lunedì 31 agosto 2015

UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)


LA SCELTA DELL'EDITORE


Il confronto che oggi vi propongo è fra due romanzi pubblicati dallo stesso editore, che li ha virtualmente collocati in scaffali lontani, la narrativa per ragazzi e il romanzo fantastico, o fantasy, se preferite. Quest'ultimo, L'oceano in fondo al sentiero (qui l'autore che legge) di Neil Gaiman, in America è proposto ai più giovani, mentre qui la collocazione nella collana Strade blu, ora in Oscar, della Mondadori lo colloca nella narrativa 'per grandi', e dunque ha raggiunto solo i giovani lettori più informati. E' vero che Gaiman è uno scrittore duttile, che spazia dal fumetto alle storie esplicitamente per bambini, e spesso è difficilmente riducibile a un genere o all'altro. Vi racconto, allora, brevemente la trama: la narrazione parte con un protagonista adulto, che torna nei luoghi della sua infanzia, in occasione di un funerale; qualcosa lo spinge a cercare una casa, dove vive l'enigmatica signora Hempstock, sul cui terreno si trova uno stagno. Sedendosi qui, su una panchina a contemplare l'acqua, ricorda cosa successe quando aveva sette anni. Tutto cominciò con la morte del suo gatto e col suicidio di uno strano visitatore, cui seguì l'incontro con una famiglia di sole donne, la più giovane delle quali, Lettie, era poco più grande di lui, ed è lei che lo aspetta ancora, nello stagno dietro la casa delle signore Hempstock, la cui memoria arriva all'inizio dei tempi.
Dunque, per buona parte del romanzo abbiamo per protagonista un bambino di sette anni che la sorte spinge ad incontrare il labile confine fra questo ed altri mondi.
L'infanzia è popolata di personaggi straordinari, del bene e del male che si combattono senza esclusione di colpi, di drammi infinitesimali che cambiano il corso della vita. Questo mondo di mezzo, fra realtà e fantasia, pieno di inquietudini, di oscurità, Neil Gaiman lo descrive con maestria: chi non ha combattuto epiche battaglie, avventure straordinarie, in compagnia dei personaggi che popolano la fantasia, non legga questo libro; come lo stesso protagonista, appartiene alla categoria di persone che hanno dimenticato un bel pezzo della propria infanzia. Diventare grandi implica davvero dimenticare i mostri, le streghe buone, le battaglie contro le oscurità misteriose e maligne? Come si vede, dietro la linearità di una trama fantastica e un linguaggio spesso infantile, si cela una complessità e una domanda che può essere di vitale importanza per un adolescente, un ragazzo o una ragazza che ancora non sa che fare della propria infanzia.
'I bambini, come dicevo, usano vie traverse e sentieri nascosti, mentre gli adulti seguono le strade maestre e i percorsi stabiliti.'


L'altro libro che vorrei proporvi è L'alfabeto del silenzio, che ha una storia per certi versi speculare; romanzo a tutto tondo, con elementi di interesse anche per i ragazzi più grandi, è stato ristampato, da una prima edizione scolastica, direttamente nella collana Oscar junior, escludendo un lettore più maturo. Qui troviamo una bella storia d'amicizia fra Connor, l'io narrante, e Brandwell, immerso in un improvviso mutismo dopo un evento traumatico. E' stato forse lui il responsabile della caduta della piccola Nikki, la sorellastra ora in coma?
Il romanzo parte da qui, da un amico messo di fronte al dubbio di una tragedia sfiorata; ma un amico è un amico, e Connor ce la mette tutta nel cercare la verità, che non può passare altro che da quello che Brandwell dirà; ma come comunicare con lui? E' necessario inventare un nuovo alfabeto, un nuovo linguaggio, per scoprire una verità che, ovviamente, non è quella che appare.
La trama non può essere svelata più di così, se non aggiungendo che svolge un ruolo importante la baby-sitter Vivian, oggetto del desiderio del preadolescente diventato muto. Di cosa realmente si sente in colpa, forse dell'attrazione provata nei confronti di questa ragazza più grande, esibizionista e maliziosa? Diventare grandi è anche fare i conti con un desiderio che appare ancora oscuro, imbarazzante, colpevole. Ed è il confronto con un amico vero, disposto ad ascoltare l'alfabeto del silenzio, che consente di ritrovare la strada della normalità, l'affermazione di una verità liberatoria. Dunque, una grande storia di amicizia e una storia che ruota intorno al tema della paura di diventare grandi, del senso di colpa che ne deriva e del rifiuto del mondo adulto, segnato dall'inganno.

Vi ho proposto questi due libri, entrambi adatti a giovani lettori e lettrici dotati di una certa maturità personale, dai tredici anni in poi, perché sono ottimi romanzi e, nello stesso tempo, rappresentano bene gli strani meccanismi editoriali: attribuire un testo a una certa collana implica predeterminarne la collocazione in libreria. Sbagliare collana, così come copertina o formato, può significare far morire un libro senza che sia mai sottoposto al giudizio del suo pubblico ideale. Questo è ancor più vero soprattutto perché buona parte dei lettori si serve da librerie, fisiche o virtuali, in cui il filtro critico del libraio è stato eliminato.

Eleonora

L'oceano in fondo al sentiero”, N. Gaiman, Mondadori 2013
L'alfabeto del silenzio”, E.L. Konigsburg, Mondadori 2002, 2015






sabato 29 agosto 2015

A VOLTE RITORNANO

Eccomi dopo tanti mesi di assenza. Mi è mancato non riuscire a scrivere il post settimanale o quasi, ma l’immersione totale in consegne di lavoro molto pressanti mi ha impedito di preparare qualsiasi cibo che non fosse legato alla pura sussistenza.
Il periodo non è finito, ma qualche giorno di vacanza è servito per farmi ricordare una ricetta che trovo buonissima ed è costituita da ingredienti che proprio in questo momento dell’anno iniziano a maturare: zucche e mele.
Anche quest’anno ho raccolto nel campo di Albertina la zucca.
Eccola qui:


Le mele che ho trovato sono di una varietà che matura alla fine dell’estate, le Gala, anche se, in effetti, quelle più adatte per la cucina sono le renette che ancora non si trovano.

Ingredienti:

per la pasta
350 gr di farina
200 gr di burro
100 gr di zucchero
1 uovo
scorza grattugiata di un limone
un pizzico di sale

per il ripieno
1 kg di mele
400 gr di zucca decorticata
400 gr di zucchero e un cucchiaio
700 cl di acqua
una noce di burro
2 cucchiai di marmellata di arance


Preparate la pasta frolla unendo la farina, il burro morbido a pezzetti e la scorza di limone fino a ottenere un insieme di briciole. Disponetele a fontana e mettete al centro l’uovo, lo zucchero e il sale.
Con la punta delle dita impastate il tutto velocemente. Formate una palla, avvolgetela nella pellicola e mettetela in frigo per almeno un’ora.
Intanto mettete in una pentola l’acqua e lo zucchero e portate a ebollizione. Abbassate il fuoco e mettete la zucca tagliata a fettine di mezzo centimetro.
Fate sobbollire per dieci minuti. Scolate la zucca e fatela raffreddare.
Pelate le mele e tagliatele a fettine di un centimetro di spessore.
Fate scaldare in padella una noce di burro, unite le mele, fatele insaporire per 5 minuti aggiungendo anche un cucchiaio di zucchero.
Rivestite con la pasta frolla uno stampo di 26 cm di diametro (io ne ho usato uno quadrato da 22 cm di lato). Spalmate sul fondo 2 cucchiai di marmellata di arance e disponetevi sopra uno strato di fettine di mela. Procedete con la zucca fino a esaurire gli ingredienti. Finite con le mele.
Se vi è avanzata della pasta preparate le striscioline e componete la griglia finale.
Infornate a 180° per 45 minuti.

Lulli



venerdì 28 agosto 2015

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


IL MERAVIGLIOSO

Il meraviglioso Cicciapelliccia, Beatrice Alemagna
Topipittori 2015


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Mio padre parla cinque lingue, mia madre canta come un fringuello, mia sorella è la regina del pattinaggio e io non so fare niente.
Ma niente di niente,
In ogni caso, questo era quello che pensavo. Fino a questa mattina, quando ho sentito mia sorella che diceva: ' Compleanno-mamma-ciccia-pelliccia'. Oh, no! Avrebbe ancora regalato qualcosa di fantastico alla mamma!"

Edith, Eddie per gli amici, ha solo cinque anni e mezzo e una scarsa opinione di sé. Ora si avvicina il compleanno della mamma e lei vorrebbe essere all'altezza di sua sorella maggiore nello sceglierle un regalo altrettanto bello. Ma quella frase sentita così, tutta spizzichi e bocconi, non le è di nessun aiuto. Ciccia? Pelliccia? Che cosa sarà? 

Così decide di uscire e chiedere informazioni ai suoi cinque amici: Monsieur Jean il panettiere. Lui non ha idea di cosa sia un CICCIAPELOSO. Le regala, in compenso una buona brioche calda di forno. Lo stesso Wendy, la fioraia, non sa cosa sia un CICCIAMOLLICCIA, ma le dona comunque un quadrifoglio. Anche Mimì, padrona del negozio di moda, o Emmet l'antiquario non riescono ad aiutarla. 
Men che meno le è utile lo scorbutico macellaio. Sconsolata, Eddie, dopo aver girato in lungo e in largo per la città, al riparo dalla neve che scende sente dei rumorini...ed eccolo lì: un meraviglioso CICCIAPELLICCIA. Adorabile. Ciccione. Per nulla chic e soprattutto rarissimo. Ma purtroppo non è ancora finita l'avventura di Eddie, perché il Cicciapelliccia si infila velocissimo nel bidone della spazzatura e tirarlo fuori di lì e renderlo presentabile non sarà così facile...Ma tutto è bene quel che finisce bene. Uno spazzino compiacente e una fontana in piazza completano la missione di Eddie, ovvero portare alla mamma un regalo unico e speciale. E, se non bastasse, Eddie ora è consapevole di saper fare bene una cosa che nessun altro sa fare: trovare i Cicciapelliccia.


Eddie deve superare una prova difficile: trovare un bel regalo per la sua mamma. Come in una fiaba, la piccola Eddie fa il suo percorso di esperienze e, come in una fiaba, nel suo viaggiare riceve, di volta in volta dai suoi amici, oggetti che si rivelano utili per arrivare a una conclusione positiva. Dalla brioche, al bottone di madreperla, al quadrifoglio, al francobollo raro, la piccola Eddie colleziona e mette da parte per tempi migliori. E ogni oggetto trova un suo uso alternativo e un po' magico. Il meraviglioso, proprio come nelle fiabe. 
Anche un po' come Pippi Calzelunghe (che peraltro apre il libro con una sua riflessione indimenticabile), tutta sola in un mondo di grandi, Eddie si mette in gioco e gioca. Gioca soprattutto con il nome del suo oggetto del desiderio: da CICCIAPIUMINO a AMBARABACCICICCIOTTÒ in una serie di varianti belle e sonore. Gioca anche con la sua immaginazione perché anche lei sembra non sapere bene cosa stia cercando. La certezza di essere arrivata al traguardo la ha solo quando lo vede. 

Effettivamente è irresistibile quel creaturino un po' topetto dai peli ritti e di un rosa indimenticabile (quello stesso colore dei risguardi finali de I cinque malfatti). Il CICCIAPELLICCIA sarà molte cose assieme: cuscino, sciarpa, pianta ornamentale, pennello e cappello. Come conferma la gioia della mamma nell'indossarlo prima di uscire.


Allegra bambina sbilenca con inimitabili calze a righe, come se fossero una citazione, questa Eddie di Beatrice Alemagna è portatrice di infanzia. 

Di una infanzia gagliarda e meravigliosa, nel suo modo di muoversi nel mondo, nella sua scettica fiducia nei grandi, nella sua inventiva, nella sua caparbietà ad andare avanti, nel suo sorriso sornione, a missione compiuta. Altrettanto gagliarda è Beatrice Alemagna nell'uso dello spazio e del colore. Questo rosa indimenticabile del piumino di Eddie e del Cicciapelliccia 'salta' e si esalta per brillantezza su una paletta di colori piuttosto scuri ed è una sorta di sigla di 'leggera follia', la stessa che distingue anche Eddie. Dalle grandi architetture parigine di Un leone a Parigi (Donzelli 2009), qui siamo davanti a una panoramica di una piccola città con tanti negozi e botteghe sempre diversi con insegne e vetrine colorate, attraversate da una strada di pavet su cui si segue il lungo percorso della piccola Eddie. Compare qua e là, a interrompere il colore, il collage con la fotografia. Ogni tavola, secondo prospettive anche molto diverse, vicine o lontane, si rivela una festa di dettagli, spesso a matita, che caratterizzano i singoli negozi. Un repertorio sempre un po' sbilenco di uomini e architetture dentro cui è una gioia andare a curiosare e anche un po' perdersi.

Carla

mercoledì 26 agosto 2015

FAMMI UNA DOMANDA!

LA MAGIA DEI NUMERI



Il pretesto è il π, ma il discorso riguarda la matematica greca, croce e delizia di ogni studente: dal teorema di Pitagora alle dimostrazioni geometriche di Euclide, la nostra cultura matematica di base, fatto salvo il dovuto omaggio alle influenze arabe ed indiane, ha a che fare con il mondo ellenico, che lo si voglia o no.
Ma partiamo proprio dal π, quel famoso 3,14...imparato a memoria già dalle elementari.
Che cos'ha di particolare questo numero? E' infinito e, per essere più precisi, è un numero irrazionale.


Calcolare la circonferenza di un cerchio partendo dal suo diametro era un vero rompicapo e il procedimento trovato da Archimede sta nel costruire un quadrato circoscritto e un esagono inscritto che costituissero i due limiti all'interno del quale definire la circonferenza, che deve risultare maggiore di tre diametri e minore di quattro.
Ancora oggi è un bel rompicapo, di cui Archimede andava fiero. Genio poliedrico, degno figlio della ricchissima cultura ellenistica, che trovava la sua massima espressione nella Biblioteca di Alessandria, dove aveva studiato anche Euclide, Archimede è noto anche per le prodigiose macchine belliche che consentirono alla sua città, Siracusa, di resistere per due anni all'assedio romano.
In quel regno della sapienza antica, la Biblioteca di Alessandria, che comprendeva 500.000 papiri, oltre a laboratori e strumenti scientifici, vigeva la legge del fondo delle navi, che prevedeva che ogni nave che attraccasse nel porto di Alessandria, lasciasse le opere scientifiche e filosofiche in suo possesso, ricevendone una copia. Ogni visitatore, insomma, per usufruire dell'immensa ricchezza della Biblioteca, doveva contribuire ad ampliarla. Bella regola e bella civiltà, laddove alla conoscenza veniva riconosciuto il giusto valore.


Ma oltre tutta questa sapienza, Archimede, scienziato dalla biografia complessa ed interessante, amava anche regalare ai suoi amici dei rompicapo impossibili, fra cui un libretto detto Stomachion, ovvero Maldipancia, una sorta di tangram, un insieme di figure geometriche che potevano essere scomposte e ricomposte dando origine ad altre figure, sempre inscritte in un quadrato.
Tutte queste notizie e molto altro sono contenute nel prezioso testo di Anna Cerasoli, valente divulgatrice in campo matematico: Tutti in festa con il Pi greco, pubblicato da Editoriale Scienza. L'occasione è aver fissato nel 14 marzo la ricorrenza che celebra la definizione di questo numero impossibile.
Questo testo, come anche le biografie scritte da Luca Novelli nella collana Lampi di genio, dello stesso editore, rappresentano letteralmente una luce nel ristretto panorama della divulgazione in campo matematico, da cui rifuggono, per primi, proprio i grandi, spaventati dai concetti che li hanno torturati ai tempi della scuola.


Ma, come avrebbe detto Pitagora, tutto è numero e questi testi sono davvero stimolanti per quei ragazzi e ragazze che non si spaventano di fronte ai rompicapo.
Da ultimo, non mi dispiace affatto mostrare ai giovani lettori e lettrici quanto di antico ci sia nel nostro sapere, nel nostro modo di pensare, nella nostra stessa logica, nei modi di dire cui tuttora ricorriamo: datemi un punto d'appoggio...
Archimede docet.
Eleonora

“Tutti in festa col Pi greco”, A. Cerasoli, Editoriale Scienza 2015
“Archimede e le sue macchine da guerra”, L.Novelli, Editoriale Scienza 2003
“Pitagora e il numero maledetto”, L.Novelli, Editoriale Scienza 2012


lunedì 24 agosto 2015

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


LA MAGIA 'NORMALE'

Margherita e l'osso parlante, William Steig
Edizioni EL 2000


NARRATIVA PER PICCOLI (dai 5 anni)

"'Posso portarti a casa e tenerti con me, ossicino meraviglioso?' - chiese Margherita. 'Sicuro! Sono solo da tanto tempo. Circa un anno fa (per l'esattezza, in agosto sarà un anno), caddi fuori dal cestino di una strega. Lei non se ne accorse e continuò per la sua strada. Avrei potuto chiamarla, ma non mi andava più di essere il suo osso.'"


La meraviglia di quest'osso sta nel suo essere capace di parlare. Margherita lo mette nella sua borsetta con l'accortezza di lasciarla aperta per poter continuare la piacevole chiacchierata. Convinti entrambi, osso e maialina, di vivere una giornata meravigliosa per essersi incontrati, passeggiano sereni verso casa godendosi la bella giornata di primavera. Due briganti però tendono un agguato a Margherita che non vuole mollare la borsetta. In suo aiuto interviene l'osso con una perfetta imitazione di un sibilo da serpente e di un ruggito da leone che mette in fuga i rapinatori. L'osso non è solo un gran conversatore, è anche un prodigioso imitatore di suoni e versi. Tuttavia, nessuna imitazione vale per salvarsi dalle grinfie della volpe che non si fa ingannare e di lì a poco si porta a casa entrambi. Giunta nella sua capanna, appronta ogni cosa per cucinarsi la povera Margherita, ma l'ossicino, recitando una serie di formule magiche sgorgategli dal cuore, ribalta in modo irreversibile la situazione: la volpe rimpicciolita diventa inoffensiva e i due amici, liberi, possono raggiungere finalmente la casa dove i genitori di Margherita li accolgono con affetto e vassoi d'argento...


La grandezza che riconosco sempre nelle storie di Steig è il suo genio assoluto nel raccontare l'assurdo con i toni della normalità. Nei suoi racconti la magia si insinua nella realtà e ne cambia bruscamente ma anche 'naturalmente' il normale andamento. Penso a Shrek, nella sua versione originale così lontano dal film, pubblicato nel 1999 (Mondadori), a Wizzil nel 2002 (Mondadori), ma soprattutto al capolavoro di Silvestro e il sassolino magico (Mondadori 2006). 



Con quest'ultima storia i punti di contatto sono moltissimi, in particolare nell'uso degli elementi narrativi e nelle tematiche di fondo: un oggetto magico, qui un ossicino e là un sassolino; un personaggio principale che sotto le spoglie di un animale, nasconde un piccolo, qui una maialina, là un asinello; la relazione dei due protagonisti con la Natura, là un asino che ama collezionare sassi, qui una maialina che come svago, passeggia nel bosco (Margherita si sedette sull'erba a riposare un pochino: La primavera era così splendente, il venticello tiepido che l'avvolgeva così carezzevole, che lei ebbe la sensazione di potersi trasformare in un fiore...cit.);

la fragilità dei protagonisti di fronte alle avversità con la relativa suspense centrale quando la storia pare volgere al negativo per i protagonisti, là l'impossibilità da parte di Silvestro diventato sasso solitario di ritrasformarsi in asino, qui la determinazione della volpe a cucinarsi Margherita e il pianto addolorato e disperato della maialina che confida all'osso tutto il suo affetto;


e ancora il tipo di esito finale che vede in entrambi i casi l'accettazione e la successiva approvazione da parte dei genitori del punto di vista dei loro piccoli; il lieto fine che in entrambi i casi riconduce tutto, la magia compresa, in un tran tran quotidiano, là nel conservare in una cassaforte il sasso che ogni cosa trasforma (Forse un giorno ne avrebbero avuto bisogno, ma davvero almeno per adesso, cos'altro avrebbero potuto desiderare? Avevano già tutto quello che volevano. cit.) e qui mettendo l'osso parlante su un vassoio d'argento su una mensola del caminetto (Quando qualcuno si sentiva solo, poteva scambiare due chiacchiere con lui. E se avevano voglia di musica, l'osso era sempre pronto, a richiesta...cit.)
Visto che avevamo messo il blog in pausa su un mostro sacro, Quentin Blake, mi sembra doveroso riaprire con un altro genio della letteratura illustrata, William Steig. Come per Quentin Blake, anche per William Steig siamo davanti a geni assoluti che meriterebbero ben altro spazio di riflessione, ma il compito di Lettura Candita è soprattutto quello di sollevare solo un angolino del tappeto per farvi vedere cosa si nasconde sotto. 




A ciascuno poi, con le proprie forze e i propri tempi, toccherà fare il resto.

Carla

sabato 8 agosto 2015

giovedì 6 agosto 2015

OLTRE IL CONFINE (libri dall'estero)


LEAVE IT TO THE FANTASTIC FIVE!

The Five of Us, Quentin Blake
Tate Publishing 2014


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Once, not very long ago, and not very far from here, there were five friends. Their names were: Angie, Ollie, Simona, Mario and Eric.
They were all fantastic."


Ognuno di loro aveva qualcosa di stupefacente. Angie poteva vedere un passero sulla testa di una statua a sei chilometri di distanza, Ollie poteva sentirlo starnutire, Simona e Mario erano così forti che potevano sollevare e portare qualsiasi cosa tu possa pensare. E anche Eric era spettacolare, ma solo alla fine si saprà perché. 


Quel giorno era un giorno di gita così tutti e cinque salirono sul pulmino giallo guidato da Big Eddie e andarono a cercarsi il posto migliore per mangiarsi i loro stupefacenti panini, alla banana ai sottaceti e formaggio...ma il panino di Big Eddie forse non era proprio a posto e il suo effetto fu davvero stupefacente: Big Eddie diventò prima verde, poi bianco e infine cadde giù svenuto.


Che fare? L'unica cosa utile è mettersi in cammino per cercare aiuto. Simona e Mario se lo caricano, Angie vede degli escursionisti in lontananza, Ollie può sentire le loro voci. Ora non resta che raggiungerli, se non ci fosse quel dannato fiume da attraversare...


Sì, ma nel frattempo Eric? Lui, che per tutto il tempo non aveva che detto altro che ehm ehm, ora, a gambe larghe sul burrone che costeggia il fiume, urla, con quanto fiato ha in gola, un'unica ma risolutiva parola: AIUTO! 


Gli escursionisti chiamano un elicottero del soccorso e Big Eddie è presto portato in salvo. E' stato un gioco da ragazzi...un gioco da 5 fantastici ragazzi.

Esistono alcune regole auree per chi si occupa di letteratura illustrata per l'infanzia.
Una di queste è: se vedi un libro di Quentin Blake prendilo su all'istante e non lasciartelo portar via da altri. Puoi aprirlo anche dopo a casa e verificare con calma più nel dettaglio di cosa tratti. Una cosa è certa, non ti deluderà.
Quentin Blake è il più grande narratore dell'immaginario dei piccoli, ma non dei piccolissimi, che io conosca. Si è sempre circondato di amazing characters, dalla schiera uscita dall'intesa perfetta con Dahl fino ai libri in cui è anche autore, e che a tutt'oggi sono per la maggior parte vergognosamente ignorati dall'editoria italiana.
Non so spiegarmi perché. Ricordo il bellissimo La nave d'erba (Fabbri, 1999) dove, ancora una volta, l'immaginario era protagonista assoluto e dopo un decennio (!!!) lo stralunato La storia della rana ballerina (Interlinea, 2008) e poco altro. Solo nel 2014 Mondadori ha pubblicato finalmente Il libro delle Storie di Quentin Blake (che ne contiene addirittura sei).
Un vero peccato e molte occasioni perdute. Ed è per questo motivo che la regola aurea la rispetto con puntiglio: i libri di Blake vanno colti al balzo.
Five of us, l'ultimo della mia piccola collezione, è una storia allegra, piena di humor, di sensibilità, con risvolti inaspettati. Una storia in cui si respira l'aria dell'estate, dell'estate dei ragazzini. Quell'aria fatta di stupori, super poteri e, soprattutto, di gioco di squadra che sono i tre elementi che mi auguro siano presenti nell'estate di ogni ragazzino.
Ed è per questo che ho deciso di chiudere in bellezza, con un'aria così, per la pausa estiva.



Carla




martedì 4 agosto 2015

ECCEZION FATTA!


DEDICATO AI BAMBINI IN CAMMINO


La cronaca di questi ultimi mesi non ci ha risparmiato una rassegna di orrori che sembra veramente senza fine e senza limiti: dal bimbo palestinese morto nella casa incendiata dai coloni israeliani, che si contendono la terra con i palestinesi nel nome di un dio; ai morti sui barconi della disperazione, dal grande naufragio di quest'inverno allo stillicidio quotidiano, la cui cronaca, fra le righe, cita spesso bambini e adolescenti; ai bambini e alle bambine che in questi viaggi vengono separati dai genitori e di cui spesso si perdono le tracce; all'uso dei bambini e delle bambine come bombe umane, destinate a straziare il proprio e l'altrui corpo, secondo i dettami di neri califfati e jihadisti assetati di sangue.


Ce n'è per inorridire un po' ogni giorno, così per difesa, forse, o per impotenza, ogni giorno dimentichiamo qualcosa o qualcuno.
Così, in un giorno di memoria, come è il 2 agosto per tutti noi, dedico questa piccola recensione a tutti i bambini e le bambine che stanno scappando dalla guerra, dalla fame, dai soprusi; e la dedico anche alle nostre coscienze pigre, che s'indignano a giorni alterni, a seconda del messaggio mediatico cui sono state esposte.
Il libro di cui vi parlo è Akim corre, di Claude K. Dubois, illustratrice belga, pubblicato alla fine del 2014 da Babalibri. Il libro, un piccolo illustrato, è stato pubblicato nel 2012 da L'école des loisirs in collaborazione con Amnesty International.


Racconta di un bambino che vive la sua vita tranquilla in un anonimo villaggio, fino al giorno in cui questo viene bombardato. Nella confusione che ne deriva, case distrutte, morti, feriti, Akim perde il contatto con i suoi genitori e comincia a scappare insieme agli altri superstiti. Si rifugia in una casa, dove viene aiutato da una mamma con un bimbo piccolo; trova un piccolo giocattolo, un orsetto di pezza. Ma la consolazione dura poco, arrivano i soldati di un esercito occupante che lo prendono per andare in cerca di acqua nei pozzi; poi di nuovo la fuga, l'arrivo in un campo profughi, dove finalmente viene accolto e curato e dove ritrova la madre.


Storia semplice, esemplare, valida per tutte le guerre, che dilagano nel mondo e producono questa grande ondata migratoria che preme ai confini dell'algida Europa; quell'Europa che si considera culla di civiltà e che si barrica, disperatamente e inutilmente, dietro muri e divieti e regole che sono fatte per essere ignorate.
È un libro a tema, una storia che vale per tutte le storie non raccontate e che non conosceremo mai, le storie degli Akim palestinesi, siriani, sudanesi, curdi e così via.


Lo stile illustrativo ricorda moltissimo quello di Gabrielle Vincent: poco testo, a chiarire qualche passaggio, il resto è affidato al disegno, semplice, esplicativo, sui toni del grigio e dell'ocra, appena accennato.
Per chi avesse voglia di approfondire, ricordo il bel libro, curato da Dave Eggers, Erano solo ragazzi in cammino, la biografia di uno dei ragazzi che ce l'ha fatta, arrivando in America dal Sudan, Valentino Achac Deng.
Un modo per esprimere solidarietà è sostenere le organizzazioni umanitarie che, senza retorica e con molto sacrificio, accolgono, curano difendono.


Eleonora

“Akim corre”, C.K. Dubois, Babalibri 2014



lunedì 3 agosto 2015

OLTRE IL CONFINE (libri dall'estero)

DISEGNARE IL VUOTO

Vazio, Catarina Sobral
Pato Lógico 2014

ILLUSTRATI



Senza parole. Su un fondo di pennellate colorate e macchie, bianca, senza tratti che la caratterizzino, la sagoma di un omino, vestito di tutto punto, con cappello e cappotto, domina la copertina di Vazio.
Quel bianco e questo titolo fanno coppia: il bianco per raccontare il vuoto. Il bianco, così fermo ed uniforme rispetto al resto della copertina fatta di colori in movimento, fa pensare subito a qualcosa che se ne è andato, si è ritagliato fuori, qualcosa che manca: il silenzio, la stasi del vuoto, del niente.
La solitudine.
Bella sfida: disegnare il vuoto. Apriamo il libro e cominciamo a vedere come prende forma il vuoto. Come lo spazio racchiuso in un profilo, la sagoma dell'omino bianco è la nostra guida nella storia, la sua storia di uomo fatto di niente. 


Forse ancora solo ieri l'omino che io chiamo Vazio aveva la sua consistenza, ma ora, davanti allo specchio prima di uscire per la sua passeggiata cerca di disegnarsi, perché di lui è rimasta solo la sagoma. In fila nella sala d'attesa del dottore, lui c'è nel suo bianco, così come c'è il vuoto intorno a noi, ma non essendo visibile, gli altri lo 'occupano'. Lo stesso dottore studia il suo curioso caso di 'sparizione'. 

La spesa di Vazio lentamente sparisce nel nulla, riassorbita dal bianco. Siano fiori di un prato, o colori dei quadri di una mostra, ogni cosa che Vazio incontra diventa parte di lui e poi, nel suo bianco, sparisce. 


Nella fredda giornata di un tardo autunno in cui la pioggia diventa neve, l'animo vuoto di Vazio accoglie in sé tutti gli uccelli per poi liberarli e farli volare verso il caldo. Arriva l'inverno che imbianca tutto, e Vazio diventa invisibile anche a noi, bianco nel bianco (come capitò anche al Cappuccetto di Munari). Al disgelo, a primavera, sulla sua strada di omino solitario, Vazio sembra essere triste della sua invisibilità: la gente non lo vede e non si accorge del suo incedere con la testa bassa.


Avvolto nella sua malinconia, sembra non accorgersi di un'altra anima bianca, Vazia?, che incrocia il suo percorso e che nel vederlo mostra un cuore pulsante...
Ciò che sembrava irrimediabilmente vuoto, silenzioso, bianco ora non lo sarà più...

Catarina Sobral sfida, attraverso il disegno, in assoluto silenzio!, il tema del vuoto. Laddove il vuoto è qui sinonimo di solitudine. Quella solitudine che, almeno una volta nella vita, ci ha reso invisibili agli altri, indifferenti, e ci ha fatto camminare con la testa bassa per le vie di una città. Ci ha fatto sentire insoddisfatti, vuoti, attraversati da molte cose che non si fermano e poi spariscono.
Ma come si può disegnare il vuoto? Attraverso la trasparenza, oppure, come decide la Sobral, attraverso il bianco. Quel bianco che tutti gli altri colori assorbe in sé. E attraverso un immaginario taglio di una sagoma, illudendo il nostro sguardo che davvero Vazio sia qualcosa che 'temporaneamente' è stato ritagliato via, è assente, al momento.
Mi vengono in mente altri illustri tentativi di raccontare l'assenza: penso a una toccante immagine di Ofra Amit che con una silhouette nel libro Bruno, il bambino che imparò a volare (Orecchio acerbo, 2012), racconta la dolorosa mancanza del padre di Bruno Schultz. 


Oppure il bellissimo Gisele de verre di Beatrice Alemagna (Seuil, 2002), bambina azzurra che combatte l'indifferenza del mondo attraverso le sue trasparenze...


A questi aggiungo ora il libro di Catarina Sobral, uno dei pochi che a Bologna mi ha fatto saltare a piè pari sul posto, ovvero nello stand di Pato Lógico sempre così ricco di belle sorprese. Vazio è pieno di raffinate sottigliezze e soluzioni di segno così insolito che, in assenza di parole, aprono strade interpretative originali per ogni lettore.
Io ho, modestamente, dato la mia.



Carla

Noterella al margine. Un grazie di cuore a Maita perché non mi dimentica, a Catarina per il bacio nella dedica, ad André perché pubblica 'certi' libri.
A tutti e tre per il loro cuore pulsante...