lunedì 30 gennaio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


CANGURI CON LE ALI

ADELAIDE. Il canguro volante, Tomi Ungerer
Donzelli, 2012

ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"I genitori di Adelaide rimasero sorpresi quando videro che la figlia aveva le ali. Adelaide cresceva e le ali diventavano sempre più grandi. Le piaceva guardare gli uccelli e gli aerei che passavano sul deserto, e desiderava tanto farlo anche lei."


Lo stupore iniziale dei due genitori si stempera nel momento in cui è chiaro che Adelaide ha una sua precisa vocazione: volare. Certo, alla sua partenza, verso una nuova vita da canguro volante, qualche lacrimuccia è scappata ai due canguri genitori. Ma a chi non sarebbe accaduto, canguro o non canguro? Con grande sicurezza Adelaide segue il suo istinto e decolla verso un futuro ignoto. Il pilota che se la vede all'improvviso davanti  è sbalordito ma poi prende atto di essere di fronte ad una cangura volante e con lei fa molti bei viaggi. Al fascino di Parigi, Adelaide non sa resistere e, accomiatatasi dal pilota (di nuovo qualche lacrimuccia), scende a terra. 

Qui incontra Monsieur Marius che se ne prenderà gran cura. Adelaide conosce con lui la città, i suoi monumenti alati e anche le luci della ribalta. Ma un giorno arriva la grande prova: salvare da un palazzo in fiamme due bambini. Non ha dubbi Adelaide, spicca il volo e li va a prendere. Ma, alteratosi il peso ideale di un canguro volante, la povera Adelaide precipita e finisce all'ospedale fasciata come una mummia. 


Ma galeotta fu la convalescenza! E dopo un po' di tempo Adelaide non fu più l'unico canguro volante che si poteva incontrare....

Io non so dire se il motivo per cui questo libro mi è piaciuto tanto sta nel fatto che io e lui abbiamo la stessa età e quindi ci siamo intesi da subito. Io credo che la ragione sia piuttosto nella semplice grandiosità della storia. Quella stessa semplice grandiosità che trovo nei ragazzini quando, a briglia sciolta, inventano racconti.
Tomi Ungerer è maestro indiscusso nel creare e disegnare semplici storie geniali per raccontare la complessità dell'umanità. La loro caratteristica principale, che le accomuna un po' tutte e costituisce una sorta di marchio di fabbrica, è quella di muoversi sul filo del fantastico con una grande naturalezza per andare incontro a temi di grande importanza e profondità per l'animo umano. Questo modo di ideare storie genera in chi legge immediato il riso, lo stupore e naturalmente, subito a seguire, la riflessione.
Per parlare di Tomi Ungerer occorrerebbe ben altro spazio di quello di un post.
Ma tant'è. Nei suoi libri, veri e propri capolavori e pietre miliari della letteratura per l'infanzia, io noto sempre la sua grande capacità, nel costruire le storie, di semplificare, asciugare fintanto da arrivare a enucleare pochi e significativi elementi essenziali. Così come fanno i bambini, che nei loro racconti vanno diretti e spediti alla meta, senza dilungarsi lungo percorsi tortuosi. E laddove la logica non li assiste, inventano e giocano di fantasia. Così fa Ungerer e questa comunanza di lettura del mondo che ha con i bambini fa sì che i suoi libri siano sempre garanzia di successo tra i giovani lettori.
Penso a libri come I tre briganti, Mondadori 1993 dove amore e giustizia sociale trionfano o a Flix, Mondadori 1998 dove rispetto e accettazione dell'altro sono la chiave della felicità o ancora a Crictor, Mondadori 1999, vero elogio dell'accoglienza e dell'amicizia (ma anche Il Gigante di Zeralda, Rufus, Allumette, Lo strano animale del signor Racine, Il cappello, L'uomo della luna quasi tutte raccolte in Piccole fiabe di magia, Mondadori 2002).
Anche Adelaide. Il canguro volante fa parte di questo nutrito gruppo di storie: il fantastico è il punto di avvio, quindi la normalità va a intrecciarsi con l'assurdo in un continuo avvicendarsi tra situazioni reali e situazioni immaginifiche. Alla fine della storia, dopo aver riso parecchio, ci troviamo in mano anche un paio di perle di saggezza: lasciamo germogliare le inclinazioni di ciascuno e apprezziamo chi è diverso per il suo essere speciale. Se non vi fidate, guardate con invidia la serenità di Adelaide in copertina!! 


 
Carla

Noterella al margine. Per le immagini, più di qualsiasi parola, è più utile lasciar parlare loro. Un Ungerer tirato seppia, divertente come sempre e insolito.

venerdì 27 gennaio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

'MEDITATE CHE QUESTO E' STATO'  (Primo Levi)











La storia di Erika, Ruth Vander Zee, Roberto Innocenti
La Margherita Edizioni 2003

mercoledì 25 gennaio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

E NATA UNA STELLA!

I CANI NON SONO BALLERINE, Anna Kemp, Sara Ogilvie
Nord-Sud Edizioni

ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)



Il mio cane non è come gli altri cani. Lui non fa le cose che i cani fanno di solito, come fare la pipì sui lampioni, o grattarsi le orecchie, o bere l'acqua del water. Se gli getto un bastone, mi guarda come se fossi matta. Così vado a prenderlo io. Il mio cane ama la musica e i chiari di luna e gli piace camminare sulla punta delle zampe. Il fatto è che il mio cane non crede di essere un cane...Lui crede di essere una ballerina.

Una bambina e il proprio cane. Un cane, però, diverso dagli altri perché nutre una passione per la danza classica. La bambina lo sa e volentieri ne asseconderebbe le attitudini. Infatti se lo vorrebbe portare dietro alle sue lezioni sulle punte, ma si sa, i cani non ballano! Quindi il cane resta a casa, immalinconito nella sua cuccia. O così parrebbe... 


Lo stesso accade quando la bambina si reca a teatro per il balletto Excelsior. Vorrebbe il cagnetto con sè perché sa quanto anche per lui lo spettacolo sarebbe interessante e godibile. Ma si sa, i cani non ballano! E quindi c'è di nuovo la cuccia ad attenderlo. O così parrebbe...Ma fortuna o sfortuna vuole che l'Etoile inciampi sul più bello facendo un gran ruzzolone nella bocca del trombone. Quale occasione migliore per un cane di mostrare il proprio talento?
Questa è la storia di una passione. Una passione insolita, ma forte e irrefrenabile. Una passione cui nessuno pare credere. Perché si sa: i cani non ballano! Solo la piccola padrona asseconda le aspirazioni del proprio cane. Ai suoi occhi non esistono limiti o convenzioni che possano impedire a chiunque di veder realizzato il proprio sogno. Se un cane vuol diventare ballerina, che male c'è? D'altronde non è nemmeno il primo caso se si pensa all'esilarante e famelico lupo in cerca di maiali disegnato magistralmente da Maurice Sendak (James Marshall, Maurice Sendak, Lupo ballerino, Babalibri 2001).


Lupo che, per seguire le orme dei suini, finisce in un teatro dove ha luogo il Lago dei suini, messo in scena dalla compagnia del Porscioi. Qui, rapito dall'arte tersicorea, si dimentica il suo obiettivo principale che era quello di mangiarsi un bel cosciotto. Scopre invece che danzare sulle punte è la sua vera vocazione. D'altronde è storia nota che i grandi amori tolgono l'appetito!!

Carla

Di questo libro mi è piaciuta la storia, molto meno le illustrazioni. Andata nel sito di Sara Ogilvie, illustratrice scozzese, ho visto invece cose molto più convincenti, quali My mother is a troll, Sea say so e il polveroso Carpet Curiosities.

lunedì 23 gennaio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


SULLA PELLE

La mia pelle. Ancora
non riesco a capire
se finisco sulla pelle
o se sulla pelle
comincio
Mi contiene
la mia pelle mi protegge ma
appena qualcosa la tocca io
sono lì sulla pelle
a sentire
Io sono dentro
chi bacia la mia pelle bacia me
Io sono fuori
se la mia pelle si ferisce io
sono ferito. Io sono dentro
sono quello che non si vede
Io sono fuori, sulla mia pelle
vado incontro al mondo
Nella mia pelle incontro te
Nella tua pelle.

Questa bella poesia di Giusi Quarenghi (E sulle case il cielo, Topipittori 2007) per introdurvi al tema di un altro libro

IL CANE CHE SAPEVA CANTARE, Yoram Kaniuk
Salani, 2011


NARRATIVA PER GRANDI (dai 12 anni)

Lo dissi al dottor Steiner, glielo dissi quasi senza voce, con tristezza, con addosso una stanchezza che faceva addormentare perfino le parole: ‘È mio. Deve appartenere a me e a se stesso. È stato lui a scegliersi il nome Wass. È arrivato fino a me come una pallottola sparata da molto lontano. Voglio dire, lui cercava qualcuno che doveva assolutamente trovare, e quel qualcuno sono io. Non lo deluderò’.”

Devo dire che, come succede spesso, il sottotitolo o le due righe di gancio in copertina o la breve sinossi non rendono merito allo spessore della storia. Forse il critico della Suddeutsche Zeitung scrivendo "Kaniuk ha messo così tanto amore nei suoi personaggi che persino i lettori ne ricevono un po'" è colui il quale si è avvicinato di più al valore di questo libro.
a p. 166, quasi alla fine del romanzo si legge una frase che forse racchiude il senso più profondo del libro: " Ci ritrovammo di colpo così vicini l'uno all'altra, che quasi ci compenetrammo l'una nella pelle dell'altro. La nostra pelle rimase dov'era e com'era, noi invece stavamo lì con i nervi scoperti, una sensazione da far paura, ma entusiasmante anche."
Kaniuk, dopo una partenza non molto credibile (a tal punto che volevo mollarne la lettura), decolla verso una storia straordinaria in cui il plot abbastanza esile e spesso inverosimile (ma poi ci spieghiamo il perché) sorregge una continua, lunga, profonda e complessa riflessione sull'umanità: sui suoi limiti, sulle sue grandezze, sul suo essere più autentico nel bene e nel male. Ed è per questo che la parola pelle è fondamentale: perché Kaniuk per raccontare l'Uomo deve guardarci dentro, lo deve 'sbucciare', toglierli la pelle, ovvero tutte quelle sovrastrutture dietro cui l'umanità si cela.
Quindi Kaniuk parla di Amore, di Dolore, di Ferocia, di Stupidità, di Intelligenza, di Sensibilità, di Solitudine tutte con la maiuscola perché non sono quelle di ciascuno, ma sono quelle di tutti. E la sensazione di paura ce l'abbiamo eccome nel riconoscere nel racconto il nostro nucleo più intimo, ma altrettanto vera è la sensazione entusiasmante che proviamo al contempo (mi ricorda quanto disse una volta Bruno Tognolini a proposito di guardare ciò che ci tocca l'animo, il profondo: lo facciamo con occhi SPALANCHIUSI. Il merito va al caro Bruno che fa il poeta di mestiere e quindi riesce a dire dove noi ci fermiamo, ma il concetto è esattamente quello).
Chi di voi ricorda il film
Senza pelle di D'Alatri? La storia di un giovane psicolabile, un ipersensibile che si innamora di un'impiegata delle poste e questo suo amore puro, questa sua incapacità di sovrastrutture (da cui il titolo Senza pelle), sconvolge la vita di tutti, e mette ciascuno davanti a se stesso e alla necessità di guardarsi dentro, per cui nulla può essere più come prima.
E ancora chi di voi ha letto
Stargirl di Jerry Spinelli (Mondadori 2004), di nuovo una senza pelle? Anche lei dove passa lascia una traccia di come dovrebbe essere l'umanità.
Nel romanzo di Kaniuk tutti i personaggi sono così - nel bene e nel male -, dopo che son passati, nulla può essere più come prima. E lo stesso accade a te che leggi il libro.
E' un libro tosto che, per codardia, darei a lettori di cui son certa che non lo massacrino fermandosi alla superficie 'inverosimile e permeata di magia', così cara a tanti altri scrittori israeliani, da Oz a Grossman, che nasconde sempre qualcos'altro.

Carla
Noterella al margine: di Kaniuk va anche letto
La casa dove gli scarafaggi muoiono di vecchiaia. Bello assai, ma, purtroppo per noi lettori, solo una sessantina di pagine.

venerdì 20 gennaio 2012

FAMMI UNA DOMANDA!

NEURONI IN MOVIMENTO


L’anno inizia con gli scoppiettanti libri per bambini dell’Editoriale Scienza: per i più grandi, appassionati di animali, nella collana storie naturali, di Nicola Davies e Neal Layton, esce Pronto, chi ronza? 


Ovvero come e perché gli animali comunicano fra loro: per esempio come fa un labro pulitore (cioè un pesciolino abituato a mangiare i residui di cibo fra i denti di pesci molto più grossi) a non diventare un gustoso spuntino? Oppure, come fa la farfalla tigre ad avvisare i pipistrelli della sua velenosità? Lo sapevate che anche gli animali sanno mentire? Inutile dire che sanno comprendere anche alcuni aspetti del linguaggio umano…soprattutto quando gli conviene. Dunque un libro intelligente e curioso sul mondo della comunicazione animale; se i vostri bambini, già grandicelli, si divertiranno leggendo questo libro, sono quasi pronti a leggersi L’Anello di re Salomone, di Konrad Lorenz, testo sacro dell’etologia e uno dei libri più divertenti sul comportamento animale.
Ma Editoriale Scienza ci propone altre due novità, dedicate ai più piccoli, a partire dai quattro anni: dello stesso autore, ma con le illustrazioni di Marc Boutavant , escono due titoli di una collana nuova, in coedizione con l’inglese Walker Books, Chi è come me? e Cosa diventerò? 


A me è piaciuto in particolare il primo: sembra un banale libro con le finestrelle, ma già la domanda cui il bambino deve rispondere, quale animale dei quattro coperti dalle finestrelle assomiglia a quello riprodotto nella pagina a fianco, non è affatto banale. 


Infatti di questo animale vengono prese due caratteristiche (con il pelo e quattro zampe) che vanno ricercate nelle immagini degli altri animali, che magari avranno penne o squame o saranno senza zampe. 

Girando pagina, c’è una sintetica descrizione di quel tipo di animale Questo giocoso processo implica un bel lavoro di astrazione e un confronto fra diversità con parametri un po’ più complessi del solito (animali di casa, della fattoria, della savana, i bambini muoiono di noia a vedersi riproposte le solite associazioni, rispondono prima ancora che sia formulata la domanda). L’aspetto più rilevante è che questo approccio concettuale è proposto giustamente a bambini piccoli, sempre con modalità divertenti e con un impatto visivo rilevante, anche se devo dire le illustrazioni non sono proprio il massimo.
Un'altra collana innovativa e divertente, sul tema degli animali e sempre per i 4/5 anni era stata proposta, negli anni scorsi, da Franco Cosimo Panini con la collana Apri gli occhi, dove lo schema didattico si basava sull’indovinello, riconoscere a quale animale appartenessero determinate parti del corpo, gli occhi, le zampe, il sedere. Qui venivano sollecitate, insieme ad una bella risata, la capacità di osservazione e la memoria. Le idee per raccontare il mondo degli animali in modo differente non mancano, non accontentatevi del solito libro con le paperelle e i cagnolini (con tutto il rispetto per gli amabili animaletti).

Eleonora

Pronto, chi ronza?”, N. Davies e N. Layton Editoriale Scienza 2012
Chi è come me?”, N. Davies e M. Boutavant, Editoriale Scienza 2012
Cosa diventerò?” N. Davies e M. Boutavant, Editoriale Scienza 2012
Collana “Apri gli occhi”, S. Frattini, Franco Cosimo Panini 2010 e 2011
L’anello di re Salomone”, K. Lorenz, Adelphi 1989

mercoledì 18 gennaio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


UN BAMBINO E IL SUO PAPA'

BRUNO IL BAMBINO CHE IMPARO' A VOLARE, Nadia Terranova, Ofra Amit,
Orecchio acerbo, 2012

ILLUSTRATI PER MEDI (dagli 8 anni)

"Jakob si mischiava e si impastava con il mondo per guardare tutto con occhi nuovi e diventare ogni volta un po' meno se stesso.
Bruno spiava le instancabili gesta di suo padre e si chiedeva come fare a imitarlo.
Non aveva gambe svelte, né arguzia accesa, né occhi mutevoli.
Era troppo timido e troppo piccolo."


In cinque righe trovo racchiuso il senso di questo gran libro.

Jakob e Bruno: padre e figlio. Sono un bambino e il suo papà.
Un papà piuttosto particolare capace di continue mutazioni. Un giorno poteva diventare un innocuo uccello rapace, che la governante Adela cercava di respingere con la scopa, il giorno dopo poteva essere un ragno veloce che si inerpicava sulla libreria e al quale la solita Adela dava la caccia con il battipanni, oppure poteva trasformarsi in un pompiere o in mille altre cose. Ma a ogni mutazione corripondeva una sparizione. Finché un giorno Jakob sparì dalla sua bottega di tessuti dal pavimento color cannella e non ritornò più. Il piccolo Bruno lo cercò in ogni angolo. Lui, che lo aveva sempre protetto da battipanni
e scopettate, ora si sentiva molto solo. Il suo poliedrico papà gli mancava da morire. Ma un buon modo per tenerlo nella sua memoria lo escogitò: prese una matita e cominciò ad usarla. Il piccolo Bruno divenne così scrittore e disegnatore. Ma nella piccola città polacca dove viveva e insegnava ad altri ragazzi a disegnare le malinconie di altre perdite e altre timidezze arrivarono i nazisti. Bruno era ebreo e la sua vita cambiò. 


Gli uccelli, anche quelli che spiccavano il volo dai tessuti della bottega paterna, smisero di volare.


Quando Bruno fu ucciso di lui sparì ogni cosa. Restò solo un baule pieno di disegni che, nelle mani di una bambina, diventarono ricordi incancellabili.
Mi piace pensare che quella bambina fosse Nadia Terranova, l'autrice di questo struggente e affettuoso racconto.
All'inaugurazione della mostra con le emozionanti quanto raffinate tavole originali di Ofra Amit (galleria Tricromia a Via di Panico a Roma, fino al 5 febbraio), lei stessa ci racconta che, dopo aver letto Le botteghe color cannella ed esserne rimasta molto colpita, ha voluto raccontare Bruno bambino. Un bambino con molti 'troppo': troppo timido , troppo goffo, ma con una straripante immaginazione.
La volontà di mantenere viva la memoria di Bruno Schulz, raccontarne la tragica vita attraverso un percorso insolito, farlo con un registro narrativo così immaginifico, mettere a fuoco certa sua congenita estraneità rispetto al mondo che lo circondava, sottolineare il suo continuo misurarsi con l'irrealtà, il suo perenne sentirsi goffo e inadeguato rispetto alla vita, la sua enorme capacità di immaginare sono tutti elementi che caratterizzano il contenuto di questo libro e di cui molti hanno già giustamente parlato.
Ma, a mio avviso, esiste un ulteriore tema presente che dà a questa storia un carattere di grande umanità: il particolare rapporto che lega Bruno a suo padre, fatto di una commistione di istinto protettivo e di sconfinata ammirazione. Il suo testone, dalla copertina in poi, è sempre rivolto verso l'alto a guardarlo e il suo sguardo è sempre affettuoso. La sua testa è piena di pensieri che lo riguardano. E anche quando a Bruno non rimane che il vuoto lasciato dalla sparizione del papà, esso si configura attraverso il suo contrario, ovvero il pieno dei mille oggetti in cui Bruno riusciva a riconoscerlo. 


Bruno, come tanti altri bambini, ha riempito il suo vuoto con l'immaginazione e il sogno. E' riuscito a volare.

Che bello quando i libri hanno un odore e un sapore: questo sa di infanzia e di cannella!

Carla

Noterella al margine: Penso che nulla sia per caso: David Grossman, che ha sempre molto ammirato l'opera di Bruno Schulz, riconoscendone il valore e trasmettendone la memoria, è uno dei più grandi narratori di storie tra padri e figli. Penso alle storie del sognante Itamar (in Un bambino e il suo papà, Mondadori 1999 ritrovo spesso il piccolo Bruno). Di Ruti sappiamo i giochi prima di dormire (Buonanotte, giraffa!, Mondadori 2001). Di Uri ha raccontato la lingua incomprensibile (La lingua speciale di Uri, Mondadori 2007) e infine, in un atto di estremo amore, è riuscito a raccontarne la perdita (in A un cerbiatto somiglia il mio amore, Mondadori 2008).
Altra noterella: per chi abita a Roma ed è interessato a questo bel libro segnalo


lunedì 16 gennaio 2012


RICETTE E RICORDI AFFIDATI AL POSTINO


Ricordo ancora distintamente la sensazione tattile.
Avevo aperto la cassetta delle lettere che stava in alto, non si poteva vedere dentro, infilavo la mano e i polpastrelli sentivano una consistenza cartacea, morbida e un po’ gonfia: UNA LETTERA! Al primo posto nella classifica di quello che avrei voluto ricevere, al secondo c’erano le cartoline fitte fitte di parole. La meraviglia di tutte le volte in cui accadeva è un piacere che non riesco a dimenticare.
Ho ritrovato una lettera o meglio un biglietto che mi scrisse nel 1999 Fernanda; era rimasta qualche giorno a Roma e in una giornata di pioggia battente andammo insieme a visitare Santa Croce in Gerusalemme. Una volta tornata a Genova, scrisse qualche riga per ricordare quei momenti affettuosi e pieni di chiacchiere e aggiunse la fotocopia di una scheda (dal suo personale fornitissimo schedario scritto a mano) con una ricetta della quale mi aveva raccontato: torta alle arance Giovannella.
Eccola:

4 arance intere (rigorosamente biologiche)
200 gr di zucchero
4 uova
200 gr di mandorle sbucciate e tritate

Si mettono le arance con la buccia a bagno in acqua fredda per un giorno. Dopo averle sciacquate si dispongono in una pentola coperte di acqua e si fanno bollire per mezz’ora.
Si sgocciolano e si fanno raffreddare quindi si tagliano a pezzi, togliendo i semi, e si frullano così da avere un impasto molle.
Si battono i rossi con lo zucchero, si aggiungono le mandorle tritate, la poltiglia di arance, un pizzico di sale (“come sempre”, scrive Fernanda). Alla fine si mettono le chiare battute a neve densa.
Si mette il tutto in una tortiera unta e infarinata (io ho messo la carta da forno in una teglia da 28 cm di diametro) e si cuoce in forno a 180 °C per un’ora.

Ha un sapore particolare dato dall’equilibrio tra il dolce delle mandorle e l’asprigno delle arance e una consistenza morbida e umida che la rende adatta a essere mangiata anche al termine del pasto.

Lulli


venerdì 13 gennaio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


LA GRANITICA CERTEZZA

L'ORSO CHE NON LO ERA, Frank Tashlin
Donzelli, 2011
 
ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni)


"C'era una volta, in effetti era un martedì, l'Orso che se ne stava sul ciglio di una grande foresta a fissare il cielo. In alto, lassù, vide passare uno stormo di oche dirette a sud. Allora si mise a fissare gli alberi della foresta. Le foglie si erano fatte tutte gialle e marroni e cadevano giù dai rami. Lui sapeva che quando le oche volavano a sud e le foglie cadevano dagli alberi, presto sarebbe arrivato l'inverno e la neve avrebbe ricoperto a foresta. Era tempo di andare a svernare in una caverna. E così fece."

Questo orso nella vita, come molti altri orsi ma non tutti, ha poche ma granitiche certezze. La prima è che quando le anatre vanno a sud e le foglie cadono vuol dire che arriva l'inverno. La seconda è che quando è inverno si va a dormire. La terza è che lui è un orso e nient'altro. Come dargli torto? Eppure per tutta questa storia il povero Orso, al quale hanno appena costruito sulla testa un'enorme fabbrica, non fa altro che ribadire la sua appartenenza alla specie dei Plantigradi. Il problema è nato al suo risveglio primaverile, quando uscendo dalla caverna si trova catapultato dritto dritto all'interno di uno stabilimento di quella fabbrica. Se a lui sembra tutto un terribile incubo, altrettanto improbabile viene giudicata la sua presenza lì da un caporeparto di passaggio. Così, preso per un operaio scansafatiche, viene spedito dal direttore e poi dallo stesso presidente. Caparbiamente nessuno crede all'evidenza. Tutti si ostinano a vedere in lui un babbeo scansafatiche con il cappotto e la barba da fare. Persino gli orsi dello zoo, dietro le sbarre, o quelli del circo, con il cappellino in testa, non riconoscono in lui un loro simile: d'altronde lui non è in gabbia come gli orsi e non porta nessun ridicolo abitino da circo come gli orsi. Così allo sventurato non resta altro che demolire la sua terza granitica certezza e credere a quanto tutti gli continuano a dire: lui non è un orso, bensì un operaio e, come tale, deve mettersi a lavorare alla catena di montaggio. E così fa fino al giorno in cui la fabbrica chiuse i battenti. Così l'orso che non lo era vaga nella neve in cerca di identità. Imbattersi nuovamente nella caverna da cui tutto aveva avuto inizio gli fa riprovare la gioia di essere stesso: un orso e nient'altro.

 Ho una predilezione istintiva per gli orsi e per le storie che li raccontano. Tanto per intenderci, sappiate che sul mio tavolo dondola davanti al mio naso un disegno bellissimo di Heidelbach in cui compare il testone di un orso con in bocca i 'resti' di un imperatore, ovvero la corona.
E tra le storie che parlano di orsi prediligo quelle in cui sono 'fuori contesto'. La piccola storia di Tashlin è una di queste. Tutto ruota intorno al grande equivoco che tutti , a parte l'orso in questione, si rifiutano di riconoscere. Un orso, nero e peloso, alla catena di montaggio tra operai ritratti tutti uguali, di schiena in un gesto seriale, stona e fa ridere per questo. Fa ridere anche un orso perplesso, appoggiato alla grande scrivania nell'ufficio del cocciuto presidente. Fa ridere la serenità interiore che l'orso dimostra quando tutti si ostinano a non credergli e a considerarlo un operaio scansafatiche. Ma la cosa che fa ridere di più è il contrasto che si snoda per tutto il racconto tra certa bonomia, data dalla calma interiore dell'orso (che perdura anche nell'accettare alla fine il suo destino), e certa convulsa agitazione che caratterizza tutti i personaggi umani della storia, dal capo reparto sempre urlante al presidente contornato da ben cinque segretarie. Tutti gli uomini si affannano, mentre l'orso si guarda intorno con un perenne sguardo perplesso non vedendo la ragione di tanta agitazione.


Non a caso, la storia il prodigioso cartoonist Tashlin la scrisse nel 1946, alla fine della guerra, quando quasi tutta l'umanità si stava affannando a ricostruire ciò che aveva appena distrutto. E non a caso l'ambientazione di Tashlin allude al film Tempi moderni, di un decennio precedente.

Ma questo libro non fa solo ridere. Mette il lettore in condizioni di riflettere su diverse questioni interessanti. La prima: quali danni può fare l'incapacità di vedere le cose come sono veramente e di esercitare un proprio individuale giudizio critico? Basta che un caporeparto un po' ottuso 'fraintenda' ciò che ha davanti agli occhi, che tutti gli altri a seguire, come un sol uomo, gli vanno dietro. In tal modo, e siamo alla seconda questione, un pregiudizio dettato da una isitintiva sfiducia nell'altro (l'orso viene accusato di essere un operaio pelandrone) dilaga fino ad arrivare a generare l'assurdo. La terza questione ruota intorno all'atteggiamento degli orsi allo zoo e degli orsi al circo che sono incapaci di vedere ciò che esce dai loro canoni di normalità: da una parte le sbarre, dall'altra il cappellino. Pregiudizio, sfiducia nell'altro, e non riconoscimento del diverso sono purtroppo tre mali ancora molto attuali da quali sembra difficile guarire. In questo senso, il piccolo libro di Tashlin, è importantissimo che finisca nelle mani dei bambini che sono 'terreno fertile' dove far attecchire la buona pianta.
Carla


Noterelle a margine: a me piacciono i libri di piccolo formato, ma penso che in questo caso Donzelli, che peraltro utilizza anche formati XL, abbia esagerato. Sebbene siano in b/n, i bei disegni di Tashlin, soprattutto, se diretti anche ai bambini, avrebbero meritato più spazio. Soffrono nell'essere compressi e soffre anche l'occhio nel leggere un carattere tipografico così piccolo.
Seconda noterella: a proposito di storie assurde di orsi non posso non ricordare il bel libro Il discorso dell'orso (Kalandraka, 2009), tratto da un racconto di Julio Cortázar, genio dell'assurdo, in cui un orso passa le sue notti a passeggiare entro le tubature dei palazzi, per tenerle in ordine e per ascoltare, non visto, discorsi, gioie e dolori degli ignari inquilini.

mercoledì 11 gennaio 2012


1, 2..14 PANINI ALL'ARANCIO



Questi panini hanno accompagnato una lettura fatta a Ponteponente, la libreria romana dove vado a leggere ogni giovedì per Altrondo-La tana dei piccoli lettori. Va da sé che tutto ruotava intorno all'arancio, a partire dalla fiaba che abbiamo letto (Le tre melarance) fino al bellissimo libro di Richard McGuire 1,2...14 arance -The orange book, edito da Corraini. 

 
Sono stati una meritata merenda per quei bimbetti così attenti e affezionati. Se non avete una libreria che vi ospita e non li volete condividere con giovani e voraci lettori, potete provarli a colazione, in solitudine, nel silenzio e nella tranquillità della vostra cucina...ma non vi divertirete certo quanto ci siamo divertiti noi!

Ingredienti:
600 gr di farina 00
350 gr di succo di arancia
la scorza grattugiata di una arancia biologica
100 gr. di gocce di cioccolato fredde fredde da 1 ora passata nel congelatore
40 gr di miele di castagno
12 gr di lievito di birra (pfui!) o 150 di lievito madre
50 gr di burro
1 pizzico di sale
olio extravergine di oliva

Per la laccatura:
un uovo sbattuto con un goccio di latte

Setacciate la farina sulla spianatoia e mettetela a vulcano. Nel cratere versate il succo d'arancia filtrato (deve essere tiepidino, un po' sopra i 20°, il lievito, la scorza e il miele. Mescolate il tutto. Quindi aggiungete il sale e il burro che deve essere morbido. Lavorate con cura, quindi unite le gocce di cioccolato che devono essere ghiacciate perché non si sciolgano nella lavorazione. Fate tanti pezzetti di impasto del peso di 40/50 gr ciascuno. Formate delle palline e appiattitene il fondo e quindi appoggiatele sulla teglia foderata di carta forno. Così disposti, spennellate i panini con l'uovo battuto e il latte e lasciateli lievitare per almeno mezz'ora (devono diventare delle belle e floride pallette). Cuoceteli in forno a 180° per 20-25 minuti.



Carla

lunedì 9 gennaio 2012

UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)

FORTUNATAMENTE e SFORTUNATAMENTE: 
riflessioni di una libraia appassionata

E’ faticosamente finito un altro anno di battaglia in libreria, un anno che certo non sarà ricordato per i fulgidi successi e che si chiude con la conta di chi c’è e di chi ha chiuso o pensa di chiudere. Quindi le poche cose che sto per raccontarvi vanno prese come vere buone notizie, a dimostrazione che tener duro è possibile e che tenere alta la guardia sul fronte della qualità della propria proposta è ancora una strategia vincente. Insomma, i libri per bambini e ragazzi che abbiamo proposto sono stati apprezzati da nostro pubblico, che ci segue affezionato e che segue in parte anche questo blog: tutti, dico tutti, gli editori cosiddetti piccoli o medi, alla fine di un anno difficile, risultano in crescita, con pochissime eccezioni, e qualche volta con performance di tutto rispetto: parliamo di illustrati, della divulgazione intelligente, delle proposte di narrativa anche per i più grandi che ci hanno dato grandi soddisfazioni (che dire quando un libro come L’Evoluzione di Calpurnia riesce a vendere come l’ultimo librone inutile del grande topo che porta il nome di un formaggio inglese…)

C’è un ‘ma’: anche quest’anno abbiamo dovuto constatare lo strapotere della marca, il fascino irresistibile, soprattutto nei confronti dei bambini, di prodotti davvero mediocri e che vivono solo grazie al marketing intelligente che sostiene collane intere di fatine, mostriciattoli, principesse e ballerine, per non parlare del succitato topo, o dei prodotti a marchio Disney, che, incredibilmente, a Natale vengono risuscitati da schiere di nonne e di mamme. L’impressione è che manchi ancora tanto lavoro di informazione nelle scuole, soprattutto, ma anche nei confronti dei genitori, che assecondano volentieri le richieste dei bimbi, ‘basta che siano libri’.
Noi librai siamo il terminale che può scegliere, selezionare, proporre, ma possiamo poco di fronte a letterine per Babbo Natale, traboccanti di topi in tutte le salse, copertine glitterate e gadget a volontà.
Sono sicuramente apprezzabili gli sforzi di alcuni grandi editori, come la Mondadori, che nell’anno passato ha fatto un’operazione di ripulitura del proprio catalogo in versione economica, riproponendo anche testi per un po’ dimenticati; il gruppo dell’Einaudi Ragazzi, che comprende anche Emme ed E.Elle, consolidando comunque il solido catalogo storico, ha comunque sperimentato anche collane nuove, dalle Principesse favolose, a Belle astute e coraggiose, della Masini, fino alle più recenti Carta bianca e Young per i più grandi. Proprio in questa fascia, diciamo dei lettori dagli undici anni in su, abbiamo le migliori novità proposte da Salani, che vanta anche la strepitosa collana degli Istrici, da Rizzoli, che ha anche ristampato in nuova veste moltissimi classici, e dalla stessa Mondadori, con interessanti incursioni di editori come Feltrinelli, Paoline, Fanucci.

Ma, soprattutto nella fascia d’età fra i sette e i dieci anni, il Battello a vapore, con una gamma di prodotti molto estesa, praticamente non ha rivali. Qui, devo dire, vedo anche un limite dell’editoria italiana, poco coraggiosa nel proporre testi di narrativa, sono pochi gli editori che si cimentano nella serialità (sono eccezioni Lapis, e Il Castoro) che con risultati diversi provano a costruire delle alternative allo strapotere della declinante Piemme/Battello a vapore; avremmo un gran bisogno di quella produzione ‘media’, che magari non produce capolavori, ma propone testi dignitosi, scritti con una lingua non abbrutita, con qualche bella invenzione narrativa.
Questo senza nulla togliere alla funzione dei best sellers, a quei libri che con le loro vendite (Harry Potter per tutti, o Il Diario di una Schiappa) danno ossigeno alle librerie e che non intaccano la funzione del catalogo, cioè di quell’assortimento molteplice dei libri presenti in libreria che costituisce la premessa alla libertà di scelta del lettore. Penso che in realtà, il vero problema sia quello di alzare il livello medio della produzione, cosa che in parte sta avvenendo con l’uscita di scena di alcuni gruppi editoriali, sostituiti da altri più ‘moderni’. E’ il caso, per esempio, del gruppo Giunti, che se non avesse nella sua scuderia l’Editoriale Scienza, sarebbe stato in gran parte sostituito da altri editori, come l’inglese Usborne. Come mai, però, al declino di un catalogo mai rinnovato risponde un grande editore inglese, che riesce a proporre un catalogo ricco, edizioni dignitose e un prezzo contenuto? Perché, soprattutto nella produzione per i più piccoli, le risposte degli altri editori italiani sono così deboli e frammentarie?
Le librerie da sole non possono sostituirsi alle scelte degli editori (che magari perseguono scelte difficili, per i contenuti e/o per i prezzi, e si aspettano di essere comunque venduti), né possono supplire alla carenza di informazione che si riscontra cronicamente per l’editoria per ragazzi; non possono nemmeno sostituirsi alla scuola o alle biblioteche pubbliche.
Per l’anno che è appena cominciato, l’impegno è che si possa continuare a migliorare la qualità e la quantità della nostra proposta; l’auspicio è che in questo lavoro possiamo trovare al nostro fianco gli altri attori del modo del libro per ragazzi, editori, in primo luogo, ma anche insegnanti, bibliotecari/e, lettori/lettrici ad alta voce, chi a diversi livelli, si occupa di letteratura per ragazzi.

Eleonora

giovedì 5 gennaio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

FAR ENTRARE LA BUFERA

DA PICCOLINO CADDI IN UNA PAGINA-Abbecedario letterario, Antonio Ferrara
Edizioni Artebambini, 2011

NARRATIVA (?) PER GRANDI (dai 13 anni)

INIZIO - La magia delle povere cose
"[...] E prima o poi qualcosa arriva, sempre, ecco, lo sapevi. Il sole trova una finestra aperta, la scrittura si presenta all'improvviso come una vecchia ragazza, giovane ed esperta, saggia e bellissima, e ti sorride.
Sta davanti al mare. Arriva con in mano un vassoio col caffè caldo. Per te.
Ovunque si posa una ricchezza senza fine.
Appoggi una mano sul suo braccio che regge il vassoio.
Le porcellane tremano, il suo cuore pure.
Nelle tazze si raffredda il caffè.
Si scaldano le parole.
La storia comincia. [...]"(p. 35-36)

Le ventisei lettere di un alfabeto internazionale, quello che compone il 'nocciolo' di una tastiera di computer, danno vita a questo abecedario (io lo scrivo con una sola b) per chi di libri si occupa, ovvero per chi si appresta a scriverli (soprattutto) e per chi li legge e, più in generale, per chi li ama.

Alla F di Finzione - Così finto che sembra vero recita il sottotitolo, si ragiona di una scrittura che nasca da una ferita, da un turbamento che è comune per molta umanità e quindi riconoscibile come autentico, ma nello stesso tempo si dice che nella scrittura i pensieri si deformano fino a diventare falsi. Mi pare di ritornare su quanto Italo Calvino faceva dire a Marco Polo in uno dei suoi dialoghi con il Kublai Kan nelle Città invisibili a proposito del linguaggio ingannevole. La lettera D è dedicata al concetto di Durevolezza che ogni scrittore si augura per i propri libri: anche quando il libro sarà chiuso continui a risuonare nella testa del lettore. La Q di Quassù, ovvero stare sulla pagina è dedicato al rapporto che ogni scrittore ha con i propri personaggi: bisogna guardarli quando non sanno di essere guardati. Loro fanno il possibile per farsi notare, per farsi scegliere.
Ogni lettera porta con sé una riflessione che, sebbene talvolta sia un po' troppo ombelicale, offre tuttavia ricchezza di spunti.
Il tessuto narrativo è talvolta un po' faticoso e forse oscuro per un giovane lettore, ma ha un grande pregio: quello di offrire frequenti occasioni di riflessione, racchiuse in brevi frasi che trovano il loro valore più alto nell'essere isolate dal contesto generale.
Alla voce Scoperta è lo stesso Ferrara a dichiarare che spesso nello scrivere le idee o gli spunti germogliano da altri libri. Cito:
"Leggi e leggi, salti da un libro all'altro, rovisti nei cassetti delle pagine, cerchi aiuto nelle parole degli altri scrittori. Ma niente.
Poi qualcosa ti capita di trovare. Copi da un libro che non ti piace una frase amica, che brilla, la escludi dal rifiuto per tutto il resto, senza sapere perché, forse soltanto per il piacere di salvare qualcosa, come da un campo di macerie, raccogli un frammento di legno o di pietra. La tua scoperta te la metti in un taccuino come un sasso entra in una tasca. Te la tieni stretta.
E' buio, piove per strada e sul mondo, fa freddo ma tu sorridi.
Vai a casa e scrivi."
Questo libro sembra un po' questo: un terreno smosso dove non tutto attira il tuo sguardo, ma dal quale emergono frammenti che catturano la tua attenzione e che generano in te che leggi nuovi pensieri e nuove idee.
Un ulteriore punto di forza di questo strano libro sta nella scelta delle parole chiave che definiscono la prospettiva di lettura dei singoli temi trattati.
Aver scelto Cadenza, Durata, Empatia oppure Laggiù, Mistero, Nostalgia come definizioni, dandogli quindi in apparenza un valore circoscritto, al contrario nella realtà tali definizioni assumono una inaspettata valenza di evocazione e provocazione nei confronti del lettore e quindi di apertura e non di chiusura. In questo 'taglio' interpretativo è leggibile, in trasparenza, la capacità che Ferrara, ogni volta che si appresta a scrivere una storia, dimostra nel costruire un punto di vista originale. Lui stesso scrive nella seconda di copertina che lo scrittore deve inquietare, deve spalancare finestre serrate, far entrare la bufera.
Se da un lato sono state le poche frasi che ho letto in una rumorosa fiera di libri a colpire la mia immaginazione, dall'altro la seconda grande ragione che mi ha spinto a comprare questo libro è rappresentata dalle immagini che lo illustrano. Sono di grande bellezza e intensità.
Le raffinate incisioni di Lucia Sforza occupano quasi per intero tutte le pagine di sinistra.
Alludono, nella composizione generale, alla lettera dell'alfabeto, come accade spesso negli abecedari, che viene 'abitata' - come avveniva nei codici medievali - quale moderna iniziale da oggetti, uomini, animali. Il talento di Lucia Sforza mi pare si trovi massimamente espresso nella capacità di aver dato forma e corpo a una idea e nell'aver saputo cogliere alcune suggestioni che il testo propone e averle a sua volta arricchite di ulteriori significati (un esempio per tutti può essere la lettera Q in cui i personaggi letterari sembrano affacciarsi ad una vera da pozzo e guardare verso lo scrittore, ma contemporaneamente e specularmente sono visti da chi ha la pagina davanti, come a farsi notare e a dire noi siamo Qui).


In tal modo si crea quel meraviglioso e alchemico dialogo tra parola e immagine, laddove entrambe si arricchiscono a vicenda, dando origine a volte anche inconsapevolmente a 'qualcosa' che è altro ancora.

Carla

Due noterelle al margine. Prima noterella: questo libro rientra perfettamente nella filosofia editoriale di Bonobo che al momento mi sfugge se sia una collana all'interno di Artebambini o sia diventata 'grande' e abbia cominciato a camminare da sola come casa editrice a sé.
Seconda noterella: mi rammarico che a Lucia Sforza siano state date ancora poche occasioni di mostrare il suo talento. A me risulta un libro per Tolbà edizioni ancora in coppia con Ferrara e due per Sinnos. Troppo poco, credetemi.

martedì 3 gennaio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

  'IL BUON ARTIGIANATO'

POCO PRIMA DELLA NOTTE, Roberto Piumini
Einaudi Ragazzi, 2011

NARRATIVA PER PICCOLI E MEDI (dai 5 anni)

"Un uomo aveva un ombrello, vecchio ma robusto, e gli era affezionato. Quando non pioveva sedeva su una pachina, e quasi senza accorgersene accarezzava il manico dell'ombrello, che era contento delle carezze, e se non faceva le fusa era perché era un ombrello, non un gatto" (p. 95).

Ora capitò che quello stesso omino con quello stesso ombrello partisse per un viaggio in mare. Dal ponte della nave, sempre appoggiato al suo ombrello, spesso si fermava a guardare i delfini e le nuvole. Un gran colpo di vento, però, lo fece cadere in mare e fu proprio allora che l'ombrello rivelò tutta la sua utilità: divenne barchetta (d'altronde se ripara dall'acqua che viene da sopra, riparerà anche dall'acqua che viene da sotto...), quindi, approdati su un'isola, fu confortevole riparo, insostituibile canna da pesca, capiente cisterna per l'acqua piovana da bere. Ma, come tutte le cose, anche il prezioso ombrello ebbe una fine e così dopo qualche anno si ruppe. L'omino, grato, lo seppellì come avrebbe fatto con un amico fedele. Passarono i mesi e, dal mucchietto di terra che nascondeva il povero parapioggia defunto, lentamente cominciò a spuntare qualcosa: un puntale, un puntale di ...
Questa storiellina è la mia preferita tra le 34 che compongono Poco prima della notte, libro pensato per brevi letture serali, in vista del sonno.
Quella a cui lo stesso Piumini è più affezionato invece è La zucca nel lago, perché è la prima storia che ha scritto, ormai 35 anni orsono, e che fino ad oggi era rimasta nel cassetto e che ora dedica al nipote Pietro 'nato da poco'.
Ascoltando la lettura di queste storie un tantino surreali, Pietro e tutti gli altri  bambini scopriranno che la cascata fra i monti Roraima in Venezuela non nasce da un torrente ma da una gara di 'pipì più lontana', scopriranno anche che la prima ciotola l'ha ideata Urgaman, un uomo antico che avendo una gran sete cosa fece? lo vedrete...e come se non bastasse verranno a sapere che tanto tempo fa le ombre erano un popolo misterioso, segreto e pacifico e che, durante il giorno, se ne stavano nascoste per uscir alla chetichella solo di notte, quando nessuno le vedeva. Oppure avranno modo di scoprire finalmente perché le gazze sono 'ladre'.
Queste piccole storie che si esauriscono i cinque o sei minuti di lettura, non sono uscite dalla penna del miglior Piumini (siamo ben lontani dai vertici che ha toccato in molti suoi altri libri di brevi racconti, primo fra tutti Il Portatore di baci, Nuove Edizioni Romane 1992, 2006), tuttavia alcuni spunti di avvio si rivelano divertenti e accattivanti e la scrittura è , come di consueto, felice e scorrevole. Personalmente, mi sarebbe piaciuto leggere più racconti in versi (dove Piumini dà spesso il meglio di sé): solo La Sete di Urgaman e I tre desideri mi hanno lasciato inappagata.
Poco prima della notte, come pure l'altro titolo uscito contemporaneamente per la recente collana Storie Storie (Carmela Torelli, Vite da favola-Storie vere di sovrani e condottieri), è un libro di buon artigianato (la definizione che mi pare azzeccata, non è mia ma di una sapiente libraia). E' un libro che difficilmente diventerà un caso letterario, non ha nulla che lo renda speciale o originale (persino il titolo o il disegno di copertina dichiarano già tutto), non ha illustrazioni che lascino un segno indelebile (piuttosto sacrificate nella pagina), ma nonostante tutto fa bene il suo lavoro: solletica l'immaginazione di un bambino proprio un momento prima di addormentarsi.

Carla