lunedì 4 settembre 2023

IL RIPOSTIGLIO (libri belli e impolverati)

DI MADRE IN FIGLIO

Un giorno sbadato, Sara Lundberg (trad. Maria Valeria D'Avino) 
Orecchio acerbo 2023 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni) 

" 'Svegliati!' dice la mamma. 'Oggi è il compleanno di Alma.' 
'È oggi?' domanda Noa. 'Sì, me n’ero proprio scordata' dice la mamma. 
'Sbrigati! La festa inizia alle due e dobbiamo ancora comprare il regalo.' 
Quando ha fretta, la mamma si muove come un robot. Sbuffa, corre e sbatacchia tutto." 

Situazione consueta: un grande che corre e un piccolo che, compatibilmente con i suoi tempi, cerca di stargli dietro. Noa è un po' lento a vestirsi: la mamma così l'aiuta e poi, a passo veloce e quindi per mano, escono di casa per andare a comprare un regalo per la festeggiata. Noa, nonostante sia una sua compagna di classe, ad Alma la conosce appena: lui con lei in verità non ci gioca mai. Entrano in un negozio di vestiti, ma mentre la mamma sceglie qualcosa di suo gusto, Noa un po' annoiato e accaldato si toglie la giacca. Il regalo che la mamma gli mostra a lui non piace e quindi rimane appeso. Escono e mentre sono lì che si fanno largo fra la gente per strada, la mamma si accorge della giacca mancante. Bambino sbadato? Percorso a ritroso e poi di nuovo avanti. Negozio numero due: giocattoli. L'unico consiglio che Noa dà a sua madre è quello di non comprare una Barbie. Mentre la mamma è lì che compulsa attenta le scatole dei giocattoli, Noa, nel reparto parrucche e diademi, indossa una coroncina: la madre si gira e lo trova bellissimo. 


Il diadema è un regalo perfetto. Sull'autobus però a mancare adesso è il cappello di Noa. Bambino sbadato? Percorso a ritroso e poi di nuovo avanti. Finalmente arrivano a casa di Alma. Mentre sono davanti alla porta, la mamma si accorge che il regalo è rimasto sul sedile dell'autobus. Bambino sbadato? Non importa perché ormai è andato. La mamma suona il campanello e ad aprire Alma e il suo papà: soli a casa. La festa è tra una settimana esatta... Mamma sbadata? 
E non finisce qui... 

A parte la qualità dell'arte di Sara Lundberg, capace di usare i colori per dare vita alla vita, capace di usare le forme per creare movimento e spessore, capace di usare piccoli dettagli per definire precise atmosfere (la merenda da Alma è un esempio da manuale di tale efficacia), capace di creare una gestualità piena di espressività. A parte tutto questo, che è già molto, c'è qualcosa d'altro che rende Un giorno sbadato, un libro particolarmente importante e significativo. 


Questo 'qualcosa d'altro' a mio parere è perfettamente riassunto, non a caso, in un gesto che, ancora non per caso, è così tanto importante da finire in copertina. 
Senza neanche una parola, ma attraverso un linguaggio esclusivamente visivo, quindi percepibile da chiunque nell'immediatezza dell'istante un cui avviene, Sara Lundberg dà la sua personale idea di relazione tra un grande e un piccolo: più nello specifico tra una madre e un figlio. 
Non so se si tratti di un mio attuale interesse, ma direi che intorno a questa questione ruota un bel po' di letteratura, per l'infanzia in particolare. Di conseguenza siamo in diversi a ragionare su come tale relazione la si possa concepire e quindi la si possa raccontare nei libri per bambini. 
Sara Lundberg questo rapporto lo riassume così: i due si tengono per mano, i loro sguardi si incrociano perché la madre si è girata indietro verso Noa che la segue e si è abbassata di quel tanto che non renda Noa minuscolo e lei sovrastante. 
Cose da notare: si nota che la madre si è fermata, si nota che la madre lo guarda, si nota che i suoi occhi cercano un dialogo; chiedono in attesa di una risposta. Si nota che i due costituiscono un nucleo a sé stante rispetto al flusso di persone che li circondano. Sono una monade, anche affettiva. 


A voler leggere più in profondità questo gesto, che nella narrazione si sa allude alla prima sbadataggine di Noa che lascia la giacca nel negozio, sembrano evidenti un paio di segnali significativi: c'è una madre che si ferma, si gira e si pone in ascolto, c'è una madre che rimpicciolisce, ma non molla la presa salda della mano. Dall'altra c'è un bambino che si ferma e quindi inverte un'andatura e c'è quello stesso bambino che sa di poterselo permettere e sa di potersi anche mostrare disorientato. Può farlo perché si sente forte proprio del fatto che è tenuto per mano. 
Ecco, il gioco è fatto. 
Contemporaneamente emergono da una sola figura 'parlante' due condizioni a mio avviso imprescindibili ed equipollenti in un sano ed equilibrato rapporto tra madre e figlio (e più in generale) tra adulti e bambini: la libertà e l'affettività. 
La correttezza di questa lettura pare confermata da un testo che colpisce per assoluta assenza di giudizio e, per converso, per consapevole accoglienza da entrambe le parti. Esemplificativa è la circostanza che si ripete per ben tre volte e che rappresenta il perno della storia: essere sbadati. Non solo Sara Lundberg non crea una madre giudicante, ma al contrario la configura nella sua quasi automatica, direi consueta, accettazione del fatto. Noa è un bambino e i bambini, si sa, hanno tempi e indirizzi di interesse molto diversi da quelli di un adulto. Dimenticarsi una giacca, il proprio cappello preferito e il regalo, sono la normalità per chi è piccolo e ha 'altro' a cui pensare. Da parte della madre, rammaricarsene è 'umano', ma accettarlo come un fatto in sé è semplicemente 'affettuoso' e 'rispettoso' della libertà dell'altro di essere quello che è, ossia un bambino (sbadato). 


Nessun tentativo di correzione, nessun insegnamento per il futuro, nessuna prevaricazione da parte di un grande che 'per colpa' di un bambino deve sempre tornare indietro. E come se non bastasse, lo stesso finale - di cui non faccio parola - è un segno di comprensione nei confronti dell'altro nell'ammettere la propria sbadataggine. Un po' come dire: anche a me che sono grande capita lo stesso. E in fondo non siamo poi tanto diversi, ragione per cui alla pari sarà bello progettare il piacere da condividere il giorno successivo a un giorno 'sbadato' di entrambi. 

Carla 

Noterella al margine. Nella vita vera: quanti genitori - in tutta onestà - avrebbero agito come la madre di Noa? Quanti avrebbero dato così tanta voce in capitolo a un bambino sulla scelta di un regalo? Quanti avrebbero commentato Che forte!, vedendo il proprio figlio con una coroncina in testa? Quanti non lo avrebbero almeno un po' sgridato per la sua reiterata sbadataggine? Quanti avrebbero ammesso pubblicamente il proprio errore? E, in cauda venenum, quanti libri nostrani avrebbero messo giù una storia del genere?

2 commenti:

  1. La notarella a margine è densa di interrogativi per niente facili. Molto bello il libro e l’abbassarsi sì è un gesto straordinario e poco consueto in una situazione del genere. Mi sono ricordata di quante volte sono tornata indietro a ripescare cappelli o sciarpe, e non sempre con il sorriso sulle labbra. Dimenticai un regalo in treno durante un viaggio e rimase lì, ricordo che dissi a mio figlio beh speriamo lo trovi un bambino, tornare indietro non era possibile

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