mercoledì 31 gennaio 2024

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


OSTINAZIONE VINCENTE



La vita di Primrose Squarp, protagonista del romanzo di Polly Horvath ‘Tutto sopra un waffle’, pubblicato da Camelozampa con la traduzione di Alice Casarini e le illustrazioni di Veronica Truttero, non è certo semplice: i suoi genitori sono scomparsi in mare e tutta la comunità di Coal Harbour, tranne la protagonista, è convinta che non ritorneranno più.
Affidata in un primo tempo alle cure dell’attempata Miss Perfidy, in seguito va a vivere con lo stravagante zio Jack Dion.
L’ostinazione con cui Primrose sostiene la sopravvivenza dei genitori le genera intorno un clima prima di comprensione , poi di diffidenza, tanto che miss Honeycut, insegnante alla scuola della ragazzina, si impegna a trovare una soluzione alternativa per la giovane ‘orfana’, che però non si sente tale.
In effetti lo zio Jack la lascia spesso da sola, impegnato com’è, dopo aver lasciato la carriera militare, a fare affari nel settore immobiliare. In questi lunghi pomeriggi solitari, Primrose spesso va alla spiaggia ad aspettare il ritorno dei genitori, accompagnata dal cucciolo Mallomar. Questo passatempo, ben comprensibile, talvolta le costa caro. Ma la spiaggia non è l’unico luogo in cui la ragazzina ama andare: l’unico posto accogliente in città per lei è il ristorante di Kate Bowzer, il ‘Girl on the Red Swing’; è con lei che impara a cucinare una serie di ricette, che intercalano sapientemente la narrazione. Kate rappresenta un’isola di buonsenso e operosa quotidianità, mentre lo zio si allontana per il lavoro, miss Perfidy invecchia sempre di più e miss Honeycut imperversa con i suoi tediosi aneddoti di viaggi più o meno esotici.
In questo stravagante tran tran si inserisce un episodio drammatico: nell’incendio delle villette a schiera che lo zio vende ai suoi concittadini, l’uomo, pompiere volontario, si infortuna e Primrose deve subire un’adozione temporanea presso due anziani coniugi, Evie e Bert. Lontanissimi dall’idea di sostituire i suoi genitori, che Primrose continua ad aspettare con incrollabile ostinazione, Evie e Bert cercano di assecondarla, mantenendo i contatti con lo zio ricoverato e con Kate.
Ambientato nell’isola canadese di Coal Harbour, vicino a Vancouver, il romanzo di Primrose è raccontato in prima persona, portando il lettore e la lettrice in un mondo molto concreto, in cui le ricette di cucina o i maglioni scomparsi hanno un ruolo importante, e nello stesso tempo fantastico, rappresentato dalle visioni dei fantasmi dei balenieri scomparsi in mare, dalle inspiegabili coincidenze, dalle visioni di miss Perfidy, la cui mente percepisce cose che lei stessa non sa di sapere.
In una narrazione ironica, leggera, quasi disincantata, non mancano però le riflessioni su ciò che consente alle persone di sopravvivere anche nelle prove più dure, sul senso di gratitudine nei confronti di chi aiuta anche senza condividere lo stesso punto di vista, sul desiderio, destinato al fallimento, di proteggere chi si ama. La Horvath è una scrittrice il cui valore è stato sottolineato dai numerosi premi raccolti dai romanzi ‘Il tempo delle conserve’ e ‘La casa di Pine Island’. Anche in questo romanzo dimostra la rara capacità di raccontare la complessità delle relazioni familiari, degli eventi che a volte le stravolgono con una leggerezza che non è mai superficialità.
Il personaggio di Primrose non può non piacere a lettrici e lettori, dagli undici anni in poi, che apprezzino le storie familiari, fatte di legami, di speranze ostinate, di solidarietà.

Eleonora

“Tutto sopra un waffle”, P. Horvath, ill. di V. Truttero, Camelozampa 2023


lunedì 29 gennaio 2024

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

DI LONTRE E CASTORI. E UN CIGNO

La storia di Greenriver, Holly Webb, Zanna Goldhawk (trad. Clara Serretta) 
La nuova Frontiera junior 2023 



NARRATIVA PER MEDI (dagli 8 anni) 

"Cantare era una di quelle cose che la facevano sentire diversa. Aveva cominciato a canticchiare tra sé e sé come se fosse una sciocchezza, o almeno così le avevano detto, inventando dolci e stupidi versi sulle increspature delle onde e sul vento che soffia tra i giunchi. All'inizio cantava solo per intrattenere gli altri cuccioli, ma adesso ogni tanto i più giovani le chiedevano di esibirsi durante la cena, per tutta la compagnia." 

Questa era una di quelle occasioni: un piccolo gruppo di giovani castori era riuscito a tagliare e trasportare il tronco di una grande quercia che sarebbe stato utilissimo per rinforzare la Roccaforte, il loro rifugio e quartier generale, che in alcuni punti stava cedendo. Tutti erano lì a festeggiare. Serica, come al solito, era ai margini della grande impresa: lei era piccola e debole e soprattutto non aveva (ancora) i denti e la coda adatti per dare il suo contributo. 
Ancora una volta, la piccola - così la chiamava suo padre, Mastro Bigio - si sentiva diversa ed esclusa dalla comunità. Amici ne aveva, Gelo e Macchia per esempio, ma non poteva non notare che tra i castori adulti era guardata con sospetto e tenuta a distanza. Anche il suo stesso padre, seppure a suo modo affettuoso e premuroso con lei, era sempre sfuggente. 
Sta piovendo da giorni, il fiume si ingrossa a vista d'occhio e nella comunità dei castori c'è grande fermento. Ma anche tra le lontre che vivono lungo il corso dello stesso fiume, ma ben più a monte, c'è preoccupazione. La Signora delle sponde, lo spirito delle acque, sembra non voler ascoltare i canti di preghiera delle lontre perché tutto si plachi e non si verifichi un'altra inondazione come quella che si è portata via la piccola sorella di Falasco, Bacca di sambuco. Nonostante lui sia ancora piccolo, non può rassegnarsi all'idea di non essere riuscito a salvarla. Fior di Cardo, la sua tata, non riesce sempre a stargli dietro. Neanche quando lui decide di partire per andare a cercare questa piccola sorella che tutti ma proprio tutti, compresa sua madre, pensano morta... 
Una giovane castoro e un cucciolo di lontra, una a valle e uno a monte dello stesso corso d'acqua impetuoso, entrambi con un grande peso sul cuore e un incubo notturno ricorrente. Tra loro, il grande nido del Cigno che tutto sa e una vecchia lupa, zoppa, quasi cieca e affamata. 
Questa è la loro avventurosa storia. 

Costruito intorno a due comunità e due scenari diversi, la tana dei castori e quella delle lontre, una a valle e una monte del grande protagonista silenzioso della storia, il Greenriver del titolo, il racconto di Holly Webb è una gradevole storia che, racchiusa in una grande bolla metaforica, mette a fuoco una serie di interessanti questioni. 
La scelta di creare un microcosmo selvatico insolito e più articolato rispetto al mondo animale che popola i suoi oltre centoventi libri pubblicati, dedicati a legioni di gattini e cagnetti, le permette di poter agire con una profondità di sguardo diversa. Infatti, sotto metafora, porta l'attenzione su una serie di questioni per i suoi lettori più attenti. 
Naturalmente, con storie come queste si può fare una scelta iniziale: seguire meramente le vicende di due cuccioli che si stanno correndo incontro in una natura che si rivela tutt'altro che accogliente. Neanche per loro che ne sono i legittimi abitanti. 
Oppure si può decidere di gustarne semplicemente l'aspetto avventuroso che stanno vivendo questi due personaggi destinati a ritrovarsi, quasi loro malgrado e nonostante tutto. 
Oppure ancora, godersi proprio questo aspetto non dichiarato esplicitamente se non a metà del racconto, e quindi appassionarsi al gioco nascosto di una "burattinaia" che manovra i fili da dietro le quinte. Si può decidere, per almeno un centinaio pagine, di non voler vedere, di non arrivare alla palese deduzione che la non castora, altri non è che la sorella lontra, strappata via dalla corrente il giorno della grande inondazione, sgusciata dalle zampe del piccolo Falasco. Inconsolabile nel sentirsi addosso la responsabilità di averla perduta per sempre. 
Oppure si può decidere di prestare orecchio al grido dall'allarme per una natura che si sta ribellando, o ancora ragionare di identità, di senso di appartenenza, ma anche di indipendenza, di perdita e di cura.
L'insofferenza di Falasco nei confronti del suo ruolo sociale che gli pesa e verso il quale comunque si sente di dover rispondere; il suo rimorso per non essere stato all'altezza della situazione durante l'inondazione e nel contempo il suo desiderio di autonomia nei confronti degli adulti e il suo desiderio di riscattarsi agli occhi della comunità; oppure ancora il senso di frustrazione di Serica nel non essere capace di essere 'come gli altri'; il suo senso di solitudine che nessuno tra i castori è in grado di lenire; la sua presa di coscienza identitaria che la rende orgogliosa del percorso fatto con tanta fatica e di conseguenza la sua attitudine a non volersi sentire prigioniera di un unico ruolo, la sua autonomia di pensiero che le ha insegnato a scegliere da sola e per sé: tutto questo è lì, avvolto nelle lucenti pellicce di due giovani lontre. 

Carla 

Noterella al margine. Un ulteriore merito di Holly Webb, e di chi qui l'ha tradotta, sta nella nomenclatura: Serica, Brizzo, Gelo, Macchia, Ruggine, Mastro Bigio, Pezzato, Fulvia, Falasco, Fior di Cardo, Bacca di Sambuco, Silene, Lady Spina, Sterpo, Lady Vimini, Crespino, Rio, Giglio, Selce, Ciottolo, Tormentilla, Salice, Calendula, Cenerina, Fulvio, Vellutino... e sopra tutti, Mostravento e la sua indimenticata Penna.

venerdì 26 gennaio 2024

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

FRA LE DUE GUERRE


A chi ha amato ‘Fuori fuoco’ non può non piacere il nuovo romanzo di Chiara Carminati, pubblicato da Bompiani. ‘Nella tua pelle’, questo è il titolo, è anch’esso un romanzo in cui la Storia viene indagata dal punto di vista dei più deboli, persone che mai entrerebbero nella saggistica storica. L’area geografica è ancora lì, fra il Friuli e il Veneto, e i protagonisti sono ‘figli della guerra’, ovvero bambini e bambine nati in seguito a violenze operate da soldati di tutte le etnie. Siamo alla fine della Prima Guerra Mondiale , col ritorno degli uomini dal fronte e coll’inevitabile rifiuto di questi figli ‘bastardi’, che finivano presso opere di carità come il San Filippo Neri di Portogruaro. Qui è ambientata la storia di Giovanna, Vittorio e Caterina, tre amici che condividono la vita dolce amara dell’orfanotrofio, loro che un padre e una madre in realtà ce l’avevano, ma non potevano condividerne la vita.
Giovanna è la prima a essere adottata da una famiglia benestante, incapace di affetto ma attenta all’educazione, condizione per la quale la bambina incontra per la prima volta un pianoforte, scoprendo un vero talento; poi Vittorio finisce a Venezia, in un istituto per artigiani e da lì fugge per trovarsi al Lido, a fare il falegname per l’ospedale in cui si era rifugiato. Caterina torna a casa, dopo la morte della mamma, perché servono braccia per lavorare.
Nonostante i destini diversi, il legame fra loro non si spezza mai, mentre sulla loro strada incontrano persone più generose di quelle che li hanno allontanati da casa.
Il dottor Caccia, dell’ospedale del Lido, la contessa che ospita Giovanna a Venezia, il maestro di musica Lorenzo sono tutti determinanti nel favorire una svolta nelle vite di questi ragazzi.
In questa storia, in cui non traspaiono giudizi morali, il bene e il male sono indissolubilmente intrecciati: la violenza della guerra, che lascia al suo passaggio infinito dolore, l’indifferenza di tante persone rispetto alla solitudine di bambini e bambine marchiati dal ‘disonore’, sono bilanciati dalla solidarietà, dall’amicizia, dalla stessa opera di carità che li ha accolti.
Anche in questo romanzo, come in ‘Fuori fuoco’, Chiara Carminati sceglie un tono sommesso, che non indugia sugli aspetti più drammatici di queste vite, ma descrive nel dettaglio la vita quotidiana del collegio, delle case, povere o ricche; segue le aspirazioni e le speranze che sostengono la vita incerta di queste ragazze e ragazzi. Fra gli anni Venti e Trenta succedono molte cose, compresa l’ascesa del fascismo; ma i sommovimenti della politica restano sullo sfondo, mentre un’unica novità si impone anche nella vita dei personaggi: la nascita del jazz, quella musica folle che dall’America sta per conquistare il mondo.
Scritto con stile impeccabile e con grande raffinatezza, una rara padronanza della lingua, questo romanzo può essere apprezzato anche dal lettore più esigente e lo consiglio caldamente a lettrici e lettori dai tredici anni ai novantanove anni.

Eleonora

“Nella tua pelle”, C. Carminati, Bompiani 2024



mercoledì 24 gennaio 2024

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

L'IMPRONTA DELL'AUTORE  

Grande, bro!, Jenny Jägerfeld (trad. Laura Cangemi) 
Iperborea 2024 


NARRATIVA PER GRANDI (dai 12 anni) 

"Forse gli era arrivato addosso lo skate? Arretrai di un altro passo e mi preparai a tornare a razzo al portoncino dopo aver contato fino a tre. Uno, due... Ah già, il portoncino si era chiuso! Rimasi immobile. Lui sputò a terra, si strofinò il mento e imprecò di nuovo. 
 'Porca di quella merda!' 
Aveva un repertorio di imprecazioni notevole, e suonavano anche parecchio dure. 
Poi tacque. Si avvicinò. Mi fissò. Dall’alto in basso. Aveva gli occhi marroni, ma dentro, vicino alla pupilla, intravidi un luccichio dorato. I capelli erano scuri, quasi neri, e ricci. La guancia era attraversata da una cicatrice che somigliava a una J, anzi, più che altro a un amo. Continuò a fissarmi, riuscendo a sembrare incazzato e perplesso nello stesso tempo. Poi mi premette forte lo skate contro il petto e disse qualcosa che, nonostante l’accento scanese, mi sembrò un «ci si vede». E non sapevo se fosse una minaccia o una promessa. 
'Mi chiamo Måns', dissi tendendo di colpo la mano per stringergli la sua." 

Måns e Mikkel si sono conosciuti così. 
Måns, 12 anni, è temporaneamente a Malmö con sua madre, che fa la doppiatrice di cartoni animati: deve registrare per quattro settimane e lui la segue. Contento di andarsene da Stoccolma e di cambiare aria per un po'. Si insediano nella casa di un vecchio amico materno e Måns comincia ad esplorare i dintorni. Un grande cortile interno potrebbe essere un buon posto per sgranchirsi con lo skate. Perché Måns è un drago sullo skate. Eccezion fatta quando gli sfugge da sotto i piedi per eccesso di spericolatezza e finisce sul mento di Mikkel, poco più grande di lui e completamente coperto di tatuaggi, che ha avuto la sfortuna di trovarsi nel cortile del palazzo nel momento sbagliato. 
Nonostante questo rovinoso esordio, Måns e Mikkel cominciano a frequentarsi, seguiti a debita distanza da Nora, che la madre gli mette alle calcagna come babysitter. Lei è la figlia diciassettenne dell'amico che gli affitta la casa. Si forma così una curiosa banda costituita da due ragazzini e due ragazzi di poco più grandi: Nora e Simpson, quest'ultimo il fratello maggiore di Mikkel, eccellente tatuatore. 
Questo è il racconto delle loro giornate estive, tra grandi sfide con lo skate, tra ferite e patti di sincerità e lealtà eterna, una fratellanza siglata con il sangue, gelati e bagni al mare, tra grandi chiacchierate e tatuaggi temporanei. Måns e Mikkel diventano inseparabili. Prendono un buon ritmo quei due. Vanno veloci e sicuri con gli skate e nella loro grande amicizia, fino al momento in cui un 'sassolino' li fa inciampare e cadere... 

Il sassolino in questione è un passaporto, quello di Måns, in cui è scritto a chiare lettere il nome con cui è registrata all'anagrafe, il nome che gli hanno dato i suoi genitori quando è nata: Michelle. 
A una persona che nella sua più profonda profondità sa di essere maschio è toccato in sorte un corpo da femmina. Ad accettare questo fatto alcuni hanno fatto molta fatica, primo fra tutti proprio suo padre che, all'idea che Michelle richieda da sempre e a gran voce di essere trattata da Måns, non vuole abituarsi. Lo stesso, la nonna giustifica le stranezze di Michelle, poi Michi quindi finalmente Måns, considerandole solo una fase... 
Del tutto diverso è il percorso che fa sua madre, la prima che prova a districarsi e a trovare una corretta postura, al principio solo 'formale', esteriore, ma poi sempre più intima e profonda. E in lei lentamente radica la sicurezza che Michelle davvero non sia mai nata, non esista, mentre è Måns il suo bambino. Ed è lui quello che le sta crescendo davanti. 
Bella questione. 
Centoventi pagine che, come sempre è successo con i libri italiani della Jägerfeld, si bevono a grandi sorsate. A libro chiuso, si percepisce la stessa sensazione di appagamento che si prova quando si ha tanta sete e si manda giù dell'acqua. 
Ma la grandezza della Jägerfeld non sta solo nello spessore delle questioni che pone, ma anche nella leggerezza della sua architettura per raccontarle. 
Di queste centoventi pagine decide di dedicarne una prima cinquantina a costruire personaggi e contesto. Quello di partenza, ovvero Stoccolma, traspare qui e là, ma è soprattutto quello di Malmö a prevalere. Riguardo ai personaggi, conosciamo un padre goffo che si comporta da imbecille, sarà lui stesso ad ammetterlo, e una nonna, quella della fase, sullo sfondo. 
A spiccare, invece, è soprattutto la madre e la gente nuova di Malmö. Sono loro i riferimenti della voce narrante, in questa prima parte. Rappresentano l'alternativa a una Stoccolma in cui essere se stessi è faticoso. 
Su tutti loro, giganteggia lui, Måns: un ragazzino che se chiude l'occhio sinistro i colori li vede molto più intensi, mentre se chiude l'altro sono molto più sbiaditi. 
Dov'è la verità? A quale occhio credere? si chiede sul treno che lo sta portando a Malmö. 
Bella domanda. 
Queste cinquanta pagine le sono sufficienti per costruire uno scenario solido, autentico e come sempre attraversato da un grande senso dell'umorismo. 
Poi, nello spazio di due pagine, avviene la grande sterzata. 
Tutto si ferma sul bordo della fontana dove Måns è seduto con un bel taglio in testa, procuratosi contro lo stelo della grande rosa di lamiera (!). 
Lì tutto si blocca perché Mikkel, nel stringere con lui un patto di sangue, lo ha appena definito 'bro' - fratello. 
A parte la bellezza intrinseca del gesto tra i due, che trasforma un'amicizia normale in una fratellanza "epica", Mikkel - inconsapevole come il lettore - attesta di fronte al mondo che Måns sia suo fratello. Un fratello maschio. 
Questo rende oltremodo felice Måns, nonostante il buco in testa. 
In poche righe, la scena è congelata come in un fermo immagine, Måns esce dalla trama, dalla sequenza degli eventi, e ci dice che lui effettivamente è un maschio, ma in un corpo femminile. Un maschio con la vagina. 
Altro che sberla contro la rosa di lamiera! La nostra visione d'improvviso si fa chiara. La Jägerfeld con la naturalezza, il garbo e la leggerezza che la rende strepitosa, ci costringe a fare il gioco dell'occhio sinistro che vede in un modo e dell'occhio destro che vede in un altro e ci illumina su come stanno in realtà le cose. 
Da grande autrice, ancora una volta si fa attraversare dalla vita vera e poi la trasforma in scrittura. 
"Parafrasando" Capasso, si potrebbe parlare qui dell'impronta dell'autore? 
Ora che è tutto molto più chiaro, il fermo immagine non ha più senso di esistere e la storia riparte. Ma con una differenza: noi come quasi tutti i protagonisti del libro adesso sappiamo. L'unico che non sa è Mikkel. 
Ritorna il racconto, ma si fa strada anche il rovello di Måns che non riesce a trovare il coraggio di essere per lui un fratello di sangue come si deve: sincero fino in fondo. 
Ma è davvero così? Ha davvero mentito a Mikkel? 
Arriva la scena del passaporto e tra i due amici si crea la frattura. Måns non riesce a spiegarsi con Mikkel, ma riesce a farlo una volta per tutte con suo padre, che, nel frattempo, lo ha raggiunto a Malmö. Un padre che finalmente pare aver capito. 
Tra rimorsi e malinconie, si torna a casa, alla vita di prima. La scuola e le solite fatiche riprendono. 
Ma a un pizzico dalla fine, mancano una decina di pagine, il ritmo cambia di nuovo. 
Madre e figlio ritornano a Malmö, per ultimare il doppiaggio e la Jägerfeld accende un grande faro per fare di nuovo luce. Mette in mano a Måns una matita rossa e gli fa scrivere un efficace riepilogo della questione. Si tratta di una lettera per Mikkel che Måns, con una inaspettata sicurezza, gli legge sulla porta della camera. 
Ebbene: la purezza delle parole scelte rende questo breve monologo un piccolo capolavoro di semplicità e chiarezza e quindi di efficacia. 
Non solo per Mikkel, ma per tutti. Si potrebbe stampare e diffondere ai semafori. 
Ecco, a proposito di diffusione. Accanto all'impronta dell'autore, ma pare si veda chiarissima anche l'impronta dell'editore. Editore che decide di continuare lungo la propria strada - coraggioso, fiero e ambizioso - nello stampare e diffondere libri così importanti. Necessari. 
E, a proposito di ambizione, torno a Calasso quando sostiene che un buon editore deve "fare bene quello che in precedenza era stato fatto meno bene e fare per la prima volta quello che prima era stato ignorato." 
Mi pare che con Iperborea ci siamo. 

Carla

lunedì 22 gennaio 2024

FAMMI UNA DOMANDA!

CASE

Pubblicato in Francia nel 2022 e lì premiato con il Prix d’Architecture pour la Jeunesse2023 de l’Académie d’Architecture , ‘Casa’, di Isabelle Simler, è arrivato in Italia grazie alla traduzione curata dall’editore L’Ippocampo.
Non è un argomento nuovissimo, le ‘case’ degli animali sono spesso oggetto della curiosità dei bambini, ma qui la trattazione, che riguarda 27 animali, esprime un approccio diverso.
Ciascuno degli animali protagonisti presenta la propria dimora raccontandola con piglio poetico, poche righe che descrivono l’eccezionalità di queste costruzioni che attraversano il mondo animale: dagli insetti agli uccelli ai mammiferi, ciascuna storia racconta la bellezza e la stravaganza di queste ‘case’ così particolari.


Ci sono gli insetti operosi, come termiti e api, ragni tessitori di irraggiungibile bravura, gasteropodi, uccelli di tutte le dimensioni e dalle straordinarie abilità, mammiferi. Una carrellata molto varia, che non segue nessun criterio tassonomico, esplorando il mondo animale con curiosità e stupore.
Particolarmente interessanti le ‘case’ di alcuni uccelli, come il pendolino europeo, il colibrì o dell’elfo dei cactus, rapace che trova riparo all’interno di quelle piante spinose.


Ma come ignorare l’imponente edificio di paglia costruito dal passero repubblicano?
E poi, a seguire, le costruzioni dei castori o le tane delle marmotte, edifici complessi che sembrerebbero richiedere intelligenze superiori, capacità di progettazione degne di un insigne architetto: questo è proprio uno di quegli aspetti del comportamento animale che spesso hanno creato non pochi grattacapi ai naturalisti: interpretare le capacità costruttive animali come espressione dell’evoluzione, o pensare che ci sia una sorta di trasmissione ‘culturale’ all’interno delle specie. La risposta naturalmente varia da specie a specie, ma le sorprese, in termini di intelligenze animali, crescono di giorno in giorno.


Comunque la si pensi, questo libro illustrato, suggestivo grazie alle belle, accurate illustrazioni dell’autrice, non può che stupire bambini e bambine affascinati dagli animali; magari li può aiutare a guardare gli animali non umani con più rispetto e considerazione. Personalmente, ho trovato particolarmente significativo voler chiudere il libro con lo sguardo malinconico dell’orango, col suo morbido giaciglio di foglie di una foresta che magari domani non ci sarà più.
Caratteristiche del testo e dell’impianto esplicativo fanno di questo libro un bell’esempio di divulgazione per i piccoli, a partire dai cinque anni, ma può essere apprezzato anche da bambine e bambini più grandi.

Eleonora

Casa”, I. Simler, L’Ippocampo 2023



venerdì 19 gennaio 2024

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

COSI' DOVREBBE ESSERE 

Streghetta Nocciola. Un anno nella foresta, Phoebe Wahl 
(trad. Libreria Radice Labirinto) 
Il Castoro 2023 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni) 

"Un pomeriggio, mentre Streghetta Nocciola stava tornando a casa, trovò qualcosa di insolito. Un uovo abbandonato! pensò la piccola strega. 
Aspettò un po' per vedere se qualcuno sarebbe venuto a reclamarlo. Poi, decise di far rotolare l'uovo fino a casa sua. 
Dopo averlo osservato, ascoltato e avergli dato qualche colpetto, Streghetta Nocciola costruì un nido per l'uovo vicino al fuoco e andò a letto." 

Al risveglio l'uovo si era rotto e ne era uscito un pulcino. Un pulcino di gufo che aveva anche già un nome. Come capita a quasi tutti i piccoli, diventò grande in men che non si dica. Addirittura troppo per la piccola casa di Nocciola. Il gufo quindi andò a vivere all'esterno, sul tetto. E lì cominciò a fare le sue prime prove di volo e planata. Finché una notte, ormai sicuro di sé, portò anche Nocciola a farsi un bel giro. 
Di lì a poco, in un'altra bella notte buia un altro gufo si affacciò e si mise ad aspettarlo ai margini della foresta. Partirono insieme e quando, il mattino dopo, la piccola Nocciola gli portò la colazione come al solito, lui non si presentò. Lei capì, lanciò un bacio verso il cielo e pensò che sarebbe stato bello un giorno rincontrarsi. 


Con l'arrivo del bel caldo estivo nel bosco Nocciola è combattuta tra il dovere e l'ozio, mentre l'autunno porta scompiglio e paura diffusa nel bosco, ma anche un interessante nuovo incontro mentre l'inverno la vede sempre in giro per essere d'aiuto agli altri abitanti, ma quando una tormenta di neve le cancella la strada verso casa è lei ad avere bisogno di qualcuno. Che arriva dal cielo e così il cerchio si chiude.

Quattro storie che hanno per protagonista questa minuscola e rotondetta piccola strega, molto simile a una nocciola, effettivamente. 
Questo libro è pieno di bellezze, davvero tante. 
Si può provare a snocciolarne alcune. 
La più evidente è la tantezza o tantitudine, ossia c'è proprio tanta ma tanta roba dentro. Così tanta che il formato del libro, già bello grande, fatica a contenerla tutta: persino i risguardi sono fitti di cose da vedere, di informazioni da raccogliere: una mappa per orientarsi. 
Il disegno è tanto: grandi e pieni di dettagli. 


I colori sono traboccanti. Belli, pastosi, suggestivi. I cieli notturni sono pieni di scuro, e le giornate estive sono piene di chiaro. Le notti e i cieli all'imbrunire sono velati di blu. La nevicata notturna che si fa tormenta può definirsi esemplare. 
Tantissimi sono anche i dettagli che movimentano le tavole: gli interni delle case che Nocciola visita nel suo consueto giro di compiti da svolgere sono una continua scoperta per gli occhi. 
I personaggi sono innumerevoli. Brulicano, ognuno a suo modo, ognuno con le proprie attività, nel tessuto di un bosco, di un ruscello, di un lago. Conigli appena nati alla pesa, topi che navigano, rane che timonano e nell'aria volano libellule e creature fantastiche. Ciascuno ha una sua caratteristica peculiare che lo rende riconoscibile. Il piccolo troll su tutti. 
Tanta è anche lei, Nocciola, felicemente e orgogliosamente rotonda: nelle mezze stagioni con i pantaloni a righe e con il suo maglione invernale con le greche, quando fa caldo con la sua camicetta a maniche corte e una salopette verde che può essere arrotolata alla bisogna. 


Camicia da notte di altri tempi, grembiule per casa, votata a non sottomettersi alla tortura della depilazione (lì ho trovato la conferma al sospetto che Phoebe Wahl era una che aveva un bel po' da dire e soprattutto che aveva un bel modo per dirlo), Nocciola è sempre lì a fare cose e le sue guance rubizze e le sue trecce mai perfette lo attestano con grande evidenza. 
Pattern ovunque: dalle cortecce degli alberi ai motivi geometrici di coperte e lenzuola, dal piumaggio di Otis alla brina delle foglie. Gioia! 
Altra grande bellezza è la libertà espressiva che attraversa tutte e quattro le storie. Paginone in cui sono i colori e le forme varissime a dominare su tutto. Sempre un po' impreciso, un po' incompiuto: il segno e il colore tirano dentro il lettore e lo portano un po' qui e un po' là. 
Una grande libertà di scelte compositive: dal fumetto alle tavole a doppia pagina e poi a singola e poi...
Ancora una bellezza sta nella grande varietà di cose che succedono, in un ritmo davvero incalzante che sembra pericolosamente spegnersi, ghiacciandosi sul finale per poi ridecollare alla grande. 
E ultima, ma non ultima, bellezza sta nella grande libertà di pensiero di Phoebe Wahl. Cresciuta senza educazione scolastica, ha scorrazzato libera con sua sorella per otto o nove ore al giorno, per poi concludere i suoi studi d'arte a una delle più prestigiose scuole americane: la Risd!! Tutto questo percorso ha fatto di lei una giovane donna profondamente libera e con una creatività debordante, che l'ha portata a vincere un sacco di premi... 


Cresciuta con un forte senso della comunità, e un grande rispetto per se stessa e per gli altri, Phoebe crea il suo alter ego: Nocciola che parrebbe dunque rappresentare sulla pagina quello che Phoebe pensa nella sua vita vera su questo pianeta. 
Con tutte le sue incombenze, Nocciola deve fare molte cose al giorno, così come Phoebe deve prendersi cura della sua bimbetta piccola H24 per 7 giorni su 7. 
Ed è forse per questo che Phoebe concede a Nocciola la possibilità di gestire il suo tempo e di allontanare, almeno per una giornata, le sue mille cose da fare. In questo senso il racconto dell'estate - Una giornata oziosa - è davvero illuminante.
Una bellezza per grandi e piccoli che leggeranno questo libro insieme. 


Perché è così che dovrebbe essere. 

Carla


mercoledì 17 gennaio 2024

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

IL POTERE DELLA NARRAZIONE


Un interessante esperimento, che intreccia la realtà storica a un romanzo d’invenzione, è firmato da Simone Saccucci per i tipi di Edt Giralangolo: si tratta di ‘L’ultima ferita’, pubblicato nell’autunno dello scorso anno.
L’elemento storico del racconto è rappresentato dal personaggio di Marie-Catherine d’Aulnoy, autrice, nel 1690, della prima fiaba pubblicata in Francia e poi, nel 1697, di una importante raccolta di fiabe in quattro volumi dal titolo Les Contes des Fées.
La sua vita avventurosa è contrassegnata da un matrimonio combinato con un uomo di gran lunga più vecchio di lei, da tradimenti, congiure, fughe attraverso l’Europa, per poi tornare in Francia per trovarvi finalmente la pace.
Si tratta di un personaggio singolare, dotato di grande carattere e di capacità letterarie, che non ha mai mancato di rimarcare, nelle sue opere, miseria e disgrazia di un matrimonio combinato.
Come entra nel romanzo di Saccucci? Come creatura magica, una fata capace di viaggiare nel tempo e di intervenire nel destino delle persone: è così che intercetta la vita della protagonista, la giovane Maya che noi incontriamo nel momento del suo trasferimento da Parigi a Barneville, in Normandia, dove vivono i nonni.
Maya è una ragazzina infelice, consapevole del vuoto delle sue relazioni sociali, alla ricerca di una via di fuga. A indicargliela è il nonno, che la porta da una guaritrice, la nostra fata; qui si ferisce con le sue forbici magiche, che le aprono la porta dei viaggi nel tempo: si ritrova, infatti, nei panni della dama di compagnia di Marie-Catherine d’Aulnoy, proprio al tempo del suo infelice matrimonio.
Così comincia il faticoso viaggio alla ricerca di se stessa, volando da un secolo all’altro, imparando il piacere dell’avventura e dell’innamoramento e di quell’incantesimo particolare che è rappresentato dalla narrazione. Filo conduttore, in questo continuo movimento temporale, sono i libri e le storie che contengono, ancoraggio sicuro, ma anche strumento di fuga da una realtà che sembra soffocante.
In questo modo trovano senso e composizione le dinamiche familiari, in cui i genitori appaiono distanti, mentre i nonni rappresentano il vero punto di forza della protagonista; in questo modo, doloroso quanto le ferite fisiche che richiede, la ragazza riesce a ritrovare il senso del suo stare al mondo. Il passaggio da un mondo all’altro richiede, infatti, delle ferite sanguinanti, che la protagonista si infligge senza paura.
Con una struttura complessa, non sempre accessibile per le lettrici e i lettori meno formati, e con una componente metaforica che pervade ogni passaggio, il romanzo si segnala per l’originalità con cui affronta due tematiche principali: il disagio giovanile e il potere della narrazione, che riesce a trovarvi rimedio, quasi ne fosse una specifica terapia. Raccontare e raccontarsi, con tutti gli strumenti che la narrazione suggerisce, dal realismo all’invenzione poetica, diventa la via maestra per costruirsi e trovare posto nel mondo.
Proprio la complessità della struttura narrativa e dei temi trattati richiede lettrici e lettori già collaudati, di almeno dodici anni.

Eleonora

“L’ultima ferita”, S. Saccucci, Edt Giralangolo 2023






lunedì 15 gennaio 2024

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

LO STRETCHING NELLA LETTURA

La Piuma il Barbuto e il Cattivo
, Beatrice Sesino, Umberto Mischi 
Biancoenero 2023 


NARRATIVA ILLUSTRATA PER PICCOLI (dai 6 anni) 

"Laggiù, nel bollente vecchio West, si muovono silenziosi tre cowboy solitari. 
O meglio: due cowboy e una cowgirl. I tre tipi misteriosi galoppano sui loro cavalli, mentre la polvere del deserto si infila nei loro nasi e li fa starnutire. 
CLOPPETE, CLOPPETE, CLOPPETE. 
Chi sono quei tre? Nessuno conosce i loro veri nomi ma tutti li chiamano La Piuma, Il Barbuto e Il Cattivo. Sono i giustizieri più temuti e coraggiosi di tutti i tempi e combattono i malviventi con la loro furbizia." 

Piuma è leggera come una piuma, Barbuto nasconde nella barba tutto ciò che gli occorre, e il Cattivo è così tanto cattivo che non dice neanche una parola: si limita a ringhiare. 
Sono come sempre in cerca di banditi da catturare. 


Di giorno cavalcano, cercandoli nel polveroso e vecchio West, di notte montano la tenda e sul fuoco grigliano bistecche di cactus. Quella mattina, arrivando al villaggio, hanno una bella sorpresa: sta per cominciare la famosa Settimana del fagiolo. Impossibile proseguire. Non solo perché i tre sono ghiotti di fagioli, ma anche per spetterà a loro catturare il 'malefico' ladro di fagioli. Nella dispensa del saloon sono sparite tutte le provviste di fagioli che la cuoca avrebbe preparato di lì a poco, trasformando il classico legume in frittelle e pizze ai quattro fagioli. E al loro posto c'è un messaggio minaccioso ricattatorio - manette d'oro dello sceriffo contro lattine di fagioli della cuoca. La meravigliosa festa che richiama folle di persone rischia di andare in fumo, senza fagioli. I tre si presentano all'appuntamento con il terribile malfattore e, come accade spesso nel vecchio e polveroso West, parte la sfida. Fino all'ultimo fagiolo. 

La cosa che colpisce di questa storia: così com'è, potrebbe essere stata scritta da un ragazzino. L'idea di partenza, il ritmo, i continui scarti propri di chi non si sottomette alla briglia della logica, ma anzi preferisce il galoppo libero, e ancora i piccoli dettagli divertenti e assurdi, tutto questo lo attribuirei ad autori che per altezza non superino il metro e trenta. 
Si tratta di uno di quei libri che di certo non ti cambiano la vita, ma che hanno il pregio di farti passare un quarto d'ora in allegria. Un libro spensierato. 
Hanno quell'andatura e quella lunghezza ideale per essere letti sul divano in santa pace, senza chiederti in cambio grandi sforzi. E alla fine ti danno anche la soddisfazione di poter andare in giro sbandierando la notizia che hai letto un libro. Tutto. E tutto da solo. 


Per un bambino, libri così, ossia con una scrittura che sia scorrevole, non banale o sciatta e che sappia tenere il ritmo, con una storia 'esotica' quel tanto che li possa portare altrove con un salto, con personaggi anomali e lievemente esagerati quel tanto che li renda divertenti pur restando coerenti fino all'ultimo rigo, ecco libri così sono necessari così come è necessario lo stretching alla fine di ogni allenamento che ha richiesto sforzo. Libri così allungano i muscoli della lettura e sono defaticanti per i lettori novelli. 
Il ruolo che gioca il contesto è molto importante e richiama all'istante una iconografia e un tipo di lessico (nonostante una piccola svista) che appartiene a un genere ben preciso: il film western. 


In questo i disegni di Umberto Mischi pescano giustamente in un immaginario consueto e diffuso. Fin dal titolo, a lettere cubitali che allude a Il buono, il brutto, il cattivo, canyon di fondo, polvere, saloon, sedie a dondolo, stivali, cappelli a tesa larga, fazzolettoni, colt, baffoni e mascelle forti e l'immancabile mulino a vento americano. Anche le inquadrature: i primi piani degli occhi focosi o degli stivali e le ombre lunghe sono quelle canoniche del cinema western. Insomma, c'è tutto quello che serve. 
La spensieratezza del racconto con alcune punte di follia movimenta un contesto tanto forte. I tre protagonisti sono molto caratterizzati, nomen omen: La Piuma si muove leggera per disorientare l'avversario, il Barbuto nella sua lunga barba rossa (!) nasconde utensili di prima necessità: il tostapane, il cavatappi, la foto di sua nonna, un tagliaunghie e lo spazzolino da denti; ma si vocifera che tra i peli ci sia ben altro. Di certo, un apriscatole di ultima generazione che sfodera al momento opportuno. Il Cattivo, che ha appena 'atterrato' con la sua fionda il gelato di una bambina perché lui è davvero cattivo, non parla ma ringhia moltissimo.


Come vuole la norma i tre, sebbene molto diversi, formano un un unico corpo in scena e anche quando parlano si allineano, rispettando l'ordine gerarchico e il galateo: prima le cowgirl, ultimo chi sa solo ringhiare. 

Carla

venerdì 12 gennaio 2024

FUORI DAL GUSCIO ( libri giovani che cresceranno)

ABITI SU MISURA

Di ambientazione decisamente invernale, ‘La strana bottega di Viktor Kopek’ è scritto da Anne-Claire Lévêque e illustrato da Nicolas Zouliamis, per I tipi de L’Ippocampo. Racconta la strana avventura di una bambina che, persa in città, si avvicina a una vetrina in cui compaiono numerose valigie. Eppure l’insegna recita ‘Costumi su misura’. La bambina non resiste alla tentazione ed entra, subito avvolta dal suadente profumo della cannella. Di lì a poco compare il proprietario, che le offre una bella fetta di torta. La bambina, ben contenta dell’offerta, nota come alle pareti ci siano tante fotografie di persone con una valigia in mano; Viktor le spiega che sono proprio suoi clienti.
Le valigie, continua, non contengono costumi per travestirsi, ma abiti e accessori utili ad affrontare i casi della vita.
La bambina è sempre più curiosa e l’omino gentile le mostra ben cinque valigie, contraddistinte da un’etichetta, che ha preparato per lei: la curiosa inveterata, la piuccheperfetta, l’insaziabile, la sfrontata, la principessa.


La bambina le apre tutte, trovando oggetti fra i più stravaganti: dal naso mobile per fiutare e indovinare, al sorriso di circostanza in taglia unica, al sorriso che la dice lunga.
Nessuna delle valigie la convince pienamente, così decide di allestirsene una prendendo un po’ di qua e un po’ di là. Chiusa la valigia, si sente più leggera e proprio quando sta per varcare la soglia del negozio, si sente il click dello scatto di una fotografia.
L’idea dell’autrice è intelligente, mostrare con ironia e senso dell’assurdo quanto importante sia costruirsi senza accettare stereotipi, modelli preconfezionati che difficilmente possono rendere felici. Non è un approccio didascalico, quanto scanzonato, rappresentando la bambina perfettamente a suo agio nel mescolare difetti e virtù dell’infanzia.


Nicolas Zouliamis interpreta il racconto accentuandone il lato surreale, riempiendo le tavole di moltissimi oggetti, alcuni dei quali si ripetono in continuazione: dal gatto bianco nella cappelliera, alle scarpe che compaiono in tutte le funzioni possibili e immaginabili, alle matrioske che si affacciano dai cassetti. Tutto concorre a creare quell’idea di imprevedibile e meraviglioso che rimanda a una camera delle meraviglie o all’universo dell’Alice di Lewis Carroll.


Le tavole che rappresentano le cinque valigie della bambina sono particolarmente originali nel rappresentare l’irrapresentabile, creazioni paradossali che funzionano da efficace metafora dei più disparati aspetti caratteriali di una bambina curiosa, golosa, un po’ impertinente e anche smorfiosa.
Bambine e bambini si possono perdere in queste immagini così ricche di dettagli e non possono che non riconoscersi in una storia che li invita a costruirsi senza cliché.
Caldamente consigliata a lettori e lettrici in erba, a partire dai sette anni.

Eleonora

“La strana bottega di Viktor Kopek”, A.C. Lévêque, N. Zouliamis, L’Ippocampo 2023