venerdì 31 dicembre 2021

ECCEZION FATTA!

 I NOSTRI FUOCHI D'ARTIFICIO 

CHE SPARIAMO NELL'ETERE 
PER FARE LUCE
PER FARE RUMORE 
PER FARE MERAVIGLIA 
 
Il meglio di... un anno di libri, un anno di ragionamenti,   
un anno di recensioni su Lettura candita 
Per ogni libro, il nostro perché
(BUM!) 


Luglio 2021



perché

Imperdibile. Per svariate ragioni. La prima e la più evidente è la qualità della scrittura, che noi apprezziamo attraverso una traduzione impeccabile.
La seconda è il tono impresso alla narrazione: una leggerezza che prende forza dall'ironia e dalla comicità, a tratti surreale, ma nel contempo da una evidente partecipazione emotiva di chi scrive, nei confronti di tutti i suoi personaggi e riguardo alla questione di fondo. In una modalità di sospensione di giudizio, tutta nordica. Neanche un cedimento per tutte le trecento pagine.
La terza ragione che lo rende speciale è l'intreccio narrativo: anche qui nessuna debolezza, al contrario una tensione forte che sostiene la lettura. Un plot fitto fitto di fatti che si susseguono e si incastrano ad arte l'uno dopo l'altro, creando nella storia in sé una robusta rete di avvenimenti che sono la base solida su cui poggiano i piedi, loro, i personaggi. Questi, e credo sia la qualità migliore del libro, costituiscono una galleria molto varia di caratteri umani. Tutti a loro modo unici.



perché

Karol Ruth Silverstein ha una penna felice, la lettura scorre via veloce senza eccessi di enfasi, ma al contrario con meritevole leggerezza, fornendoci un realistico ritratto del mondo giovanile. Sono convinta che tante ragazze e ragazzi leggerebbero con piacere questo romanzo, che racconta la loro vita senza compiacimenti. Ma non so quante mamme e zie regalerebbero una storia così, con un argomento così difficile e con un linguaggio colorito, in cui il turpiloquio non è un’inutile volgarità, ma l’espressione di uno stato d’animo, di una effettiva impotenza di fronte ad un cambiamento così radicale.
Per questo, consiglio caldamente la lettura a ragazze e ragazzi dai quattordici anni in poi e la consiglio anche a quegli adulti che vogliano capire un po’ di più il mondo degli/delle adolescenti.


                                                Agosto 2021



perché

Il contrappunto, ovvero quel preciso rapporto dialogico tra testo e immagine costruito sulla distanza più che sull'assonanza, è evidente fin dal principio. Quello che vediamo e quello che sentiamo sembrano in apparenza armonici, mentre invece - proprio giocando sull'ambiguità costruita su un raffinatissimo montaggio di immagini - a lungo andare si separano, creando uno iato, che è il 'segreto' cui si alludeva prima. Un dettaglio fondamentale, a una prima lettura, tende a sfuggire, perché Smith, come ogni bravo regista, guida il nostro sguardo altrove, dove vuole lui.



perché 

Questo è un esempio di quel καλὸς καὶ ἀγαθός che rappresenta la filosofia sottesa all’opera di Renzo Piano: un bello che è buono, l’estetica unita all’etica. Il ‘bello’ che non è negato agli ultimi, alle periferie, ai paesi molto meno ricchi del nostro.
 Sono molte le riflessioni sul lavoro dell’architetto, del costruttore, contenute in questo libro ampiamente illustrato da Tommaso Vidus Rosin: il rapporto con il territorio, la scelta dei materiali, le soluzioni ardite anche quando sembrano irrealizzabili, la ricerca costante di armonia e misura, le cui idee erano così presenti nella cultura greca classica.
Sicuramente, proprio per le molte implicazioni concettuali, non è una lettura facilissima, ma può essere uno spunto interessante, stimolante per ragazzi e ragazze curiosi e attratti in particolare dalle tematiche della bellezza, dell’ambiente, delle città, magari in chiave ecologica. Parliamo quindi di ragazzi e ragazze dai dodici anni in su, possibilmente affiancati da genitori e insegnanti illuminati.

Settembre 2021



perché

A me che arrivo buona ultima su questo libro restano da fare solo due cose.
La prima: gioire che finalmente anche i bambini italiani possano avere questa meraviglia per le mani, una meraviglia piena di senso raccontata con parole e disegni di una chiarezza disarmante. Una storia che ruota intorno a un fatterello, ma che ha la potenza di un testo di filosofia morale. Sulle ragioni perché ci abbia messo quasi ottant'anni ad attraversare l'oceano, è meglio tacere. Gioisco della traduzione e della scelta del titolo che saggiamente slitta di poco rispetto all'originale, del fatto che nella copertina e nel frontespizio, come nella prima edizione americana, il nome di Ruth Krauss sia poco più grande di quello di Crockett Johnson.
La seconda: sostenere che i disegni e i testi possono essere considerati un canone, i primi per come sono distribuiti sulla pagina, per la loro estrema sintesi di segno e colore e nel contempo per la loro forte comunicabilità espressiva, piccoli dettagli nei gesti che si amplificano nel vissuto di ciascuno: quella mano interlocutoria della mamma, cui fa eco un testo possibilista, quella mano perentoria del fratello, cui fa eco un testo lapidario. 



perché

I testi sono di una chiarezza cristallina, nella loro semplicità e precisione, e sono accompagnati dalle belle immagini di Gioia Marchegiani, dettagliate quanto è necessario, ma anche evocative entrando nel testo per esprimere quello che il testo non può dire: che questo microcosmo non solo è importante, è anche pieno di bellezza.
L’immagine forse più evocativa è quella che domina la copertina, in cui la struttura evanescente di un alchechengi è resa in tutta la sua fragilità.
Credo che questo volume sia una delle migliori uscite della notevole collana PiNO, che Topipittori dedica alla divulgazione, ma anche una delle migliori uscite, in campo no-fiction, di quest’anno.

Ottobre 2021



perché

una recensione di una signora che si firma Valeria e che conclude le 10 righe di motivi per cui NON leggere il libro di Stark, con l'affermazione perentoria che il libro andrebbe ritirato.
Per amor di giustizia, ma anche per un po' di competenza (esperienza?) in questo ambito, diventa non solo utile, ma anche necessario sostenere da qui, che tutte le motivazioni che lei adduce come negative, andrebbero invece considerate come ragioni forti per leggerlo, farlo leggere e diffonderlo nell'aria con gli altoparlanti nei cortili delle scuole.




perché

Le illustrazioni di Gapaillard sono dettagliatissime, sia nella parte architettonica che in quella naturalistica, richiamando, in alcuni momenti, le stampe di Piranesi. Ma non c’è in queste immagini solo la precisione descrittiva dell’ambiente in cui si svolge il racconto: c’è il senso di stupore, c’è il grottesco delle figure umane asservite al dogma, c’è la disperazione di una rovina inarrestabile.

Novembre 2021



perché

Con Munari, con Iela Mari, con Carle, ma soprattutto con Ungerer, ma anche forse con Folon, con Delessert, Goffin condivide un percorso formativo comune. 
La loro esperienza di graphic designer li tiene insieme e gli permette di avere uno sguardo particolare e in qualche modo diverso da quello che può essere quello di un illustratore puro. 
Il grafico non teme la solitudine degli oggetti sulle pagine e non teme di concentrare lo sguardo su una forma singola, grande e solitaria. 
Un grafico affida al profilo dell'oggetto la sua forza comunicativa. Affida il dialogo con il lettore non tanto alla narrazione quanto piuttosto alla purezza del segno che deve colpire all'istante per leggibilità. 



perché

È un romanzo che apre numerose questioni: sul ruolo che abbiamo avuto e abbiamo nella biosfera dell’unico pianeta che abbiamo, su cosa sia vero coraggio, talvolta il non fare sarebbe meglio del fare, ma non siamo capaci di fermarci. Siamo ancora quel piccolo caparbio cacciatore, che non può vedere a cosa porterà uccidere tanti mammut, che non può pensare il futuro?
Non è un romanzo ‘facile’, nonostante sia avvincente, sostenuto dal ritmo dei colpi di scena, delle battute di caccia, delle svolte narrative, delle delusioni e dei tradimenti che portano il protagonista alla solitudine; è, al contrario, spiazzante, molto più denso di quanto potrebbe apparire a dare una scorsa alla trama. Un romanzo utile ad aprire questioni, direi quasi necessario, per diventare grandi.

Dicembre 2021

La traversata degli animali, Vincent Cuvellier, Brice Postma Uzel 


perché

Un grande libro, pieno di cose belle, che va letto e riletto, guardato e riguardato. 
Ha contemporaneamente il tono della favola con una sua morale non dichiarata, ma anche quello del racconto filosofico. Talvolta arriva anche la meraviglia del testo poetico. Però è anche una storia che racconta un'avventura, e nello stesso tempo sembra un testo per una breve pièce di teatro (da leggere per forza ad alta voce) e, come se non bastasse, è anche pieno di ironia e sapienza, ma è anche un'esperienza visiva che, tavola dopo tavola, ripete echi che arrivano da lontano, ma che sono parte di un immaginario estetico che in qualche modo ci appartiene.

 

perché

‘L’esercito degli schiaccianoci’ è un romanzo notevole, intenso, drammatico senza mai superare la misura dell’orrore che la guerra comporta. C’è una componente magica, ma vive sotto traccia, è una delle spiegazioni possibili degli avvenimenti; c’è la sacrosanta esigenza di trovare un lieto fine anche quando le circostanze lo impedirebbero ed è questo il pensiero di un bambino che vuole essere rassicurato che il brutto momento passerà. C’è l’ottimismo stupito di un momento di tregua prima che la guerra, quella vera, incrudelisca ulteriormente, producendo quei milioni di morti che descrivono i libri di storia. Ma c’è, sopra tutto, la consapevolezza che l’orrore della guerra, con le sue leggi spietate, non può essere cancellato dai canti natalizi che si levano dalle trincee o dall’apparizione di un angelo.

giovedì 30 dicembre 2021

ECCEZION FATTA!

  I NOSTRI FUOCHI D'ARTIFICIO 

CHE SPARIAMO NELL'ETERE 
PER FARE LUCE
PER FARE RUMORE 
PER FARE MERAVIGLIA 
 
Il meglio di... un anno di libri, un anno di ragionamenti,   
un anno di recensioni su Lettura candita 
Per ogni libro, il nostro perché
(BUM!) 


Gennaio  2021



perché

Niente migranti, qui sono anime in viaggio. Questo modo di inquadrare la questione è frutto di una evidente 'abitudine' a leggere oltre la realtà dei fatti, a darne un contorno e una definizione inaspettati, a coglierne il senso profondo, a volare un po' più in alto del consueto rasoterra.
Volare alto significa anche essere capaci di rendere il più universale possibile le vicende dei singoli protagonisti. Vuol dire anche aver 'masticato e digerito' con maturità le questioni; in questo caso la storia personale di Angela Tognolini ha aiutato. Tuttavia, senza una profonda sensibilità e capacità di elaborazione, questo libro avrebbe potuto essere tutt'altro.
Questa angolazione, frutto di una diretta esperienza trasformata in buona letteratura, nei fatti, incolla le singole storie e i personaggi al nostro sentire, inevitabilmente.Ed è empatia.



perché 

Questo romanzo della Rosoff ha non pochi punti di forza: la descrizione dell’ambiguità dei sentimenti, della confusione adolescenziale è rappresentata con estrema semplicità e naturalezza: il conflitto fra pulsioni irrefrenabili e consapevolezza di sé e dell’altro emerge chiarissimo nella protagonista, attratta da Kit, ma nello stesso tempo consapevole di essere una pedina nel gioco perverso del ragazzo. La seduzione è un gioco di sguardi, di inviti e di ritrosie, qui però privi di innocenza. La stessa ambivalenza sessuale, che nell’adolescenza rientra nella confusa ricerca dell’identità, è tratteggiata con sensibilità e intelligenza: la protagonista potrebbe benissimo essere un ragazzo: non ci sono descrizioni fisiche, né passaggi in cui questo sia chiaro, così come il finale svela come Kit sappia giocare con la seduzione a prescindere dall’oggetto del desiderio. 

                                                          febbraio  2021



perché

Rari sono quei libri che invece si pongono in modo maturo, intelligente, e sanno restituire la complessità della questione e, nel contempo, sono in grado di solleticare il pensiero del giovane lettore. 
Tra questi rari, L'ospite. Rari, fortunatamente, non unici.




perché

Il viaggio è un grande tema, legato spesso alla crescita e alla scoperta di sé; qui è anche la scoperta di un territorio, evidentemente molto amato, di cui si enumerano le piante, gli alberi, gli uccelli, gli insetti: dare un nome alle cose è dargli dignità e vita, è riconoscerne l’importanza, è vederle davvero per la prima volta. Da qui anche l’importanza della lingua, l’attenzione alla precisione dei dettagli, l’uso di immagini e metafore che danno vita anche al più banale dei suoni, al più comune animale.
Baccalario in questo riesce a mantenere un registro fra il realistico e il fantastico, a trasmettere alla lettrice e al lettore la magia della scoperta del mondo. Il viaggio di Billy è anche un omaggio alla vita del nonno e di chi ha vissuto la straordinaria stagione degli anni Sessanta e Settanta, con i miti, gli eccessi, le rivoluzioni che quegli anni hanno portato.
Billy è un personaggio ben disegnato, un ragazzino che si porta sulle spalle il peso delle assenze degli adulti: la madre mai conosciuta, il padre travolto dai propri problemi, il nonno lontano. Eppure ha imparato a cavarsela, ha imparato a gestire i momenti difficili con l’esercizio della enumerazione, degli elenchi mentali che acquietano le sue ansie.
A caldo, mi viene da dire che questa è la prova migliore di Baccalario, un romanzo che i ragazzi leggeranno come un’avventura appassionante, ma che sarà apprezzato anche da chi, come me, può girarsi a guardare gli anni passati e riconoscersi qua e là nel ritratto di un’epoca.

                                                  marzo  2021



perché

La bellezza del libro è sotto gli occhi di tutti. 
La prima cosa che colpisce è la qualità del disegno. Una linea chiara, pochissimi colori, il marrone dei capibara e del cane, il rosso del tetto dei bargigli e dei cappelli dei cacciatori. Il resto è la matita, sapientissima, di Alfredo Soderguit, uruguaiano, che ha al suo attivo più di 50 libri illustrati e un film d'animazione, Anina, pluripremiato anche quello.
Immediatamente dopo arriva un testo che è essenziale, si potrebbe definire addirittura lapidario. 



perché

La realizzazione richiama la pittura su tavola, con diversi strati di fondo, che traspaiono nell’ultima stesura, dando una profondità inconsueta all’immagine, uno spessore, giocando, nello stesso tempo, sui richiami cromatici fra fondi e oggetto in primo piano; basti guardare l’immagine del cane, in cui le ombre, tratteggiate con un colore freddo, alla Cezanne, sono tratte dal verde dello sfondo, mentre il rosa carne e il rosso fungono da lumeggiature.
I fondi scuri sono quelli che più direttamente richiamano lo stile delle nature morte, con il soggetto esposto con un contrasto cromatico forte: la pera intera e la pera a metà, il limone, il baccello di piselli aperto e chiuso, sono tutti realizzati così.
Grande tecnica, quindi, al servizio di una sorta di repertorio naturalistico messo a disposizione di osservatori e osservatrici curiosi.

aprile 2021



perché

Oliver Jeffers in una delle sue maggiori eccellenze.
Su una fitta rete di riferimenti costruisce una storia che assume all'istante il carattere archetipico della favola e inizia come una fiaba. La favola d'altronde ha il merito, nonché il compito, di parlare una lingua universale e di farlo con poche ma esatte parole. Non sono forse questi alcuni degli elementi utili, ovvero necessari, per creare un albo illustrato? Brevità, chiarezza e senso?
E questo è un fatto.
 riferimenti, che i lettori più piccoli non hanno neanche bisogno di cogliere, sono invece fondamentali per tutti coloro che apprezzano e studiano questo autore, riconoscendogli un talento fuori dal comune e un pensiero di spessore.



perché

Regina Giménez è un’artista affermata, con uno stile pittorico molto definito, che si sposa perfettamente con le necessità esplicative di un libro di divulgazione.
Il suo universo è geometrico, richiama alcune opere di Kandinskij, laddove il gioco dei cerchi di diverse dimensioni costruisce lo spazio. Qui propone le sue immagini con le necessarie imperfezioni, i tratti a matita che traspaiono, senza mai perdere in precisione. Si potrebbe a lungo filosofare sul rapporto fra arte e scienza, rapporto sempre vitale e che qui trova una bella esternazione. Ma quello che è più importante, qui, è che questo linguaggio, che risponde alle necessità di equilibrio di forme e di colori, è perfettamente funzionale alla missione che si è data: spiegare l’Universo ai bambini, per quel poco che ne sappiamo. Realizzando un piccolo miracolo: essere perfettamente fruibile dai bambini, anche alle prime armi nell’affrontare il Cosmo, ma, nello stesso tempo, essere un’apprezzabile prova d’artista.
maggio 2021



perché

Ci sono autori che meritano un tempo diverso. Un tempo che si possa distinguere, possa essere percepito come 'altro' rispetto a quello consueto.
Tellegen e Cneut, due passioni che condivido con l'editrice, sono tra questi.
Un tempo che forse sono loro stessi a suggerire, o per meglio dire, a rendere necessario. Un tempo denso. Un tempo lungo abbastanza per godersi, tavola dopo tavola, la botanica di Cneut e il bestiario di Tellegen. Per farsi attraversare dalle scelte cromatiche dell'uno e dall'immaginazione dell'altro.
E da qui, la prima ragione per averlo 'covato' un bel po'.
È sotto gli occhi e nelle orecchie di tutti che Toon Tellegen e Carll Cneut parlino lingue affini, condividendo una comune radice culturale. I Paesi Bassi, regione di grandi filosofi e pensatori e di immensi pittori e incisori, nederlandese l'uno e belga l'altro dimostrano in questo libro perfetta conoscenza del grande passato che li tiene insieme e che rende armonici i loro rispettivi linguaggi espressivi, i loro rispettivi immaginari.
Entrambi capaci di creare mondi alternativi alla quotidianità, e tutto sommato anche parecchio diversi, rispetto alla consuetudine cui ci hanno abituato i libri per l'infanzia. 



perché

Singolare, dunque, l’attualità di questo romanzo, anche al di là del suo contesto specifico; è un romanzo imperfetto, con un ricorso in alcuni punti eccessivo a metafore e paragoni; ma è una storia molto viva, vicina alla sensibilità di giovani lettori elettrici, dai dodici anni in poi, scritta con uno stile diretto, esplicito, e con un grande ritmo narrativo.
Vale la pena leggerlo.

giugno 2021



perché

La cosa che colpisce di più in questo buon romanzo è l'abilità della Nicholls di essere credibile, pur nell'apparente assurdità dell'intera vicenda.
Il piacere che spesso la buona letteratura genera nei propri lettori, ovvero la c.d. sospensione dell'incredulità: lo so che non è vero ma ci voglio credere, qui è diffuso e capillare.
In primo luogo, la situazione di partenza: tre fratelli che vivono da soli, sotto la tutela del maggiore, è già un bell'avvio, narrativamente parlando. Di fatto, nella vita di questi ragazzini ora non c'è nessun adulto di riferimento: padri andati o morti, madre fatta fuori da un cancro, nonni affettuosi, ma anziani e in una casa di riposo, zia Grace anaffettiva e basata in Australia, cugina Jo troppo occupata, zio Evan gretto e meschino, al limite della perfidia: di certo il peggiore. Se tutto questo può sembrare effettivamente un buon inizio per un romanzo di fine Ottocento, nel 2021 potrebbe sembrare inverosimile, e anche un po' stucchevole. E invece questo non succede. Perché nella voce narrante, quella di Holly, c'è talmente tanta verità che il lettore, pagina dopo pagina, le va dietro. E basta. I singoli personaggi che, attraverso gli occhi di Holly, anche il lettore vede riga dopo riga, assumono spessore e credibilità nel loro essere la risultante di un complesso intreccio tra bene e male, tra difetti e pregi, tra debolezze e forza. Esattamente come accade nella realtà: qui nessuno è buonissimo o cattivissimo, ma tutti si muovono in quella zona intermedia che appartiene alla finitezza umana. Holly sa vedere i difetti, le manie, le fragilità, i limiti, ma anche le aspirazioni, le sensibilità e in generale i sogni di ciascuno.



perché

Su questo mondo, segreto e affascinante, si svolge il racconto di questo bel libro, sintesi equilibrata di informazione e di ricerca estetica, che piacerà sicuramente a bambine e bambini curiosi a partire dai 7 anni, ma anche agli estimatori dei libri illustrati.


[continua]

venerdì 24 dicembre 2021

ECCEZION FATTA!


BLOG IN PAUSA
causa 
PANETTONI, BISCOTTI DELL'ALBERO, 
 RIMPATRIATE IN FAMIGLIA 
E
MERITATO SILENZIO 
(di riposo ancora non ce n'è traccia)

 Si torna 
tra Natale e Capodanno... forse


La cena di Natale, Nathalie Dargent, Magali Le Huche   
Edizioni Clichy 2015


mercoledì 22 dicembre 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

L'ARTE DI SAPER FARE

Lo specchio di Henri, Roberto Prual-Reavis (trad. Federico Appel) 
Sinnos 2020 


 ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni) 

"Omar è un vecchio rospo, appassionato di arte e grande ammiratore di Henri, fin dai suoi primi disegni e scarabocchi. Loquace come tutti i rospi, Omar analizza, compara, nota delle cose. Poi, per allargare le conoscenze del suo amico, gli consiglia di leggere un piccolo manoscritto, firmato niente di meno che dal grande Leonardo Da Vinci. Henri apre una pagina a caso e scopre alcuni curiosi disegni. Sotto ogni disegno il grande Leonardo ha scritto qualcosa all’incontrario “Un artista veramente creativo, deve saper dipingere uno specchio. E se riflette la luce, allora avrà la gloria”." 

Il pittore Henri, la lucertola, che era solito lavorare di notte, a volte si cimentava a dipingere il movimento perpetuo dei girini, a volte accettava la sfida di farsi avvolgere dalla nebbia e di ritrarne lo sfumato, ma sempre proprio sempre a fine lavoro, portava le sue tele al'amico Omar, un rospo che di arte ne sapeva un bel po'. 


Il cimento di dipingere uno specchio - Leonardo lo considerava il miglior alleato di ogni pittore di talento, perché il più veritiero strumento per ritrarre la Natura - lo spinge a dipingere a qualsiasi ora della notte e del giorno. 
Il risultato è magnifico e non solo Omar, ma tutto il vicinato, gufi, pipistrelli, ragni, cerbiatti e porcospini, sono lì a 'specchiarsi' nel quadro dello specchio che Henri ha dipinto. 
La gloria tanto attesa finalmente arriva. Henri non ci è abituato quindi decide di prendersi le sue pause dall'assedio dei curiosi, dei fan e dei paparazzi i martedì e i festivi. 
Tutto sembra andare ma, alle volte, anche nel mondo dell'arte accade l'imponderabile e il quadro con lo specchio, tanto acclamato, sparisce. 
Disperato, Henri chiede a Omar conforto e consiglio e ottiene entrambi: una buona tisana bollente e un nuovo obiettivo da raggiungere... 
Questa volta davvero immenso, praticamente infinito. 

Nella vita di un artista, ma anche in quella di ognuno di noi, quelli come Omar, ossia dei buoni amici attenti, sapienti e premurosi, sono assolutamente necessari: si potrebbe dire che sono loro gli specchi in cui ogni tanto è necessario riflettere la propria immagine, per capirne un po' di più.
 

Ma a parte questo, che sembra essere un sottotesto, questo libro, con la dovuta ironia, riflette su alcuni concetti che hanno a che fare con l'arte e con l'essere artista e, più in generale, con la bellezza. 
In primo luogo si può notare, stando a quanto Henri lavora alla sua tela/specchio, quanto l'arte sia innanzi tutto un prodotto del fare, o per meglio dire del saper fare. 
Fin dalle prime riflessioni teoriche sul concetto di arte, in epoca antica, le capacità manuali erano la base imprescindibile di fronte alla quale ogni artista doveva cimentarsi. E la lucertola Henri, ne è la prova provata: si alza di notte e dipinge tanto tanto, fino all'alba, cercando il modo e le tecniche migliori per farlo. 


Il secondo fattore che ruota intorno al concetto di arte è il riscontro, ossia gli esiti che essa ha sul pubblico, che per quanto un artista si dimostri disinteressato a questo, nella realtà ne stabilisce almeno una buona parte del valore. E anche in questo Henri fa scuola: appena considera le sue tele finite, non le porta a casa per appendersele alla parete, ma piuttosto corre da Omar a chiederne il giudizio. E Omar stesso, quando la situazione lo richiede, organizza un vero e proprio vernissage per lui. 


In quella occasione accade la terza cosa che è costitutiva di un'opera d'arte: ovvero ciascuno dei partecipanti è in grado di cogliere ' un qualcosa' nel quadro di Henri in cui riconoscersi. Una delle differenze tra un'opera di artigianato e un'opera d'arte sta proprio in questo suo saper 'muovere' le emozioni e i pensieri di persone anche diversissime tra loro. 
Il quarto spunto di riflessione è su qualcosa che invece si manifesta originariamente solo ed esclusivamente nella testa dell'artista. Il suo misurarsi sempre con nuove sfide, ogni volta puntando più in alto, misurando le proprie capacità. Se si osserva il percorso della lucertola Henri, che rappresenta il prototipo dell'artista, lo si vedrà cimentarsi in traguardi sempre più difficili per chi abbia a disposizione 'solo' pennelli, tavolozza di colori e tela: dipingere l'acqua e il movimento, dipingere la nebbia, dipingere uno specchio.
Superare se stessi e il limite del proprio sguardo. 
E non è un caso che finisca in cima un tetto a dipingere quello che neanche gli occhi potranno mai vedere per intero. 
La nuova sfida di Henri chiama in causa, per chi volesse continuare come lui ad andare sempre oltre il limite prefissato, un riferimento poetico che non parrebbe casuale. Si tratta di una coincidenza con il titolo di una delle poesie giovanili di Leopardi? 
E questo, a ben vedere, rappresenta un altro compito che l'arte si assume: quello di essere eco di molto altro ancora e da bellezza muovere altra bellezza.
 

E proprio sulla bellezza si può fare un'ultima riflessione sui disegni che compongono questo libro. Colpiscono per quanto dimostrano di essere belli. 
Pieni di dettagli intelligenti, dall'idea di raffigurare Henri con un cappello analogo a quello che indossava Van Gogh per dipingere nello scuro della notte, all'ambientazione impressionista con i gigli d'acqua e i ponticelli giapponesi che alludono al giardino di Giverny di Monet, il tutto con un'eco potteriana non trascurabile, per non parlare del tipo di segno che qui (in realtà Roberto Prual-Ravis è capace di disegnare e creare animazioni con segni anche molto diversi, ma tutti sapienti e belli) ricorda quello di James Stevenson, per esempio nelle sue strisce e nelle sue copertine del New Yorker. 


Ma anche stracolmi di ironia: nelle ambientazioni, nei tratti somatici e nelle sofisticate espressioni dei personaggi, nel loro abbigliamento: la sciarpa di Omar e il cappello di Henri sono due colpi da maestro! 
Che non si faccia l'errore di perderlo, come stava per capitare a me. 

Carla