Stufo di stare nell’angolo della classe dove ha aiutato generazioni di bambini e bambine nello studio dell’anatomia umana, ormai vecchio e malandato, lo scheletro della scuola decide di andare in pensione. È la maestra ad accorgersi che qualcosa è cambiato e a telefonare al vecchietto per proporgli la bizzarra adozione. Così, dopo aver aggiustato la macchina, il vecchietto va a prendere lo scheletro, lo porta a casa, riattacca con il fil di ferro quasi tutte le ossa che la scuola gli ha consegnato.
Poi, insieme alla vecchietta lo vestono e gli danno un nome: Martin.
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Anche se potrebbe sembrare strano a qualcuno, Martin lo scheletro entra piano piano a far parte della vita quotidiana dei vecchietti: a volte, è lui a entrare in casa con loro, altre sono loro a raggiungerlo all’aperto. Nella cucina estiva, poi, lo scheletro ha una sua poltrona, un tavolino e una tovaglietta di pizzo. E in inverno, una morbida coperta. Non si può poi dire che Martin sia un tipo sedentario. Che dire ad esempio di quando ha fatto fuggire i ladri facendosi cadere la mandibola sulle ginocchia, oppure di come ha saputo consolare il vecchietto per la vergogna di aver scambiato dentista e barbiere. E alla potatura dei meli, quando la vecchietta è sempre agitata? Martin era lì, con lei, a gettare i rami tagliati nel fuoco fissando le fiamme alte.
Martin, Martin, Martin. Martin dappertutto. Sullo slittino e in sauna, nella vasca da bagno e pure nella favola della rapa. Chi ha aiutato i nipotini quella volta dei mostri notturni? Chi ha tenuto il cesto di funghi che la vecchietta non era riuscita a riempire per via dello gnomo dei boschi? Chi era con lei per risolvere la faccenda della scimmia di neve?
Forse per questo, il vecchietto ha cominciato a desiderare di avere Martin con sé anche nella tomba. Forse è stato proprio per questa convivenza quotidiana, assidua, fatta di minuzie e piccole attenzioni scambievoli - coperte sulle ginocchia, tovagliette di pizzo, favole della buonanotte – che quando la vecchietta è morta, Martin ha sentito il bisogno di essere consolato. Il vecchietto ha chiuso le braccia attorno alle ossa di Martin, facendolo quasi scomparire, mentre il vapore del tè al tiglio riempiva la stanza dello stesso odore che c’era quando lei era viva. Sembrava quasi che la vecchietta fosse li! Anzi, a guardar bene, la potevi sentire: di chi se non suoi i gesti replicati per ottenere la calda bevanda, lo stesso inconfondibile aroma?
Tre i punti forti di questo (apparentemente) piccolo romanzo.
In primo luogo la storia: una vicenda che nasce nel territorio dell’assurdo, apparentemente leggera, che si attraversa con umorismo, tenerezza e un pizzico di salvifica insensatezza, sfiorando temi e metafore importanti senza tuttavia mai toccarli direttamente. La presenza di uno scheletro che decide di andare in pensione, fatto di per sé straordinario, viene presto riassorbita – come succede con tutte le cose – da un quotidiano denso di piccoli gesti, accortezze e minuti presenti.
Poi, le illustrazioni. Il bianco e nero dinamico e movimentato di una matita felice interrotto da dettagli e campiture di un fucsia (quasi) fluo: per suo mezzo l’attenzione viene convogliata su tutt’altro – il fazzoletto da testa, un gallo, una rapa, un pettine, ma anche parole, minuzie, cieli interi – e vengono disinnescate alcune inibizioni e schermature che spesso accompagnano la presenza di uno scheletro nella narrazione.
Il terzo elemento è proprio lui: lo scheletro. Deposto il collegamento con le tematiche horror e Halloween, indebolito il legame quasi automatico che scheletro e ossa nude hanno con la narrazione frontale della morte, ecco che in questo testo è possibile fruire di alcune metafore forti che lo scheletro porta con sé e che spesso rimangono sullo sfondo del ragionamento.
Che cos’è uno scheletro infatti? È una complessa struttura di ossa, robusta ed elastica, che permette al corpo intero di stare in piedi, camminare, correre, raccogliere i funghi e abbracciare. È un sostegno imprescindibile, tuttavia nascosto da strati di muscoli, pelle e vestiti, in ultimo fatto scomparire dalla sua presenza costante e comune. E se è vero che esso si palesa nella morte e nella decomposizione, quando tutto il resto scompare, è anche vero che – incredibilmente! – lo scheletro è sempre, sempre, sempre presente, sempre con noi, in noi, a rendere possibile e significativo ogni passo e ogni respiro.
Martin, lo scheletro, è dappertutto.
Martin, che ha passato la vita a mostrare il fondamento del corpo umano, perfeziona da queste pagine il suo insegnamento, allargando l’idea di corpo umano a quella di corpo sociale, superando l’idea dei legami familiari per approdare a quella di interdipendenza di ogni cosa.
Le schegge di fucsia che esplodono qua e là sono illuminazioni che interrompono la conformità dei grigi e spalancano lo sguardo sulla struttura invisibile che sottostà ai gesti quotidiani, sulla sua pervasività muta e fondante
Il bagno dei bambini, la raccolta delle lumache, le favole raccontate ogni volta in maniera un po’ diversa sono il corpus di gesti, consuetudini e usanze sotterranee che innervano, irrobustiscono, rinsaldano, sostengono: attraverso questo reticolo non passano solo gli affetti e i legami, ma l’intera esistenza acquisisce senso e coerenza.
Si potrebbe dire radici, scomodare la questione del passato, della memoria, della tradizione, se non fosse che è proprio sull’aspetto del tempo che il libro esplode: infatti se è vero che ogni gesto presente assume rilevanza in virtù del suo radicamento, è il fatto che avvenga nel presente, che possa avere significato unicamente nel momento presente, la vera meraviglia. Illuminante al riguardo è l’interdipendenza tra Infanzia e Vecchiaia, messa in luce nel rapporto tra vecchietta e vecchietto e nipotino e nipotina: non meri personaggi ma estremi senza nome con una precisa, eterna funzione: passarsi il testimone di una continuità che pur essendo circolare ha solo un punto per brillare.
E forse, quando succede, ha proprio il colore fucsia.
Giorgia
“Martin lo scheletro”, Triinu Laan, Marja Liisa Plats, (trad. Daniele Monticelli), Sinnos, 2024
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