LA RADICE UNICA
Edizioni Corsare 2025
ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni)
"2025 - Mi chiamo Lucia e, mamma mia, come sono diventata vecchia...
1963 - Sembra ieri che con Giorgio andavamo a ballare ogni sabato sera. Due fan scatenati dei Beatles.
E tutte le domeniche burraco con l'allegra compagnia di amici. Quante risate!
1951 - Giorgio l'ho conosciuto a Ischia. Mi ricordo l'emozione la prima volta che lo vidi. L'incontro avvenne sulla spiaggia dell'albergo Vittorio. Quello dove, da quando ho memoria, passavo ogni estate con i miei genitori..."
La sua mamma era molto ansiosa e quindi il tempo che Lucia poteva passare al sole facendo castelli di sabbia, nonostante il cappellino, era limitato. Il suo babbo invece le lasciava fare molte più cose, compresi i tuffi di testa.
Di mestiere lui era fotografo ed era sempre in viaggio, sua madre invece era nata a Londra ed è lì che si erano conosciuti...
Il nonno di Lucia che di professione era capitano di lungo corso e viaggiava con la sua nave lungo la rotta Londra - Hong Kong si era innamorato di una giovane cinese e l'aveva sposata contro il volere della famiglia (un Pinkerton controcorrente). E quindi non è un caso che la Lucia di partenza abbia un po' gli occhi a mandorla...
Ed ecco che i cromosomi fanno la loro entrata in questa storia.
Fabian Negrin costruisce un'esile architettura narrativa che sulla genetica poggia le fondamenta. In altre parole, i cromosomi che riempiono i risguardi sono lì a testimoniare un fatto importante: noi siamo la nostra storia.
Loro sono la nostra storia trascorsa (e indiscutibilmente anche la nostra storia futura), scritta piccola piccola: contenitori preziosi di DNA, sono la biblioteca del codice genetico che ci appartiene e che ci distingue da chiunque altro.
Detto questo, Fabian Negrin prova a dare nomi e a costruire a ritroso una storia fatta di tanti episodi di altrettante piccole storie, quelle di chi ci ha preceduto.
La novantenne Lucia ripercorre così il suo albero genealogico: genitori, nonni e poi bisnonni e poi indietro fino all'epoca delle Crociate, attraverso quell'anello che la bisnonna di Lucia aveva a sua volta ereditato e che aveva attraversato la genealogia della sua famiglia.
Si va sempre più indietro, fino ad arrivare a Nefertiti. E prima di lei?
Una sequenza di altri uomini e donne che hanno depositato piccole tracce di sé in chi è venuto dopo.
Ma un punto di partenza di questo lunghissimo percorso ci deve essere stato - di certo in Africa, dove l'umanità ha avuto origine, e di cui Lucia è esemplare.
È intrigante l'idea di dare forma al percorso genetico che distingue ognuno di noi, ossia di rendere tangibile e visibile un concetto complesso in cui il tempo, lo spazio, la biologia sono i piloni necessari, accanto a quell'altro concetto che non è proprio facile raccontare e che fino a Mendel non aveva neanche un nome...
A prescindere dalla capacità di superare una difficoltà oggettiva nel creare una struttura che si dimostri leggera e soprattutto maneggevole per chiunque, in questo libro mi pare di cogliere una questione altrettanto importante: noi siamo tutti molto mischiati e tanto più andiamo indietro, tanto più ci avviciniamo alla radice che è - con buona pace di molti - unica.
Il seme del nostro albero genealogico, parrebbe sottolineare Negrin, è uno. Qualcosa di simile all'albero Pando, con una differenza: lui, essendo albero, con il crescere è diventato bosco, noi, crescendo, siamo diventati umanità.
Bell'idea, bella storia. E come sempre con Fabian Negrin, bel finale.
Ma come rendere visivamente questo viaggio attraverso spazio e tempo senza renderlo una noiosa galleria di personaggi?
E quindi la seconda architettura è quella che si è inventata Kalina Muhova.
Lavora sulla pagina come se fosse un suo blocco di appunti. Una sorta di taccuino di schizzi, di appunti che poi "pulisce" per renderlo leggibile a tutti.
Mi ricorda quella sensazione di imbarazzo quando in università qualcuno ti chiedeva gli appunti della lezione... L'ordine, o per meglio dire il disordine, personale non è facile da condividere, quindi Muhova mette in pulito i suoi "appunti" e il testo di Cromosomi assume una sua iconografia, trova un suo ritmo visivo.
La prima cosa necessaria da fare è fissare le tappe del tempo. E Muhova lo fa con quel rettangolino in alto che diventa l'orologio di questa lunghissima storia.
La seconda cosa da fare è dare facce ai personaggi. E Muhova lo fa e li fotografa entro boxini quadrati: le foto tessera di ciascuno disegnate. Non tutti ma quasi hanno la loro.
Terza cosa da fare è creare i legami, le connessioni. E Muhova si inventa un bel sistema, immediato quanto visibile: una linea tratteggiata che collega Lucia alla sua casa, oppure Lucia e Giorgio a diciott'anni, Charles e Mei attraverso i continenti, un anello con il quadro che lo ritrae al dito di qualcuno.
Quarta cosa da fare è creare gli scenari, i contesti per rendere tutto meno scheletrico. Così Muhova, sullo sfondo delle foto tessera, disegna uno sfumato di una battaglia di crociati, come pure rinomate spiagge campane, anni Cinquanta.
Quinta cosa da fare è non seguire sempre detto schema. E Muhova gioca su formati di immagini piuttosto diversi e movimentati. Nefertiti vince una pagina intera, così come l'abbraccio d'amore tra Charles e la sua sposa cinese...
Sesta cosa da fare è quella di rendere otticamente tutto molto interconnesso. E Muhova si inventa l'uso di un pantone magnifico (che mette a dura prova la grafica dell'editrice e ora lo scanner che no gli rende giustizia) che è un faro illuminato sugli scaffali delle librerie. Non puoi non vederlo.
Settima cosa da fare è quella di dare spessore iconografico a questa carrellata di esseri umani. E Muhova cura, magari non proprio sempre sempre, pettinature e abbigliamento e fisionomie.
Il risultato, un libro interessante.
Carla
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