spero che lui se ne sia accorto. A parte me infatti nessuno lo amava, neanche i russi.” Sarto e cuoco per necessità in periodo di guerra, rappresenta per Chris, tra le altre cose, l’antidoto alla noia dei vuoti pomeriggi: paziente fino all’inverosimile, Cohn nonostante il suo poverissimo tedesco, tollera la compagnia della bambina per lunghe ore e accetta di credere anche alle sue storie più bizzarre. Vien da pensare che la componente fantastica che manca in questo romanzo, abbia trovato nei tratti di quest’uomo la maniera per proporsi sotto mentite spoglie. Quasi un elfo venuto da un mondo altro, non accettato dalla parte di umanità che si ritiene sana (e che quindi è idonea alla guerra), Cohn è un soldato che non combatte, che baratta la sua sopravvivenza con della brodaglia improponibile. 
Cosa ci restituisce la Nöstlinger? La descrizione di una stagione storica che imprime alle persone e ai luoghi un’accelerazione improvvisa e un approdo a volte infelice. E lo fa con una scrittura che nonostante risalga a una cinquantina di anni fa, non ha perduto alcuna freschezza, scegliendo di sposare interamente una narrazione realistica che nulla concede all’elaborazione fantastica se non nella misura di una creazione a un uso e consumo della protagonista. 
L’infanzia ritratta della Nöstlinger non è necessariamente buona, ma non potremmo certamente definirla neanche cattiva. E non è perché il contesto bellico ci inviti a giustificare comportamenti poco opportuni, semplicemente perché lo sguardo che si posa su questa umanità ha sospeso il suo giudizio. 
La scrittura è quella di un’adulta che si sforza di ritornare ai giorni di cui vuole parlare e questa particolare scelta comporta delle dirette conseguenze: in primis l’assoluta parzialità della narrazione che non si ricava unicamente dal punto di vista assunto sulle cose, ma prima ancora sulla scelta di chi coinvolgere e chi invece giudicare superfluo. 
La maestria della scrittura è in questa operazione di equilibrismo tra le parti alla luce di quello che si intende restituire. 
La Vienna della fine del 1945 c’è nell’attendibilità degli episodi storici riportati, non è appunto solo uno sfondo, ma una componente assolutamente centrale del racconto e il modo in cui il personaggio di Christel si compone sotto gli occhi del lettore è tutta nella districata relazione con quei luoghi, quelle persone e i fatti di quegli anni.
Un libro che proporrei a lettori a partire dagli undici anni.

Teodosia

Nel ducato in fiamme di Christine Nöstlinger, traduzione di Anna Petrucco Becchi, 
San Paolo 2025. 

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