venerdì 30 ottobre 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

IL CANONE DEL NORD

Tess e la settimana più folle della mia vita, Anna Woltz,
(trad. Anna Patrucco Becchi)
Beisler 2020


NARRATIVA PER MEDI (dai 9 anni)
 
"'Una ragazzina di undici anni può benissimo toccare un ragazzino di dieci.' Incrociai le braccia. 'Ma io non voglio'. Il suo viso tornò serio. 'Ti prego' fece. 'È importantissimo che io impari prima di stasera a ballare'. 'Non ci credo'. 'Ne va del resto della mia vita'. Mi guardò senza distogliere lo sguardo. Nei suoi occhi marroni c'erano delle pagliuzze dorate. Non era un automa, era davvero un essere umano. Mi guardava."
 
Dopo un valzer nel parcheggio e dopo la promessa di un funerale degno di questo nome per il canarino Remus del vecchio signor Hendrick, nulla sarà più come prima.
Samuel è appena diventato parte del piano di Tess. Socio, senza se e senza ma.
Lui, che è appena arrivato su una piccola isola per una tranquilla vacanza di una settimana con la famiglia.
Lui, che ha suo fratello maggiore Jorre che si è appena rotto una caviglia in una buca sulla spiaggia.
Lui, che ha un padre che lo ha appena lasciato semisolo per seguire Jorre in un ospedale lontano.
Lui, che ha una madre che è fuori gioco perché ha appena avuto uno dei suoi attacchi di emicrania.
Lui che l'infermiera, incidentalmente la madre single di Tess, l'ha appena definito un turista nano.
Il piano di Tess, canarino a parte, ha come obiettivo quello di conoscere finalmente suo padre. La madre, su di lui, non ha mai voluto raccontarle niente. Attirarlo sull'isola con una finta vacanza premio di una settimana: guardarlo negli occhi e fare un po' di cose con lui per capire un po' di cose di sé e per dargli, eventualmente, anche l'opportunità di sapere di essere padre di tanta figlia.
Il traghetto sta per attraccare e la Saab blu di Hugo Faber è lì sopra.
Il grande gioco può cominciare.
Questo è il racconto di quei rocamboleschi sette giorni, di alcune riflessioni filosofiche su un paio di grandi questioni, e di una bella amicizia.

Un altro buon romanzo che arriva dal Nord.
Del tutto coerente con il paradigma, con il canone, cui ci ha abituato la letteratura nordeuropea. Quest'ultima è fecondo bacino da cui, da qualche anno, alcune case editrici stanno attingendo per pubblicare al di qua delle Alpi.
E meno male.
La letteratura scandinava o quella nederlandese, a passi da gigante, si è conquistata un posto di merito, in bella vista sugli scaffali delle librerie. Non solo: è entrata soprattutto nelle scelte letterarie dei giovani lettori e delle giovani lettrici, e non perché sia esotica, arrivando dal freddo ed essendo spazzata dai venti, ma perché ha il merito di raccontare con una maggiore onestà intellettuale, con una gratuità molto diversa da quella nostrana, storie che loro sentono proprie.
Va detto che il fascino per contesti insoliti come dune, fiordi o mare freddo e scuro, traghetti che vanno e vengono come gli autobus forse contribuisce, ma il fattore determinante per il loro apprezzamento sta altrove: nella libertà fisica e mentale di cui i giovani protagonisti e protagoniste possono godere. Questa condizione esistenziale, è sicuro, fa venire l'acquolina in bocca ai lettori italiani.Tuttavia esiste un terzo fattore che forse è anche meno evidente degli altri due, ma che comunque rende questo genere di libri 'indimenticabili'. 
Di norma, le storie che raccontano sanno raggiungere profondità di pensiero non comuni. Il merito di chi le scrive sebbene si nutra di una cultura lontana dalla nostra, tuttavia, forse proprio in virtù della loro capacità e coraggio di andare a fondo nell'introspezione, sta nel fatto che sanno parlare un linguaggio condiviso che i lettori a qualsiasi latitudine sanno cogliere, riconoscere e soprattutto apprezzare. Non mi sembra necessario snocciolare come un rosario i personaggi letterari che hanno contribuito a dare forma a Tess e a Samuel. Però non posso tralasciare di leggere la capacità letteraria della Woltz nel raccontare in modo mimetico (e per un adulto non è così scontato) la loro capacità di leggere il mondo e il loro modo di guardarsi dentro, pieni di candore e verità.
Questioni come la morte, la vita, l'essere genitore, l'essere figlio, l'essere vecchio, l'essere giovane sono, e si dice un'ovvietà, macigni. Eppure, se messi in piccole mani, possono diventare affrontabili. Anzi, sarebbe più giusto dire, che debbono necessariamente rimpicciolirsi, per diventare comprensibili ed essere maneggiati da piccole mani. 
E questo è esattamente quello che succede in questo libro.
Per fare un solo esempio chiarificatore: la questione-macigno della morte qui prende forme diverse e molteplici. 
Sentiamo raccontare un funerale vero con i petali bianchi sulla bara, vediamo una scatola da scarpe con dentro un canarino, assistiamo alla nascita di un'impresa di pompe funebri gestita da due undicenni, sappiamo di una buca di sabbia in cui sdraiarsi con le braccia conserte (esattamente come il piccolo Uwe di Heidelbach che fa le prove), sentiamo formulare un invito a partecipare al proprio funerale.
Ecco. Il macigno così non è più insormontabile, fa meno paura, se non altro perché si è scomposto in tanti piccoli sassolini da farsi saltare in tasca mentre la testa pensa.
La testa pensa.
 
Carla

mercoledì 28 ottobre 2020

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

 A CACCIA D’INFINITO

 

Non si parla di infinito in senso matematico o astronomico; non ci si interroga sui tanti dilemmi legati a questo concetto. In realtà, l’albo realizzato da Soledad Romero Mariño e Mariona Cabassa, tradotto da Luisa Mattia per Lapis, è un interessante esperimento che pone al centro l’idea di ciclicità della natura, nelle sue molteplici manifestazioni.
Nello scegliere per titolo ‘Infinito. I magici cicli dell’universo’, c’è già l’esplicitazione di un taglio che non è divulgativo, pur contenendo molte pagine che raccontano le trasformazioni della vita e degli elementi naturali, ma vira decisamente sul poetico, scelta rafforzata dalle didascalie in rima nelle pagine più descrittive.
Agli occhi dei bambini come un bruco diventi farfalla, o come da un uovo di sviluppi un pulcino o un pesce, è sicuramente un evento che desta stupore ed infinite domande. Questo albo mette insieme parecchie trasformazioni naturali: dal ciclo dell’acqua a quello delle stagioni, dalle fasi lunari alle catene alimentari che legano insieme prede e predatori, componenti viventi e non di un habitat.
La struttura del libro vede coppie di due doppie pagine: nella prima, a sinistra il titolo, a destra la descrizione poetica del fenomeno naturale. Nella seconda doppia pagina, citazioni attinenti all’argomento, immerse in una grande immagine.
 

Le illustrazioni di Mariona Cabassa sono di grande impatto e veicolano il senso di meraviglia nello scoprire i segreti del mondo naturale.
Tutto questo è molto efficace nel veicolare suggestioni e informazioni, tuttavia trovo che la sintesi fra informazione e poesia sia un po’ sbilanciata: non che ci sia qualcosa di inesatto, ma l’enfasi sull’eterna ciclicità della vita nasconde un po’ il fatto che nulla si riproduce uguale; e nel testo questo è detto. L’immagine di natura che si ha, però, è di un sistema ciclico governato da ritmi sempre uguali e invece, è proprio il mutamento a farla da padrone: non ci saranno mai due nuvole uguali o due pulcini identici, a meno che non siano gemelli. E le galline di oggi non sono uguali a quelle di un secolo fa.
Siamo noi a cercare la costanza, la regola in un mondo che cambia anche in modo imprevedibile.
La frase finale, che fa pensare con meraviglia che tutto questo susseguirsi di ciclicità non fa che portare a te piccolo lettore, è molto rassicurante e gratificante, se vogliamo, anche se poi siamo figli del caso e delle leggi della fisica, o della genetica.
Alla fine, quello che meno mi convince non è tanto il linguaggio poetico, che rende fruibile la lettura a partire dai cinque anni, quanto il suggerire l’idea che tu proprio tu sei al centro dell’universo e che tutto ha concorso per far si che tu nascessi.
Non mi sembra disturbante l’idea che ciascuno di noi sia figlio anche di occasioni fortuite e altrettanto fortuite ricombinazioni di geni; poi la partita ce la giochiamo comunque in un mondo che vorremmo comprendere meglio e che ci mette costantemente alla prova, cambiandoci e proponendoci occasioni in cui si esprime la nostra scelta, insieme all’ineludibile casualità.
Se però non vogliamo scegliere fra caso e l’eterna ripetizione dell’uguale, questo albo è un’ottima occasione di scoperte per i più piccoli e di interessanti riflessioni per i più grandi.
 
Eleonora

“Infinito. I magici cicli dell’universo”, M. Cabassa e S. Romero Mariño, Lapis 2020



lunedì 26 ottobre 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

IL CORAGGIO NELLE TASCHE
 
Il vestito di Lia, Sara Marconi, Daniela Costa 
Edizioni Corsare 2020 
 

ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)
 
"Il corso di teatro non lo vuole fare, e sciare le dà il capogiro; le piace soltanto giocare con la sua amica Emma, suonare il pianoforte e leggere storie di animali. Per questo quel giovedì, la mamma, il papà, il nonno e anche la mamma di Emma si telefonano preoccupati: Chi le darà la notizia?"


Lia è una bambina timida e molte cose le fanno paura. Eppure la notizia le va assolutamente data.
Il papà pensa che mangiando un gelato forse la notizia sarà meno aspra. Purtroppo quel giorno piove, niente passeggiata con gelato.
Il nonno pensa che in mezzo a un bel racconto, infilare la notizia la farà sembrare meno spaventosa. Ma Lia si alza sul più bello e quando torna è il coraggio del nonno a essere svanito.
Non resta che la mamma. D'altronde - si sa - le maggior parte delle mamme hanno coraggio da vendere e non si spaventano davanti a nulla, o quasi. Così prende in braccio la piccola Lia e, tutto di un fiato, le dice che il concerto di pianoforte per la fine del corso è lì a un passo: domenica.
Chiude gli occhi e aspetta di essere investita dall'elenco di tutte le paure della sua bambina e da un perentorio: no! Non se ne parla, io su quel palco non ci salgo.
E invece... Avvolta e protetta nel suo vestito nuovo, quello con le tasche, Lia si sente bella e forte. Sul palco, davanti a tutti, avrà con sé anche un pianoforte e, questo lo sanno persino le rondini, la musica che lei è capace di farne uscire la riempirà così tanto di gioia, che per timidezza e timori bisognerà aspettare un altro tempo.


La percezione, lo sguardo in particolare ma anche gli altri sensi sono coinvolti, per quanto uno ne possa studiare i meccanismi, anche quelli chimico/fisici del cervello, mantiene sempre una sua porzione di mistero. Quindi per quanto uno si sforzi di razionalizzare, di mantenere un oggettiva distanza per poter valutare un oggetto - un libro in questo caso - per quello che è, ad alterare l'analisi subentrano fattori che arrivano da luoghi e tempi diversi.
Qui di seguito, il breve elenco di fattori che hanno alterato l'oggettività di giudizio.
 

Il primo: irrompe dalla memoria - per molte altre cose molto macilenta - il vestito del compleanno di mia figlia Margherita per i suoi 5 anni. Con le tasche, color rosso papavero con fiori stampati qui e là. E largo, che se girava veloce su se stessa si apriva come quello di un derviscio.
Il secondo: quella stessa Margherita che a ogni compleanno fino almeno ai 6 anni compiuti proibiva con pianti dirotti tutte le canzoncine o coretti o anche solo sguardi concentrati su di lei al momento del soffio sulla torta di compleanno.
Il terzo: quella stessa Margherita, che a vent'anni si vergognava a ordinare una pizza per telefono, durante la sua discussione di laurea magistrale alla facoltà di chimica a Bologna (con il tocco e la toga e con un biglietto aereo per la Spagna e un dottorato in tasca) che padroneggiava davanti a un pubblico vario il puntatore laser su molecole sconosciute quanto deliziose, sotto il profilo grafico, nonché su composti dai nomi impronunciabili, ma da lei amatissimi.
Il quarto: la commozione costante che da sempre mi genera la vista dei papaveri. Sia singoli, sia a campi, sia a bordo strada, in filari.
 

Qui di seguito, il meno breve elenco di cose che mi hanno riportato il più possibile a riconquistare una qualche oggettività di giudizio.
In rigoroso ordine di entrata.
Il primo: i colori della copertina. Quattro in particolare, a coppie. Il bianco non troppo bianco del fondo e il nero non troppo nero di matita del pianoforte. I due colori del vestito: opposti e messi con sapienza vicini a suggerire all'occhio di passare da uno all'altro e di goderne in uno dei suoi giochi preferiti: caldo freddo caldo freddo... Buona sensibilità e gusto.
Il secondo: i risguardi. Occupati con intelligenza da una sequenza di topini vestiti che stanno per accomodarsi (forse) nella storia e stanno invitando lo sguardo a pedinarli. Ciò preannuncia che dell'oggetto libro nulla resterà indietro.
Il terzo: la carta. Uso mano, direi. Che è un piacere sfogliare le pagine. E che è anche un atto di rispetto nei confronti dei propri lettori.
Il quarto: la musicalità del testo. le prime quattro righe - che per crudeltà qui non sono scritte - suonano.
 

Il quinto: la conferma che i topi non erano lì per caso, ma a costruire micro racconti paralleli alla storia principale. Ciò conferma un disegno che sa raccontare a sua volta e non si limita ad appoggiarsi solo sul testo.
Il sesto: un disegno che invade lo spazio, domina la pagina in mille diversi tagli di prospettiva, gente che esce o entra dal taglio del foglio, zoom sui dettagli, sequenze di movimento. Ma anche e soprattutto capace di essere nel contempo immaginifico -con animali e piante che sono quasi pattern- come pure attento al dettaglio della realtà raccontata. Di nuovo una gioia per gli occhi che vanno dal generale al particolare e viceversa.
Il settimo: le buone letture del nonno.
L'ottavo: un testo pulito da ogni decorazione che corre dritto al punto senza sbavature didascaliche. Una bella sorpresa che sembra così ben messa lì sul finale, da far supporre che Sara Marconi ne sappia parecchio dello stupore che ci riservano i bambini e le bambine. In altre parole, che abbia la giusta sensibilità per saper raccontare l'infanzia.
 
 
 
Il nono: una buona capacità di regolare in modo diverso il ritmo delle tavole con ogni mezzo a disposizione di un illustratore, e farlo in buona armonia con il testo.
Il decimo: la questione intorno a cui tutto ruota. Anzi le questioni. Da una parte il racconto sincero di una timidezza riconosciuta e protetta dai grandi e dall'altra l'inaspettato coraggio di una bambina che della sua passione fa il suo destriero che la porterà lontano. 
 

Che sia la musica o sia la chimica, l'importante è che ci sia.
 

Carla
 
Noterella al margine. Ce ne sarebbe anche un undicesimo: il formato del libro è esattamente uguale al piatto del mio scanner.


domenica 25 ottobre 2020

APULIA DREAMING o delle libraie di Puglia

 
Ci siamo salutate, con le libraie di Puglia, dicendoci: ci rivediamo a primavera. Consapevoli, tutte, che non è ora il tempo di parlare insieme, anche se a distanza di rispetto, di libri, figure, autori e autrici.
Quindi da questa settimana ricomincia quello strano struggimento nei confronti di quella terra e di quella gente. Se la nostalgia nei confronti delle persone si può un po' curare via scritta o a voce, mancherà invece del tutto quello che attiene al secondo piacere che offre quella bella parte del paese: il cibo.
Per l'olio ho risolto, grazie all'uomo del monte, ma per tutto il resto dobbiamo arrangiarci con quello che abbiamo qui.

Oggi polpette di pane.

La ricetta arriva da Ceglie Messapica/Ostuni e, per la precisione, da una squadra di signore tra i 68 e gli 83. il tramite è la libraia-caterpillar di Pensiero bambino.
Loro, le signore, in virtù di questo essere Signore, non danno misure o pesi precisi... è il loro bello e il loro sapiente sistema di mantenere un po' di mistero. "La ricetta te la do, ma..."


Ingredienti:
2 panini all'olio (circa 150 gr. di pane). Loro, le signore, parlano di pagnotte cegliesi...
50 gr. di parmigiano grattugiato. Loro, le signore, parlano anche di pecorino o rodez...
2 uova. Loro, le signore, aggiungono: almeno...
un cucchiaio prezzemolo tritato. Loro, le signore, dicono: un po'...
mezzo spicchio di aglio. Loro, le signore, dicono : un po'...
olio di semi di girasole per friggere


Prendere i due panini all'olio e sbriciolarli con le dita e le unghie, lasciando un po' da parte la crosta superiore, se fa resistenza. Mettere la mollica in una ciotola e bagnarla con un bicchiere d'acqua. Quindi strizzarla ben bene e poi aggiungere il formaggio grattugiato e le uova in modo da ottenere un impasto morbido. Quindi il prezzemolo e l'aglio debitamente tritati.
Scaldare l'olio nella padella e con l'aiuto di due cucchiai fare delle polpettine della grandezza di un uovo di quaglia. Friggere finché non si gonfiano leggermente e raggiungono la doratura perfetta. 
 

Scolare su carta da pane assorbente e poi mettere in un vassoietto e mangiarle calde con contorno di scupatizzi, in botanica, conosciuti come barattieri che la libraia di Svoltastorie a Bari dona con generosità e che sono croccanti come i cetrioli, forse un po' più dolci, ma di certo più digeribili perché in loro manca la cucurbitacina...ecco.
 

Carla

venerdì 23 ottobre 2020

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

ARTISTI INVESTIGATORI

‘Paris Noir. Le indagini dei giovani artisti. L’autoritratto’, primo volume di una serie, è ambientato a Parigi nel 1856, una città in pieno fermento per la straordinaria rivoluzione urbanistica promossa da Haussmann, che di fatto piegò la città medievale ad una visione moderna della metropoli, fatta di grandi viali e piazze.
In questo ambiente così movimentato si incontrano due ragazzi e una ragazza: Pierre (Auguste) Renoir, Claude Monet e Berthe Morisot. I tre grandi artisti, destinati a rivoluzionare l’arte, sono immaginati qui come giovani talenti, ingabbiati nei loro ruoli sociali, ma attratti non solo dall’arte, ma anche dall’avventura. Il caso li fa inciampare in un delitto e da quel momento in poi diventano coraggiosi investigatori. A morire è il maestro di pittura di Pierre e Berthe, trovato morto in casa; i ragazzi non credono alla ricostruzione ufficiale, che propende per la morte naturale. Caso vuole che incappino in un curioso personaggio, da loro chiamato Tristesse La Presse, frequentatore assiduo di un locale situato di fronte alla casa del maestro defunto. Il caso è abbastanza complicato e per venirne a capo bisognerà ben interpretare l’ultimo quadro dipinto dal maestro scomparso e interrogare testimoni, visitare camere mortuarie, introdursi nell’appartamento del morto calandosi dal tetto. Il misterioso personaggio che li accompagna si rivelerà indispensabile nella soluzione dell’enigma: si tratta infatti di Auguste Dupin, si, proprio il protagonista del racconto di Poe, ‘I delitti della Rue Morgue’. E’ questa una circostanza fortunata, perché l’acume e i metodi investigativi di Dupin, uniti al coraggio e alla spavalderia dei ragazzi, riusciranno a svelare l’identità dell’assassino.
L’idea di utilizzare personaggi storici, immaginati in genere da ragazzi, come protagonisti di avventure non è certo originale, ma a fare la differenza c’è la coppia di autori: Pierdomenico Baccalario e Guido Sgardoli, che sanno maneggiare il genere avventuroso con grande esperienza e padronanza del meccanismo narrativo. Qui credo si siano proprio divertiti a ricostruire la Parigi ottocentesca, già in movimento e pronta ad accogliere i fermenti artistici che la caratterizzeranno nella seconda metà dell’Ottocento. Così come sono ricostruite con esattezza le biografie dei tre, compresa la passione di Monet per le caricature.
Nello stesso modo, c’è moltissima cura nella ricostruzione d’ambiente, dei caratteri dei personaggi minori, quegli stessi che popolano i quadri dei maestri impressionisti.



Quindi molto colore, molta azione e grande ritmo per una lettura piacevole anche per i più grandi, considerando la ricchezza di riferimenti su cui si basa; anche se gradiranno questa storia soprattutto lettrici e lettori dai nove, dieci anni.
Come dicevo all’inizio, questo è il primo romanzo di una serie e in genere serialità e qualità non vanno molto d’accordo; ma devo dire che l’esordio è incoraggiante, proprio per la cura con cui è stato scritto e ‘confezionato’, copertina, impaginazione e via discorrendo. Sarebbe bello se ce ne fossero di più di serie fatte con questa attenzione e rispetto per i giovani lettori.

Eleonora

“Paris Noir. Le indagini dei giovani artisti. L’autoritratto’, P. Baccalario e G: Sgardoli, Piemme 2020



mercoledì 21 ottobre 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

MOUSE IN THE HOUSE 

Un topo in casa, Russel Ayto (trad. Maria Pia Secciani)

Edizioni Clichy 2020
 

 
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)


"'I topi non dovrebbero stare nelle case' dice il signor Rattofilus. 'Bene, entra in casa, piazza le trappole e CLAC! Siamo a posto' risponde il signor Toposky.
Ma il topo è troppo sveglio per le trappole. Le trappole catturano solo ciò che le calpesta.
'Non sento niente' dice il signor Rattofilus. 'Torna dentro e vedi se è tutto a posto' replica il signor Toposky. 'Subito, signor Toposky' dice Rattofilus."


Purtroppo le scarpe di Rattofilus hanno un difetto: squittiscono. Le scarpe però non sono l'unico difetto di questo apprendista acchiappatopi. Diversamente furbo, entrando, Rattofilus si mette a passeggiare proprio dove poco prima aveva piazzato la sua risma di trappole. Il suo capo, Toposky, non si scompone e gli dà ordine di procurarsi un gatto. Rattofilus arriva con qualcosa che, a suo dire, gli rassomiglia: un cane da guardia. Come le trappole, anche il cane viene piazzato. E come prima non sentiva, ora Rattofilus non vede niente. E come prima non gli rimane altro da fare che entrare... 
 

Con la gamba serrata tra le fauci del cane, Rattofilus torna da Toposky che non si scompone e insiste sull'idea di gatto.
In un crescendo di animali sempre meno 'adatti' l'apprendista acchiappatopi arriva alla soluzione finale che, a ben vedere, anche se a un prezzo piuttosto alto, riesce a rimuovere il topo dalla casa, e anche tutta la casa intorno...


Mouse in the house, che poi è il titolo in originale, mette già sull'avviso il proprio lettore: in questo libro si gioca con le parole. E se si gioca con le parole, è anche probabile che ci sia da leggerlo ad alta voce, un libro così. E se la lettura ad alta voce è auspicabile viene anche il sospetto che pure chi ascolta sia chiamato dentro a fare la sua parte. E se chi ascolta proprio non riuscisse a stare in religioso silenzio, ma invece irrompesse nella narrazione in un qualche modo o misura, è molto probabile che il divertimento già palpabile nell'aria esploderebbe...
Ecco, questo libro è un buon marchingegno per fare della lettura condivisa un'esperienza gustosa.
 

Un topo in casa è anche altro, però. Prima di tutto sembra essere un buon esempio per poter ragionare di come i due codici in un albo illustrato - iconografico e testuale - possano dialogare in modo così intelligente ed efficace da accrescerne il valore.
In questo caso, è subito evidente lo schema narrativo che si snoda in un dialogo fra tonti. Già dalla seconda pagina è chiaro che assisteremo a un crescendo di assurdità e di guai derivanti. A questo si aggancia un disegno e un colore sempre più presente e dilagante. Fino ad arrivare a quel rosso che non preannuncia nulla di buono per i due ignari clienti della ditta Toposky e Rattofilus - acchiappatopi. 
 

Piano piano, senza accorgersene, si perdono gli assi cartesiani dell'inizio - quelle casette, a metà tra la villetta a schiera e il razionalismo in architettura degli anni Venti e Trenta (per non parlare dell'unico arredo che sempre a quella temperie riporta) - e si arriva al ribaltamento e alla scomposizione disordinata di quel bell'ordine di partenza.
Tutto questo trova eco nelle figure geometriche, magari sbilenche, ma onnipresenti: dal muso del cane al tronco dell'unico albero.
Un talento naturale nel creare le inquadrature, ovvero il punto di vista di ogni scena, Ayto cavalca il grande vincolo del giro di pagina, con grande naturalezza per ottenere quanto più possibile l'effetto sorpresa, a ogni nuova apertura di porta.
 

La qualità del testo è lì nelle orecchie di tutti quelli che si cimentano con la lettura. A parte le onomatopee che sono inneschi di divertimento assicurato, si diffonde il piacere per le ripetizioni, veri e propri tormentoni, che costituiscono i dialoghi di questi due fessacchiotti
Tuttavia il divertimento maggiore sta proprio nelle loro figure: uno un po' pingue con la sicumera di essere il capo e quindi di sapere 'come si fa' e l'altro, allampanato, che impone al primo la propria inesperienza, facendosi perdonare ogni volta con la sua obbedienza cieca e assoluta.
E con il suo costante immolarsi per il buon esito della missione.
Sembra di rivedere e riascoltare lo spirito e il disegno di una maestra del divertimento nelle pagine degli albi illustrati, altrettanto britannica quanto lui: Lauren Child. Ayto, sulle sue orme, insegue da anni la Carnegie Medal e la Kate Greenaway, ma prima o poi la vince anche lui.


Carla

lunedì 19 ottobre 2020

FAMMI UNA DOMANDA!

PAESAGGI PERDUTI


E’ di sicuro una bella notizia quella che ci vede sottolineare ancora come, complici le festività natalizie, la produzione editoriale non abbia dimenticato la divulgazione: in particolare mi sembra interessante come, in questo ambito particolare, sia ripreso l’interesse per la storia, anche se con un’attenzione circoscritta alla preistoria e alla storia antica.
Spesso riceviamo richieste di testi che spieghino con chiarezza l’origine del mondo, l’era dei dinosauri, la comparsa dell’Uomo. Fra le novità di questo finale d’anno si segnala per l’originalità e la raffinatezza ‘Paesaggi perduti della Terra’, di Aina Bestard, autrice e illustratrice, pubblicato da L’Ippocampo. Come nel precedente ‘Una nuova vita’, sono utilizzate diverse tecniche, dalle alette, che coprono e scoprono le immagini, alle pagine traslucide sovrapposte. Le immagini che così si compongono sono immagini ‘vive’, che si animano, nascondendo e svelando particolari. Possono riguardare le antiche creature marine, oppure i boschi, popolati da piante e alberi in gran parte scomparsi.
 
 
Ma veniamo al contenuto: la storia del mondo viene suddivisa in eoni, unità di misura geocronologica: si parte dall’Adeano, poi Archeano, Proterozoico e Fanerozoico, che è l’eone la cui ultima parte, il Cenozoico, vede la gloriosa comparsa dell’umanità.
Di questi tempi lontanissimi e difficili da immaginare, per quanto era differente l’ambiente terrestre, viene data una breve descrizione, cui seguono gli eventi fondamentali che caratterizzano i diversi periodi: la formazione della Luna, la comparsa delle prime forme viventi, delle piante, degli animali, con il susseguirsi di eventi traumatici, estinzioni, colonizzazioni.
 
 
L’inizio del libro prova a spiegare come sia stato possibile ricostruire le caratteristiche dei tempi più antichi attraverso i sedimenti fossili, e quindi come progressivamente siamo stati in grado di immaginare i paesaggi preistorici, dagli ambienti marini, i primi ad essere popolati, alle foreste. L’autrice spesso utilizza la doppia pagina proprio là dove si descrivono i paesaggi più lontani da quelli cui siamo abituati, dalla Luna gigantesca e incombente, alla pioggia di meteoriti. Sono queste immagini molto efficaci, perché rispondono a molte domande su quel ‘prima’ misterioso, che precede il tempo, più conosciuto, dei dinosauri. Così come sono interessanti le parti riguardanti le glaciazioni più antiche.
Quando invece è necessario dare conto di ambienti costituiti da una grande ricchezza di elementi, l’autrice preferisce ricorrere alle pagine traslucide sovrapposte, che consentono di intravedere altri dettagli di una certa stratificazione. E’ così per l’ambiente sottomarino, come per la descrizione delle foreste.
Testo e immagine si giocano a turno la preminenza: in alcune pagine basta l’immagine a dar conto di un testo molto breve, in altre il testo è più lungo e ben evidenziato e prevede dei focus facilmente individuabili dove si segnalano concetti importanti. In alto a destra, un disco ci segnala in quale momento di questa lunghissima e travagliata storia ci troviamo.
‘Paesaggi perduti’ è anche un omaggio dell’autrice alla storia dell’illustrazione paleontologica dei secoli scorsi, ne riproduce il tipico disegno a tratteggio, caratteristico delle incisioni d’epoca; e proprio seguendo quello spirito si concede delle ‘licenze poetiche’, degli arricchimenti delle immagini che non hanno un immediato riscontro scientifico. Ma il contenuto del libro è rigorosamente attendibile: nasce dalla collaborazione con il Museu de Ciències Naturals di Barcellona ed è stato anche rivisto, nella versione italiana, da Andrea Ferrando dell’Università di Genova.
 

Si tratta, quindi, di un libro molto particolare, di grande fascino per i lettori e le lettrici di tutte le età, a partire dai nove anni; è ricco di informazioni e di suggestioni, curato nella veste grafica, adatto ad una lettura condivisa che spazi dalla scienza alla storia, all’arte.
 
Eleonora


‘Paesaggi perduti della Terra’, A. Bestard, L’Ippocampo 2020

venerdì 16 ottobre 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

UN TEMPO PER OGNI COSA

Joker, Susie Morgenstern, Giulio Castagnaro (trad. Flavio Sorrentino)
Biancoenero Edizioni 2020

 


NARRATIVA PER MEDI (dai 7 anni)

"Il maestro tamburellò con le dita sul banco di Luca per fargli capire che doveva leggere che cosa c'era scritto sulle carte. Luca pensò di essere tornato al tempo della preistoria, quando si parlava con i gesti. Obbedì all'ordine silenzioso del maestro, ma mentre leggeva passò dal semplice stupore al più grande sbalordimento. 
Lesse a voce alta: 
JOLLY PER RIMANERE A LETTO 
JOLLY PER NON ANDARE A SCUOLA 
JOLLY PER ARRIVARE A SCUOLA IN RITARDO  
JOLLY PER PERDERE IL QUADERNO DEI COMPITI..."
Sul banco di ogni bambino e bambina di quella quinta elementare il nuovo maestro, Biagio Natale, vecchio, pieno di rughe e con la voce bassa e profonda, ha depositato un regalo, ovvero un mazzo di carte, o per meglio dire un mazzo di jolly. Sono carte che ciascuno di loro si può 'giocare' al momento del bisogno. Ma i regali non finiscono qui. Arrivano bei libri da leggere, parole rare da imparare, vocabolari da consultare, spazzolini e dentifrici. E anche la libertà di poter usare già i primi jolly, ovvero di saper essere consapevoli delle proprie scelte.
Questo maestro è strano parecchio, ma ai ragazzini piace assai perché il suo modo di fare scuola è diverso, pieno di stimoli e cose interessanti, mai fatte finora, per esempio andare in un ufficio postale a spedire una lettera o in stazione a comprare un biglietto del treno. 
Tanto piace a loro, tanto è inviso alla preside della scuola che di tanta apertura mentale si preoccupa, invece di compiacersene. 
Candida Peres, per come è fatta, detesta tutto ciò che esce dallo schema rigido delle sue regole che fanno sembrare la scuola che tiene in pugno una dura accademia militare, piuttosto che un posto da cui far uscire bambini e bambine felici.
Questa è la storia di un anno scolastico indimenticabile. L'anno in cui il maestro Biagio Natale trasformò quella classe in un posto dove il compito era quello di imparare a vivere al meglio la propria vita.

Se c'è una qualità che va riconosciuta a Susie Morgenstern è quella di essere una persona generosa della propria energia, delle proprie buone idee, spesso controcorrente.
Qui, in Joker (libro che già si era visto nei Criceti Salani nel 2002 con il titolo Un mazzo di Jolly, illustrato da Mireille D'Allancé, titolo che circolava ancora per Nord-Sud nel 2007), si nasconde dietro il vecchio maestro Biagio Natale cui affida il compito di essere un buon maestro con un progetto di educazione piuttosto originale e molto efficace.
Dall'alto della sua esperienza, è a un soffio dalla pensione che la preside non perde l'opportunità di accelerare per toglierselo dai piedi, Biagio Natale è come la Morgenstern prima di tutto generoso con la sua classe e, didatticamente parlando, con delle grandi idee e con uno sguardo sulla realtà quanto meno singolare, se non geniale.
Sono proprio queste che colpiscono l'immaginario di chi legge. Tanto i bambini e le bambine che un maestro così non lo hanno e invece vorrebbero e meriterebbero di averlo, quanto gli adulti co-lettori che patiscono nel vedere bambini e bambine 'bloccati' in una scuola non sempre all'altezza del compito.
Ed è per questo che Joker potrebbe rappresentare uno spunto di riflessione, o meglio ancora, un punto di partenza per ampliare la visuale di maestri e maestre che hanno voglia di mettersi in gioco, acchiappare idee nell'aria e trasformarle in esperienze educative, di crescita, per i bambini e bambine cui fanno scuola.
Insomma, un'altra carta da giocare per tutti costoro.
La generosità, sembra voler dire la Morgenstern, è l'unica chiave per vivere bene e per vivere appieno. Dopo un anno scolastico con Biagio Natale, che ama tanto fare regali - è lui stesso a dichiararlo nel primo giorno di scuola - la classe ha imparato che a non giocarsi i jolly, a tesaurizzarli per non si sa quando, per non si sa quale momento migliore, si perdono tante buone occasioni per fare cose, compresa quella di essere un po' anarchici per guardare la realtà da una prospettiva non convenzionale, non prestabilita.
Che può solo far bene.

Carla