domenica 31 luglio 2011

E' DOMENICA? allora PANCAKES!


Con Margherita, mia figlia, lo scorso inverno fuggimmo per due giorni a Berlino. Io cercavo cucchiaini di plastica e vecchi ricordi di quando ero studente solitaria lassù, Margherita cercava una nuova occasione per fotografare Holocaust-Mahnmal, con una luce diversa. Indietro abbiamo riportato qualche foto, dei cucchiaini e una nuova tradizione: i pancakes fatti per la colazione della domenica. In quel breve viaggio a Berlino, infatti, abbiamo mangiato dei Pfannkuchen (la versione germanica delle ben più famose frittelle di zio paperino) davvero strepitosi in un tranquillo caffè di Savignyplatz...e da quel giorno ogni domenica io mi alzo presto e preparo i pancakes per tutti. La ricetta viene dalla rete (irrecuperabile la fonte), ma è garanzia di successo ed è stata scritta da un vero professionista del genere. A casa mia si fa mezza dose esatta e vengono 6 pancakes. Ma voi sentitevi liberi di fare anche l'intera dose che prevede:
  • 2 uova
  • 250 g di farina 00
  • 30 g di burro
  • 400 cc di latte
  • 1 cucchiaino lievito in polvere
  • 1 pizzico di sale
  • 1 cucchiaino di zucchero
Preparazione
Questa è la versione americana.
In una ciotola capiente, setacciate insieme farina, lievito, sale e zucchero. Fate un buco al centro e versate il latte, le uova e burro che avrete accuratamente sciolto a bagno maria; mescolare il tutto a fondo.
Far scaldare a fiamma medio-alta la piastra o la padella precedentemente unta o oliata. Io uso un padellino antiaderente, quelli per fare l'uovo fritto, per intenderci.
Versare l’impasto un po' alla volta prendendolo con un mestolo (ogni frittella, un mestolo raso).
Far dorare entrambi entrambi i lati e quando saranno di colore quasi marrone vuol dire che sono pronti. Mettete i pancakes, via via che sono pronti uno sopra l'altro a formare una torre e tra uno e l'altro versate un po' di sciroppo d'acero (i più 'duri' tra uno e l'altro ci mettono anche un ricciolo di burro che con il calore si scioglie mischiandosi allo sciroppo...)
Servite i pancakes caldi. Attenzione non credete a quelli che vi dicono di guarnirli con ciò che più vi piace. Usate RIGOROSAMENTE lo sciroppo d'acero ed eventualmente, solo in cima, un po' di zucchero a velo che aggrazia la presentazione ( A Berlino, nel grazioso caffè, c'era, infatti).
Fin qui, la ricetta semplice. Ma se siete dei perfezionisti e vi piace imparare quei piccoli trucchi che in cucina fanno la differenza, ecco alcuni suggerimenti per pancakes veramente perfetti.

Consigli:

Il recipiente in cui setacciate gli ingredienti in polvere deve essere assolutamente asciutto.
Prima di unire le uova, il latte ed il burro fuso agli altri ingredienti mischiateli tra loro, sbattendoli ben bene ottenendo un unico composto. Sicuramente avrete una ciotola in più da lavare ma le buone forchette noteranno che così i pancake risultano più soffici.
Gli ingredienti "a secco" vanno miscelati a quelli "umidi" delicatamente ma in breve tempo: miscelare eccessivamente rende più veloce la formazione del glutine che renderà più duri i nostri pancakes.
Preriscaldare la piastra o padella (antiaderente o ben oleata) a 185°C. Per ungere la padella meglio passare un foglio imbevuto di olio vegetale (il burro brucia troppo in fretta).
Quando si formano delle bolle su un lato è probabile che sia giunto il momento di girare la frittella, ma prima sbirciate sotto. Se è stato raggiunto un bel colorito fra l’oro ed il marrone potete girare.
Non premete mai i vostri pancakes! E’ difficile resistere alla tentazione ma i pancakes non vanno schiacciati o andranno persi tutti gli sforzi per ottenere un pancake morbido e soffice.
Quando i bordi sono asciutti potete togliere il pancake dalla piastra.

Carla
 

sabato 30 luglio 2011

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


GLI UOMINI SONO FATTI COSI' 

DIO, L'UOMO, LA DONNA E IL GATTO, Jutta Richter
Salani, 2011

NARRATIVA PER GRANDI (dai 10 anni)

"Si chinò sull'acqua e si riconobbe. Il suo sguardo indugiò a lungo sull'immagine che lo fissava dall'acqua. e di nuovo fu colto da uno struggimento infinito. Desiderava un amico, un confidente, uno che gli somigliasse [...]ora avrebbe creato una riproduzione della sua immagine riflessa nello stagno, e questa riproduzione sarebbe stata il Suo contrario, il Suo amico, il Suo compagno. Lo specchio del Creatore: l'uomo." (p. 14-15)

Si può decidere, come sempre di fronte a una storia che ci viene raccontata, se crederci o no. Ma il punto non è questo. Rimane sempre una bella storia. Jutta Richter prova a raccontare la storia della Genesi ancora una volta e lo fa con grande poesia e sensibilità, secondo una prospettiva inaspettata, che non ha nulla di confessionale. Ci racconta un Dio molto umano - decisamente poco tonante - che prova sentimenti quali la solitudine, la rabbia, la delusione cocente, ma anche la felicità, e la tenerezza come quella di un vecchio padre che comunque non può smettere di vegliare anche sugli errori dei propri figli.
E anche Adamo, ci appare con tutti i suoi limiti, le sue difficoltà e incomprensioni nei confronti di Eva, la sua inguaribile codardia e paura rispetto alla responsabilità di una scelta, la sua goffa paternità, solo all'ultimo recuperata. Eva, al contrario, così tanto volitiva, sempre sicura e sostenuta nelle sue decisioni, ci appare madre pugnace e affettuosa amante. E poi Caino e Abele, nelle loro difficioltà di essere figli. Il tutto in uno scenario davvero 'paradisiaco' , almeno al principio, entro cui si muovono tutti gli animali, ma in particolare un cane, molto cane, e un gatto, molto gatto, con buone capacità di narratore.
Un libro solo apparentemente piccino che però, attraverso la storia più antica del mondo, ci racconta con grande profondità di pensiero cose grandi: l'Umanità, quella con la U maiscola su cui comunque - nel bene e nel male, nei valori e nei limiti - sarebbe utile riflettere e confrontarsi un po' più spesso, in questi tempi di 'vacche magre'.
Un libro di grande utilità da proporre ai ragazzi perché ragionino su quali secondo loro debbano essere valori e significati che fanno di un uomo un Uomo.

La copertina di Giulia Orecchia non rende giustizia alla complessità e allo spessore del contenuto. Francamente, non riesco a trovare l'ironia cui si allude nella fascetta, mentre trovo tenerezza, poesia e profondità. Concordo con la suddetta fascetta anche sul fatto che si tratti di una scrittrice di prima grandezza (ma mi chiedo se la Salani veramente la consideri tale, visto che nel risvolto di copertina si distrae e la chiama Jutta Bauer...) E' proprio vero, l'infallibilità non è di tutti!

Carla

mercoledì 27 luglio 2011

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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RITI DI PASSAGGIO

IL LEONE, Joseph Kessel
Salani, 2011

NARRATIVA PER GRANDI (dai 12 anni)

Sono due le cose importanti per un lettore 'sfarfallante' tra gli scaffali di una libreria: la copertina del libro e una 'quarta' ben scritta. Non dico nulla di nuovo e gli editori lo sanno fin troppo bene, che entrambe possono fare la differenza, quanto meno all'inizio della carriera di un libro. Ce n'è una terza, però, che raramente porta su false piste il lettore in cerca di libro: ed è l'incipit. Questo libro ha un inizio che su di me ha funzionato come un cappio che a tutti costi mi tirava dentro.

" Aveva cercato di sollevarmi le palpebre per vedere cosa nascondevano? Non avrei potuto dirlo con certezza. Uscendo dal sonno avevo avuto la sensazione che un pennello leggero e ruvido passasse più volte sul mio viso. Quando fui del tutto sveglio, la vidi sul cuscino, accanto a me, che mi osservava con attenta insistenza. Non era più grande di una noce di cocco e del color del cocco era il suo corto pelame. Vestita così da capo a piedi sembrava un peluche. Solo il muso era coperto da una maschera di seta nera attraverso la quale brillavano due gocce: gli occhi."(p.9)

Ecco fatto, non lo ho più mollato.
La storia, in due parole, è quella di una bambina inglese che ha la fortuna di vivere con la sua famiglia nella Riserva reale del Kenya, perché suo padre ne è il direttore. Per Patricia è realtà quella che per molti bambini rimarà sempre sogno: lei non ha animali di peluche che la circondano, ma gazzelle, scimmie, elefanti in carne ed ossa. E poi,nella vita della bambina, c'è King, un magnifico esemplare di leone maschio con il quale, essendo cresciuti assieme, ha stabilito un esclusivo vincolo di affetto. Patricia e King sono praticamente inseparabili e vivono una straordinaria storia di amicizia. Fino al momento in cui un giovane Masai la chiede in sposa e la magia si spezza.
Attraverso gli occhi attenti del narratore, viaggiatore di passaggio in Africa, noi vediamo scorci di vita coloniale che già tanta buona letteratura ci ha raccontato, ma soprattutto siamo portati a ragionare su due grandi questioni: il rapporto tra uomo e natura e la perdita dell'innocenza.
Ciascun personaggio del libro si pone in modo differente nei confronti della Natura potente che lo circonda: c'è chi la teme, c'è chi invece la vuole possedere o, viceversa, viverci in armonia. Ed è su questa diversità di approccio che ruota l'intero romanzo. Da una parte gli inglesi, apparentemente dominatori del mondo, e dall'altra i masai, liberi perché padroni solo della propria lancia.
La protagonista Patricia, nonostante dimostri di avere un talento naturale nella relazione con gli animali - talento che io personalmente ho riscontrato solo in alcuni bambini di mia conoscenza (e penso al piccolo Matteo che all'acquario di Genova 'dialogava' con il piccolo di foca, Giotto, al di qua di un cristallo molto spesso che li separava, ma solo fisicamente) -, spesso si comporta come se fosse 'la padrona' del leone: è gelosa, possessiva, esclusiva e talvolta anche un po' prepotente nei confronti di King. Ma lei è una bambina occidentale e conosce solo questo tipo di amore. Credo che sia, a onor del vero, piuttosto difficile per un "piccolo" disgiungere la parola 'amore' dalla parola 'mio'.
Ed è proprio qui, nel confronto, o forse dovrei dire scontro, tra modi di concepire la vita così distanti che si delinea la seconda questione: il rito di passaggio verso la vita adulta. Se fino a quel momento tutto ha concorso nel far credere al lettore che spetti al giovane masai dimostrare al mondo il suo coraggio nel superare la grande prova per accedere al mondo dei grandi, all'ultimo, invece toccherà alla bambina inglese intraprendere il cammino verso un doloroso e cruento passaggio. E questo, inevitabilmente, significherà per lei la fine della fanciullezza.
Nel dare un parere su questo gran bel romanzo, non vorrei fermarmi a giudicarlo una lettura suggestiva di un mondo lontano ed esotico. Lo suggerirei, piuttosto, solo a lettori ne ne possano cogliere certe complessità.
Noterella al margine: ho sorriso nel pensare che il quadro di Henri Rousseau, Il sogno, un particolare del quale compare come copertina, se fosse stato visto nella sua interezza avrebbe raccontato ancora di più il contenuto del libro, per di più avvalorando la chiave di lettura che io ne suggerisco. Bene così, perché da che mondo è mondo, è il particolare scoperto che fa sognare il resto celato...


Carla

I RIPIENI E LA PAZIENZA


In Liguria i ripieni si chiamano così, sono zucchine e cipolle ma si chiamano ripieni e basta, si sa già di che cosa si tratta. Sono un preparazione dell’estate, quando ci sono le zucchine quelle verdi chiaro, le romanesche con il fiore, e le cipolle fresche.
Il ricordo è quello di mia madre che sul tavolo di marmo prepara il ripieno e il profumo che si sprigiona in casa una volta tirata fuori la teglia dal forno.
Ci sono delle preparazioni per fare le quali bisogna esercitare la pazienza, e se non c’è, è meglio non iniziare proprio, ma in estate questi momenti si trovano: è quindi tempo di preparare i ripieni.

Prima di tutto bisogna scegliere zucchine e cipolle piccole perché il risultato finale è quello di bocconcini pieni di sapore.
Il tutto comincia con il mettere a bollire le zucchine, poi le cipolle.
Si fanno raffreddare e si tagliano le zucchine in due nel senso della lunghezza. Quindi con un cucchiaino (io ne utilizzo uno da caffè piccolo piccolo di quelli che non si usano più) si scavano per ricavare delle barchette (forse delle piroghe) che si mettono strette una accanto all’altra nella teglia dove poi cuoceranno. Il lavoro di scavo è lungo, conviene farlo da sedute, bisogna fare attenzione a non rompere le fragili imbarcazioni.
Le piccole cipolle si tagliano longitudinalmente e si aggiungono in un incastro perfetto fra le zucchine come dei gusci di noce.

Il ripieno è composto da:
una parte delle polpa delle zucchine
la parte più interna delle cipolle
mollica di pane bagnata nel latte e poi strizzata
i fiori delle zucchine liberati da pistillo
un paio di uova
parmigiano reggiano
mortadella
erba cipollina
sale
Il profumo fondamentale è quello della maggiorana, in Liguria erba persa o soltanto persa, perché le si attribuisce un’origine persiana.

Devono essere frullati tutti insieme. E qui inizia nuovamente l’esercizio della pazienza. Armate del solito cucchiaino si riempiono piroghe e gusci. Per farlo mi siedo di nuovo: è un momento durante il quale possono nascere nuove idee, progetti mentre la radio mescola musica e parole:
In forno caldo (180°) devono rimanere circa 40 minuti.
Finiranno in un attimo quindi, quando avete la giusta dose di pazienza, preparatene tanti.

Lulli

lunedì 25 luglio 2011

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

"LADRI DI BAMBINI"


CHIAMATEMI SANDOKAN! Un omaggio a Emilio Salgari, Fabian Negrin
Salani, 2011

ILLUSTRATO per MEDI (dai 7 anni)

" 'Non sai come si gioca a Sandokan?' ho asclamato.Corpo di un cannone! Ho dovuto spiegargli ogni cosa. 'Sandokan è il capo dei pirati della Malesia e abita in un'isola che si chiama Mompracem. Lotta contro gli inglesi che hanno sterminato la sua famiglia...' 'Allora è un orfano' ha interrotto mio cugino. 'Be', sì, ma non è importante, perché ha un amico , Yanez de Gomera, e si vogliono bene come fratelli. Potremmo essere Sandokan e Yanez'. 'Ma noi siamo cugini, non fratelli ' ha obiettato Aldo. Con mio cugino di deve avere molta pazienza. 'Meglio se ti leggo un brano del libro' gli ho detto."

Tutto comincia con una macchina rossa che si allontana, uscendo veloce dalla pagina del libro, lasciando lì una bambina ferma sul marciapiede che ha davanti a sé una vacanza 'in bianco e nero' a casa della nonna. Ma quello che si preannunciava un periodo di noia assoluta, si rivelerà molto movimentato, grazie al ritrovamento di tre libri di Salgari, in fondo a un armadio. E grazie anche a un cuginetto disposto a condividere l'avventura.
Così comincia questo libro in continuo movimento tra la realtà e l'immaginazione, tra il 'bianco e nero' e il colore. Per superare la noia e la realtà bisogna affidarsi alle parole del libro (ed è questo che fa la bambina per convincere il riluttante cuginetto). 'Giocare a Sandokan' significa per i due bambini trasformarsi all'istante nei due protagonisti dei romanzi salgariani: Sandokan e Yanez. Così i due cugini a pagina 11 sono ancora due bimbetti, mentre nella pagina successiva si sono trasformati nei due eroi. Affrontano il pericoloso mare in tempesta per andare nell'isola di Labuan, arrampicandosi sui divani o sui letti o timonando nella vasca da bagno. Ma l'avventura prende il sopravvento ed è lo stesso Sandokan (quello vero raccontato da Salgari) a coinvolgere i due bambini nell'impresa ardita, chiamandoli per nome e rivolgendosi a loro nel momento del bisogno per evitare il naufragio. L'avventura continua: il racconto di Salgari con Yanez e Sandokan che attraversano la giungla, incrociando ogni tipo di animale esotico, si concretizza nella realtà del gioco dei due bambini in una pericolosa scalata della credenza. Ma quando i due vengono richiamati alla realtà, la risposta è perentoria: voglio essere la storia che è nel libro e quindi "Chiamatemi Sandokan!" (se volete che vi risponda...)
E' un fatto che Emilio Salgari abbia fatto e faccia ancora sognare frotte di ragazzini e che si debba considerare, come ha detto recentemente Denti a Torino, un 'ladro di bambini', perché i suoi libri hanno 'rapito' bambini e bambine per traghettarli poi verso un altrove strepitoso.
Ma è altrettanto un fatto che anche Negrin sia un grandissimo costruttore di immaginari. Sono certa che Salgari sia davvero stata una sua lettura infantile (d'altronde la dedica del libro non lascia dubbi) e che questo libro sia un suo personale omaggio all'autore, ma anche alla sua infanzia, o per meglio dire, all'infanzia tout court.
Il continuo muoversi sui due piani, quello della realtà e quello del romanzo, attraverso due diversi codici iconografici (ai quali peraltro Negrin ci ha da sempre abituato) rende 'tridimensionale' l'esperienza della lettura. Proprio come è (o dovrebbe essere) la lettura per i bambini. Per loro, il libro non è più un oggetto piano, portatore di immagini e di parole, ma 'contenitore' spazioso e profondo dentro cui è bello sparire. L'immagine descritta con le parole di Salgari prende forma e colore ed 'esce' nelle figure di Negrin, ma nel contempo i due bambini disegnati brevemente sulla pagina della realtà, li ritroviamo vestiti da Tigrotti, perché sono 'entrati' nel romanzo.
La capacità di Negrin di muoversi attraverso stili così diversi (bellissima la pagina in cui i due stili si compenetrano) e di utilizzare la pagina come diaframma percorribile tra realtà e finzione (dove il testo è la realtà e il disegno la finzione) lo avevamo già visto per esempio in In Bocca al lupo (Orecchio Acerbo, 2003), ma adesso la scelta pare molto più consapevole e matura. Libro davvero da non perdere, ma da usare come prontuario del bravo piccolo lettore.

domenica 24 luglio 2011

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

L'AVVENTURA SI NASCONDE 
IN TUTTO CIO' CHE CI CIRCONDA

VENTI PAROLE D'AVVENTURA
Chiara Carminati, Giulia Orecchia
Rizzoli, 2011

NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dai 7 anni)

FUGA
[...] Hai deciso di scappare. Hai già preparato lo zaino: tenda
e sacco a pelo, una torcia, due sacchetti di patatine, la mappa
delle stelle. E via. Per le scale incontri il tuo vicino.
Pensa che tu abbia avuto una idea geniale, e vuole venire con te.
Porta anche sua cugina [...]

Cinque buone ragioni per cui trovo bello questo libro della coppia Carminati-Orecchia:
1) Chiara Carminati gioca con lo stupore (ma quando non lo fa...) per meravigliare il suo giovane lettore con le parole, a partire già dalla prima pagina quando gioca con il duplice significato della parola
venti: Venti curiosi di brezza e burrasca, venti parole fiorite in figure, venti avventure da mettere in tasca, fino ad arrivare alla narrazione-imbroglio per la parola Montagna, di cui non vi dico di più.
2) grande sensibilità dimostra anche nei brevi testi narrativi che ci raccontano le 20 parole che secondo lei hanno a che fare con l'avventura (non quella che ci si potrebbe aspettare, ma piuttosto quella quotidiana che ogni piccolino deve affrontare per arrivare in fondo alla sua giornata).
Nei testi, la Carminati arriva sempre e subito al nocciolo delle questioni, non è mai inutilmente descrittiva o didascalica, anzi spesso è inaspettata. Con testi serrati racconta scenari conosciuti, li racconta come osservatrice discreta, dando voce ai pensieri serissimi che possono essere quelli di un bambino. L'altra grande sua capacità sta nel meravigliare il lettore sul finale, sempre a sorpresa (a tal punto che devi girare la pagina per leggerlo). Ad esso si aggiunge, colpo di teatro ulteriore, un breve verso di poesia che - come tale - racchiude in sé il senso profondo dell'intero percorso narrativo. Tale rima sembra essere quasi una formula magica da ripetere per sé all'occorrenza.
3) Intelligente è la scelta delle parole che non si rivelano mai scontate. Evocano tutte luoghi, momenti, oggetti o circostanze che sono molto legate all'immaginario di un bambino 'avventuroso', pur essendo tutte legate alla realtà quotidiana: niente stereotipi facili, tipo mostri o luoghi esotici, ma piuttosto il sipario di un teatro e i banchi di un mercato, o un libro o una lettera in arrivo.
4) Le illustrazioni di Giulia Orecchia (che mi piace, ma non sempre) sono in grande sintonia con il testo. Sembra suggerire, nella scelta dei soggetti da illustrare e nelle prospettive di visione, una lettura mai scontata, frutto di un pensiero divergente, dando così una lettura molto personale del testo. Per la parola
Cantina, per es., compaiono solo due grandi occhioni che scrutano il gran buio, per la parola Teatro si vede solo un grande sipario rosso che si scosta leggermente per far vedere il grande buio spaventoso della sala che aspetta (andate a vedere che bella soluzione trova per illustrare la parola ospedale...).
Con la tecnica del collage (per intenderci quella che rappresenta la cifra di Eric Carle) usa colori forti ed evocativi: alcuni rossi prodigiosi, alludo al pesce della parola
Sassi o arancione con un turchese brillante della parola Albero.
5)
last but not least, la cura di grafica, composizione di testi e immagini, formato, copertina con inserti lucidi che peraltro si erano già visti nel Manuale di buone maniere dello scorso anno. L'unica cosa che non mi fa impazzire è l'immagine di copertina, quella sì un po' scontata. Ma se giro presto la pagina, la dimentico subito.

Carla

venerdì 22 luglio 2011

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


Luglio, notoriamente, è un mese un po’ infelice per lanciare novità dedicate ai bambini; capita però di imbattersi in titoli particolari: è il caso di due novità di Orecchio Acerbo, La zampa dell’ombrello di Alice Umana e Agostino Iacurci e La rosa, un racconto di Ljudmila Petrusevskaja, illustrato dall’esordiente Claudia Palmarucci.
Il primo è un racconto molto ironico ed originale che svela l’origine animale degli ombrelli, un tempo mirabili creature canterine ridotte in schiavitù dal genere umano, condizione incompatibile con la propensione al canto; infatti, gli ombrelli, sottospecie di pipistrelli caratterizzati da un’unica zampa, erano un tempo capaci di armoniosi canti collettivi, tanto che gli umani li vollero tenere con sé; ma dopo una sfortunata ribellione, gli ombrelli furono sottomessi, con le ali legate da un laccetto, che ancora oggi li tiene chiusi e inesorabilmente silenziosi.
Il secondo, pur nel descrivere una situazione inusitata (un uomo-rosa che si trasforma progressivamente in pianta), sembra meno adatto ad una lettura squisitamente infantile, ma su questo potremmo discutere all’infinito. Racconta la progressiva e imbarazzante trasformazione del protagonista in rosa, profumatissima e invadente col suo fortissimo profumo: cani e gatti perdono l’olfatto, le persone non riescono a percepire altro odore. Così il protagonista, studiato e analizzato, si rassegna a diventare una pianta, anche se detesta essere concimato col letame: “ma i fiori sono creature sottomesse e gli toccava sopportare la vita del fiore." Perché i fiori crescono dalla spazzatura e si nutrono come capita.” Belle le illustrazioni, dense di citazioni, che sottolineano la vocazione surreale del racconto.
 Eleonora

La zampa dell’ombrello”, A. Umana e A. Iacurci, Orecchio Acerbo, 2011. Età di lettura consigliata, dagli 8 anni.
“La rosa”, O. Petrusevskaja e C. Palmarucci, Orecchio Acerbo 2011. Età di lettura consigliata, dai 10 anni.

Se volete saperne di più, visitate il sito dell’editore, www.orecchioacerbo.com, nella sezione dedicata alle novità editoriali.



martedì 19 luglio 2011

IN ATTESA CHE RITORNI IL PROFESSORE


Oggi è un gran giorno: è il compleanno del professore. Ma come ogni anno, il festeggiato non è a casa, ma su un'isola lontana della grecia a scavare...non è un cane che ha perso l'osso: fa solo l'archeologo! ma tra pochi giorni torna e noi saremo pronte per accoglierlo con una signora torta.
Qui di seguito, la ricetta di Popina (che arriva dallo strepitoso libro: Isidora Popović, Al forno. Ricette biologiche per dolci e torte salate, Logos 2010). Provatela, anche se non avete un professore da festeggiare...

INGREDIENTI

5 uova, tuorli e albumi separati (se il colesterolo non lo permettesse, sappiate che vanno bene anche 4 uova)
scorza grattugggggiata e succo di 2 limoni
250 gr. di zucchero di canna non raffinato
250 gr. di carote grattugggggiate
250 gr. di nocciole macinate (anche le mandorle vanno benissimo)
2 cucchiaini di lievito in polvere
65 gr. di farina di mais (va bene anche la farina 00 o quella di riso)
uno stampo a cerniera

per la glassa
300 gr. zucchero a velo (vanno bene anche 200 gr.)
un po' di succo di limone per stemperare lo zucchero
la scorza di limone per decorare la glassa

Scaldate il forno a 180°
Mischiate rossi d'uovo, carote, nocciole, zucchero succo di limone e il lievito ed poi amalgamateli per bene con il frullino o con una frusta a mano. quindi, lentamente aggiungete la farina.
Montate a neve gli albumi per poi incorporarli delicatamente affinché non si smontino.
Versate il tutto nello stampo foderato di carta da forno.
Fate cuocere per 45 minuti finché supera la prova stuzzicadenti asciutto.
Fate raffreddare bene la torta prima di toglierla dallo stampo.
Per la glassa: fate sciogliere lentamente con un po' di succo di limone lo zucchero finché non ottenete un composto semiliquido che verserete sul centro della torta, in modo che si spanda e coli lungo i lati. In ultimo, grattugggggiate un po' di scorzetta di limone sulla torta per dar profumo e colore.
E' buona subito, ma anche il giorno dopo e dopo due giorni di frigorifero è al massimo del sapore...oltre non sono mai riuscita ad arrivare, finiva sempre prima....
Carla

UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)


DARWIN, UN FIUME, UN BAMBINO
Che la meraviglia è propria della natura del filosofo e la filosofia non si origina altro che dallo stupore”. Platone, Teeteto.


Due anni fa, in collaborazione con l’editore americano Creative Company, Fabian Negrin ha pubblicato un illustrato, poi tradotto in italia da Gallucci (www.galluccieditore.com) , dal titolo Riverbanks, usando come testo l’ultimo paragrafo de L’origine delle specie di Darwin. Le immagini raccontano di un bambino che, in riva ad un fiume, scopre con crescente stupore l’incredibile varietà dei viventi; quell’incredibile varietà spiegata da Darwin con l’evoluzione naturale attraverso la selezione del più adatto. Poesia e scienza a braccetto, immaginando, magari, che lo stesso Darwin abbia cominciato ad interrogarsi sulla varietà, sulle molteplici forme dell’adattamento, proprio guardano con gli occhi, liberi da pregiudizi, di un bambino.
E’ invece di quest’anno il libro di Jaqueline Kelly , L’evoluzione d Calpurnia (www.salani.it), romanzo per ragazze e ragazzi che ruota intorno al doppio senso: evoluzione come teoria scientifica, evoluzione come stagione di crescita. Anche in questo romanzo, l’occasione della crescita è data dall’esplorazione di un fiume in estate, cui la protagonista si accosta col fervore entusiasta della giovane naturalista. Siamo a cavallo fra 800 e 900, Darwin fa ancora scandalo e l’emancipazione femminile è ancora un sogno di poche; Calpurnia, unica figlia femmina in una famiglia di possidenti del Texas, faticherà non poco ad affermare il suo diritto alla curiosità, contro il conformismo tradizionalista della sua famiglia. Al suo fianco il nonno naturalista che le farà leggere l’eretico L’origine delle specie e la affiancherà nelle sue sorprendenti scoperte, rigorosamente annotate in un prezioso taccuino.
Curiosamente, in entrambi i libri abbiamo un bambino (o bambina) incantato di fronte alla infinita ricchezza della natura, rappresentata in entrambi i casi da un fiume; l’infinita ricchezza diventa infinite domande, uno sguardo (quasi) libero da condizionamenti, che spesso viene ingabbiato dentro gli schemi mentali adulti.
Se non ci fosse dentro di noi lo spiritello anarchico dell’infanzia, non saremmo capaci di superare modi di pensare, credenze, pregiudizi, di immaginare il mondo anche in modo imprevedibile, di cercare la bellezza dove apparentemente non è, un calcolo matematico, una teoria fisica.
Darwin bambino si è sicuramente incantato di fronte allo spettacolo di un fiume in estate.
Eleonora


In riva al fiume”, C. Darwin, F. Negrin, Gallucci 2010
L’evoluzione di Calpurnia”, J. Kelly, Salani 2011



LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


CRESCERE, CHE IMPRESA!

L'EVOLUZIONE DI CALPURNIA, Jacqueline Kelly
Salani, 2011

NARRATIVA PER GRANDI (dagli 11 anni)

"A me non piaceva parlare di modelli e di ricette, e versare il tè in salotto. [...] Mi sedetti in camera mia a guardare fuori gli alberi, e riflettei un pochino sulla questione, rivoltandola da tutte le parti. Non avevo fatto niente per essere com'ero. Potevano dare la colpa a me per la mia natura? Il leopardo può cambiarsi le macchie? E, in caso positivo, quali erano le mie macchie? Sembrava tutto così confuso. Non arrivai a nessuna conclusione, in compenso mi venne un discreto mal di testa. "(p.165)

Calpurnia, undici anni e tre quarti, unica femmina tra sette fratelli, sullo scorcio dell'Ottocento nella campagne del Texas, è una ragazzina dall'inarrestabile curiosità. Curiosità e attenzione per tutte le manifestazioni della natura: cavallette, bruchi, nidi di uccelli, piante sconosciute. Tutto attira la sua attenzione, stimola il suo interesse ("E' incredibile quante cose tu possa osservare stando tranquillamente seduta e guardandoti intorno"). Ma la vita che i genitori e le consuetudini dell'epoca hanno programmato per lei e tutt'altra: saper cucinare, saper ricamare e cucire, saper suonare il pianoforte, essere pronta al debutto in società.
Calpurnia questo lo capisce a poco a poco e cerca, con i mezzi di cui dispone, ovvero una certa caparbietà e una buona dose di onestà intellettuale, di opporsi a un destino che non sente suo ("Un giorno avrei posseduto tutti i libri del mondo, scaffali e scaffali pieni. Avrei vissuto in una torre di libri. Avrei letto tutto il giorno mangiando pesche. E se qualche giovane cavaliere con l’armatura avesse osato passare sul suo bianco destriero e mi avesse implorato di calargli la treccia, lo avrei bersagliato di noccioli di pesca finché non se ne fosse andato a casa").
Calpurnia non è ribelle, ma con la forza della ragione, la fede nelle sue passioni e attitudini cerca di dimostrare al mondo che lei è 'qualcos'altro'. Ma Calpurnia in questo suo quotidiano percorso verso la libertà di pensiero non è sola: può contare sul nonno, burbero libero pensatore anch'egli. Lui è l'unico a riconoscere in lei prima di tutto una persona, e come tale, meritevole di grande rispetto. Con il nonno, Calpurnia può quindi condividere e alimentare la sua passione per le scienze naturali. Al suo fianco impara il rigore, il metodo, l'osservazione, il ragionamento, la deduzione, la ricerca, lo studio e...la pazienza.
Ma la storia di Calpurnia è anche molto altro. E' un romanzo di formazione coi fiocchi, è un omaggio, e quindi una introduzione per i giovani lettori, alla grande letteratura inglese dell' Ottocento (da Jane Austen a Virginia Woolf), è un manifesto del libero pensiero e dell'andar controcorrente (attualmente attitudini parecchio latitanti), è un 'granello di sabbia' che inceppa lo stereotipo della figura femminile in auge negli ultimi anni, è un vademecum per i ragazzi in cerca di un degno futuro e di un percorso che li porti ad essere persone realizzate e felici. E' la storia di una ragazzina appassionata. E' la storia di un mondo che alla fine dell'Ottocento sta cambiando, che vede imporsi contro certo oscurantismo (la bibliotecaria che nega Darwin a una bambinetta curiosa ne è la personificazione), una nuova luce, nuovi metodi di indagine e nuove teorie scientifiche.
Resta solo da dire, con sconforto e amarezza, che libri del genere ancora nel 2011 sono, prima di ogni altra cosa, necessari perché il sonno della Ragione è ancora lì, in agguato dietro la porta.
Lo considero un libro imperdibile e consiglio di tenere d'occhio la Kelly (il libro è già stato premiato con il Newbery Honor), che parebbe essere 'ragazza' volitiva tanto quanto Calpurnia, vista la sua storia. E poi nel suo libro c'è un motto che spero ci accomuni tutti: "Ahhh. Bed, book, kitten, sandwich. All one needed in life, really." Se non avete sottomano Kitten, sappiate che vanno bene anche i cani...
Carla

giovedì 14 luglio 2011

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

AL REPARTO DEGLI ANIMALI C'E' QUALCOSA CHE NON VA...

TUTTO ROSA. Come fu che il maialino si ritrovò con la coda riccia
Gerda Dendooven, Comma 22, 2011

ILLUSTRATO PER PICCOLI (dai 5 anni)

"Animali con la coda e animali senza. Animali piccoli e grandi, selvatici e domestici. Ma tutti senza piume, o squame, o pelliccia a strisce. Ce n'erano a due, quattro o senza zampe,ma tutti avevano solo pelle, pelle nuda. Non c'era proprio niente da accarezzare. Non avevano neanche un nome ed era facile confonderli.
Il Nostro Buon Padre non ha fatto bene il suo lavoro, pensava Gabriele. Non ha finito quello che ha cominciato."

Gabriele, un vecchio angelo un po' in disarmo, si è accorto che 'qualcosa' è mancato nella fase 'creativa' che ha riguardato il mondo. Effettivamente, a ben guardarli, questi animaletti tutti rosa pelle, rugosi e un tantino spaesati, sono bruttini. Senza contare che, in assenza di pelliccia, durante l'inverno come faranno a sopravvivere al grande freddo?
Gabriele decide che il Buon Padre deve porre rimedio a questa mancanza. Va da Dio e, con delicatezza e diplomazia angelica, gli sottopone il problema. Il Vecchio, scorbutico ed egocentrico, nonché distratto e piuttosto anaffettivo nei confronti delle sue creature, decide di tornare sulla Terra e, con mezzi di fortuna, comincia svogliatamente a distribuire mantelli e pellicce e a dare nomi. Finito l'immane lavoro, non resta che ricaricare delle molte carabattole utilizzate (dal casco asciugacapelli ai bigodini) la nuvola trasportatrice e riprendere l'attività interrotta, ovvero guardarsi in pace l'ultima puntata della sit com del momento. Ma, c'è un ma, ma...iale (che non sa ancora di esserlo) che è arrivato in ritardo e vorrebbe tanto avere le ali....
Il porcello purtroppo resta rosa pelle ma Dio, con un colpo da Maestro, lo dota di una coda a ricciolo e di due grandi orecchie che, se agitate a dovere, gli permetteranno di sollevarsi da terra...basta crederci.
Questo libro contiene due temi a me cari: storie di creazione e storie di maiali. 
Da Kipling in poi, passando per Moravia, Erlbruch, fino ad arrivare all'ultimo libro di Fabrizio Silei (L'invenzione dell'ornitorinco, Artebambini 2011) mi sono sempre molto appassionata alle storie che raccontano di come andò che all'elefante sia toccato un naso così lungo o del perché le zebre siano a righe. So per esperienza che anche ai bambini piacciono molto questi racconti perché l'invenzione, la creazione, l'immaginazione sono serbatoi per loro naturali, cui attingere ogni momento. 
Ai bambini piace molto anche immaginarsi Dio e quello di questo libro, così distratto, frettoloso e bisbetico, così umano, gli piacerà ancora di più, vedendolo abbigliato in completo rosa (anche lui!?) e mocassini pelosi...Anche l'altra passione, le storie di maiali, la condivido con i ragazzini: i maiali sono maltrattati da tutti, tenuti a distanza (salvo poi, amarli quando sono ormai salsiccia): sono, accanto ai ragni (in coppia produssero un libro straordinario: La tela di Carlotta di E.B. White), agli ultimi posti nella classifica dei beniamini. E invece, tra gli illustrati, ci sono fior di storie popolate da maiali (Maurizio Quarello, Ciccio, il maiale quadrato, Falzea 2006 oppure Dan Yaccarino, Il maialino un po' bravo un po' no, Mondadori 2004 o la bellissima rilettura della fiaba dei tre porcellini di David Wiesner, The three pigs, che ha ricevuto la Caldecott Medal nel 2001).
Questo libro, però, ha anche una cosa che non mi piace: a poche pagine dalla fine il racconto si interrompe e compare una pagina dove sono disegnate le silhouette degli animali e si chiede al lettore di completarle con colori e nomi. Questo genere di 'ganci' per l'attenzione dei piccoli lettori si incontrano talvolta, purtroppo, ma fortunatamente, solo di rado interrompono il flusso narrativo, come avviene in questo caso. Non ne capisco l'utilità...Ma tant'è.  
Torniamo alle cose piacevoli del libro.
Le cifre stilistiche di Gerda Dendooven, illustratrice fiamminga, sono l'ironia che si coglie in molti dettagli del disegno e del testo e la tecnica illustrativa dai colori tenui con tagli e prospettive insolite. Mi pare di riconoscere, soprattutto nei tratti umani, una bella discendenza da Erlbruch ma non vorrei spingermi troppo in là...
Il libro, rielaborazione di un racconto popolare, è davvero divertente, spiritoso e sottilmente ironico, ma nel contempo tenero. La figura di Dio, così pieno di difetti umani, genera il sorriso ma anche tenerezza, al pari di Gabriele che, oltre a saper trattare con i potenti, svolge lo scomodo ruolo del tramite tra Cielo e Terra (d'altronde, se non ricordo male, a questo servono gli angeli, no?). Gli animali, anche loro, sono ritratti come un po' spaesati, indifesi e poco amati. In fondo la pelliccia cui anelano non serve solo a difenderli dal freddo, ma attirerebbe inevitabilmente anche una carezza...
Carla

domenica 10 luglio 2011

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


UN MONDO DA RICUCIRE

CUORE DI SARTO, Txabi Arnal, Cecilia Verela
Logos, 2011

ILLUSTRATO PER MEDI (dai 7 anni)

"Il vecchio sarto aveva passato tutta la vita a cucire eleganti completi e sfarzosi vestiti per i nobili e le nobildonne del palazzo reale. Eppure, nonostante le sue mani avessero creato gli abiti più belli del regno, in nessuno di questi aveva messo il cuore. Dopo una vita passata a cucire, il vecchio sarto provava un vuoto immenso; sentì il bisogno di cambiare aria..."

E così inizia il lungo viaggio di questo sarto che, a ben vedere, è raffigurato più come un enorme rocchetto di filo che indossa sulla testa, al posto del cappello, un grande ditale. Il suo viaggio tocca i quattro più quattro angoli del mondo dove incontra povertà, fatica, solitudine, paura, guerra e calamità. E ogni volta egli si ferma a 'cucire' - dai mocassini per i bambini che fanno tanta strada ogni giorno scalzi per cercare un po' d'acqua fino alla bocca di un vulcano che minaccia un villaggio - ciò di cui c'è bisogno. Un piccolo contributo in un mondo che appare sempre più 'strappato'. E ogni volta che riparte lascia che un filo sottile continui a legarlo con quei luoghi e quelle persone. Un bel modo per dire che mantiene un legame.
Così, finalmente, il suo cuore riesce a provare quello che tanto desiderava: sentirsi partecipe dell'umanità. Ma dopo tanto girare e vedere sofferenza e dolore anche il cuore del sarto si ritrova ad essere troppo strappato.
Il sarto capisce che quelle ferite non possono essere riparate e quindi decide di arrivare a destinazione, in fondo al suo viaggio. Tira i fili, forse per ricordare a se stesso ciò per cui era valsa la pena vivere - e chiude gli occhi per sempre.
Un albo illustrato nel perfetto stile Oqo-Logos, eccezion fatta per il formato anomalo rispetto al solito rettangolo orizzontale. Un testo lieve e poetico che porta a ragionare su quanto sia 'sbrindellato' il mondo e sul fatto che ognuno di noi, munito di ago e filo, potrebbe cercare di tenere insieme valori e principi. 
Le illustrazioni di Cecilia Varela (della Logos è uscito anche A mani vuote, illustrato da lei) giovane illustratrice latinoamericana(?) sono molto evocative e giocano con sapienza con molte cose non dette nel testo. Unica pecca nel testo: il cuore che fa pum pum. Una caduta di linguaggio che si poteva evitare. Credo che un bambino a cui si racconta quante ingiustizie e dolori ci siano al mondo meriterebbe qualcosa di meglio: al posto del pum pum preferirei leggere la parola amare. Magari scritto con la A.
Carla

domenica 3 luglio 2011

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


UN LIVRE DE CHEVET
Di questo libro un po' speciale, abbiamo ideato una lettura a teatro e, magari, in un prossimo post, potrò mostrarvi qualcosa in proposito. Per adesso dico solo due o tre cose che penso

NOVE STORIE SULL'AMORE, Giovanna Zoboli, Ana Ventura
Topipittori, 2011

ILLUSTRATO per TUTTI

C'era una donna che non aveva niente, solo una casa piccolissima e un innaffiatoio di latta.
Estate o inverno, andava per le strade col suo innaffiatoio pieno di pioggia a veder se per caso qualcuno avesse bisogno. La gente che non aveva mai bisogno di niente, quando passava, diceva: “E' la matta con l'innaffiatoio”. Le piante, invece,, che avevano bisogno di tutto: “E' la signora degli innaffiatoi”.

Un libro che è molto di più.
Mentre leggevo - finalmente - le Nove Storie sull'amore, addirittura ancora in pdf mandato dall'editore, pensavo: accidenti solo 9 perché solo 9, oddio, stanno per finire..., quindi, scorrendo l'immagine, ne vedevo ancora una sottostante e ricominciavo a leggere contenta....e così sono arrivata alla fine.
Mi pare un libro da tenere stretto e sempre con sé, in un taschino segreto sul cuore o sotto un cappello, nelle giornate più fredde. Tirarlo fuori per far diventare perfetto un momento della giornata. Leggerlo a bassa voce ad un bambino accoccolato. Tirarlo fuori a bruciapelo, in metropolitana, per condividerlo ad alta voce con con i vicini di seggiolino sconosciuti e affaticati. Portarselo nello zaino nella prime passeggiate di primavera o quando fa buio presto e capisci dall'aria che pizzica e che sta tornando l'inverno.
Io lo trasformerò in un
livre de chevet (i miei, in verità son livres de parquet, perché non possiedo lo chevet...)
Ora il libro ce l'ho davanti e ve ne parlo un altro po': vi devo avvisare, non è un libro semplice, ma è un libro che tocca il cuore perché racconta, in 9 diverse declinazioni, come l'Amore passi attraverso cose infinitesimali, gesti piccoli, parole sussurrate, pensieri chiari e trasparenti. In altre parole, mostra quello che è nascosto, ciò che una vita distratta e veloce, superficiale e ignara ci nega ogni mattina.
Già Beatrice Alemagna, nella Storia corta di una goccia d'acqua (Donzelli, 2010), suggeriva al lettore la ricerca di senso nelle piccole cose, quando scriveva in fondo al suo libro: Quante sono tutte quelle cose che scompaiono senza che sia abbia avuto il tempo di vederle?
E nel libro di Giovanna Zoboli e Ana Ventura i protagonisti sono gocce d'acqua, annafiatoi ammaccati, erbette tra le piastrelle, piccole gemme, uccellini. Ma, accanto alle piccole cose, ci sono altre 'cose piccole': bambini, libri, vecchine, donne migranti. E tutti questi personaggi 'laterali' si muovono in un mondo rarefatto, lento, marginale, tranquillo. Il loro muoversi, però, è verso una direzione comune: tutti diventeranno grandi senza smarrire se stessi e sapranno cos'è l'Amore.
Le illustrazioni di Ana Ventura, nate prima dei testi,  sono perfette nella loro essenzialità e nel loro essere altamente evocative. I colori attenuati e i profili netti sul fondo bianco rendono questo popolo di creaturine immaginate, simboliche, piene di linfa vitale (come si sottolinea in ogni pagina con le loro radici, o i loro rami o i loro steli che partono dal cuore e che vanno a conquistare lo spazio circostante), portatori e testimoni quieti della potenza dell'Amore.
Carla

venerdì 1 luglio 2011

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


RACCONTARE L'INFANZIA
Devo confessarvi alcune mie attrazioni fatali: i disegni di Erlbruch e i libri di racconti. Bene, il libro di cui vi scrivo oggi, le contiene entrambe. impossibile resistervi.

FRATELLI, Bart Moeyaert
Rizzoli, 2011

NARRATIVA PER GRANDI (dai 10 anni)

Una volta all'anno nostro padre si metteva ai piedi della scala e ci chiamava per nome uno a uno, senza nemmeno prendere fiato tra uno e l'altro, come fossimo stati un unico fratello con un nome lungo lungo. Il nome ci pungeva come un'ape, tutti e sette insieme. Scattavamo in piedi, saltavamo giù dal letto, ci tiravamo su i pantaloni del pigiama fin sotto le ascelle, e ci precipitavamo incespicando giù per le scale come un unico fratello con quattordici braccia e quattordici gambe.”(p. 193)

Gran libro.
Nel mio immaginario di figlia unica è proprio così che io mi sono sempre sognata la vita con i fratelli. Non so se dipenda dal fatto che non ne ho mai avuto, o dal fatto che ho sempre desiderato averne parecchi, o dal fatto che ho sempre desiderato una famiglia numerosa, visto che la mia era composta di sole tre unità, ma rimango sempre incantata di fronte alle storie di vita tra fratelli.
In questo libro ce ne sono addirittura sei, oltre all'io narrante del più piccolo. Un padre che fa il padre, una madre che fa la madre e una nonna che fa la nonna. Il tutto su uno sfondo di campagna olandese, a parte il mese estivo, passato in vacanza sulla costa.
Il libro va diretto al nocciolo della questione: il mondo dei piccoli, visto nella sua estrema serietà e narrato con grande onestà.
Ogni episodio raccontato da piccolo protagonista – degli altri fratelli ignoriamo addirittura i nomi, come a sottolineare il fatto che essi costituiscano un'unica grande entità, seppure diversificata al suo interno – è visto con grande lucidità e serietà. Per quei bambini ogni cosa è fatta con grande impegno, ogni cosa detta è sempre molto pensata, ogni emozione provata è sempre molto autentica. Tutto questo per dire che siamo di nuovo di fronte a un libro che racconta in modo lucido e autentico l'infanzia (alludo ad un altro esempio recentissimo che ha fatto tanto discutere, ovvero i libri di Heidelbach). Per i piccolo, gli adulti ci sono e sono importanti, ma sono qualcosa di profondamente distante ed 'estraneo' dal loro mondo di ragazzini. In questo libro i bambini fanno i bambini e i grandi fanno i grandi, senza ammiccamenti, con grande onestà e schiettezza, da entrambe le parti. Ne risulta un'infanzia solitaria (che tanto turba dalle nostre parti adulti preoccupati e invadenti), raccontata nel suo naturale percorso di crescita, con errori, stupori, ingenuità e sensibilità, crudeltà e ironia.
Come nelle tavole di Heidelbach, anche in queste pagine si respira la stessa aria di 'geniale unicità' che contraddistingue il periodo dell'infanzia. Come in Heidelbach c'è il guizzo, l'ironia, il mistero che spiccano su uno sfondo 'neutro' che ha lo scopo di non distrarre, ma anzi di sottolinearne il rilievo e la vitale importanza.
Di Bart Moeyaert è già stato pubblicato in Italia un altro libro che mi era piaciuto: Coraggio per tre (di nuovo Rizzoli). Un libretto piccolo che in libreria è passato inosservato pur essendo anch'esso, davvero bello.
Le atmosfere di questo testo mi ricordano altri due bei libri, letti lo scorso anno: Il bambino Oceano (J.-C. Mourlevat, Rizzoli, 2010), dove la relazione tra fratelli è ugualmente serrata come in questo e Il libro di tutte le cose (G. Kuijer, Salani, 2010) , per gli stessi 'panorami sociali' dell'Olanda. 
Fratelli, con la sua visione laica della vita e mai apprensiva e ossessionata nei confronti dell'infanzia,  offre una chiave di lettura del mondo dei bambini che li considera PERSONE PICCOLE (prendo a prestito la felice definizione fatta da Beatrice Alemagna in Che cos'è un bambino?, Topipittori, 2008), ovvero  ne riconosce la dignità, complessità di pensiero, la alterità.
Sarà che anche il il mondo transalpino (austria, germania, olanda per citarne alcuni) è un mio grande amore, ma mi pare che da quelle regioni stia arrivando tanta bella editoria. E all'ultima Fiera di Bologna mi è parso di trovarne conferma.
E ora un accorato appello: leggetelo!
Carla