lunedì 29 aprile 2019

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


LA PIETRA DEL DOLORE


Ha grandi ambizioni l’ultimo libro di Alessandro Sanna, ‘Come questa pietra. Il libro di tutte le guerre’.
Che all’autore piaccia o no, che sia il suo intento consapevole o no, è un libro che vuole rappresentare un tema di carattere universale e lo vuole fare usando esclusivamente le immagini; il tema è la guerra, la violenza fra gli uomini. Certo, non una cosa da poco, un’impresa non solo difficile, ma piena di insidie per le implicazioni e le interpretazioni che se ne possono trarre. Filo conduttore, alcune poesie non riportate, fra cui quella di Ungaretti, che dà il titolo a questa opera.

SONO UNA CREATURA

Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente disanimata

come questa pietra
è il mio pianto che non si vede

la morte
si sconta
vivendo
“Vita d’un uomo”, Mondadori 1969

Dunque tutto ha inizio con una pietra, che già al momento del suo apparire diventa oggetto di contesa fra due uomini (Caino e Abele?) e nel suo continuo rotolare continua ad alimentare la contesa fra umani, ora con mezzi più semplici, delle lance rudimentali, poi con le frecce. Infine, ecco domati i cavalli per rendere più potenti gli eserciti.
Arriva il fuoco, che permette di forgiare armi potentissime, spade ed armature per essere invincibili.


Immani eserciti che si scontrano per lasciare un tappeto di cadaveri, che due mani gigantesche impastano per lanciare una nuova sfera nel mare. Ed ecco comparire le navi, le flotte di conquistatori, portatori di morte, le flotte che si affrontano nel mare, anche qui per lasciarsi alle spalle una scia di cadaveri.
E poi il cielo, le armi sempre più potenti portate dagli aerei, i bombardamenti, le esplosioni, il fungo di Hiroshima. Nelle tavole finali compaiono per la prima volta quelli che la guerra non la fanno, la subiscono e ne pagano il prezzo.


Infine la Terra vista da lontano come una minuscola pietra policroma, splendente nello spazio infinito, a prescindere dalla follia dell’agire umano.
Questo per sommi capi, per far capire di cosa stiamo parlando, ma qualsiasi traduzione narrativa non può che tradire una scelta, quella di Sanna, di far parlare solo le immagini, realizzate con una tecnica per lui inconsueta, utilizzando acquarelli su carta patinata; acquarelli poi incisi con un bisturi, per realizzare quegli elementi descrittivi che spiccano nel loro bianco assoluto.
Grandi tavole si alternato a pagine realizzate a strisce narrative, quasi come un fumetto, e ad altre riempite di riquadri, quasi istantanee in presa diretta.


E’ un libro potente, che sembra continuamente frutto della tensione di due opposti: l’orrore e la bellezza. Un senso opprimente di distruzione, quasi un destino ineluttabile, una maledizione divina o il gioco cieco di un demiurgo, cui fanno da contraltare la bellezza crudele di queste immagini forti di fuochi che bruciano, di frecce lanciate verso l’infinito, di cieli oscurati dal fungo nucleare.


Sull’estetica della guerra molti hanno costruito retoriche militariste; ma qui non si tratta di questo. Quello che si legge, a mio parere, è uno sguardo sgomento, e nello stesso tempo affascinato, sul destino degli uomini.
E’ un libro bello, intenso, coinvolgente, ma non per questo penso di condividerne il punto di vista, che mi sembra appiattito, mi perdonerà l’autore, su un approccio maschile, super eroico. Certo si parla di guerra e la guerra è cosa degli uomini; ma forse è proprio qui il punto. La guerra non viene dal nulla, dal gesto di un demiurgo feroce, che ama vedere gli uomini uccidersi l’un l’altro. Viene dal potere, dalla Storia, dal voler sottomettere l’altro e appropriarsi di quello che ha. E la storia delle guerre non è fatta solo di epici scontri, di carneficine sul campo, è fatta di distruzione di luoghi, di affetti, di solitudini di chi resta, di infanzie violate. Immagini che l’autore colloca nelle ultime pagine del libro, quando si parla del nostro secolo. E quanti soldati hanno veramente scelto di combattere? E la guerra continua a risplendere del suo fascino oscuro, anche quando la guardiamo non da lontano, ma all’altezza di un campo di battaglia, inondato di sangue?
Ma sarebbe una bella, intensa discussione da fare con ragazze e ragazzi che si fanno domande filosofiche.
E’ un libro per grandi, impegnativo, è un libro da discutere insieme.

Eleonora

“Come questa pietra. Il libro di tutte le guerre”, A. Sanna, Rizzoli 2019


venerdì 26 aprile 2019

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


IL MESTIERE DELL'ARTE

Il bambino tutto solo, Roland Topor
Vanvere Edizioni 2019


ILLUSTRATI PER MEDI (dai 6 anni)

"C'era una volta un bambino che viveva tutto solo... nel cavo di un albero in mezzo alla foresta.
Non aveva né padre né madre.
Non parlava mai e non aveva nemmeno un nome, perché non c'era nessuno a chiamarlo."



Ogni sera arrivava un uccello con un paniere di cibo nel becco. 



Tra una visita a l'altra però lui si annoiava. Tutto cambia un giorno quando il bambino trova per terra una piuma di quell'uccello e se la metta come avrebbe fatto un indiano.
La grande novità è che ora intorno a quell'albero sono in due: il bambino e l'indiano. Dividono e spartiscono tutto: insieme giocano, si azzuffano e soprattutto si contendono la giovane principessa che l'uccello un giorno qualsiasi ha scaricato dal paniere. Per avere il suo amore il bambino e l'indiano farebbero di tutto. E quando lei, malinconica, sogna di tornarsene al suo castello, entrambi le promettono di ricondurla dal padre. Litigano forte tra loro per la supremazia e nella zuffa la piuma va persa. Senza di lei, non c'è più neanche l'indiano e tutto ritorna come era un tempo: silenzio e solitudine e albero cavo. Finché un giorno un taglialegna passa di lì, e lo prende con sé.
E di nuovo tutto cambia.

Ecco. La chiave forse che rende un libro migliore di un altro sta proprio in questo cambiamento che porta in sé: un movimento, talvolta una giravolta, che sposta i connotati della questione e necessariamente costringe l'osservatore a impostare un nuovo, e inedito, punto di osservazione.
Direi che questo è il mestiere dell'arte.
Topor di cose ne ha spostate un bel po'. 

Copertina di Graphis N° 151  1970
Basta scorrere rapidamente i suoi disegni per rendersi conto del suo originale modo di leggere il mondo. Lui stesso ha più volte dichiarato insopportabile la realtà e ha suggerito il gioco come unico rimedio praticabile per resistere al suo peso:
"La realtà in sé è orribile, mi dà l’asma. La realtà è insopportabile senza gioco, il gioco consente una immagine della realtà. Io non posso perdere il contatto con la realtà, ma per sopportarla ho bisogno di questo gioco astratto che mi permette di trovare quello che può essere ancora umano.

Prisoners of Conscience 1977

Da qui, viene naturale creare un legame con il Surrealismo, in cui Topor ad evidenza radica. E se si chiama in causa il Surrealismo non è possibile non chiudere il cerchio chiamando altrettanto in causa l'infanzia e la lettura istintivamente 'surrealista' che della realtà fanno i bambini, e per l'appunto attraverso il gioco.
Se ne deduce che Topor, se messo in mano a ragazzini e ragazzine, si rivela molto adatto a loro. Semplicemente perché linguaggio e visione sono condivisi.
Il lato perturbante, qui lievemente sadico, di Topor, che tanto me lo fa amare e avvicinare a Gorey, se offerto a dei giovani lettori potrebbe potenziare l'affinità di cui sopra, sempre che superi il vaglio 'moraleggiante, perbenista, politicamente corretto e protettivo' degli adulti.
Facciamo finta che (!) l'adulto non si curi del fatto che questo bambino sia solo, non si preoccupi del suo sdoppiamento, non si allarmi del fatto che nel libro si succedono diverse scazzottate, e non si turbi se l'oggetto del contendere è una 'femmina', per di più principessa. E speriamo anche che l'adulto in questione conosca almeno un po' l'arte di Topor e la riconosca come tale. Ecco, date tutte queste condizioni, il libro potrebbe arrivare serenamente nella mani di un bambino o di una bambina.
Cosa piacerebbe a loro?
In ordine:
1) La sconfinata solitudine in cui agisce il protagonista. Un vero alieno che ha preso casa in un albero.
2) La semplicità del vivere. Occorre un tronco cavo, un corvo puntuale e generoso. Una banana ogni tanto. Degli abiti. E una buona dose di immaginazione.

 
3) La fiaba (c'era una volta) e l'oggetto magico. La piuma che accende l'immaginario temporaneamente sopito, e la principessa, immancabile simbolo per eccellenza.
4) La sostanziale autonomia di pensiero delle principesse.


5) Il gioco, di ruolo. Il facciamo finta che che diventa immediatamente realtà. Lo so che è un gioco, ma ci credo.
6) L'onnipotenza, ovvero essere senza sforzo contemporaneamente molte persone diverse.


7) La sfida. Combattere e guerreggiare per vincere. Non per partecipare.


8) La seconda possibilità. I bambini, se lasciati fare, sono maestri delle sconfitte e, nella continua ricerca di un percorso che si riveli per loro vincente, apprezzano molto le seconde possibilità che vengono loro offerte per ritentare.
9) Una mano sulla testa. Qualcuno che, nel momento estremo, arrivi a salvarli, riconoscendo l'urgenza del caso.



10) C'è un tempo per ogni cosa. Avere ben chiaro nella testa che c'è il tempo per l'amicizia, per la lotta e poi anche quello per l'amore.
11) L'economia, ovvero il percorso più dritto per arrivare al dunque. Anche a costo di sacrificare un po' di realismo sull'altare dell'assurdo.
12) Il nitore. Di testo e figura. La loro 'luminosa chiarezza'. Nulla abbonda (meno di 400 parole, una pagina bianca ogni due), tutto quello che si vede è semplicemente necessario.
13) Il lieto fine...è pur sempre una fiaba, o no?

Più di una dozzina di ragioni per farlo arrivare nelle mani giuste.



Carla


giovedì 25 aprile 2019

ECCEZION FATTA!

BLOG 
(antifascista)


IN PAUSA


25 aprile-anniversario della Liberazione
(da '45, Maurizio Quarello, Orecchio acerbo 2017)

martedì 23 aprile 2019

FAMMI UNA DOMANDA!

AI CONFINI DEL MONDO



Ha vinto il premio, nella categoria non fiction, all’ultima Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna (e a breve uscirà in Italia con Donzelli), è un libro illustrato, di grande formato, che non può passare certo inosservato: si tratta di ‘Atlas das viagens e dos exploradores’, di Isabel Minhos Martins e Bernardo P. Carvalho, pubblicato da Planeta Tangerina. Ancora una volta questo editore dimostra una grande capacità d’innovazione nel proporre testi divulgativi, coniugando testi consistenti con un apparato iconografico di grande impatto.


Qui, come si capisce dal titolo, parliamo di viaggi ed esplorazioni, con una carrellata che parte dall’antichità per arrivare all’Ottocento.
Si inizia con una interessante introduzione al tema dei viaggi, non sempre spinti da umana curiosità: in alcuni casi, gli esploratori avevano finalità pratiche, per esempio la ricerca di risorse, oppure militari, quando si trattava di conoscere meglio un potenziale nemico. Al primo caso appartiene Pitea, un esploratore greco che nel IV secolo avanti Cristo si spinse oltre le colonne d’Ercole fino alla Britannia alla ricerca di piombo; all’altra tipologia appartiene il frate francescano Giovanni da Pian del Carpine, mandato dal Papa ad esplorare usi, costumi e potenza militare dei Tartari.


Mi sembra anche importante, in un testo destinato ai ragazzi, che si sottolinei il diverso approccio culturale che ha caratterizzato le esplorazioni e poi le conquiste di territori su cui abitavano popolazioni indigene. Lontanissime le accortezze e le sensibilità culturali nei confronti delle popolazioni autoctone che potevano non avere alcun valore agli occhi degli esploratori, oppure essere considerati primitivi o arretrati. Per non parlare di rispetto dell’ambiente, un concetto che faticosamente si sta facendo strada in questi ultimi decenni; d’altra parte se scopo di alcuni di questi viaggi era proprio lo sfruttamento delle risorse naturali, è facile capire che ci fosse ben poco interesse rispetto alle conseguenze di tale condotta.
In ultimo, l’attenzione per le donne esploratrici, obbiettivamente in minoranza, ma che pure sono esistite: qui vengono citate la francese Jeanne Baret, la prima donna a compiere la circumnavigazione del globo, e l’inglese Mary Henrietta Kingsley, geografa ed etnologa che esplorò l’Africa alla fine dell’Ottocento.


Le descrizioni dei viaggi sono affiancate da mappe che ne descrivono il percorso e da tavole che illustrano i dettagli, in bianco e nero; più episodicamente ci sono delle grandi tavole, dai colori squillanti, che più che descrivere, evocano l’idea del viaggio, della vastità dei territori, degli orizzonti lontani e sconosciuti. Tanto dell’approccio al viaggio è fatto di immaginazione, di aspettative, di leggende ed è importante conservare il fascino del viaggio e della scoperta nel raccontare a ragazze e ragazzi queste grandi avventure.
Non è un libro facilissimo per i più piccoli, qualche nozione di storia e di geografia bisogna averla per orientarsi in queste antiche mappe. E’ sicuramente un libro affascinante per lettrici e lettori dai nove, dieci anni in poi.

Eleonora

“Atlas das viagens e dos exploradores”, I. Minhos Martins e B. Carvalho, Planeta Tangerina 2018




domenica 21 aprile 2019

ECCEZION FATTA!

BLOG IN PAUSA





per assoluto bisogno di riposo










(da Al di là della foresta, Nadine Robert, Gérard DuBois, Orecchio acerbo 2017)

venerdì 19 aprile 2019

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


BELLA COPPIA!

Rana e Rospo sempre insieme, Arnold Lobel 
(trad. Cristina Brambilla)
Babalibri 2019


NARRATIVA ILLUSTRATA PER PICCOLI (dai 6 anni)

Rana e Rospo mangiarono un sacco di biscotti, uno via l'altro. 'Sai Rospo' disse Rana con la bocca piena, 'penso che dovremmo smettere di mangiare biscotti o ci verrà il mal di pancia.' 'Hai ragione' disse Rospo 'mangiamo l'ultimo e poi basta.'"

Naturalmente non fu così. La ciotola dei biscotti che ha fatto Rospo è ancora bella piena. E smettere non è per nulla facile: occorre la forza di volontà. Cioè occorre sforzarsi di non fare quello che tanto si vorrebbe fare...
Quindi dalla ciotola i biscotti vengono rinchiusi in una scatola. Ma la forza di volontà non impedisce loro di aprirla. E anche se le mettono lo spago intorno, la forza di volontà non ha a che fare con il tagliare i nodi... La scatola, ormai sempre più vuota arriva fino in cima alla credenza. 


Solamente quando tutti gli uccellini vengono invitati a mangiare i biscotti per finirli e li finiscono, i due constatano di non avere più biscotti, ma moltissima forza di volontà. Quella necessaria a farli decidere di fare una bella torta...


Questo è uno dei brevi racconti che Arnold Lobel scrisse un bel po' di anni fa. Le loro storie, pubblicate con il titolo Rana e Rospo grandi amici, nella collana Fabbri - collana che conteneva vere e proprie chicche della letteratura internazionale, chiosate da Antonio Faeti - comparvero, circolarono un bel po' e poi sparirono. Ora Babalibri, in una veste grafica lievemente diversa (i testi sono in stampato maiuscolo e stampato minuscolo), lo ha ripubblicato con l'obiettivo di metterlo nelle mani di giovanissimi lettori, alle prime armi. Trova posto in questa nuova collana Superbaba, dove il registro consueto della casa editrice cambia: non più i consueti picture books che hanno reso famoso e amato il suo catalogo, ma libretti più agevoli, in brossura. Da collezionare (ne sono già usciti 4 titoli) e da utilizzare come palestra di lettura.
Ma non solo.
Rana e Rospo sempre insieme è una meravigliosa palestra per esercitarsi a leggere la realtà con criteri insoliti. Criteri che, non credo sia errato pensarlo, sono lontani dagli stereotipi e appartengono all'infanzia. Basti pensare alla logica stringente (solo i bambini conoscono a fondo la logica e la praticano con assiduità) che è sottesa al racconto in cui Rospo decide di scandire la sua giornata con un comodo elenco scritto di cose da fare. Oppure l'esercizio di pazienza dello stesso nell'attesa snervante di un giardino appena seminato. La pazienza è una cosa che matura eventualmente con l'età, è risaputo. 
Oppure ancora, questa solida e bella coppia maschile, inossidabile anche dopo quasi cinquant'anni di serena convivenza sulla pagina.


Insomma è una grande gioia rivedere Lobel in giro (già Kalandraka qualche anno fa pubblicò le Storie di topi) e Rana e Rospo in particolare. E soprattutto constatare ancora una volta quanto esso rappresenti a tutti gli affetti un classico della letteratura contemporanea. Un fondamento. 


Lobel, e lo attestano le Caldecott e le Newbery Medals vinte, fa parte di quella nutrita schiera di autori americani (o ivi trapiantati) che dalla fine degli anni Cinquanta fino a tutti gli anni Settanta ha dato vita a un'epoca d'oro per il libro illustrato. Un disegno molto classico in una impaginazione altrettanto rispettosa dei canoni, Rana e Rospo sempre insieme rivede la luce grazie a una colta politica di progetto che qui si deve a Babalibri, ma anche diversi altri editori hanno intrapreso. 
Non si tratta solo di omaggi ai Padri e alle Madri della contemporanea letteratura illustrata, quanto anche di un'esigenza di riconfigurarsi, editorialmente parlando, su un canone che garantisca la qualità migliore all'interno di un panorama che sempre più spesso non dimostra di saper essere all'altezza delle aspettative.



Come dire, in libri del genere, lo sguardo spazia e l'aria che si respira è più rarefatta, dentro c'è più ossigeno e leggerli fa girare, meno male, la testa.

Carla

mercoledì 17 aprile 2019

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


LARGO AI BAMBINI ‘BUONI’!


Vengono presentati come ‘classici’, pubblicazioni originali rispettivamente del 1985 e del 1978, che hanno avuto un grande successo in America e che ora Bompiani propone al pubblico italiano con le illustrazioni di Sergio Ruzzier: parliamo di due volumetti, rilegati, e con titoli che potrebbero essere facilmente fraintesi. Il primo che vorrei sottoporvi è ‘Storie per bambini perfetti’, di Florence Parry Heide.


Si tratta di otto raccontini brevi, dall’ironia fulminante e caratterizzati dalla vittoria incontrastata di bambini che tutto sono fuorché perfetti; ciascuno di loro è in grado di dirottare il corso del destino a proprio favore, con trucchi di ogni genere riescono a raggiungere i propri obbiettivi facendo fessi i genitori: c’è chi intende l’espressione ‘guardare’ la sorellina più piccola come stare ad osservarla mentre distrugge mezza casa; chi fa sparire in un sacchetto le schifose carote, ben contento di mangiarsi poi una torta gigantesca; chi rompe tutti i piatti che gli capitano in mano per farsi esentare dall’asciugarli, mentre la sorella un po’ tonta li asciuga alla perfezione. 


L’altro testo è ‘Favole a cui non badare troppo’, nove storie scritte dalla stessa autrice insieme a Sylvia Worth Van Clief: anche qui abbiamo brevi storie ‘edificanti’, ove la morale della favola, letteralmente, è un simmetrico ribaltamento che dimostra, con solida evidenza, che essere buoni ed obbedienti non conviene. I personaggi principali non possono non emergere per pigrizia, distrazione, furbizia. E quando invece sono sinceri, guai a loro!

Questi testi sono un vero manifesto alla libertà dei bambini: libertà dall’obbligo di essere pure emanazioni dei grandi, libertà di essere decisamente discoli e anche piuttosto scaltri.
Da una parte, dunque, degli adulti di cui Ruzzier giustamente ci fa vedere solo le ampie gonne e i piedi, adulti distratti, che non sanno interpretare i comportamenti dei figli; dall’altra dei bambini e delle bambine che hanno un’idea molto chiara di ciò che vogliono.
E’ decisamente un’immagine irriverente, un grande sberleffo a chi pensa di avere realmente sotto controllo il comportamento dei figli. E lo è con quella piccola vena di cattiveria , i buoni sono dei tonti, mentre i bambini che mentono, cospirano, dissimulano hanno la strada spianata, che non può che ispirare simpatia e molte risate liberatorie da parte di chi quei trucchi li ha messi in campo senza successo. Infatti, bisogna dire che questo esercito di discoli esercita il proprio diritto alla disubbidienza senza una vera malizia, ma con grande semplicità: questi piccoli sono quello che sono, detestano asciugare i piatti insieme alla mamma, mettere in ordine la cameretta, mangiare le carote. E chi può contestarglielo. L’originalità sta nel mostrare apertamente questa alterità, con una buona dose di irriverenza.


Sicuramente sono testi in contro tendenza rispetto alle aspirazioni moraleggianti di tanti libri per bambini, quei libri di varia natura che spiegano come va, o dovrebbe andare, il mondo e come ci si debba comportare.
Ruzzier interpreta il testo sottolineando furbizia e ingenuità negli sguardi in tralice, nei sorrisi soddisfatti, nel rendere trucchi e sotterfugi. Grande ironia nel tratto e una buona dose di complicità con i malandrini che popolano queste pagine.
I testi brevi, i caratteri grandi fanno di questi libri un’eccellente prova per lettori e lettrici alle prime armi, con buona pace delle perplessità di insegnanti e genitori.

Eleonora

“Storie per bambini perfetti”, F. Parry Heide, S. Ruzzier, Bompiani 2019
“Favole a cui non badare troppo”, F. Parry Heide e S. Worth Van Clief, S. Ruzzier, Bompiani 2019








lunedì 15 aprile 2019

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

NON CAPITA TUTTI I GIORNI

Björn. Una primavera di scoperte, Delphine Perret 
(trad. Maria Bastanzetti)
Terre di Mezzo, 2019


NARRATIVA ILLUSTRATA per PICCOLI (dai 6 anni)

"Come ogni anno, prima di andare a ispezionare tutto ciò che durante l'inverno potrebbe essere cambiato, Björn fa qualche passo davanti alla sua caverna e stiracchia ben bene le dita dei piedi. Quest'anno, nell'erba accanto a lui c'è un carapace."

Si è appena svegliato, dimagrito e con la bocca impastata. Come accade sempre dopo un lungo sonno come è quello del letargo. Appena fuori dalla sua caverna c'è una tartaruga di passaggio con cui l'orso Björn si incammina per fare una passeggiata in avanscoperta. Insieme vedono cose che prima non c'erano e incontrano vecchie conoscenze. Insieme si chiacchiera dell'inverno appena trascorso, sotto una pioggia di petali di fiori di ciliegio. L'erba sta diventando verde e soffia un venticello tiepido. 
Signori, è arrivata la primavera. E quando c'è un'arietta così piacevole e tiepida è bello muoversi un po' ed è facile fare incontri diversi: un telefono perduto con un ultimo cincino di batteria (lo stretto necessario per chiamare anche una pizzeria), un picnic e un giro sull'autobus 43 con gli amici di sempre, un appuntamento fissato in città con Ramona, bambina che lo invita in piscina.


Quando poi la sera si torna a casa è bello trovare posta in cassetta.
La tartaruga di passaggio è stata di parola: ha mandato la cartolina e una lettera scritta per bene da più lontano. Racconta di odori che cambiano, di prati, di grandi città, di legno, di sabbia e di stelle. Tutti riuniti accanto a Orso che ha appena finito di leggerla stanno un momento in silenzio a guardare davanti, il cielo che è immenso. E nella testa di Björn passa un pensiero profondo...

Ci sono libri necessari. Necessari per la direzione contraria che indicano, per la voce diversa che hanno.
La loro urgenza di esistere è direttamente proporzionale alla loro rarità.
I libri di Björn, questo è il secondo, appartengono a questa categoria.
In cosa si concretizza il loro essere anomali? Il tono, il ritmo, il contesto e il testo, il disegno. 
Il tono è basso, quasi un sussurro. Non si ride a crepapelle, non ci si commuove (forse solo qualche adulto particolarmente sensibile), ma piuttosto si racconta ciò che lo sguardo incontra, si dà voce a qualche pensiero, talvolta molto profondo, si fa festa, si sta assieme -orsi, tassi, lepri, volpi, cince - con la più grande semplicità. Tutto avviene senza strepiti e la vita scorre in una sorta di armonia pervasiva e permanente, data forse dalla consapevolezza interiore di ciascuno di loro di essere parte di un gioco più grande e, in qualche modo, superiore e misterioso. Riconoscerlo, può solo giovare.
Il ritmo, seconda anomalia, ovviamente è specchio di questo tono basso. È un ritmo lento, pieno di indugi, che permette di percepire ciò in cui ci si trova immersi, che permette e assicura a tutti i personaggi di Björn delle serene relazioni interpersonali, fatte di rispetto e sincero affetto. Il ritmo così pieno di lentezza dà loro l'opportunità di godere dello stare insieme, e di condividere emotivamente delle esperienze comuni o messe in comune, attraverso il racconto.


Non sono forse queste perle rare?
Tono e ritmo prendono, o forse sarebbe più giusto dire danno forma a un contesto talmente scevro da sovrabbondanze che diventa quasi primordiale, archetipico. Certamente universale.
Il bosco di Björn rappresenta l'idea di bosco. Ovvero luogo naturale per eccellenza, microcosmo originario.
E non a caso in queste ultime sei storie che si concedono diverse 'escursioni' nella vita vera, convulsa e rumorosa (il piccolo telefono, per il tempo della sua breve vita, rende immediatamente 'agitate' anche le relazioni tra gli amici di Björn. Salvo poi morire per esaurimento della batteria, permettendo così di ristabilire, la precedente armonia e lentezza), si apprezza sempre tanto il ritorno a casa, nella pace e nei pochi suoni tra gli alberi e l'erba.
Il bosco di Björn tanto mi ricorda il bosco di Tellegen: luogo dove il pensiero ha tutto l'agio di potersi esprimere, dove l'umanità -quella filosofica- trova parola, anche sotto mentite spoglie.
Testo e contesto qui sono felicemente allineati: si parla poco, ma con parole che trovano peso e leggerezza nel loro essere molto pensate, felicemente tradotte, e misurate.
Ultimo ma non ultimo il segno. Anomalo, nella sua timidezza, eppure di enorme efficacia e coerente con testo e contesto. Mai preponderante rispetto alle parti scritte in quel sottile maiuscolo, dedicato a quanti sono primi lettori e lettrici. Delphine Perret è maestra di sintesi. Basta guardare le tante cose belle che ha disegnato e scritto finora.
Riflessione finale sulla necessità di libri del genere. 


Come i panda vanno protetti tutti quei piccoli semi che hanno in sé l'embrione della diversità.Tali libri, tanto il primo quanto questo secondo volume, devono esistere per quei bambini e quelle bambine che non amano la ribalta, che non urlano e non scalciano ma che, quando sono chiamati a votare il loro libro preferito, non si intimidiscono ad alzare la mano, quasi unici in una classe, e riescono a dire con un filo robusto di voce: Björn!*

Carla


NOTERELLA AL MARGINE
* Björn, primo volume, è in concorso per il Premio Scelte di classe - Leggere in circolo.