Se le immagini sono il regno dello sguardo, allora gli albi che convogliano i loro segreti nelle illustrazioni affidano all’occhio un compito di ricerca che solo apparentemente può essere svolta attraverso la statica dell’attenzione e che anzi moltissimo deve alla capacità disvelativa della sua sorella minore, la sottovalutata e bistrattata distrazione.
Se la prima, infatti, gode di un certo lustro e viene chiamata in causa ogni volta che si vuole avere la certezza della forma e della misura, la seconda, fatta di occhi ondeggianti nel vuoto e di numerose perdite di fuoco, conserva la porosità necessaria all’accumulo tridimensionale di dati sensoriali e alla nascita del pensiero.
La spiaggia, albo di Sol Undurraga premiato alla BCBF del 2018 con il Bologna Ragazzi Award categoria Opera Prima, si presenta così, maestosamente fuori misura e stracolmo di immagini pullulanti di particolari. Scanditi regolarmente un’ora dopo l’altra, corrono i singoli momenti a descrivere la protagonista del racconto: la spiaggia. Ecco gli innumerevoli gabbiani, il riverbero dei raggi solari, l’affollarsi delle mani dei pescatori attorno ai corpi guizzanti dei pesci, le prue delle barche, le reti…
E poi la gente, i corpi, le persone, ognuna concentrata nella propria singolarità e tuttavia senza volto, senza nome, masse in azione sul margine sfrangiato della battigia, pure funzioni atte a costituire il tutto. Le parole ci sono ma stanno laggiù, relegate in un angolo in basso a destra e nulla davvero aggiungono a quello che appare nell’immagine ma piuttosto contribuiscono ad una sorta di inerzia analitica che caratterizza la prima osservazione.
Poi d’incanto si aggiungono elementi sensoriali, arriva il calore, lo schiamazzo, l’odore dei panini, della frutta, del carburante dei motoscafi e del barbecue, in una vertigine sensoriale che finisce per stordire e accecare Come giustamente chiosa il testo quando finalmente si sbilancia, alle quattro meno un quarto “c’è così tanta gente che è praticamente impossibile vedere anche solo un granello di sabbia.”
È quindi per caso e per sfinimento che succede l’aggancio. Un singulto d’attenzione spanata e l’occhio sobbalzando li vede. Cinque piccoli amici a bordo di un aeroplano. Sono fatti di una pasta diversa, loro: sono animali, buffi, minuscoli. Se le figure umane quasi non hanno identità, loro hanno occhi, gesti e intenzioni. Se il moltiplicarsi di particolari e l’omogeneità della palette – tutta giocata sui toni primari - comporta una fisiologica saturazione, i piccoli amici hanno invece gesti che suggeriscono un dialogo intimo con il contesto e in definitiva dotano l’occhio di una direzione.
Alla stolida sequenzialità del tempo, che scorre inesorabile, si aggiungono le vicende dei nuovi personaggi, un controcanto che dota lo sguardo di nuova energia e capacità di concentrazione: quando è stata la prima volta che è apparsa la coppia di coniglietti innamorati? E il Dinosauro? Chi c’era sulla barca oltre Elefante e Scimmia? Dove vanno Coccodrillo e Orso? La curiosità che si innesca è un impulso che ribalta l’andamento dell’albo: non si procede più in senso cronologico, ma da destra a sinistra, si arretra e si avanza, magari per tornare indietro di nuovo, e poi ancora. Trovare i nuovi personaggi diventa un pretesto dinamico per posare lo sguardo sulle grandi tavole con intenzione.
La concentrazione al particolare permette così di attraversare spazialmente il racconto di un luogo, ed infine di sentire, tutto intorno, l’unitarietà della protagonista dell’albo, la spiaggia, tante cose innumerevoli contenute in un unico luogo.
In senso sottilmente contrario lavora l’albo M come il mare.
Fin dalla copertina l’ingaggio dell’occhio si distanzia dalla classica osservazione capace di riportare come cane fedele oggetti e concretezze con un nome preciso. Qualcosa occhieggia tra i marosi agitati, si intravede, si afferra e scompare.
Anche la storia, affidata ad una voce bambina si rivela refrattaria alla completezza, e nonostante il testo piuttosto corposo rimane moltissimo vuoto che tocca al lettore compensare, immaginando attraverso i riverberi delle illustrazioni - interlocutorie e apparentemente senza legame- quello che le parole, pur dicendo, non sigillano in una verità completa.
Di fronte al mare, disorientato da qualcosa che è successo, incapace di riconoscere ciò che conosceva, forse sovrastato da un’immensità troppo grande per essere (ancora) nominata, M. sente la propria presenza e tenta una misurazione della propria esistenza al cospetto del mare.
Se nell’albo precedente veniva raccontato per accumulo quello che identifica la spiaggia, qui il luogo da indagare è una interiorità, spazio concluso e infinito contenuto nel corpo di un bambino. Inutile proseguire con l’arma tagliente dello sguardo attento. Piuttosto, socchiudere gli occhi e affrontare la narrazione lateralmente, processando le immagini non per ottenere risposte certe, ma mistero, confidando più nella suggestione e nel riflesso che non nella chiara eloquenza. Rarefatte e enigmatiche, composte con tratto minuscolo e vibrante le illustrazioni si susseguono comportandosi come indizi di una presenza ineffabile; sono squarci, istantanee che assomigliano tanto agli abbagli del mare, alla luce del sole che riflessa illumina e acceca, sono, segni, detriti sottratti all’immensità per restituire – seppur in silenzio – il senso inafferrabile di una identità.
Attraverso i disegni delle foto –secondi sottratti alla rigida sequenzialità del tempo - troviamo il bambino come troveremmo il mare, attraverso manciate di coralli, sassi e conchiglie , ricostruito attraverso gesti e sguardi che attestano una presenza che si consuma e rigenera incessantemente.
Una individualità circoscritta e delimitata dalla presenza del mare , perché nel mare si può trovare tutto, anche il cuore di un bambino che realizza di non essere piccolo, ma immenso come il mare in cui si rispecchia e di cui reca traccia in sé, già che il salato delle lacrime.
Si dice che stare attenti è importante, ma altrettanto forte andrebbe detto che la distrazione nient’altro è che una attenzione diffusa, rivolta al tutto che ci circonda e ci riempie, Soltanto attraverso il mistero della percezione del tutto, tutto può essere immaginato, finanche il mistero di un cuore di un bambino. E quindi è salvo anche il nostro.
Giorgia
“La spiaggia”, S. Undurraga, (trad. Camilla Diez), Fatatrac 2023
“M. come il mare” J. Concejo; Topipittori 2020
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