mercoledì 31 agosto 2016

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


IL LAVORO DI UNA VOLTA


Giù nella miniera, di Igor De Amicis e Paola Luciani, ha un grande pregio, oltre quello, più evidente, di raccontare la tragedia di Marcinelle, la miniera belga in cui morirono, fra gli altri, 136 minatori italiani.
Il pregio è quello di raccontare, in modo non retorico, la durezza del lavoro manuale, quello che una volta assicurava la sussistenza di milioni di persone nelle fabbriche, nei campi, nelle miniere. Le ragazze e i ragazzi di oggi non hanno proprio nozione delle condizioni in cui magari i loro nonni hanno dovuto procurarsi il pane. Lo sfruttamento, la solidarietà, il sogno di farsi una vita dignitosa, proprio perché è il lavoro a renderla tale.
La storia di Marcinelle è anche una storia emblematica dell'emigrazione italiana e anche di questa i ragazzi sanno ben poco: non l'emigrazione colta dei giovani laureati di oggi che cercano diverse opportunità all'estero, ma la scelta disperata di chi sfuggiva alla miseria. Per non parlare dell'ostilità con cui i nostri emigranti venivano accolti dalle popolazioni locali, convinte ieri come oggi che i migranti siano la causa e non l'effetto delle difficoltà economiche.
Ci si augura che la lettrice e il lettore attenti siano in grado di cogliere l'evidente parallelismo con quello che accade oggi ai disperati che arrivano dal mare nel nostro Paese.
I due autori per raccontare tutto questo, che è parte importante della storia del nostro dopoguerra, utilizzano la vicenda inventata di un ragazzino, Fulvio, che insieme alla madre raggiunge il padre minatore a Marcinelle; dal sogno di una vita da signori alla realtà miserabile degli alloggi dei minatori e della vita durissima della miniera. Ma di questo, Fulvio si accorge fino ad un certo punto, preso dalle nuove amicizie, una piccola banda di ragazzini italiani che si contende il territorio con una banda di belgi, capitanati da un'intraprendente ragazzina, Paulette.
Fra agguati e scaramucce si svolge il rapporto fra i due agguerritissimi gruppi, fra invenzioni geniali e agguati, un po' come ne La guerra dei bottoni. L'ultima sfida, che coinvolge solo i due capibanda, Fulvio e Paulette, li porta all'interno della miniera, proprio nel tragico giorno dell'esplosione.
Il tono della narrazione, che intreccia la ricostruzione storica e l'invenzione narrativa, alterna il realismo dell'ambientazione all'azione movimentata che segue le fasi alterne di una contesa infantile. Mi sembra che l'obbiettivo di raccontare un pezzo di Storia in modo coinvolgente sia pienamente raggiunto, anche se continuo ad avere qualche riserva sulle storie 'a tema'.
Lettura per ragazze e ragazzi che vogliano capire qualcosa in più della storia italiana, a partire dai dodici anni.

Eleonora

“Giù nella miniera”, I. De Amicis e P. Luciani, Einaudi Ragazzi 2016


lunedì 29 agosto 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

TU VA' AVANTI, VA' AVANTI...**
 
Per sempre felici e contenti...o quasi, Jordan Sonnenblick  
(trad. Sara Reggiani)
Giunti 2016




NARRATIVA PER GRANDI (dai 12 anni)

'"Anche se tutti pensano che non ce la puoi fare, tu puoi Jeff. Puoi. E io...'
'Tu cosa? A te spetta la gloria per aver salvato l'amico semi-deficiente?'
'No, Jeff. Io vado a prendermi il diploma sul palco da solo. È questo il patto, okay? Siamo una squadra. Io ti aiuto in matematica, tu mi alleni. Tu passi, io cammino'.
'Sei serio?'
'Come la morte'."


Jeffrey Alper, il bambino che a cinque anni si era ammalato di cancro (J. Sonnenblick, I dieci mesi che mi hanno cambiato la vita, Giunti 2013), ora è in terza media e con lui adesso c'è Tad, Thaddeus Ibsen, arrivato in classe sua in quarta elementare. Il passato di Tad non è molto diverso da quello di Jeff. Quando lo ha visto per la prima volta entrare in classe zoppicando e con una grande cicatrice sulla testa, Jeff è stato il primo a rivolgergli la parola: 'Ciao, mi chiamo Jeffrey. Anch'io ho avuto il cancro.' Tad lo ha guardato  come se fosse una fetta di polpettone della mensa andato a male e gli ha detto: 'Bravo! E adesso cosa vuoi, una medaglia?'
Va da sé che siano oggi amici fraterni.
Sono passati quattro anni e di cose ne sono successe molte. Per Jeff sono abbondantemente passati i cinque anni dalla remissione della malattia, il suo adorato fratello attualmente si è preso un 'periodo di pausa' dal suo fardello di doveri: è in Africa a suonare percussioni e ha lasciato a casa fidanzata, famiglia e università.
Allo stato attuale Jeff, nonostante alcuni strascichi della malattia gli impediscano di correre, con la bici è un fulmine, mentre Tad con le sue gambe deboli, sulla sua sedia a rotelle è costretto ad andare piano.
Jeff invece è lento in matematica perché chemio e radio possono incasinarti un po' il cervello, mentre Tad è una vera scheggia.
All'ultimo anno delle medie, Jeff ha diverse incognite davanti: un test imprevisto per essere ammessi agli esami e una nuova compagna di classe, intelligente, bella e spiritosa, appena arrivata dalla California.
Sembrano queste le linee di  demarcazione tra il conquistato tran-tran e l'imprevedibilità del futuro.
Anche se Jeff scoprirà che sono ben altre le incognite con cui dovrà cimentarsi, già solo le prime due gli scombussolano un bel po' l'esistenza.
A tredici anni deve fare i conti con un dato di fatto: sta crescendo.
Diventare grandi non è una passeggiata. Il cuore lo porta verso Lindsey, i polsi gli tremano di fronte al test.
Arrivano i primi sotterfugi, le insicurezze si accentuano, le prove di coraggio si moltiplicano. E Jeff, gradino dopo gradino, sale sempre più in alto da dove 'la visuale' della vita appare più chiara. Capisce la fuga del fratello e le aspettative di suo padre, allena il suo amico a riprendersi le gambe per salire sul palco il giorno del diploma, e si innamora dolcemente. Eppure, siccome la fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo, tra tutti questi pensieri non si accorge che accanto a lui 'qualcosa' sta andando in una direzione che nessuno vorrebbe.

Fare i conti con il 'per sempre' è una prova complessa per ogni essere umano.
Una prova scomoda che la nostra mente 'fuggiasca' tende a procrastinare il più possibile.
Bambini, bambine ragazzi e ragazze -nel loro senso di onnipotenza- spesso credono più degli adulti al 'per sempre'. In questo caso, invece, due dei tre personaggi principali di questa storia hanno misurato in prima persona, sulla propria pelle, cosa significhi pensare con la dovuta lucidità e disincanto: ma io avrò un futuro?
Ancora una volta Sonnenblick si cimenta con un tema scomodo, la malattia per eccellenza: il cancro. E ancora una volta questo 'oggetto' lo fa maneggiare da giovani vite, senza peraltro tralasciare che il suo riverbero si rifletta anche su tutta la comunità di adulti che li circonda.
Lasciato Jeff 'guarito' nel libro precedente, tutti avevano tirato un sospiro di sollievo, ma qualcuno invece aveva bussato alla porta di Sonnenblick e aveva obiettato che spesso nella realtà  le cose non sono così semplici -  ti ammali, soffri, ti curi, soffri e poi guarisci. E a distanza di qualche anno, questa sembra essere la risposta di Sonnenblick a quel giustissimo appunto.
Se nel primo libro si coglieva con chiarezza, dalle riflessioni di Steven Alper, che la linea di demarcazione tra la vita normale e il dramma è piuttosto sottile, qui si riflette su un ulteriore pensiero che riguarda le aspettative che ognuno coltiva per sé.
Se da un lato Tad sostiene che sperare sia un errore, dall'altro si allena con impegno per inseguire il suo sogno. Se da un lato Jeff spesso fa riferimento al detto carpe diem, dall'altro sgobba duramente, pensando al domani.
Nella fattispecie per sempre felici e contenti è una buona sintesi per descrivere il nocciolo della questione. Per sempre?
Il tono ironico e tagliente lontano anni luce da ogni retorica e pietismo, già apprezzato in I 10 mesi che mi hanno cambiato la vita è cifra consueta di Sonnenblick. Come allora anche adesso si ride e si sorride anche nei momenti più critici. A questo si aggiunge una interessante e complessa architettura narrativa fatta di lettere, mail o temi in classe che hanno il compito di creare una cesura e allo stesso tempo di fare luce al nuovo lettore sui lati già raccontati nel libro precedente, nonché permettere all'autore di fare riflessioni e indagini introspettive che altrimenti risulterebbero di appesantimento di una leggerezza tutto sommato diffusa. In questo senso è esemplare la litigata tra Steven e i suoi che Jeff racconta in un tema. La conclusione che se ne può trarre è solo una: Rumspringa* per tutti!

Carla


* a p.136-138 per chi volesse saperne di più.

** Bohemian Rhapsody, Queen









venerdì 26 agosto 2016

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


DUE COSÌ


Al protagonista di Il sole fra le dita, di Gabriele Clima, non verrebbe facile dare fiducia. Dario è un sedicenne dal carattere impossibile, quello che si potrebbe definire un ragazzo 'difficile', naturalmente portato a mettersi nei guai e ad attirare le ire di tutti gli educatori del mondo. Facile immaginare come gli adulti che lo circondano vedano di lui solo questo, magari con la piccola attenuante di essere stato abbandonato dal padre.
E' proprio incappando nell'ennesima punizione, un certo numero di ore di lavoro utile, che incontra la persona in grado di cambiargli la vita. Si tratta di Andy, un disabile grave che Dario dovrebbe accompagnare, accudire, sotto la supervisione di una insopportabile tutor.
Dario non tollera alcuna disciplina e in qualche modo si identifica, pur con assoluta superficialità, con il suo assistito, la cui vita viene gestita interamente dagli altri.
Così fugge con Andy e la sua carrozzina in cerca di non si sa cosa, almeno all'inizio. Un viaggio rocambolesco, che dura poco tempo, correndo come un pazzo, incontrando sulla sua strada persone in grado di comprendere la solitudine dei due ragazzi; come Rak, che applica un motore alla carrozzina di Andy e permette loro di vivere il viaggio più assurdo e liberatorio della loro vita. Il tutto all'insegna dell'incoscienza, ma anche di una vicinanza imprevedibile: nessuno, prima, si era chiesto cosa volesse Andy, cosa fosse realmente in grado di capire e di dire. Questa è la svolta narrativa del racconto: l'incontro di due solitudini estreme, un 'cattivo' ragazzo e un disabile grave, ne modifica radicalmente i contorni, trasforma entrambi in modo imprevedibile, ma foriero di un futuro diverso per tutti e due.
Il viaggio si conclude con l'incontro con il padre di Dario, vera meta non dichiarata fin dall'inizio, incontro che implica una amara presa d'atto che le fantasie infantili non corrispondono alla realtà del mondo adulto: un padre immaginato si trasforma in una persona reale, con tutti i suoi limiti, le scelte sbagliate, le debolezze.
Il ritorno a casa vede i due protagonisti trasformati, uno più maturo, l'altro un po' più libero.
Il romanzo di Gabriele Clima si ispira a personaggi reali ed emerge chiaramente il coinvolgimento con cui la storia è stata scritta; ha un messaggio forte e chiaro, dichiaratamente dalla parte di chi ha meno mezzi per difendersi dai pregiudizi, perché limitato nelle proprie capacità d'espressione o perché rinchiuso in un ruolo autoescludente. La narrazione, tuttavia, paga un prezzo al messaggio che vuole sostenere, con qualche forzatura e qualche implausibilità; ma non per questo è meno scorrevole e avvincente, soprattutto capace di illuminare aspetti della nostra vita quotidiana che preferiamo solitamente ignorare. E' un testo che ben rappresenta la solida consistenza dei pregiudizi con cui si guarda agli altri, incasellandoli in ruoli stereotipati e limitanti; il giovane lettore, o lettrice, è invitato ad identificarsi con l'altra parte, quella che solitamente non si guarda.
E', quindi, una lettura un po' spiazzante, per ragazze e ragazzi maturi, a partire dai dodici anni.

Eleonora

“Il sole fra le dita”, G. Clima, San Paolo edizioni 2016

mercoledì 24 agosto 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


UNA MONELLA DI CLASSE

Quella peste di Sophie, Contessa de Ségur, Sophie de La Villefromoit
(trad. Maria Vidale)
Donzelli 2016


NARRATIVA PER MEDI (dai 9 anni)

A Sophie capitava spesso di fare le cose senza pensare. E, quando non si pensa, si possono fare anche grosse sciocchezze. Ecco quello che combinò un giorno. Sua mamma aveva dei pesciolini rossi molto carini, lunghi come una spilla da balia e larghi come la piuma di un passero, che vivevano in una boccia di vetro piena d'acqua in fondo alla quale c'era della sabbia che serviva loro da nascondiglio e da letto.

Il papà di Sophie le ha regalato un prezioso coltellino di osso che Sophie adora e con cui tagliuzza tutto ciò che le capita a tiro. Quel giorno il suo desiderio era quello di prepararsi una gustosa insalata. A questo punto vanno messi insieme gli adorati pesciolini rossi, l'adorato coltellino e l'insalata da preparare e il gioco, il più crudo che si possa immaginare, è fatto. Questa volta la sventatezza di Sophie ha colpito i pesci, ma altre volte è toccato alle api o a galletti neri o ad asini pacifici.


In un castello, circondata da affettuosa e servizievole servitù, Sophie passa le sue giornate tra esperienze avventurose e un po' sconsiderate, condotte di solito al fianco del mansueto cugino Paul, e punizioni o sgridate esemplari della sua amorevole mamma, Madame de Réan.
Accanto ai numerosi e sfortunati episodi che la vedono in azione con diversi animali che ci rimettono la pelle ogni volta, la piccola Sophie è in grado di farsi un gran male anche da sola: tagliandosi le sopracciglia, rotolandosi nella calce fresca, inzuppandosi i capelli con la speranza le diventino ricci.
Nella ventina di racconti che si susseguono Sophie si dimostra ladra, bugiarda, aggressiva, golosa, ma anche ogni volta sinceramente pentita del male che procura a se stessa e agli altri. Sua madre, a fine giornata, elabora per lei punizioni adatte ai misfatti compiuti, ma è anche molto comprensiva e sa leggere nella faccina contrita della sua bambina l'autentico pentimento e l'onesto impegno da parte della piccola a fare meglio in futuro.


Fino al guaio successivo.

La Sophie di Madame de Ségur è una bambina di altri tempi che vive in un ambiente aristocratico di altri tempi, tra scuderie e giardini rigogliosi, con i suoi genitori e non lontano dalla tenuta del cugino Paul, sorta di suo personale 'grillo parlante', nonché compagno fedele e devoto di ogni avventura. 


E' circondata da maggiordomi e governanti che la accudiscono con discrezione. Vive in un mondo ovattato, fatto di buone maniere e sentimentalismo, di giocattoli che non ci sono più, come le bambole di cera, di abitudini perdute, come il ricamo. Eppure in questo clima idilliaco, fiabesco, quasi lezioso questa bambina si muove controcorrente: viviseziona le api, taglia a fettine i pesci rossi della madre, si infila uno spillone nella scarpa per pungolare un asino troppo lento, ruba a sua madre il contenuto prezioso di un cestino da ricamo, nasconde sull'armadio la frutta candita per tenerla tutta per sé, si ingozza del pane destinato al suo pony, affoga una tartaruga per distrazione...


In questo cortocircuito tra contesto e trama, tra leggerezza dello stile e durezza dei contenuti (e tra genere maschile e femminile), sorta di ripetute contraddizioni in termini, spesso improvvise e del tutto inaspettate, risiede la grandezza di questo libro che Donzelli sapientemente ripubblica in una versione illustrata dalla terza Sophie del libro, Sophie de Villefromoit. Quest'ultima, non poi così lontana da alcuni elementi della lowbrow art, crea una galleria di personaggi, un po' bambole, dalle grandi teste su corpicini minuti, per accogliere i grandi occhi sgranati. Su un insieme che privilegia la decorazione floreale, le rose leggermente sfiorite, le porcellane, l'intreccio di nastri e decorazioni, abiti ottocenteschi gonfi e pieni di pizzi e crinoline, la piccola Sophie e il cugino Paul hanno nello sguardo lo specchio dell'inquietudine un po' 'gotica' delle loro malefatte.


Il mondo ottocentesco che questa scrittrice riproduce nei racconti della piccola Sophie è dichiaratamente lo stesso in cui ha vissuto lei, fanciulla russa trapiantata in Francia a diciotto anni, figlia di un generale dello zar e quindi moglie dello squattrinato conte di Ségur. Ma questo mondo un po' snob, attraversato da moti di sentimentalismo romantico, pur contenendo echi pedagogici di matrice rousseauiana, soprattutto nei metodi educativi di Madame de Réan, ha anche la capacità di cogliere e raccontare con un tono autentico la vivacità e, più in generale, alcuni caratteri propri dell'infanzia. E per di più lo fa in una chiave tutta al femminile.
I racconti su Sophie sembrano essere il risultato di una puntuale osservazione della giornata di una bambina, come nota lo stesso Faeti nel suo libro sui classici della letteratura da proporre a un pubblico contemporaneo, Gli amici ritrovati (BUR, 2010).
Per questa ragione, l'aver saputo cogliere 'la vita vera dell'infanzia', la piccola Sophie ancora oggi è molto amata dai bambini e dalle bambine francesi e, c'è da augurarsi, d'ora in poi lo sarà anche da giovani lettrici e lettori italiani.


Carla

lunedì 22 agosto 2016

FAMMI UNA DOMANDA!

COME SI USA IL CERVELLO


Catturati ormai completamente dalla calura estiva, i nostri ragazzi e ragazze potrebbero pensare ai compiti per le vacanze e alle letture obbligatorie come ad una tortura scolastica da cui sono miracolosamente, e temporaneamente, fuggiti; un antidoto potente al desiderio di scacciare qualsiasi pensiero impegnativo è rappresentato dall'agile, intelligente libro, frutto del lavoro, o gioco, di Carlo Carzan e Sonia Scalco: Allenamente, pubblicato da Editoriale Scienza.
A metà strada fra il testo di divulgazione e la raccolta di giochi e passatempi, è un bell'esempio di come si possano introdurre argomenti complessi, facendoli diventare, nello stesso tempo, spunto per esercizi fantasiosi e divertenti.



L'oggetto principale di questo testo è il cervello, con le sue funzioni. Se qualcuno di noi fosse convinto di essere informato a sufficienza sull'argomento, sarebbe presto smentito  dal testo di Carzan, semplice e chiaro come si conviene ad un testo di divulgazione dedicato a ragazze e ragazzi. Si parte dall'anatomia per arrivare velocemente alla spiegazione delle funzioni degli emisferi celebrali, soffermandosi sui diversi tipi di intelligenza, sulla memoria, sul pensiero logico e le sue 'leggi'.
Difficile? Leggendo questo libro, che certo è rivolto a lettori e lettrici di almeno dieci anni, si direbbe proprio di no. Quello che di teorico viene raccontato, è immediatamente tradotto in termini concreti, anche pratici, come quando si affronta il tema del metodo di studio. Tutto è raccontato in modo molto chiaro, con il supporto di immagini, realizzate da Ignazio Fulghesu, che hanno un ruolo centrale nella comprensione del testo.






Quanto poi ai giochi, bisogna sottolineare quanto siano parte integrante della spiegazione di un determinato argomento, diventando esempio pratico di questa o quella proprietà della nostra preziosa materia grigia.
Il presupposto è che le nostre capacità cognitive vadano allenate come qualsiasi muscolo e per farle funzionare sia necessaria una dieta e uno stile di vita consoni nonché  un corretto metodo per sfruttarle al meglio; non mi soffermo sul consiglio riguardante una scrivania ordinata, caratteristica che proprio non mi appartiene, ma sull'importanza attribuita al metodo di studio, devo dire che mi ritrovo abbastanza.

 

Anche sugli esercizi di memoria ho trovato qualche difficoltà, a riprova dei danni dell'età. I giochi che ho trovato più divertenti, proprio perché lontani anni luce da tutto quello che può somigliare ad una noiosa didattica, sono quelli di logica; là dove si parla di sillogismo e di pensiero deduttivo, raccontando il metodo di Sherlock Holmes, si dimostra con tutta evidenza che si può insegnare filosofia a ragazzi e ragazze curiosi, facendoli divertire.


Eleonora

“Allenamente”, C. Carzan e S. Scalco, Editoriale Scienza 2016


Per continuare a giocare...

venerdì 5 agosto 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


PER CHI VUOLE VEDERE LA SIRENA
 
Papà Orso torna a casa, Else Holmelund Minarik, Maurice Sendak
(trad. Livia Signorini)
Adelphi 2016


ILLUSTRATI PER PICCOLI (da 4 anni)

"'Ciao Gallina'.
'Ciao Orsetto'.
'Indovina un po'' dice Orsetto.
'Cosa?'
'Oggi Papà Orso torna a casa'.
'Ah sì?' dice gallina.
'E dov'era?'.
'A pescare in alto mare, al largo' risponde Orsetto.
Al largo. Perdindirindina!'.
'Sì' dice Orsetto 'e forse ha visto una sirena'."

Pescare una sirena è una cosa che sanno fare solo i grandi, forse.
Orsetto pesca pesci piccoli, ma a Mamma Orsa vanno bene anche così. E questo è certo.


Con il suo amico Gufo pesca polipi e balenotte, forse.
E mentre tutto questo accade, Papà Orso fa ritorno a casa. E questo è certo.
Tra la realtà e la fantasia, l'attesa si fa grande e diffusa: Orsetto ha raccontato a tutti che suo papà pesca al largo dove forse ha visto le sirene. Lo aspettano trepidanti anche Anatra, Gallina, Gatto, con la grande curiosità di vedere la sirena, con i suoi capelli blu e verdi e gli occhi d'argento, forse.


Papà Orso, però, non ha nessuna sirena da mostrare. Nessuna sirenina, ma d'altronde Orsetto aveva detto forse...Ma in quelle belle conchiglie che lui ha portato per davvero si sente il mare e anche una sirena, forse.
Il sogno di vedere una sirena non passa e, durante un pic nic al fiume, il desiderio si riaccende. Chissà, se non è troppo timida forse si farà vedere e la potremmo invitare a giocare con noi. Con le sirene non si può mai dire. Mai.
 

Un libro che ha i miei anni esatti. Io invecchio, lui no. Adelphi, che è casa editrice sapiente ed elegante, pubblica per l'infanzia solo pochi libri, in una collana che già solo con il titolo ne denuncia la 'stravaganza', libri che però, nonostante siano come I Cavoli a merenda, rispettano alla perfezione l'impronta dell'editore (Roberto Calasso, L'impronta dell'editore, Adelphi 2013): pochi nomi ma potenti, tra cui Peter Sìs, Edward Gorey, Carll Cneut e Sendak in coppia con Else Holmelund Minarik.
Tutti libri che possono considerarsi classici della letteratura.
Questa seconda uscita della saga di Orsetto, scritta da questa autrice trapiantata negli Stati Uniti, ma di origine danese, e illustrata da Maurice Sendak testimonia una volta di più come un libro diventi un classico quando ha ancora cose da dire a 57 anni dalla sua prima pubblicazione. Quattro brevi racconti, costruiti essenzialmente su dialoghi serrati, che raccontano l'immaginario sconfinato dei bambini e delle bambine, raccontano le aspettative che essi nutrono nei confronti dei genitori, e dall'altra raccontano la capacità dei genitori di alimentare i sogni dei loro piccoli. 


In un mondo tutto abitato da animali, quello creato da Sendak, dove però abiti e abitudini sono  presi a prestito dal mondo degli uomini, in un mondo di altri tempi (anche per il 1959 erano altri tempi), dove le mamme sono in cucina e i babbi leggono il giornale in poltrona, si riescono comunque a riconoscere emozioni e sentimenti di assoluta attualità.
Impossibile non fare il paragone tra Orsetto e Piccolo Elefante di Sesyle Joslin e Leonard Weisgard (Orecchio acerbo 2014, 2016).
Non credo siano casualità i percorsi di Weisgard e Holmelund Minarik, tra USA e Danimarca, non credo sia casualità che Sendak illustrasse anche i libri di Sesyle Joslin...


Messe a confronto le due serie, quella di Orsetto e quella di Piccolo Elefante, si ritrovano gli stessi dialoghi serrati che costituiscono la spina dorsale dei racconti e lo stesso tono sottilmente ironico. Si ritrova un mondo ormai passato con le mamme con i vestiti alle caviglie e con i grembiuloni da cucina e i babbi con le vesti da camera, sprofondati in poltrona in attesa della cena. Si ritrova una visione dell'infanzia che si alimenta di immaginazione, di curiosità, di scoperta, di illimitatezza, di scarso senso del tempo e della realtà. Si ritrova una tipologia di adulti che, pur nella loro dichiarata alterità rispetto ai piccoli (non sono mai pericolosi genitori amici), sanno essere genitori attenti ascoltatori e sanno altresì avere rispetto dei sogni e dei desideri dei loro bambini e, soprattutto, sanno nutrirli di possibilità.



Carla

mercoledì 3 agosto 2016

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


 UN CANE IRRESISTIBILE


Uscito originariamente nel 1902, A Dog Day, scritto da Walter Emanuel e illustrato con arguzia da Cecil Aldin, è un piccolo gioiello di ironia e di sincero affetto per gli scodinzolanti amici dell'uomo.
Ora è stato tradotto da Marzia Grillo per l'editore Elliot, cui saremo eternamente grati per questo regalo: è la cronaca, raccontata in prima persona dal simpatico protagonista, di una giornata qualunque, ma decisamente movimentata, del cagnolino di casa Brown.

Si comincia da un risveglio sottotono, per il sonno turbato, durante la notte, da un incauto ladro, che, dopo essersi guadagnato la simpatia del nostro amico con una generosa bistecca, casualmente gli pesta la coda provocando i guaiti che svegliano tutta la famiglia. Bella la vita di un eroe per caso, coccolato e viziato da tutta la famiglia, esclusa solo l'arcigna zia Brown. Ma la mattina scorre veloce, con il furto della colazione dei gattini, l'inseguimento della nemica mortale, la Gatta, e un odiato bagno che lo rende, per poco, pulito e profumato.


Come sopravvivere ad un tale oltraggio se non sgusciando fuori dalla porta per rotolarsi allegramente nel fango? Più gratificante di una siffatta attività è solo andarsi a rotolare ancora, così conciati, sul letto della megera.
Arrivata l'ora di pranzo, non è difficile intercettare, sulla propria strada, qualche osso, due o tre pezzi di spezzatino, un piatto di tonno con maionese, un budino da leccare, giusto un attimo prima che sia portato in tavola, fra una sgridata e una carezza, con la famiglia divisa su come e cosa premiare o punire.
La più amata non può che essere Miss Brown, quella con il cuore tenero e gli zuccherini sempre pronti a consolare.


Dunque, la giornata scorre così, fra un furto in cucina, una improvvisa galoppata in camera da pranzo, un inseguimento con l'odiosa gattaccia, che osa tirar fuori le unghie, i gattini da derubare sistematicamente e lo stomaco che talvolta, ma dura poco, protesta per gli eccessi alimentari. C'è anche un tappeto da distruggere, il carbone da mangiare e i rocchetti di spago da sparpagliare, attività talmente faticose da richiedere frequenti sonnellini.


Una normale ordinaria giornata da cane viene descritta con divertita ironia da chi i cani li doveva conoscere molto bene: un po' come in Io sono soltanto un cane, di Jutta Richter, la vita canina raccontata in prima persona dai protagonisti a quattro zampe consente al giovane lettore di vedere le cose da un altro punto di vista e la presenza anarchica, con tutta la sua carica liberatoria, degli amici pelosi acquisisce tutta un'altra valenza. Il mondo ad altezza del naso di un cane ha un ordine di valori diverso, che è bene capire prima di essere travolti dalle improvvisazioni del nostro compagno di strada.


Questa è la chiave umoristica che regge il breve racconto accompagnato dalle immagini regalate da Aldin: in pieno stile '900, vediamo questo cagnolino senza razza correre, mangiare, dormire, poi correre, mangiare, dormire con una vitalità e simpatia irresistibili.
Le illustrazioni di Aldin sono perfette per accompagnare il racconto, pagina per pagina, cogliendo espressioni, atteggiamenti e malefatte canine con affettuoso realismo.
E' un libro piccolo, ma solo per il formato, e prezioso per lettrici e lettori di tutte le età, che vogliano sorridere sul mondo dei cani e dei loro irretiti padroni.

Eleonora

“Un giorno da cani”, W. Emanuel e C. Aldin, Elliot 2016


lunedì 1 agosto 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


IL QUARTETTO BATTIBECCO
 
Fred l'amico immaginario, Eoin Colfer, Oliver Jeffers
(trad. Chiara Carminati)
Mondadori 2016



ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Il mal di testa è doloroso. Una puntura d'ape lo è ancora di più. Ma c'è qualcosa che fa persino più male di una puntura d'ape sulla testa in un giorno di pioggia, ed è...la solitudine.
Sentirsi soli non è divertente."


Non è sufficiente desiderare qualcosa perché questa avvenga, quindi desiderare da morire un amico immaginario non lo fa apparire di punto in bianco, a meno che le circostanze non siano favorevoli, ovvero che ci sia nell'aria la giusta dose di elettricità, o di fortuna o di magia. Quel giorno, in cui Sam si sentiva molto solo, queste condizioni si avverarono e davanti ai suoi occhi comparve Fred (nome non lontano da friend). Come tutti gli amici immaginari, Fred quel giorno era nell'aria, aspettando che qualcuno lo desiderasse a tal punto da farlo scendere a terra. Fred era già stato amico immaginario di altri prima di Sam e quindi sapeva bene come vanno queste cose. Nonostante lui si fosse sempre molto impegnato ad essere il miglior amico immaginario del mondo, tuttavia arrivava sempre il momento in cui un amico reale arrivava a togliergli il posto; lentamente lui si sentiva e si vedeva svanire e tornava per aria ad aspettare che qualcun altro lo desiderasse. Se da un lato lui era contento che gli altri trovassero amici veri, dall'altro anche lui sognava per sé un amico per sempre con cui condividere libri, musica e teatro.


Quando ebbe Sam davanti pensò per un attimo che il sogno si fosse realizzato.
Tutto marciava a meraviglia fino al giorno in cui Sam conobbe Sammi e Fred temette che, come al solito, lui si sarebbe dissolto rapidamente. Ma nella testa e nel cuore di Sam c'era posto per entrambi e poi la stessa Sammi viaggiava con Frida, anch'essa immaginaria. Quei quattro fecero grandi cose assieme, ma, come spesso accade quando si cresce, le strade si biforcarono e il tempo da passare assieme diminuì. La passione per i fumetti tenne insieme Sam e Sammi e quella per la musica Fred e Frida e, fatto clamoroso, nessuno questa volta dovette svanire.


Il carattere di eccezionalità di questo libro si ritrova in diversi aspetti.
Provo a elencarli in ordine crescente di importanza.
Il primo è la sua lunghezza e il suo rapporto tra testo e immagine, laddove il primo si prende la libertà di un respiro più ampio: è un albo di quasi 50 pagine.
Il secondo sta nel 'dream team' che lo ha concepito: Eoin Colfer e Oliver Jeffers. Due giganti che duettano alla pari in un'intesa assoluta, che forse deriva da una consolidata amicizia o, più probabilmente, da una radice di pensiero e sentire comune che è l'Irlanda. A questo si aggiunga il terzo grande calibro che è la traduttrice dell'edizione italiana, Chiara Carminati, che si rivela voce perfetta nell'aver saputo cogliere la leggerezza e la poesia con cui i due irlandesi raccontano il senso ultimo dell'essere amici, veri o immaginati che siano.
Io personalmente le sono grata soprattutto per la sensibilità che ha dimostrato nel tradurre being alone is not fun, con sentirsi soli non è divertente. Con cuore e testa si è presa questa piccola 'licenza poetica', forse con il desiderio di interpretare e quindi correggere un punto di partenza che altrimenti poteva rivelarsi non del tutto condivisibile (cosa che è puntualmente accaduta riguardo alla versione inglese del libro).
Il concetto di 'essere soli' implica una dose di forza di volontà, di scelta personale consapevole e cercata che invece sentirsi soli non ha. A me piace, talvolta, essere sola. Tutt'altra cosa è sentirmi sola, lì c'è sofferenza, c'è debolezza.
Il terzo elemento, che fa di questo libro un gran libro, è l'idea che ha in sé e come è stata costruita attraverso testo e immagine, in perfetta sintonia.
Un testo che attraversa le insicurezze che ci sono nelle amicizie, le malinconie che ci sono talvolta nelle separazioni, ma anche le le affinità che tengono insieme le persone.


Un'idea sfaccettata e complessa di cosa significhi essere uno o essere due che viene raccontata secondo una prospettiva inaspettata, ovvero quella dell'amico immaginario.
Racconta Colfer, in una delle tante interviste sul libro, che a lui piace sempre spostare il focus della storia, concentrandosi su quello che al principio era un personaggio destinato a sparire, facendolo diventare invece il personaggio principale: Fred e Frida, amici immaginari destinati al dissolvimento, sono quelli che invece chiudono la storia e si guadagnano la ribalta dell'ultima pagina e dell'ultima battuta. Ma racconta anche che lo scarto finale della storia lo si deve a Jeffers che ha cercato di chiudere in un cerchio -anch'esso immaginario- l'intera vicenda. E ci è perfettamente riuscito.


La grande difficoltà di rappresentare ciò che è virtuale, ovvero che non esiste veramente, è stato per Jeffers un bel cimento che ha risolto con una scelta di colore e un segno magistrali: su un fondo sostanzialmente in b/n a china ha utilizzato un colore 'originale' dato a piccole macchie che sembrano alludere ai pixel delle immagini virtuali di cui ogni giorno si nutrono inconsapevolmente i nostri occhi.
Leggendo con attenzione questo libro, piccoli dettagli ci fanno pensare che dietro Sam e Fred ci siano Oliver e Eoin, nel loro alchemico incontro mi pare di cogliere lo stesso desiderio di non dissolversi più l'uno per l'altro. E, visti gli esiti, c'è da sperarlo.

Carla