mercoledì 31 gennaio 2018

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


AL TEMPO

Nicola Gardini, Il tempo è mezza mela. Poesie per capire il mondo
Salani 2018


POESIA

Ali

Il tempo qualche volta è un colibrì
Agita le ali avanti e indietro in fretta
Ma resta fermo come uno che aspetta
Poi all'improvviso è già saltato lì.



Il tempo è tante cose: è una vela che sparisce al largo, è una bolla di polenta che cresce sulla fiamma; il tempo è anche spazio, ovvero il numero di miglia che tiene lontane le persone. E come per incanto il tempo è anche questo stesso elenco, questo discorso che nasce dalla scelta lenta e attenta dei suoni giusti e li fa diventare poesia.
In un felice contrappunto il tempo è una, come i chicchi più o meno cotti in un unico risotto, ma è anche tutti -umani sassi bestie fiori frutti che si fanno compagnia.
Il tempo rassomiglia al vento che, passando sulle rose, le spettina e le scrolla, si porta via il profumo, le foglie ma qualcosa a suo ricordo, della rosa intendo, resta sempre perché "mai nulla muore".
Ma a declinare il tempo si può proseguire: c'è il tempo che stagna, c'è il tempo esatto, ci sono i mille nomi che esso può prendere (da anno a mese, da giorno a secolo) anche se a ben vedere è fatto solo di istanti e a parlar di tempo arriva come sempre il grande irrisolvibile enigma che neanche a Nicola Gardini è dato di sciogliere: che cos'è l'adesso, ovvero la più piccola frazione del tempo che noi conosciamo?

Così scrive:
La pioggia cade e intanto è già caduta
È presente e passata nello stesso
Momento
                    Così il tempo
                                             Accade adesso
Ed è pure la vita già vissuta


E il mistero resta un mistero. Ma va bene così.
Una quarantina, in realtà trentanove -come a voler sottolineare l'imprevedibilità che l'argomento porta con sé- riflessioni in versi sul senso del tempo, uno dei perni intorno a cui ruota l'umanità da che mondo è mondo. E non a caso il sottotitolo scritto nella polpa della mezza mela titolante recita testualmente: poesie per capire il mondo.
Ora si sa che la poesia, quella bella che attraversa la superficie delle nostre teste e muove le nostre sfere interne, è raro che finisca in un libro per i bambini (e non a caso la Salani si premunisce e correda il libro dell'immancabile fascetta gialla in cui una frase ambigua ci avverte che il libro è per tutti).
Dunque quando succede sarebbe giusto gioirne e darne notizia. Invece si ripete il consueto silenzio su un altro buon libro di poesia. Questo spaventa sempre un po' chi sta scrivendo e, da una rapida e superficiale indagine, si stabilisce che solo i più invasivi diffusori di novità editoriali (da Amazon a scendere fino ad arrivare al Sole 24 ore, e quest'ultimo mosso da un evidente opportunità di gioco di squadra) reagiscono al piccolo libro rosso di Nicola Gardini, il professore/poeta/pittore.E molto altro ancora.
Che dire? Peccato, perché il libro meriterebbe ben altra attenzione da parte di chi ha a cuore la buona letteratura. 


Il suo, quello di Gardini, è un modo mai scontato, al contrario acuto e pieno di nessi intelligenti, rigorosamente in rima; un criterio utile per poter ragionare del camminatore eterno che lascia orme piccole e grandi dietro di sé.
È sempre interessante l'angolo di visuale che, pagina dopo pagina, è in grado di cambiare, passando da un omaggio a quel gigante che è Proust, che sul tempo e sulla memoria ha intrecciato così tante riflessioni, a minuscoli dettagli come le gocce di pioggia che si rinnovano sui vetri. 


Le sue poesie in più di un'occasione sono attraversate da sottile ironia, come per esempio in Casa dove si racconta ciò che il tempo può fare in un luogo abbandonato a lungo; oppure si rivelano vera gioia saltellante per l'orecchio: Oh che ha il ritmo sincopato da tutti quei monosillabi piazzati in fondo al verso, con la dovuta eccezione a fine corsa.
Sulla porosità della carta un po' ingiallita, già vista in Salani, si alternano alle poesie alcuni leggeri disegni dell'autore, per loro è di rigore l'abito scuro.


Bello.

Carla

lunedì 29 gennaio 2018

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


UNA STATUA IN CAMMINO


E' normale che di un monumento fra i più conosciuti al mondo si dia per scontato più o meno tutto; ed è altrettanto normale scoprire che in realtà ne sappiamo ben poco.
Lo scrittore americano Dave Eggers, di cui è noto l'impegno sociale soprattutto nei confronti dei più giovani, ci racconta la storia della Statua della Libertà, il simbolo dell'America e di New York. Lo fa attraverso un albo illustrato, Il suo piede destro, in collaborazione con l'illustratore Shawn Harris e che ora la Mondadori pubblica per il mercato italiano.
Eggers ci ricorda come la Statua della Libertà sia il frutto di un'iniziativa francese, volta a celebrare il primo centenario degli Stati Uniti d'America. A immaginare questo fastoso omaggio sono Eduard de Laboulaye e l'ingegnere Frederic Auguste Bartholdi, che progetta e costruisce il colosso, montato in un primo momento a Parigi, per essere poi smontato nuovamente e spedito al di là dell'Atlantico. La statua fu rimontata nell'isola di Bedloe e all'epoca aveva un colore ben diverso, infatti il sottile strato di rame che riveste la statua non si era ancora ossidato.


Bene, se Eggers ci racconta tutto questo, un motivo c'è; ci fa notare un dettaglio che sfugge ai più, il piede destro del colosso è piegato, come se stesse camminando. Se la simbologia delle catene spezzate, che giacciono a terra, è nota e lo è quella del curioso copricapo della statua, cosa vuol dire quel passo appena accennato, dove sta andando questa statua gigantesca?
Qui si svela il mistero: la statua si sta incamminando per accogliere tutti i migranti che lì approdano, e lo fanno da secoli: italiani, irlandesi, spagnoli, greci, e poi africani, orientali, siriani. Questa è la tradizione che l'autore rivendica con orgoglio, richiamando le parole della poesia incisa sul basamento della statua, scritta da Emma Lazarus: datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse stipate che anelano a respirare libere, gli sventurati rifiuti che affollano i vostri lidi. Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste, io sollevo la mia luce accanto alla porta dorata.

 
Il richiamo a questo nobile intento non è casuale: è un richiamo, un appello a tutti gli americani, ma anche a tutti noi, a non dimenticare chi siamo e da dove veniamo. L'accoglienza di chi viene da lontano, con il proprio bagaglio di guerre e povertà sulle spalle, è un argomento oggi impopolare, circondato da un'abbondante dose di propaganda.
Ricordare e ridare un senso alla solidarietà come valore fondante di una comunità è oggi un gesto necessario, soprattutto perché rivolto ai più giovani, maggiormente esposti alle superficiali e pericolose considerazioni che si sentono nell'aria.
Ma non è solo questo il merito di questo albo decisamente originale: lo stile ironico di Eggers attraversa il testo togliendogli qualsiasi accenno didascalico; l'autore è lì a raccontare una storia vera, a ricordarla anche nei suoi aspetti buffi o stravaganti per riportare il giovane lettore o lettrice al nodo essenziale, quello che magari si scorda, tanto si è abituati al consumo di un'icona pop. Quella statua non sta lì per caso, è all'ingresso del porto di New York a salutare ed accogliere chi arriva, nel nome della libertà.


Messaggio semplice e chiaro, che arriva dritto al punto, togliendo ad un argomento discusso malamente dai media ogni accenno di retorica.
Lettura originale e stimolante, adatta a lettrici e lettori a partire dagli otto anni.

Eleonora

“Il suo piede destro”, D. Eggers con S. Harris, Mondadori 2018



venerdì 26 gennaio 2018

ECCEZION FATTA!

Qui di seguito una breve mappa ragionata per orientarsi nel panorama dei libri significativi che possono diventare biblioteca di base per coloro che desiderino costruirsi e costruire lettori

LA FABBRICA DEI LETTORI
Corso di formazione per insegnanti, bibliotecari, operatori 
nell'ambito del 



fascia di interesse 3-10 anni



I incontro
L'educazione alla lettura in 10 mosse


I MOSSA - SAPER SCEGLIERE

Milton Glaser, Drawing is Thinking, Nuages 2008
K. Smith, Come diventare un esploratore del mondo, Corraini 2011

II MOSSA - LEGGERE PRIMA ovvero STUDIARE


A.C. Hamelin, Ad occhi aperti, Donzelli 2012
R. Charlip, Fortunatamente, Orecchio acerbo 2010
W. Wondriska, Tutto da me, Corraini 2010
S. Lee, L'onda, Corraini 2008
M. Sendak, Nel paese dei mostri selvaggi, Babalibri 2002
W. Erlbruch, La notte, Edizioni E/O 2006
W. Erlbruch, Il miracolo degli orsi, Edizioni E/O 2004
I. e E. Mari, La mela e la farfalla, Babalibri 2004
R. S. Berner, Sommerwimmelbuch, Gertstenberg 2005
F. Negrin, Dov'è la casa dell'aquila?, Orecchio acerbo 2017
M. Dubuc, Non sono tua madre, Orecchio acerbo 2017
J.-L. Fromental, J. Jolivet, Tenebrossa, Orecchio acerbo 2017
Ninamasina, Questa notte ha nevicato, Topipittori 2017
Bastiencontraire, Intrusi, Edizioni Clichy 2017

III MOSSA - TROVARE IL RITMO

M. Dubuc, Non sono tua madre, Orecchio acerbo 2017
F. Negrin, Dov'è la casa dell'aquila?, Orecchio acerbo 2017
W. Wondriska, Tutto da me, Corraini 2010

IV MOSSA - TROVARE LO SGUARDO


C. Van Allsburg, The Garden of Abdul Gasazi, Houghton&Mifflin Company 1979
A. Browne, Gorilla, Orecchio acerbo 2017
W. Erlbruch, La notte, Edizioni E/O 2006
R. Charlip, Fortunatamente, Orecchio acerbo 2010
D. Wiesner, Martedì, Orecchio acerbo 2016
M. Sendak, Nel paese dei mostri selvaggi, Babalibri 2002
W. Erlbruch, Il miracolo degli orsi, Edizioni E/O 2004
Bastiencontraire, Intrusi, Edizioni Clichy 2017

[continua]



mercoledì 24 gennaio 2018

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


UNA SERIE DI FORTUNATI EVENTI
Il rapimento del Principe Margarina, Mark Twain, Philip Stead,
Erin Stead (trad. Giordano Aterini)
Bompiani 2017


NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dai 7 anni)

"L'unica vera amica di Johnny era una gallina malinconica dal nome bizzarro. Si chiamava Pestilenza e Carestia. In passato probabilmente le galline dovevano essere state due, una Pestilenza e una Carestia. Ma dobbiamo di nuovo attenerci ai fatti. C'era una sola gallina, adesso, e aveva due nomi.
Pestilenza e Carestia si avvicinò trotterellando e becchettò fiaccamente l'alluce malconcio di Johnny per manifestargli solidarietà.
'Grazie' disse Johnny. 'Non mi sono fatto niente, credo.' Saltellò su un piede. La gallina lo imitò, convinta che fosse la cosa giusta da fare. Johnny rivolse un sorriso alla sua vecchia amica."


Questi due sono amici e si fanno una gran compagnia. Da una parte, un ragazzino quasi solo al mondo (a parte il nonno che era proprio una brutta persona) che vive in uno sperduto paese con il nome difficile da pronunciare, un paese dove i poveri e gli sfortunati rimangono poveri e sfortunati per tutta la vita e dall'altra, una gallina che ha per nome un'imprecazione, una delle molte pronunciate dal nonno burbero di Johnny, al mattino appena sveglio.
Quella brutta persona sta per fare la sua ennesima cattiva azione: sta per intimare a Johnny di andare in città a vendere la gallina al mercato.
E questa è un po' la storia del viaggio di un ragazzino e della sua fedele gallina verso il mercato. Barattare con una vecchina la sua gallina permalosa e malaticcia, seppure socievole, è quello che fa Johnny e ne ottiene in cambio un pugnetto di semi blu.
Il viaggio di ritorno con i semini in mano non è facile, ma ciò che lo attende a casa è ancora peggio. Nel vedere il frutto dello scambio, il nonno impreca così tanto che ci lascia la pelle. Ma prima i semi li sbiascica e li risputa in giro. Il caso volle che uno di quei semi attecchisse e producesse un bel fiore che il povero bambino affamato mangiò per fame. Il fiore magico permette a chi lo mangia di poter parlare le lingue degli animali ed è quello che puntualmente si verifica.

 
E questa è anche la storia di quello che al piccolo Johnny capita, dal momento che si fa un'altra amica, Susy la donnola, e che le cose cominciano ad andare nel verso giusto e che decide di partire alla ricerca di un principe scomparso.
E del finale invece tacerò.

Ci sono due, anzi tre, eventi fortunati in questa particolare circostanza.
Il primo: la tradizione nella famiglia Clemens di raccontare prima di andare a letto una storia inventata, partendo da una figura di un giornale.
Durante la loro permanenza parigina, per le due bambine più piccole, Susy e Clara, Samuel Langhorne Clemens inventa storie ogni sera. Una di queste però sembra convincerlo più di altre e così decide, per cinque giorni di seguito, di appuntarsi qualcosa, con l'intento di ritornarci su, sulla storia di Johnny, con l'intento, forse, di renderlo indimenticabile come Tom o Huck.


In verità, Samuel Langhorne Clemens, sulla storia di Johnny non ci torna su, ma quei fogli sparsi, per la precisione 16, tornano a galla nel 2011, a Berkeley nell'università dove le carte di Twain si conservano con cura. E questo è il secondo evento fortunato.
Il terzo segue a ruota e si verifica quando a qualcuno, vari illustri professori e un bravo editore, viene in mente di rivolgersi a Philip Stead per ricucire degli 'appunti grezzi', seppure autografi di Mark Twain, e ad Erin Stead per illustrarli.
Ed eccolo qui, il libro che tutti dovrebbero avere a scaffale. O sul comodino.


Messa da parte ogni soggezione, Philip Stead ricama o per meglio dire plasma una meravigliosa storia che, sostenuta con forza dall'ossatura degli appunti di Twain, prende una sua forma, corpo, originali che, meravigliosamente, hanno l'imprinting del progenitore.
Per assurdo si potrebbe credere che Stead abbia origliato per quelle magnifiche cinque serate parigine dedicate al piccolo Johnny e alla sua gallina.
Per questa ragione, neanche per un momento, non stentiamo a credere alla storia-cornice che Stead imbastisce e che lo vede dialogare con Twain in persona, sorseggiando un tè sulle rive del lago, in vista dell'Isola dei Castori.
E quando Twain, come accadde nella realtà, si alza e puf! svanisce, arriva una donnola a confermare ai coniugi Stead che le fiabe sono vere.
I meriti di Twain, chi sono io per elencarli? Ognuno lo faccia secondo coscienza, ma sui meriti degli Stead e di Giordano Aterini, (il felice traduttore) qualcosa si può forse dire.
Se si procede con ordine, il primo che salta agli occhi è il ritratto di Johnny fatto dalla Stead: un ragazzino che lei decide, in assoluta autonomia, sia afroamericano. Ottima idea. E più in generale, il disegno, dai ritratti alle silhouette: da mozzare il fiato, siano essi galline o regine.


Il secondo è la scelta della citazione di Twain sulle leggi del racconto.
Il terzo è la autopresentazione di Philip che ha la leggerezza del miglior Calvino.
Il quarto, la felice sintesi per spiegare il senso ultimo delle fiabe: la differenza tra il Qui e il Là (e siamo solo a pagina 12).
Il quinto è il tono burbero, misantropico, ironico della voce che Philip dà a Twain. Non potrebbe che essere tale, anche nella sua felice declinazione italiana di Aterini.
Il sesto è il ritmo pieno di respiro, lento, pacato, sfumato almeno quanto il disegno. Uno spazio narrativo in cui il racconto si snoda con naturalezza per giungere e fermarsi di fronte ad alcuni punti cardine, che anche solo per loro sarebbe valsa la pena di leggere il libro:

"Johnny prese un bel respiro per calmarsi. Poi aprì la bocca e trovò le parole che potrebbero salvare l'umanità da tutti i suoi guai, se solo l'umanità le pronunciasse di tanto in tanto, pensandole davvero. Disse: 

'Sono felice di essere qui.'"

"Johnny fece un bel respiro per calmarsi. Poi aprì la bocca e trovò le parole che potrebbero salvare l'umanità da tutta la sua violenza sciocca e incessante, se solo l'umanità le pronunciasse di tanto in tanto, pensandole davvero. Disse: 

'Sono contento di conoscervi.'"




Ecco, cose così.
 
Carla

lunedì 22 gennaio 2018

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


FACCIO DA SOLO!


Piccolo, prezioso illustrato, proposto ora da Salani, Non si toglie!, del giapponese Shinsuke Yoshitake, racconta la breve, ma formativa odissea, compiuta da un bambino nel tentativo eroico di spogliarsi da solo.


E' l'ora del bagno e il nostro eroe tenta di levarsi la maglietta da solo, restando incastrato con le braccia alzate e il viso coperto dal tessuto. Sono tanti i tentativi di togliersi d'impaccio, ma la maglietta resta lì, incastrata. Il nostro bimbo è sicuro, si può vivere anche così, ne è certo, magari con qualche difficoltà; certo, bere diventerebbe problematico e poi quella pancia scoperta potrebbe essere vulnerabile agli scherzi del gatto. Di sicuro ci sono altri bambini incastrati, basta solo cercarli e giocare con loro. Mentre fantastica tutte queste cose, il bimbo comincia a sentire freddo e pensa di chiamare la mamma, ma no! 



Ce la deve fare da solo. Ed è proprio questo il guaio, prova a togliersi i pantaloni e, naturalmente, a quel punto, si incastra anche le gambe. 


Arriva la mamma e tutto risolve, lo spoglia, lo lava, l'asciuga e gli porge il pigiama pulito. Adesso sì, che tutto fila liscio. O no?
Il libro è stato premiato l'anno scorso con il Bologna Ragazzi Award, insieme ad altri libri come I lupi di Currumpaw. Ed è un premio meritato perché questo piccolo illustrato ha molte doti concentrate in poche immagini: l'ironia, sicuramente, che sfuma nel grottesco quando descrive l'irrealistica immaginazione del bambino ancora poco padrone dei suoi mezzi fisici, un po' pasticcione, ma fieramente intenzionato a non chiedere aiuto. 



L'autore giapponese ci propone un mondo surreale di bambini dal viso coperto dalle magliette incastrate: scalano montagne, vincono premi, giocano insieme. Un mondo ribaltato, che riesce a compensare le momentanee sconfitte di un 'io' in formazione. A questa improvvisazione pasticciona del piccolo protagonista fa da contraltare l'efficienza materna rappresentata in un paio di tavole, in cui lava, sciacqua e asciuga, lasciando il piccolo tutto arruffato e un po' avvilito.
Ma la cosa che ho trovato più apprezzabile in questo albo veloce e imprevedibile, è proprio l'aver visto il mondo ad altezza bambino: per un piccolo spogliarsi è una questione seria, sbrogliarsela da soli una questione fondamentale per affermare la propria presenza autonoma del mondo. E questo sguardo empatico, vicino anche a quello di Tallec, ci consente di guardare con tenerezza alle improbabili imprese di piccoli super eroi alle prese con un mondo troppo grande e complicato per loro.


Affrontare queste difficoltà, anche se produce situazioni grottesche, è veramente eroico.

Eleonora

Non si toglie!”, Shinsuke Yoshitake, Salani 2018

venerdì 19 gennaio 2018

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


IRRESISTIBILI TUTINE

La vita dei super-mini-eroi, Olivier Tallec (trad. Tommaso Gurreri)
Edizioni Clichy 2017


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Il super-mini-eroe ha così tante cose da fare che non si annoia mai...
(a parte qualche volta quando piove).
Il super-mini-eroe non ha paura di niente... e di sicuro non dei cagnolini!
Insomma... a volte ha paura del buio. Ma di rado.
Ogni tanto, il super-mini-eroe deve smettere di essere un super-mini-eroe...
...e aspettare."

Dopo aver fatto il bagno con il bagno schiuma, deve attendere, seduto sulla lavatrice, nudo con indosso i soli calzini, che la sua tutina da super-mini-eroe finisca di asciugare.

 
I compiti eroici del super-mini-eroe sono rimettere a posto i giochi oppure tenere la corda mentre un'altra ragazzina salta. Molte sono le prove che deve superare: non cadere nella trappola delle caramelle e non cadere fuori dal tappetto elastico quando si lancia da una scala di 13 pioli. Deve evitare anche le innumerevoli trappole sparse in città, ha molti corsi d'acqua da attraversare e diversi palazzi da scalare.


Fortunatamente il super-mini-eroe ha dalla sua parte grandi assistenti (o assistenti grandi) che lo aiutano a essere migliore nella vita quotidiana. Ma non sempre i grandi si rivelano collaborativi: in particolare non sembrano capire il suo senso dell'umorismo.


I super-mini-eroi non tollerano tre cose: le sorprese, gli impostori e anche le condizioni avverse del tempo; per esempio il troppo vento o il troppo caldo.
Come tali, i super-mini-eroi si sentono spesso diversi e incompresi.
La loro è una vita molto dura e spesso si interrogano su come sarebbe se nel mondo tutti fossero super-mini-eroi...

Tallec da non perdere.
In questa sua veste duplice, autore e illustratore, Tallec dimostra e consolida il suo grande talento.
Già nel primo albo in solitario, Luigi I re delle pecore (Lapis 2016), immediato il successo internazionale, ha dato spazio al suo sottile e tagliente senso dell'umorismo, un'ironia sempre un po' venata di amaro, che nei libri a quattro mani, traspariva solo qua e là.
Nella serie di libri Chi cosa chi (Lapis 2015) o Chi cosa dove (Lapis 2017) sebbene sia il gioco la chiave di lettura principale, si affianca un ulteriore importante elemento dello stile di Tallec: la cura per il particolare. Il gioco, difatti, perderebbe di senso se non ci fosse da parte del lettore un'osservazione acuta di ogni piccolo dettaglio, di quei minuti elementi di cui Tallec si serve per indirizzarlo verso la soluzione. Minuzie, piccoli gesti o espressioni segnano i personaggini - animali o umani - messi in fila ordinatamente sul fondo bianco del foglio a metà della pagina orizzontale.
In questo ultimo libro entrambi gli elementi si trovano espressi.
Da una parte non si può non notare l'effetto che provocano quei piccoli segni, quasi impercettibili trattini o puntini - spesso semi nascosti dietro folte capigliature ribelli - che tuttavia hanno la forza di dare espressione precisa ai molti super-mini-eroi che si avvicendano nel libro, trasformando ciascuno in un preciso tipo umano.


Un altro carattere distintivo del disegno di Tallec si riconferma anche qui: la predilezione per i grandi testoni su corpicini esili avvolti in tutine, carattere questo che nel lettore adulto genera senso di tenerezza, come di fronte agli 'occhioni' dei cuccioli: irresistibili.
Il secondo tema che segna la sua cifra stilistica è l'ironia.
Tallec è maestro in questo.
Tale registro attraversa il libro in lungo e in largo, e prende ulteriore forza dal gioco contrappuntistico tra disegno e testo, laddove uno smentisce sistematicamente l'altro, oppure ne dà chiave di lettura sempre un po' 'fuori asse'.
Questo è uno dei pregi dell'albo illustrato, a conferma ulteriore che il suo linguaggio è qualcosa che non ha uguali nell'espressione artistica.
A ogni tavola si constata un gap di cose non dette e si assiste a un continuo contraddirsi tra testo e immagini, in alcuni casi addirittura si rasenta il sarcasmo nei confronti dei super-mini-eroi, che ne escono tuttavia miracolosamente indenni.


E qui, il terzo valore del libro: la presa di posizione di un adulto affettuoso quanto rispettoso nei confronti dei piccoli protagonisti. In questo senso Tallec non si sottrae alla responsabilità di parlare a entrambe le categorie dei suoi lettori con codici differenti: ai piccoli (con cui più volte solidarizza) e ai grandi (a cui fa intenerito l'occhietto).
Ma, ma, ma la cosa che in assoluto è da considerare massimamente interessante è un elemento che - al contrario - fa di tutto per restare nell'ombra, ma che invece merita tutta la luce del caso: il disegno, quasi uno schizzo, a matita che dà vita ai singoli contesti in cui i mini-super-eroi agiscono. Schivo, se messo in relazione con il colore concesso in modo esclusivo al lato 'superoico' dei personaggi, il tratto in b/n è semplicemente una gioia per lo sguardo, perché testimonia una qualità del segno e della resa spaziale davvero notevole.
Tutti a guardare la biondina fasciata nella tutina nera che la fa sudare, rischiamo di non notare il bimbetto che, soddisfatto nel suo allungo, nuota concentratissimo a rana. 


E sarebbe davvero un peccato...

Carla