martedì 30 aprile 2013

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


POETICA DEGLI OGGETTI

Kubbe fa un museo, Ashild Kanstad Johnsen,
Electa Kids, 2013


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"Kubbe Tutti i martedì Kubbe va a fare una passeggiata. E oggi è proprio martedì.
Ci sono così tante cose straordinarie da trovare.
Kubbe raccoglie, raccoglie, raccoglie.
E raccoglie.
Tornato a casa, Kubbe dispone le cose che ha trovato sul pavimento del soggiorno."




Dopo aver raccolto così tante cose, Kubbe comincia a studiare i mille reperti. Utilizza un libro per riconoscere gli oggetti e li ordina per gruppi e poi etichetta ogni cosa. Tutto viene catalogato e raccolto in scatole disposte ordinatamente in un grande scaffale. Ma quando finisce lo spazio nelle scatole?
Kubbe si consiglia sempre con la sua cara nonna. Il consiglio è: organizza un bel museo. Tappeti prestati, scatolini, tavolini e tutto viene esposto: il primo museo nel bosco. Il pubblico accorre numeroso e Kubbe è felice di far loro da guida. Ma tenere su un museo è molto faticoso e ruba tempo alle belle passeggiate del martedì. Ma il museo può snellirsi e diventare un catalogo. Kubbe documenta ogni cosa e quindi la riporta nel punto dove l'aveva raccolta. Ma con i pezzi da cui non vuole separarsi, costruisce strane forme. È quasi arte, si può ripartire con un museo?


Un repertorio di oggetti che possono trovarsi nelle tasche di molti bambini e se, troppo ingombranti, li possiamo trovare sugli scaffali delle loro camere. Kubbe, abitante dei boschi, è un tronchetto d'albero/bambino, che, in qualità di bambino, coltiva una passione per il collezionismo tout court. 
D'altronde, non conosco bambino che non ami raccogliere, rigirarsi nelle mani, quindi custodire, ed eventualmente riutilizzare tutti quegli oggetti che gli si parano davanti lungo il cammino. Pezzetti di giocattoli, legnetti, fili elettrici, foglie. Tutti hanno il dono di accendergli la fantasia: di potersi trasformare sotto il suo sguardo in qualcosa d'altro. 
E così ogni bambino diventa potenziale collezionista, potenziale direttore di un museo immaginario fatto di fantasie e di oggetti raccattati qui e là.
I bambini sono in grado di assegnare a ogni oggetto, ad ogni utensile un suo proprio senso, una sua propria poesia. E questo conferisce loro un'anima che dura però solo il tempo in cui l'oggetto è d'interesse per loro.
In questa prospettiva, fu Hans Christian Andersen un maestro nel raccontare la vita interiore di un pallone sgonfio o di un ago o di un soldatino di stagno. Molte delle sue fiabe ruotano intorno all'argomento.
Non so se dipenda dall'aria del Nord, i lunghi inverni, certa sobrietà protestante, ma sta di fatto che al di là delle Alpi, con gli oggetti la relazione è molto forte e intensa. E allora anche Kubbe, bambino uscito dai boschi norvegesi, colleziona ogni cosa.
La storia ragiona sul senso di far durare nel tempo e quindi 'valorizzare' materia che apparentemente non ne ha, di valore. Una riflessione su cosa significhi un museo, su cosa significhi documentare, o catalogare. Tutti concetti importanti che non sono nella consuetudine dei temi di libri per bambini. Ben venga dunque Kubbe e il suo museo.

Carla






lunedì 29 aprile 2013

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


DALLA PARTE DEGLI...SFIGATI


Avete presente quei ragazzini con le scarpe sempre slacciate e la felpa con qualche bella patacca? A quei ragazzini lì è dedicato Il mio nome è strano, di Alberto Arato e Anna Parola, che sicuramente di ragazzini così ne ha visti a bizzeffe. Il protagonista di questo libro, dedicato ai giovani lettori dai dieci anni in su, ha una mamma finta, cioè quella che materialmente l'ha messo al mondo, e una vera, cioè che lo ha adottato e che gli vuole bene. Avrebbe anche un papà vero, se non fosse che a un certo punto decide di andarsene con una stangona bionda. E poi c'è la scuola, una maestra vicina alla crisi isterica e una preside che non è tanto male. Ma la cosa più grave di tutte è dover convivere con un nome impossibile, Tedoforo. Ovviamente, Ted, come si fa chiamare, cerca di sopravvivere, consolandosi con delle interminabili battaglie fra i pupazzetti delle merendine. Inutile dire che il nostro eroe, come da copione, non fa che mettersi nei guai, fino a che, messo alle strette, non decide di risolvere il problema alla radice, facendo 'sparire' tutte le maestre e provocando un caos generale. Non vi svelerò il segreto, aspettate ancora qualche giorno e troverete il libro in libreria.
Scritto con grande ironia e leggerezza rivela la profonda complicità e simpatia degli autori nei confronti di quei ragazzini che frettolosamente vengono bollati come dei 'pierini', o, per dirla in modo aulico, problematici. Lettura dunque consigliata a tutte quelle insegnanti che stanno per perdere la pazienza. E, naturalmente, a quei ragazzini, che sono stanchi di essere rimproverati.


L'altro libro che vi segnalo non ha certo il dono della leggerezza, anche se raccontato con ironia. The bully book, di Eric Kahn Gale, è il manuale del bullo che qualche ragazzino ha scritto decenni prima e che viene custodito di generazione in generazione dai bulli di una scuola. Insegna come fare a conquistare il controllo di una classe e diventarne il leader, a occultare le proprie nefaste imprese a danno del proprio contraltare, il ragazzino, capro espiatorio di tutte le prepotenze del gruppo: il Grunt. Il protagonista del libro, alter ego dell'autore, che ha vissuto vicende simili, isolato, sbeffeggiato, aggredito, cerca di uscire dall'angolo in cui l'hanno cacciato cercando di ritrovare questo benedetto manuale, origine di tutti i suoi guai. Perché è diventato un grunt? Perché non riesce a parlarne con nessuno, perché gli amici lo abbandonano?
Il diario di Eric, il protagonista, si alterna alle pagine del manuale e devo dire che in un certo senso è agghiacciante, perché descrive esattamente le dinamiche interne ad un gruppo di ragazzini, in questo caso di dieci undici anni, ma che possono applicarsi anche a ragazzi più grandi. Le prepotenze, gli sfottò, sempre più crudeli, l'isolamento, la maldicenza, per non dire delle minacce e degli scontri fisici. Poiché questa esperienza l'ha fatta mio figlio al liceo, e ne è uscito bene proprio perché ha tenuto la sua rete di solidarietà e di amicizia, posso garantire che sono situazioni difficilissime da gestire ed estremamente dolorose per chi ne è coinvolto. Come, appunto, l'autore del libro, che certamente ha voluto aiutare tutti i grunt a ribellarsi al dominio dei bulli. Lettura consigliata a genitori e insegnanti che vogliano capire di più di un fenomeno spesso sottaciuto. E magari lettura condivisa con i diretti interessati.

Eleonora

Il mio nome è strano”, A. Arato e A. Parola, Lapis 2013
The bully book”, E. Kahn Gale, San Paolo 2013



sabato 27 aprile 2013

IL DONO DI ZINKOFF

Mentre lui e la mamma tornano a casa, Zinkoff ha un'altra idea.- Preparerò un dolce speciale di benvenuto apposta per Andrew.
- Bravo – dice la mamma – Una torta?
- No, un megabiscotto.
La mamma non dice di no. I suoi genitori fanno il possibile per non dirgli di no, a meno che non sia assolutamente necessario. Perciò sua madre si limita a chiedere – Di che tipo?
Zinkoff non esita – Uno scrocchiadenti! - sono i suoi preferiti. I biscotti gli piacciono tutti, ma gli scrocchiadenti gli piacciono il doppio per via del nome. A volte il suo papà li chiama 'dentiscrocchi', e Donald ride per un'ora.
La sua idea è di preparare uno scrocchiadenti così grande che, Andrew, il nuovo vicino (arrabbiato perchè non voleva cambiare casa, nda), dovrà venire fuori dal suo nascondiglio per dargli un'occhiata.
E dato che per prepararlo ha occupato il tavolo di cucina, gli sembra logico farlo grande proprio quanto il tavolo. Ma la mamma gli fa notare che un biscotto così grande non entrerà mai in forno, si rassegna allora a prepararne uno che occupa l'intera teglia”.

Donald Zinkoff è il tenero e strambo protagonista di 'La schiappa' di Jerry Spinelli.
Gli scrocchiadenti sono bis-cotti con mandorle, diffusi in tutta l'Emilia Romagna (parenti stretti dei cantucci toscani) di cui esistono numerose rielaborazioni nella combinazione degli ingredienti e dosi.

Ingredienti
250 gr di farina
20 gr di burro
125 gr di zucchero
1 uovo
10 gr di lievito per dolci
75 gr di mandorle sgusciate con la pelle
75 gr di canditi (arancio e/o cedro)
un goccio di latte
sale


Lavorate il burro, portato a temperatura ambiente, con lo zucchero. Aggiungete la farina, il lievito setacciato, l'uovo intero, le mandorle intere, i canditi e un pizzico di sale. Mescolate il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo morbido ma non appiccicoso. Se, come probabile vi risulterà troppo duro, ammorbiditelo con un po' di latte.
Con la pasta realizzate di filoncini di 3 cm di diametro e lunghe circa 20/25 cm (la lunghezza dipende, a parte dalle dimensioni del forno, da quanto apprezzate i terminali, cioè la parte tutta crosta) e stendeteli sulla teglia foderata di carta da forno, lasciando tra uno e l'altro lo spazio per la lievitazione.
Cuocetele in forno a 180° per 15/20 minuti. I pani devono essere solidi e solo leggermente dorati.


Lasciateli raffreddare e poi tagliateli a fette, di circa 2 cm ognuna, che disporrete piatte sulla teglia (questa volta potete metterle anche molto vicine) e rimettetele nel forno, sempre a 180° fino a che non saranno dorate e croccanti, altrimenti i denti non scrocchieranno. Indicativamente un altro quarto d'ora.
Io, ispirata da Zinkoff, ho anche provato a fare il biscottone grande (ammetto però non come tutta la teglia) che ho solo ricotto intero insieme alle fette. L'effetto è interessante, sembra un po' una focaccia dura e se magiato subito apprezzabile, perchè l'interno resta comunque un po' morbido, ma per la conservazione (in scatole di latta) è decisamente più pratica la versione affettata.
Ottimi con latte caldo o freddo, o vino dolce, o passito.

Gabriella









giovedì 25 aprile 2013

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

CHE BELLA FIGURA!
Panorama critico sull’albo illustrato
nella recente produzione editoriale

Incontro promosso dalle Biblioteche di Roma - Centro Specializzato Ragazzi (Roma, via di San Paolo alla Regola 17) in occasione della mostra Ad occhi aperti - Leggere l'albo illustrato.
Incontro rivolto a bibliotecari, insegnanti ed educatori e a chi opera nel campo dei libri per bambini e ragazzi.

Due ore per raccontare a gagliardi insegnanti, intraprendenti genitori, valenti bibliotecari i migliori libri illustrati che sono stati pubblicati dalla fine del 2012 fino ad oggi.
E ora a disposizione di tutti i lettori di questo blog...


...I MAGNIFICI SETTE



Per i piccolissimi,
ovvero dai 18 mesi

E. Jadoul, Le mani di papà, Babalibri
M. Doray, Che bella notizia! Gribaudo
A. Louchard, Un collo lungo lungo, Minedition
J.Lee, Un pianeta che cambia, Minedition
A. Cairanti, Buonanotte a tutti!, Clavis
J. Bauer, Emma ride, La nuova Frontiera
J. Bauer, Emma mangia, La nuova Frontiera




Per i piccoli,
ovvero dai 4 anni

S. Lee, Apri questo piccolo libro, Corraini 
A. Browne, La mia mamma e il mio papà, Donzelli 
C. Haughton, Oh, oh!, Lapis 
F. Asch, Arriva il gatto!, Orecchio acerbo 
G. Zoboli, S. Mulazzani, Il grande libro dei pisolini, Topipittori 
J. Fogliano,E. Stead, E poi...è primavera, Babalibri 
G. Zoboli, C. Engman, C'era una volta una storia, Topipittori


Per chi va già a scuola,
ovvero dai 6 anni
 

N. Hubesch, Non entrate nel sacco!, Babalibri 
T. Ungerer, L'uomo della nebbia, Electa Kids 
E. Vast, Storia di un albero, Gallucci 
L. Moreau, A che pensi?, Orecchio acerbo  
J. Joyce, I gatti di Copenaghen, Giunti 
S. Mattiangeli, C. Carrer, Come funziona la maestra, Il Castoro 
D.Pintor, L'eco, Lapis




Per chi si sente già grande,
ovvero dai 7 anni


F. Negrin, Bestie, Gallucci
L. Smith, Nonno verde, Rizzoli
I. Calvino, G. Orecchia, Fiabe italiane per i più piccini, Mondadori
A. Papini, La quaglia e il sasso, Principi e Principi
C. Bellemo, A. Baladan, La leggerezza perduta, Topipittori
Leblond, New York in pigiamarama, L'Ippocampo
C. Nivola, Orani, Rizzoli



Per chi è un navigato lettore,
ovvero dagli 8 anni

S. Guarnaccia, Cenerentola una favola alla moda, Corraini
Daniela Tordi, Lo scrittore e l'oca, Edizione Corsare
C. Van Allsburg, Il fico più dolce, Logos
R.L. Stevenson, Il pirata e il farmacista, Orecchio acerbo
A. Gozzi, V.Lopiz, I pani d'oro della vecchina, Topipittori
L. Bourget, E.Houdart, Genitori felici, Logos 
A. Mizielinscy e D. Mizielinscy, Mappe, Electa Kids




I MIEI PREDILETTI PER QUEST'ANNO


J. Classen, Questo non è il mio cappello, Zoolibri



O. Jeffers, Nei guai, Zoolibri





Fatene buon uso!

Carla


mercoledì 24 aprile 2013

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


CASTELLI DI FIAMMIFERI


Nella galleria di ragazzini speciali entrano, con tutti gli onori, Jan e sua sorella Lisa protagonisti del libro Castelli di fiammiferi di Bettina Obrecht. Jan è un bambino ancora dentro l'infanzia, il suo mondo è animato dalla presenza di soggetti viventi o meno, il suo pappagallo in carne ed ossa come il suo orsacchiotto di peluche, che interloquiscono con lui, lo capiscono e condividono i suoi pensieri più importanti. Lisa, invece, è autistica, il suo mondo è almeno apparentemente chiuso alla relazione con chi e cosa la circonda. Sullo sfondo i due genitori, uno, il padre, soprattutto assente, l'altra, la madre, sopraffatta dal peso della situazione familiare.
Poi ci sono i nonni, anche loro piuttosto irrigiditi nella routine di una vita da pensionati.
Nessuno, a parte Jan, crede che, pur con tutto l'amore del mondo, sia possibile comprendere Lisa e trovare il modo per rendere più semplice la convivenza. Proprio il passatempo preferito del nonno, costruire modellini di edifici utilizzando fiammiferi e colla, sarà invece il punto di partenza per stabilire un contatto diverso con Lisa. A provarci è Jan, convinto com'è di capirla, al di là della distanza che lei stessa interpone e delle urla con cui allontana i tentativi di contatto, più o meno maldestri, ci chi le sta vicino. Jan quindi le proporrà, sotto lo sguardo vigile della sua corte animata e inanimata, questo nuovo gioco, che a Lisa piacerà moltissimo, e dopo molte insistenze, riuscirà ad ottenere l'arrivo di un cane, che secondo lui , è il più grande desiderio della sorella.
Jan sa combattere, si oppone con tutte le forze, da bambino, spalleggiato dal suo esercito di pupazzi e animali, contro l'idea che Lisa sia portata in un istituto, così come cerca di resistere all'idea che mamma se ne andrà, perché non ce la fa più.
Bella storia, raccontata dalla parte dei bambini, immedesimandosi nello loro irragionevolezza, che pure coglie aspetti della realtà che ai grandi sfuggono. Jan è un ragazzino sensibile e coraggioso, a metà strada fra la voglia di crescere e il mondo fantastico dell'infanzia; il mondo adulto viene ancora una volta rappresentato come inadeguato a raccogliere le difficili sfide, legate in questo caso alla convivenza con un bambino autistico, del proprio ruolo. Bello, intenso il rapporto fra fratello e sorella, dove al di là di qualsiasi distanza, può il legame, l'affetto, l'intuito e l'empatia, che sopperiscono alla mancanza di strumenti cognitivi.
Ancora una bella scelta da parte dell'editore Uovonero, che nella coerenza del progetto editoriale, raccontare il mondo dei diversamente abili, propone scelte di grande qualità.
Il testo di Bettina Obrecht, nella sua linearità può essere letto a partire dai dieci anni.

Eleonora

“Castelli di fiammiferi”, B. Obrecht, Uovonero 2013


lunedì 22 aprile 2013

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

SHALL WE DANCE?

La mia mamma, Il mio papà, Anthony Browne
Donzelli, 2013

ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)


È brava, la mia mamma.
Mia mamma è una cuoca fantastica e fa benissimo il giocoliere.


È in gamba il mio papà.
Il mio papà non ha paura di NIENTE, nemmeno del Lupo cattivo.

Così comincia un libro double-face: da una parte dedicato alla mamma e dall'altra, girato di 180° e capovolto, al papà (che poverino si è beccato l'inevitabile, ma brutto codice a barre con l'ISBN e il prezzo...).
Questa mamma, con due guance rubizze che alludono alla rotondità di un cuore, avvolta in una vestaglia a fiori, sa fare molte cose: sa dipingere come una pittrice (davanti allo specchio del bagno, disegna la sua bocca con il rossetto), è piena di muscoli (quando arriva a casa con otto borse della spesa). Sa ruggire, ma anche cantare come un angelo, è bella come una farfalla e comoda come una poltrona. Avrebbe avuto tra le mani diverse carriere: da astronauta a diva del cinema, ma lei ha scelto di fare la mia mamma. Sempre sorridente, lei è la mia supermamma.


Ruoto il libro e c'è il papà. Meno sorridente della mamma, ma altrettanto fasciato nella sua vestaglia a quadretti, questo papà cammina sul filo (dei panni) vince senza fatica la corsa dei papà (con un bel fiatone), nuota come un pesce (in vestaglia), è tenero come un orsetto e saggio come un gufo. Lui può ballare molto bene (in vestaglia) e cantare (tra Carreras e Pavarotti). 
Ad entrambi voglio bene ed entrambi ne vogliono a me e me ne vorranno sempre!!

Se questo libro farebbe pensare, per forma e contenuto, ad un libro speculare, a vederlo bene non lo è. 
Speculare e rassicurante è il finale con la dichiarazione di affetto da parte del bambino e dei due genitori. Ma mamma e papà sono ben diversi. La mamma mi pare fatichi un bel po', sebbene abbia carriere strepitose nel suo futuro, decide di fare la mamma a tempo pieno. E tutto questo con un sorriso sempre allegro sulla bocca. Il papà è un mito, ma la sua faccia pare raccontare altro: fatiche, paure, incertezze. Ma lui, nonostante la faccia perplessa e la veste da camera, ha fatto il ballerino, la mamma lo ha solo sognato... 


'Revanchismo' a parte, il libro ha molti meriti: quelli cui ci ha abituato Anthony Browne nei suoi disegni. Costellato di particolari che possono sembrare insignificanti, ma che invece raccontano molto più delle parole. Le pantofoline rosa con le piumette che vestono i piedi di mamma, sia che sia in orbita sia che sia su uno sfiatatoio della metro di New York ne sono un esempio. La vestaglia a quadretti che veste il padre si ripete come un leitmotiv, una sorta di marchio di fabbrica persino nelle fette di pane che schizzano su dal tostapane.
Il libro, per come è concepito, è un ottimo trampolino di lancio per avviare discussioni e riflessioni da parte dei bambini sui loro genitori.
Maestre, provare per credere!

Carla



sabato 20 aprile 2013

IL BUREK (o della fragilità)

Quando trovo in un supermercato particolarmente 'illuminato' (nel senso illuministico del termine) la fillo pasta, la devo comprare. Non so mai cosa farci, ma mi piace toccarla, sfogliare uno a uno gli strati.
E' la fragilità in cucina.
Questa volta provo una ricetta già sperimentata dal 'professore' qualche tempo fa, ma qui ne do una mia più saporita variante:


Ingredienti:
300 gr spinaci freschi o 450gr di surgelati (scongelati e strizzati)
70 gr di caprino
40 gr di ricotta
10 gr di yogurt greco
1 uovo grande
30 ml di olio (oltre al quello per spennellare la pasta)
1/2 cucchiaino di bicarbonato
1 cucchiaino di sale
250 gr di fogli di fillo pasta


Scaldate il forno a 180°. Sbollentate gli spinaci e poi strizzateli da urlo. Mischiateli a tutto il resto in una terrina.
Prendete il primo foglio di fillo pasta e mettetelo nella teglia quadrata o tonda in modo che i bordi fuoriescano di un po'. Spennellate la pasta con l'olio. Ora disponete il secondo foglio, anch'esso debordante, ma sul lato opposto. Stendete un po' di composto quindi disponete al di sopra un altro foglio di pasta ma i bordi non devono sporgere, questa volta. spennellatelo a mettete sopra un altro foglio ancora con lo stesso sitema. Altro impasto, altro foglio di pasta, altra spennellata, altro foglio. Fino a che l'impasto non finisce. Gli ultimi due strati di fillo pasta saranno il 'tappo' finale su cui ripiegherete i bordi 'debordanti dei priimi due fogli, in modo da chiudere il tutto. E spennellate anche la superficie.
Infornate e cuocete per 40 minuti finché non si sarà gonfia e dorata.
A questo punto sfornatelo e fatelo raffreddare. 


 Il giorno dopo è ancor più buono.


Carla

giovedì 18 aprile 2013

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


LE CATTIVE RAGAZZE E LA MEMORIA


Assia Petricelli e Sergio Riccardi ci raccontano le Cattive Ragazze. 15 storie di donne audaci e creative, mettendo insieme le biografie a fumetti di donne del calibro di Marie Curie o Miriam Makeba, o altre meno conosciute, come Nawal El Saadwi, dissidente egiziana. Storie più o meno conosciute, legate dal filo rosso della ribellione e dell’autonomia di pensiero. Donne che hanno saputo opporsi al conformismo, lottando per affermare il proprio diritto al futuro, ma nello stesso tempo aprendo la strada alle libertà collettive. Sicuramente poche ragazze conoscono la storia appassionante di Alexandra Kollontaj, militante comunista russa, che, nonostante le purghe staliniane è riuscita ad affermare il suo pensiero libertario; per non parlare di Angela Davis, leader del movimento per i diritti civili degli afroamericani, o di Domitilla Barrios de Chungara, militante rivoluzionaria nella Bolivia del ‘Che’. Che donne! Piene di coraggio e di determinazione, consapevoli che la loro affermazione era l’affermazione di tutte. In tempi in cui la massima aspirazione sembra essere la partecipazione ad Amici, o diventare top model, mi sembra che comunicare alle nostre ragazze l’orgoglio di una storia decennale di lotte e di vittorie sia un gran regalo. Ricordiamo loro, e ripetiamocelo come un mantra, che un altro mondo è pensabile, un altro mondo è possibile.
In realtà quello che è difficile da comunicare agli/alle adolescenti di oggi è la capacità di crescere anche attraverso le sconfitte, e le cattive ragazze come me ne hanno collezionate non poche; e ancora più complicato spiegare che importante è non solo comprendere il perché dei passi indietro, ma quanto sia decisivo per sé e per chi verrà dopo, resistere, mantenere saldi dei principi, anche se il mondo sembra andare in tutt’altra direzione. Per dirla con un’altra ragazza cattiva, anzi cattivissima, Dolores Ibarruri, la Pasionaria: no pasaran!
E se vogliamo proprio esagerare, alle più grandi suggeriamo anche la lettura di Gli anni settanta raccontati a ragazze e ragazzi, di Marco Grispigni, con le illustrazioni di Andrea Nicolò; la guerra fredda, i movimenti studenteschi e il nascere del movimento femminista, gli anni cupi delle stragi e del terrorismo raccontati con grande semplicità. Molti aspetti della vita civile, che oggi diamo per scontati, sono frutto del lavoro legislativo, e delle lotte che lo sospingevano, degli anni ’70: il diritto di famiglia, il divorzio, l’aborto, così come lo statuto dei lavoratori sono stati ridefiniti proprio in quegli anni, come se all’improvviso l’Italia fosse diventata finalmente adulta. Nello stesso tempo sono stati anni di scontri violentissimi, di oscure trame e di stragi senza colpevoli e questa Italia oscura ancora ci condiziona. E poi noi, scapestrati irragionevoli, spesso travolti dalla storia con la ‘S’ maiuscola, convinti di avere il futuro nelle nostre mani: potrei a questo punto scatenarmi con l’amarcord, ma vi risparmio; posso dire, in sintesi, che non rimpiango quegli anni, con il loro portato di violenza, ma non mi pento affatto di aver provato a stare dentro dei grandi movimenti culturali, quello studentesco e quello femminista, con il mio personale apporto, con il mio punto di vista eccentrico. Confesso che ho vissuto e non me ne pento. Anzi, cerco di mantenere almeno un po’ di coerenza, non smettendo di criticare lo stato di cose presente.

Eleonora

“Cattive ragazze. 15 storie di donne audaci e creative”, A. Petricelli e S. Riccardi, Sinnos 2013
“Gli anni settanta raccontati a ragazze e ragazzi”, M. Grispigni e A. Nicolò, Manifestolibri 2012




mercoledì 17 aprile 2013

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


LA DUREZZA DEL MONDO

Due libri ‘tosti’, che raccontano ai ragazzi realtà del mondo contemporaneo che forse vorremmo ignorare: nel primo, I lupi arrivano col freddo, si racconta l’intricata questione curda, attraverso le avventure di un ragazzino rapito dai guerriglieri del pkk. L’altro racconta la tragedia argentina dei desaparecidos, attraverso gli occhi di due ragazzi che scoprono di non essere figli biologici dei loro genitori.
Premesso che sull’opportunità di costruire storie così dichiaratamente a tema si può ovviamente discutere, va detto comunque che questa tipologia di testi ha il merito di raccontare in modo non pedante episodi della storia recente, se non della contemporaneità, che sfuggirebbero alla coscienza dei più giovani e che probabilmente non troverebbero ospitalità nei programmi scolastici. 
I lupi arrivano col freddo, a suo modo, è un romanzo di formazione, in cui il protagonista, Fuad, è rapito da oscuri trafficanti, collegati al partito comunista curdo (pkk) e comincia un viaggio nel Kurdistan turco, nei suoi diversi ambienti, scappando insieme, per poi perderli di vista, ad altri due ragazzi nelle sue stesse condizioni; un po’ banditi, un po’ sbandati, dei ragazzini non più bambini, non ancora adulti sono costretti a confrontarsi con la violenza, la povertà, la guerra per bande in cui è davvero difficile trovare le ragioni. Diventare grandi in questo caso è prendere le distanze dai legami di sangue e cercare una propria via di crescita lontano dalle violenze e dalle prepotenze, rinunciando però al ritorno alla propria famiglia.Interessante la descrizione di un mondo agro pastorale ancora ‘antico’, appena sfiorato dal business del petrolio, chiave di molti conflitti contemporanei; così come lo è la descrizione delle dinamiche di una guerra civile che divide le famiglie e spezza i legami consuetudinari, così come avevamo già visto nell’Irlanda raccontata da Shioban Dowd (vedi qui). La narrazione è tuttavia complessa e spesso sfuggono i riferimenti storici e geografici; indubbiamente un testo per lettori maturi, dai quattordici anni in su, che s’interessino davvero a quello che succede nel mondo.
 
Forse più immediatamente comprensibile la situazione descritta in Sotto il cielo di Buenos Aires: la storia di una famiglia di italiani emigrati in Argentina, costretta a fare conti con le violenze della dittatura militare di Videla. Quindi familiari rapiti e mai più ricomparsi, ovvero gettati in mare, bambini scomparsi, ovvero dati in adozione alle famiglie ‘per bene’. La difficoltà di questi bambini diventati ragazzi a ricostruirsi un’identità dopo che la verità è stata svelata dal coraggioso e paziente lavoro delle nonne di Plaza de Mayo, che non hanno mai dimenticato, non hanno mai smesso di cercare i propri figli e nipoti. Alla fine hanno svelato al mondo la mostruosità di un’operazione di pulizia non etnica, ma generazionale, compiuta dai generali argentini: trentamila giovani donne e giovani uomini eliminati perché ‘sovversivi’, laddove l’essere sovversivo consisteva spesso solo nell’insegnare ai bambini dei quartieri poveri.
Non tutti i bambini rapiti sono stati rintracciati, il lavoro delle nonne di Plaza de Mayo non è ancora finito. 
Il racconto delle vicissitudini di questa famiglia italiana in Argentina scorre via, mescolando la descrizione della normalità della vita in un altro paese, con le speranze e le aspirazioni a una vita migliore, alla spiegazione di quello che è successo, al trauma di trovarsi soli a combattere contro un mostro, la micidiale macchina da guerra della giunta Videla, non in nome di chissà quale ideale, ma per difendere i propri affetti, la propria famiglia.Anche qui, inutile dirlo, è richiesta una certa maturità di lettura, soprattutto genitori e insegnanti si dovrebbero preparare a numerose e imbarazzanti domande, magari qualcuno fra noi si è già dimenticato di questa dolorosa storia, lontana nel tempo e nello spazio. Se vi sorgesse la domanda, se ha senso proporre tematiche di questo tipo ai ragazzi di oggi, rispondo che si può scegliere e discutere sul modo più adeguato di raccontare, ma che non c’è nessun vaccino migliore, nei confronti di queste tragedie, che la memoria. E il rispetto dovuto a chi è stato vittima di queste violenze e a chi ancora cerca giustizia.

Eleonora

“I lupi arrivano col freddo”, S. Gallo, Edt giralangolo 2013
“Sotto il cielo di Buenos Aires”, D. Palumbo, Mondadori 2013

lunedì 15 aprile 2013

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

LA VOCE CHE RITORNA

L'eco, Alessandro Riccioni, David Pintor
Lapis 2013


ILLUSTRATO PER PICCOLI (dai 5 anni)

C'era chi chiedeva con gentilezza, chi con arroganza, chi non sapeva ancora cosa chiedere.
L'eco ascoltava tutto, anche il silenzio, perché sapeva leggere i pensieri più segreti.
Una domenica mattina, subito dopo le sette, vide arrivare un bambino con il suo papà.

L'eco riceve solo la domenica mattina dalle sette alle undici. I due, saliti in bicicletta, sono lì puntuali e il papà comincia a inoltrare le sue richieste per il suo bambino: un trenino ...ino ...ino, quindi un cappello ...ello ...ello ed infine un clarinetto ...etto ...etto. Ogni volta l'eco risponde e il bambino pensa a tutti i desideri che in -ino, in -ello o in -etto finiscono. Un gioco molto divertente. Ma adesso tocca a lui. La voce non esce forte, ma flebile e un po' malinconica, ma il desiderio è talmente impellente che l'eco lo sente e risponde A M M A e il bambino quella domenica torna a casa con il papà, un grande sorriso sulla faccia e, dietro di sé, il desiderio asaudito.

Devo essere onesta. Questo albo giaceva sul tavolo già da un bel po'. Ci ho girato intorno per un po', ma non trovavo mai la molla che mi facesse partire per ragionarci sopra. Di norma, quando questo accade non è buon segno. Vuol dire che nel libro trovo qualcosa che non mi convince del tutto. Di solito i libri che giacciono troppo a lungo riprendono poi la strada verso gli scaffali della libreria connivente. E io alla fine li dimentico.
Con L'eco le cose sono andate diversamente. Gli ho dato una seconda possibilità, ovvero l'ho portato in libreria e l'ho letto con i bambini, per il nostro ultimo incontro. Ho giocato con loro sui finali delle parole e ci siamo molto divertiti, un alto tasso di allegria e di eccitazione -una ventina di bambini che cercano parole nel loro bagaglio lessicale (una bambina trova anche una rara assonanza tra cassetto e bassotto!!)- cui ha fatto seguito lo stupore, nel giro di pagina e nel cambio brusco di prospettiva che di corsa va verso il finale. La faccia dei bambini era eloquente.
E lì ho capito che questo libro è bello. 


Bello perché stupisce ed emoziona il lettore, bello perché riesce a riassumere un grande tema con un solo articolo indeterminativo, messo al punto giusto. La capacità di sintesi non è da tutti.
Così rimuovo rapidamente le remore che avevo rispetto alla 'semplificazione' del tema che mi era parso di leggervi. Sbagliavo.
Questo libro funziona: funziona la silenziosa intesa tra il papà e il bambino, funziona il contesto ventoso e terso in cui Pintor fa correre la bicicletta rossa. Funzionano i piccoli gesti: la presa salda alla tesa del cappello, il papà accucciato per guardare negli occhi il suo bambino. E poi quella mamma un po' beat, che porta il sorriso a quel bambino e al suo papà...


A volte, l'ironia della sorte: la voce di questo libro mi è tornata indietro, proprio come un'eco...


Carla


sabato 13 aprile 2013


NON TUTTE LE CIAMBELLE 
riescono con il buco...

 
Ho acquistato un libro della serie 'Scuola di cucina SlowFood' sui biscotti e piccola pasticceria e lì vi ho trovato la ricetta dei Bùslanéin, tipiche ciambelle piacentine, dicevano.
Dato che benché venuta da altrove, vivo da vent'anni in terra piacentina mi sono stupita di non averle mai incontrate e ho anche fatto riflessioni a partire da qui sugli strani percorsi in cui incontriamo le informazioni.
Non da un contatto diretto, come sarebbe stato logico ma attraverso un testo redatto da persone che sono passate di qua. Un lungo giro per tornare alla base. Peraltro è una cosa comune ormai dato il livello di connessione tra i luoghi del mondo.
Visto che in tutto questo mi mancava l'oggetto concreto mi sono messa a farle, anche perché mi incuriosiva molto il passaggio della ricetta in cui si dice che i biscotti vanno 'scottati in acqua bollente' come i gnocchi.
Il passaggio in acqua in effetti mi ha lasciato un po' perplessa perché si sono molto rammolliti però alla fine il risultato sono stati dei biscotti secchi (le mie non si può certo chiamarle ciambelle) buoni soprattutto bagnati nel latte o nel vino dolce.
Però volevo sapere se erano venuti come dovevano anche perché la ricetta non era corredata da foto e allora ho chiesto ad un paio di vere piacentine. La prima mi ha risposto che non le conosceva, la seconda che il nome bùslanéin lo conosceva ma non rispondeva al biscotto che le stavo facendo assaggiare, senza però darmi informazioni più precise.
A questo punto non mi restava che la ricerca in internet dove ho capito che i veri bùslanéin hanno origini antiche, sono ciambelle del peso esatto di 10 gr, sono tipiche della Val d'Arda e/o Valtidone, ed un tempo venivano infilate in cordoncini di nastro colorato che andavano a comporre una collana che le ragazze del paese indossavano insieme all’abito tradizionale, nel giorno di sagra e/o venivano regalate dai padrini ai cresimandi.
Sulla formula della ricetta ho trovato però un dibattito aperto: sì/no al passaggio in acqua calda che però non deve essere bollente, lisci o rugosi, con o senza farina e/o zucchero sopra. Niente di definitivo.


Quindi vi riporto la mia esperienza a partire dalla ricetta di SlowFood e lasciamo che per altri percorsi arrivi o meno quella vera.

Ingredienti (per 20 pz)
200 gr di farina
90 gr di zucchero
50 gr di burro
1 uovo
8 gr di lievito per dolci
la scorza di 1 limone
sale

Ho disposto la farina a fontana e ho messo al centro il burro a pezzetti, lo zucchero e poi l'uovo, il lievito, la scorza grattugiata di limone e il sale. Ho poi impastato aggiungendo acqua sufficiente ad ottenere un impasto morbido ma consistente.
Da qui ho ricavato delle biscioline di 10 cm circa di lunghezza e un dito di spessore che ho chiuso bene a ciambella.


E qui viene il tuffo in acqua. La ricetta diceva di buttarle in acqua bollente e tirarle fuori appena venivano a galla. E così ho fatto. Il passaggio ha prodotto una schiumosità superficiale interessante, ma le ha rese anche molto fragili e mollicce, il che mi ha impedito di rotolarle nella farina come invece veniva indicato. Ho solo fatto scolare il più possibile l'acqua, le ho disposte su una placca da forno un po' distanziate in previsione della lievitazione e le ho cotte a 180° per circa 20 minuti, fino a che non sono state ben dorate, come raccomandato.
Il risultato lo potete vedere nella foto: biscottoni un po' piatti e molto rugosi leggermente aromatizzati al limone ottimi come già detto per la colazione o il vino dolce.



Gabriella