lunedì 31 ottobre 2022

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


IL DECADIMENTO DEL PROTONE


Questo tema della fisica contemporanea, il decadimento dei protoni, evento teorizzato e mai osservato finora, è il punto di partenza del romanzo di Jerry Spinelli ‘Particelle atomiche’, pubblicato da Mondadori.
Il protagonista, Will, riceve per telefono la notizia che in un grande laboratorio sotterraneo i ricercatori avevano assistito alla fine, in un lampo, di un protone. E il mondo di Will crolla: tutte le certezze della sua vita si fondavano sulla stabilità dei protoni, che, dal suo punto di vista, assicuravano la prevedibilità del futuro. Questo per il giovane Will, all’inizio delle superiori e alle prese con una vita affettiva complicata, era un punto fondamentale, che viene così repentinamente a mancare, turbandolo tanto da fargli inventare un nuovo calendario a partire da quel sabato: i giorni sono indicati dalla sigla MP (morte del protone), seguita dai numeri progressivi.
In quel particolare momento della sua vita, Will è assillato da due problemi: comprendere la natura dei sentimenti che prova per Mi-Su e BT, una ragazza, amica d’infanzia, e il loro comune amico dalla vita strampalata, con cui condivide il necessario appuntamento del sabato sera, che consiste in una partita a Monopoli, affiancata a una pizza super condita. L’altro problema è tenere a bada la sorellina di cinque anni, Tabby, che imperversa nella sua vita creando danni a raffica.
Come è facile immaginare, molto del continuo rimuginare di Will ha a che vedere con Mi-Su e con l’incertezza che lo dilania: lei e BT si sono baciati, ma lei ha baciato anche Will, quindi quale strategia è opportuno adottare per conquistare definitivamente il suo cuore? Il ragazzo si arrovella sul tema, mentre si allena per un torneo di scacchi, di cui è risultato vincitore l’anno precedente. Cerca di vivere la sua vita nello stesso modo, pianificando le mosse e prevedendo quelle degli altri. Peccato che la vita vera non funzioni così.
Jerry Spinelli è un maestro nel descrivere i labirinti del cuore, che nell’adolescenza appaiono ancora più intricati e misteriosi e qui delinea i tormenti di un adolescente troppo concentrato su se stesso, troppo ossessionato dal controllo sul futuro, per accorgersi di quello che gli avviene intorno.
Il romanzo, che sembra andare nella direzione di una storia di amicizia e di amore fra adolescenti, all’improvviso accende il riflettore su un’altra dinamica, quella fra fratello e sorella, capovolgendo l’ordine delle cose. E questo mi è sembrato davvero un colpo di genio, che spiazza la lettrice e il lettore, costretti, come il protagonista, ad abbandonare un punto di vista per abbracciarne un altro.
Con grande sensibilità, l’autore si mette i panni di una bambina con un fratello più grande che la ignora e cerca in tutti modi di attirarne l’attenzione; ma soprattutto vuole qualcosa che verrà rivelato nelle ultime pagine del libro (e posso garantire che è proprio così). BT, che ha due sorelline, cerca di aiutarla, le insegna a usare lo skateboard, le legge libri da grande, mentre lei disdegna con orgoglio le attenzioni di un giovanissimo ammiratore.
I rapporti fra i diversi personaggi , soprattutto fra i tre ragazzi e la bambina, sono delineati con accuratezza, descrivendo da un lato la grande confusione, il calderone di sentimenti che caratterizza l’adolescenza; dall’altro proprio l’egocentrismo, la difficoltà a vedere le cose con gli occhi degli altri. Sapiente il passaggio dai toni della commedia a toni più seri, che costringono lettrici e lettori a fare i conti anche con se stessi.
Libro importante, che affronta con stile immediato e grande facilità di lettura i temi più impegnativi dell’adolescenza. Per questo lo consiglio caldamente a ragazzi e ragazze a partire dai tredici anni.

Eleonora

“Particelle atomiche”, J. Spinelli, trad. A. Ragusa, copertina di M. Campedelli, Mondadori 2022







venerdì 28 ottobre 2022

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

GENTLEMEN'S AGREEMENT

Il riflesso di Hariett, Marion Kadi (trad. Eleonora Armaroli) 
Terre di mezzo, 2022 



ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni) 

"C'era una volta un vecchio leone. Aveva tanto cacciato, mangiato e dormito, finché un giorno morì. il suo riflesso si trovò da solo. 
Ben presto cominciò ad annoiarsi. Non voleva diventare il riflesso di un fiore... 
...e nemmeno quello di un'anatra. E allora partì. 
Dopo aver camminato a lungo, scorse una casetta." 


In quella casetta abitava Hariett. Quando il riflesso la vide dai vetri, lei si stava preparando per andare a scuola e aveva la sua solita faccia imbronciata, perché andare a scuola non le piaceva. 
Sarà stato il suo cattivo umore, sarà stata la sua rabbia, fatto sta che il riflesso del leone decise di diventare all'istante il riflesso di quella creaturina così nervosa. 
Corse in una pozzanghera dove Hariett passando inevitabilmente si specchiò e, cacciato via in malo modo il vecchio riflesso, quello del leone si insediò e da quel momento quei due si piacquero e decisero di comune accordo di fare coppia fissa. 
Hariett, con quel riflesso da leone, si sentiva una 'tigre', si sentiva forte e coraggiosa: quel giorno a scuola giocò un sacco e con tutti e parlò anche di geometria pubblicamente, davanti al maestro... 
Anche la sua nuova fame era proporzionata al suo riflesso. Quello vecchio, quello originale, era ormai dimenticato. 
Ma si sa che a volte le cose possono sfuggire di mano. 
E così il leone del riflesso sembra dare ad Hariett un piglio eccessivamente aggressivo che le frutta vari malumori e una punizione. Circostanza questa che le fa desiderare il suo vecchio riflesso da bambina timida. 
Si può vivere con più di un riflesso? Si può. 

Questo è il suo primo albo illustrato ed ha già tirato su un buon numero di riconoscimenti: a seguito del BRAW come migliore Opera Prima, sono arrivati anche i White Ravens e una candidatura alla Pepite di Montreuil. 
Marion Kadi, francese, trapiantata a Boston dove collabora con testate come il NYT o, in Francia, come Zadig Magazine, ha già detto molto e soprattutto ha già dimostrato al mondo il suo talento d'artista. 
Un senso del colore degno dei Fauves (lei stessa cita Matisse come riferimento) e del precedente gruppo dei Nabis a cui si aggiungono diverse cose. 
In primo luogo la sua capacità di concepire un'idea così tanto originale e quindi di realizzarla nella cornice di un albo illustrato. 


Lascerei ad altri le riflessioni sulla questione che attraversa il libro, ossia la possibilità e quindi anche la volontà di essere complessi: essere molte cose contemporaneamente, timidi e intraprendenti, in questo caso, e di decidere di esserlo a seconda dei momenti, e di farlo in una misura che, di volta in volta, ci si sembri confacente. 
Mi concentrerei invece su alcuni aspetti più formali, ma non per questo più di superficie o accessori. 
In primo luogo la qualità del disegno che denuncia grandi capacità fin dai risguardi di copertina: un gruppo di carpe che nuotano in poche dita d'acqua tra foglie di ninfea. Sembrerebbe il laghetto che il riflesso del leone sta abbandonando per cercarsi una nuova residenza. Nei risguardi di chiusura, ovviamente non manca l'acqua, parlando di riflessi, ma qui è piovana sul selciato del vialetto della scuola. 
Questa grande capacità di disegnare si piega, si flette, si distorce ad uso e consumo della storia e del suo personaggio principale - il riflesso di un leone morto - che già di per sé è un meraviglioso assurdo. 


A lui vengono date connotazioni espressive molto precise e necessarie: grandi occhi e soprattutto una criniera e una pelliccia che ne attestino sempre certa tangibilità mischiata alla sua opposta inconsistenza, tipica di ogni riflesso. 
Zampe, corpo e massimamente criniera hanno profili ondulati e sono attraversati da striature che alludono alla materia di cui sono fatti: l'acqua. Tutta l'espressività dell'altra protagonista passa per un incarnato bello accesso e tante rughette di espressione. 
Sullo sfondo delle loro azioni si muove un mondo di animali e di vegetazione che è una bellezza. A questo si aggiungono piccole scene isolate, con conigli, anatre, pecore con lupo travestito, galli, mucche e molti altri animali che costituiscono anche un vero e proprio repertorio di modelli: dalle mattonelle della classe al motivo del tappeto in casa di Hariett. 
Altrettanta abbondanza è concessa ai bambini e alle bambine della scuola, anche loro ritratti in un bel brulicare di singole azioni.


Tutta questa ricchezza di colore e movimento accoglie anche una serie di spunti ironici che danno la cifra di tutto il racconto. In modo particolare Marion Kadi si diverte con il riflesso che caccia il suo predecessore, che corre per andare a scuola, che si moltiplica in diverse pozzanghere e, soprattutto, che stipula un gentlemen's agreement con il suo rivale, con cui si può imparare a convivere nel medesimo specchio. 

Carla

mercoledì 26 ottobre 2022

FAMMI UNA DOMANDA!


DI MERAVIGLIA E DI VERTIGINE


Guido Tonelli, fisico di fama internazionale, insieme a Sergio Rossi, scrittore e divulgatore premiato più volte, scrive ‘Quando si accesero le stelle. Un grande scienziato ti racconta la nascita dell’universo’, pubblicato da Feltrinelli Kids.
Il libro descrive, come un percorso a tappe, la storia dell’universo, premettendo un punto metodologico fondamentale che è il metodo scientifico, le sensate esperienze e certe dimostrazioni di Galileo, lottando, a volte, con i preconcetti presenti nel senso comune.


Lo studio delle origini dell’universo può seguire due strade: l’indagine sulle particelle elementari, presenti all’origine del cosmo e che consente di comprenderne la storia, l’evoluzione, come per esempio la scoperta del bosone di Higgs, effettuata al Cern e a cui ha contribuito anche l’autore; la seconda strada è quella degli astrofisici e degli astronomi che con il loro super telescopi si stanno spingendo sempre più in là nello spazio, e quindi indietro nel tempo.
Più che spazzar via pregiudizi, questo libro apre finestre inusitate sul tempo e sullo spazio, sgombrando il campo da luoghi comuni ben consolidati: ad esempio scopriamo che all’inizio era il vuoto, ma per vuoto non si intende qualcosa in cui non c’è niente, ma un sistema in cui la somma delle energie in gioco tende sempre allo zero.
Si tratta, evidentemente, di un concetto contro intuitivo e gli autori sottolineano più volte come la scienza si affermi contro i pregiudizi. Ma qui credo che la questione sia più sottile: pensare che l’universo sia un insieme armonico, costante nelle sue forme non è tanto il frutto del persistere di pregiudizi, quanto una difficoltà a costruire un nuovo senso comune basato sulle più recenti acquisizioni scientifiche.
Per passare dal sistema tolemaico a quello copernicano ci sono voluti mille anni e c’è ancora qualcuno che afferma che la Terra è piatta!


Ma è proprio questo l’imprescindibile ruolo giocato dalla divulgazione nella traduzione della complessità delle nuove concezioni scientifiche in qualcosa di comprensibile anche dai profani; e libri come ‘Quando si accesero le stelle’ rappresentano un esempio mirabile di un approccio divulgativo che, se anche rivolto direttamente ai ragazzi, riesce a parlare anche agli adulti curiosi e disarmati di fronte a tanta scienza.
La struttura del libro è chiara e racconta nel modo più semplice possibile le diverse fasi dell’evoluzione del mondo dal vuoto, appunto, fino alla comparsa dell’Homo Sapiens sulla Terra.
Naturalmente, ci sono passaggi più difficili da digerire e altri più chiari, ma l’insieme è davvero un compendio indispensabile per capire di cosa discutono la fisica e l’astrofisica in questi anni, per capire cosa sappiamo oggi del mondo. Molto efficaci le illustrazioni firmate da Matteo Berton, che riescono a dare forma all’astrazione, e non è poco.


La complessità dell’argomento richiede lettrici e lettori che abbiano almeno una minima dimestichezza con gli argomenti trattati, quindi suggerirei un’età di lettura dai quattordici ai novantanove anni.

Eleonora

“Quando si accesero le stelle. Un grande scienziato ti racconta la nascita dell’universo”, G. Tonelli con S. Rossi, ill. di M. Berton, Feltrinelli 2022



lunedì 24 ottobre 2022

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

E QUESTO È QUANTO

La donna che trasformava i bambini in uccelli, David Almond, Laura Carlin 
(trad. Sara Saorin) 
Camelozampa 2022 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni) 

"Arrivò in città una donna. Si chiamava Nanty Solo. Diceva di saper trasformare i bambini in uccelli. 'Che sciocchezze!' dissero gli insegnanti. 'E' contro la legge!' disse la polizia. 'Robe da matti! Qnate idiozie! Sono solo stupidaggini, scempiaggini, scemenze'. 'Non volete che vi capiti una cosa così, vero, bambini? Allora giratele alla larga!' Ma naturalmente c'era una bambina. Si chiamava Dorothy Carr. Faceva finta di gironzolare per di là, persa nei suoi pensieri. Nanty Solo la chiamò." 

La invitò a sedersi e poi fece dei segni per terra, le bisbigliò qualcosa all'orecchio e poi disse: Su. Sii felice. Spicca il volo! E lei volò come rondine. 
Il volo non durò molto, e Dorothy tornò a essere Dorothy, e al suo papà che chiedeva se fosse andata lontano, lei rispose che no, ma agli altri bambini lo disse. Disse loro che Nanty davvero l'aveva fatta volare. 
Bambino dopo bambino, tutti si andarono a sedere sulla panchina della donna e a ognuno lei diceva, dopo aver fatto i soliti segni per terra, sempre la medesima frase che aveva detto a Dorothy che aveva volato per prima. E chi si trasformava in passero, chi in cardellino. Nessuna aquila, però. 
Il cielo alla fine si riempì di bambini trasformati in uccelli e i grandi che, naso all'aria, li guardavano spaventati, non facevano che intimargli di scendere e di uscire immediatamente da quel cielo blu. 
Nanty, comodamente seduta sulla panchina, li guardava chiedendosi perché diavolo si preoccupassero tanto... 
I grandi la vogliono cacciare dalla città, ma lei non si preoccupa perché è sempre in cammino. Tuttavia un'ultima proposta la fa anche a loro: prima della mia partenza non vorreste provare anche voi, per caso? di cosa diavolo avete paura? 

David Almond. In una felice sintesi, racchiusa nelle 32 pagine di un albo illustrato, si vedono scorrere in trasparenza alcuni tra i suoi libri migliori. Dietro Nanty, oltre alla ben nota Mary Poppins di Pamela Travers, per quel suo essere sempre in viaggio verso qualche altro luogo, c'è Skellig che condivide con la governante severa il suo essere 'errante'. 
Di Skellig Nanty ha anche un altro aspetto importante: la sua capacità di comunicare in modo diretto con i bambini. Così come Skellig parla e ha rapporti solo con Michael e Mina, così qui Nanty parla con Dorothy (sarà un caso questo nome?), con Colin, con Susan, con Walter e anche con il silenzioso Wolfgang, trasformato poi in pappagallino. 


Come se quell'alone di magia che la circonda possa essere trasferito solo a chi nella magia crede. 
E tra un bambino e un adulto, mi pare evidente chi abbia gli strumenti e la predisposizione ad aver fede... L'ulteriore cosa che con Skellig Nanty condivide è il potere taumaturgico. 
Se a Skellig Almond aveva messo due accenni di ali in corrispondenza delle scapole, seppure non lo facesse proprio parlare come potremmo immaginare un angelo parli, a Nanty nulla di tutto questo. Tuttavia lei come lui hanno il dono si portare gioia - nel caso di Skellig addirittura Almond chiama la neonata su cui lui veglia, Joy. Nel caso qualcuno avesse dei dubbi in merito. 
Nanty, per suo conto, sembra arrivata in città con lo stesso compito, ovvero portare felicità. E farlo, come Skellig, con la sua magia che scompiglia il mondo dei grandi e che invece attira in modo irresistibile i bambini. 


Ecco, i bambini sono l'altro punto di contatto. Non solo essi sono in entrambe le storie coloro che ci credono, che hanno fede, ma sono anche quelli che non hanno paura. I grandi, al contrario, sono ormai persi alla causa: tutto ciò che esce dalla consuetudine è per definizione pericoloso e foriero di guai. 
Ali, piume, uccelli e soprattutto il volo, sono le altre affinità con La storia di Mina. Romanzo nato dopo aver scritto Skellig, per approfondire il personaggio che, a detta di Almond, meritava un'attenzione maggiore. 
Quella ragazzina 'strana' ha molto a che vedere con il mondo dei volatili. Mina stessa ha tratti del carattere che la rendono affine agli uccelli: un albero-casa, la forza e nello stesso tempo la fragilità propria di chi vive volando. Lei stessa possiede un uccellino tutto suo e nella sua testa ce ne sono molti altri. L'immaginifica copertina disegnata da Negrin è la prova provata. 
Un'ulteriore punto di contatto con alcuni suoi precedenti libri mi pare di riscontrarlo nella costruzione del testo che dimostra, come già negli altri suoi albi - La diga e Il sogno del Nautilus - una rara capacità di sottrazione che li rende tutti e tre indimenticabili. Poche frasi che si stampano nella mente per nitore. Qualcosa di molto simile alla poesia. 


La luminosità della storia raccontata con tanto rigore e chiarezza si perde nelle illustrazioni che, invece, dimostrano di essere altalenanti: felici solo in alune parti, ma più in generale confuse, e non solo per questa cifra di Laura Carlin che vuole avvicinarsi al modo di disegnare ancora incerto di un bambino, ma per un affastellamento di elementi che non rendono merito alla purezza del testo. 
Va da sé che il libro merita tutta l'attenzione necessaria al magnifico testo di Almond . E per le illustrazioni, pazienza. 
E questo è quanto. 

Carla

venerdì 21 ottobre 2022

FAMMI UNA DOMANDA!

QUESTIONI IMPEGNATIVE


Philip Bunting è tornato: uno dei principali autori di divulgazione per piccoli affronta, in un bel libro illustrato, una questione che tanti, grandi e piccoli, si pongono: esiste vita nello spazio? Siamo soli nell’universo?
Per dare una prima approssimativa risposta, l’autore inglese trapiantato in Australia sceglie la strada di una cornice narrativa: protagonista di ‘Datemi un po’ di ...spazio!’, pubblicato da Caissa Italia, è una bambina di nome Uma, che trova la Terra, il nostro pianeta, un po’ deludente: non ha un nome bellicoso, non è veloce come una cometa e così discorrendo. Si attrezza, quindi, a lanciarsi nello spazio, non senza aver salutato il suo pesce rosso di nome Neil, nome non casuale. Dopo una serie di sfortunati tentativi, riesce nell’impresa di avventurarsi nel sistema solare, scoprendo però che i diversi pianeti che lo costellano non sono adatti a ospitare la vita. Delusa da quanto scoperto, riprende il viaggio per imbattersi in un pianeta bellissimo, che viaggia nello spazio con il suo carico, in realtà un po’ fragile, di vita. Si tratta, naturalmente, della Terra e il messaggio è molto chiaro: per quanto sia affascinante il quesito relativo all’esistenza di vita al di fuori della Terra, è di lei, e della vita che ospita, che ci dobbiamo occupare. Chiude il libro, oltre alla consueta dedica ai custodi tradizionali della terra, una citazione di Neil Armstrong, che sottolinea quanto nello spazio ci si senta piccoli, lontani dal nostro pianeta.


Ancora una volta Bunting dimostra di saper affrontare questioni complesse in modo semplice, comprensibile anche per i più piccoli, dai cinque ai sette anni; molto è affidato alle immagini che, come di consueto, contengono già parte della spiegazione, traducendola in chiave visiva. La divulgazione per i piccoli deve per necessità semplificare, ovvero esprimere in forma semplice concetti e spiegazioni complesse, ma semplificare non deve significare banalizzare o, ancor peggio, deformare l’argomento per renderlo più comprensibile. Bunting ha una grande capacità di sintesi e una ancor più grande capacità di integrare armoniosamente testo e immagine e anche questo libro non fa eccezione: accompagna con immagini chiare, dai colori definiti, il piccolo lettore e la piccola lettrice in un viaggio avventuroso i confini del sistema solare, per poi tornare sul nostro pianeta con una più forte consapevolezza della sua bellezza e unicità.

L’editore Caissa propone anche, nella stessa collana Filopiume, un altro libro di divulgazione illustrata, scritto e illustrato da Olga Fadeeva con la revisione di Yuri Garrett e quella, per l’edizione italiana, del magg. Marco Piersanti, meteorologo. L’argomento sembra semplice, ma non lo è: il vento. ‘Buon vento!’ definisce e descrive tutto quanto riguarda un’esperienza assai comune sul nostro pianeta. Racconta, quindi, come si formano i venti, come sono chiamati e le diverse caratteristiche che essi hanno nelle varie latitudini: dagli alisei ai monsoni, passando per le brezze marine, i venti vengono descritti, misurati, segnalati, in modo che lettori e lettrici, di sei, sette anni, si facciano un’idea chiara della potenza che i venti esprimono.
E poi, il vento viene utilizzato dalle piante, dagli animali e dall’uomo, soprattutto per spostarsi, ma, nel nostro caso, anche per produrre energia. Ma produce anche suoni, anima i giochi dei bambini, è stato descritto dai miti antichi ed è presente nella vita quotidiana di tutti noi.


Da una parola apparentemente banale può derivare un mondo di curiosità e di informazioni che non possono non piacere ai lettori e alle lettrici curiosi: più dettagliato e decisamente descrittivo, anche questo libro illustrato va nella direzione di una divulgazione per bambini che non trascuri la qualità dell’immagine, che qui è un efficace sfondo al testo descrittivo. Olga Fadeeva è un’autrice bielorussa, presente nelle selezione della Bologna Children’s Book Fair, che qui si cimenta felicemente con un libro non fiction.
Entrambi questi libri meritano attenzione per la qualità che esprimono e per l’originalità dei rispettivi autori.
Consiglio la lettura a bambine e bambini curiosi, con l’adeguato supporto di genitori e insegnanti.

Eleonora

“Datemi un po’ di...spazio!”, P. Bunting, Caissa Italia 2022
“Buon vento!”, O Fadeeva, Caissa Italia 2022



mercoledì 19 ottobre 2022

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

NESSUNO E' IMPERFETTO

L'anatra zoppa e la gallina cieca, Ulrich Hub, Jörg Mühle 
(trad. Bérénice Capatti) 
Rizzoli 2022 


NARRATIVA PER MEDI (dai 7 anni) 

"L'anatra osserva con interesse la gallina vagare senza meta tra i muri fino a inciampare nella gruccia. 'Molto piacere di conoscerti.' L'anatra aiuta gentilmente la gallina sbalordita a rimettersi in piedi. 'E' sempre bello incontrare qualcuno che è messo peggio di noi.' 'Sarebbe a dire?' chiede la gallina con voce sorprendentemente profonda. 'Io mi sento benissimo. Perché pensi che sia messa male?' 'Sei pur sempre cieca'. L'anatra sospira forte. 'Non posso immaginare sorte peggiore di non poter vedere.'"

Lo scambio di battute prosegue nella replica della gallina che sostiene che essere ciechi può avere dei vantaggi, come per esempio non aver modo di giudicare il suo aspetto, oppure non entrare nel panico perché la luce delle scale non funziona, oppure ancora quello di essere un'ottima ascoltatrice. 
E l'anatra, cui brillano gli occhi, a sua volta sussurra che per essere un'anatra zoppa, non è poi tanto male... 
Nel cortile abbandonato, dove non splende mai il sole e dove l'anatra zoppa vive, percorrendolo in lungo e in largo per fare un po' di moto (di volare non se ne parla: troppo pericoloso) arriva una gallina cieca che, al contrario della prudentissima anatra, ha un progetto magnifico, raggiungere quel luogo dove il suo desiderio segreto possa avverarsi. Dove sia, effettivamente lei non lo sa, ma questo è solo un dettaglio. 

A lei, per raggiungerlo servirebbe un cane da ciechi, ma anche un'anatra zoppa andrà bene lo stesso. Ammesso che l'anatra parta con lei, visto che non le riesce proprio di convincere la gallina che passeggiare assieme in un cortile abbandonato sarebbe comunque molto piacevole, e soprattutto molto più sicuro...
Questa è la storia del loro viaggio, vero o falso che sia. 
Un viaggio in cui si percorrono foreste buie e spoglie, le più oscure del mondo, si attraversano gole abissali su fiumi silenti, si balla fino allo sfinimento, si scalano montagne senza salite, ci si dimenticano varie cose, ma se ne ricordano altre, si mangiano arachidi in silenzio, si arrossisce e quasi si muore, ma soprattutto si smette di essere sole. 

Di Ulrich Hub penso ogni bene possibile e ho un ricordo vivido dell'incontro fatto insieme a Bologna durante i giorni della fiera, a discutere dei massimi sistemi e sul senso che possono avere le bugie, in compagnia di 60 ragazzini rapiti da quella sua bellissima storia corale. 
In Italia sono stati pubblicati quattro dei cinque libri che ha scritto: L'arca parte alle otto, Le volpi non mentono mai, L'ultima pecora e adesso L'anatra zoppa e la gallina cieca. Ne manca solo uno, Ein Känguru wie Du, che - lo temevo nel 2019 e lo temo ancora nel 2022 - non valicherà le Alpi, sebbene in Germania, Austria a Svizzera tedesca sia già film d'animazione. 
Tutti e quattro si tengono per alcuni caratteri comuni che ne rendono la lettura piacevolissima a qualsiasi latitudine e a qualsiasi altezza (e di questo si è già detto parecchio in passato). 
Intendo dire che leggerli, tutti, ad alta voce tra bambini e adulti non può che far piacere.

 
Anche in questo suo ultimo libro, che ha richiesto a Hub un anno e mezzo di lavoro, e a Jörg Muhle decine di fogli contenenti centinaia di bozzetti di galline con gli occhiali da sole e anatre con la gamba sifolina (bellissima soluzione quella trovata) in diversissime posizioni, si ride moltissimo. 
Ma come sempre dietro l'ironia che lo attraversa, si intravedono anche moltissime altre cose che hanno a che fare con l'umanità intera. Sotto le piume di quell'anatra zoppa e di quella gallina cieca ci siamo tutti noi, per un verso o per l'altro. 
A titolo di esempio, si guardi quell'anatra codarda che preferisce il proprio cortile buio e polveroso, la sua comfort zone, a qualsiasi altro luogo di cui ha contezza solo per sentito dire. Non se ne parla di partire senza una meta. 
Quanti di noi di fronte all'idea di intraprendere un viaggio, mai e poi mai lo farebbero da soli, mai e poi mai andrebbero alla ventura, senza aver già tutto pianificato... 
E si potrebbe allargare il cerchio e dire che molti di noi anche nel semplice atto di stare al mondo faticano a farlo in solitudine, solo contando sulle proprie forze. E' più facile fare il gregario di qualcuno più forte di noi. Le idee facciamole nascere nelle teste degli altri, a noi il compito più semplice di farle nostre. 
L'anatra è fifona e quindi molto prudente, ma nello stesso tempo si dimostra disponibile e generosa nei confronti della gallina e quindi decide, nonostante tutto, di assecondarne i desideri, in spregio al fatto che il camminare non le viene troppo facile. In un modo o nell'altro, cerca di farle piacere senza farsi troppo male... 
La gallina, dal canto suo, è l'esatto contrario dell'anatra: tanto è fifona la prima, tanto intraprendente è l'altra, tanto è ordinata la zoppa, tanto confusionaria è la cieca, tanto aggraziata è l'anatra, tanto sbrigativa e rude è la gallina. Tanto altruista si dimostra la prima, tanto egocentrica appare la seconda. In questo senso sono assolutamente perfette assieme, come direbbe Forrest Gump: sono come pane e burro. 


Qui, come anche negli altri suoi libri, dietro la risata si nasconde la complessità delle nostre anime, mai di un solo colore, al contrario piene di sfumature. Così anche quella gallina che sembra così concentrata sul suo desiderio segreto, sa dimostrare anche comprensione e affetto e la sua proverbiale determinazione si scioglie come neve al sole, di fronte agli stratagemmi dell'apparentemente ingenua e devota anatra claudicante, che si rivela scaltra, a suo modo. 
La decisione di metterle a confronto genera un continuo gioco delle parti che trova esito nei dialoghi sempre molto serrati ed esilaranti. Impossibile non immaginarli 'messi in scena'. Come è capitato anche per gli altri tre titoli: i libri di Hub non andrebbero solo letti e riletti, ma anche recitati. 


In Germania, ma è presumibile anche altrove, sono diventati divertentissimi spettacoli di teatro, dove per esempio l'anatra zoppa, ossia l'attore che lo impersona, indossa ai piedi rispettivamente una pinna per il nuoto e un doposcì. 
Imperdibile e indimenticabile. 
Merito ulteriore, pensato e pubblicato per quella fascia di età sempre un po' negletta (forse perché di mezzo).

 Carla

lunedì 17 ottobre 2022

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

LA CACCIA E LA NATURA


Evgenij Rudaševskij è un giornalista russo, con grande esperienza internazionale, che si è occupato e si occupa tuttora di conservazione ambientale e di diritti delle minoranze indigene. Le Edizioni San Paolo pubblicano ora un suo romanzo, ‘Il Corvo’, inserito nel 2017 nella selezione White Ravens.
Si tratta un un romanzo particolarmente interessante, che racconta, in modo anche molto diretto, dell’iniziazione di Dima, quattordicenne, alla caccia. Durante le vacanze invernali, parte con lo zio Nikolaj e con suoi due amici, Artemič e Vitja. Il ragazzo è pieno di aspettative, immagina avventure da poter condividere, al suo ritorno in classe, con gli amici; l’inizio di questa lunga vacanza della taiga è proprio così, gravido di promesse; con gli altri compagni di viaggio, Dima partecipa alla preparazione delle trappole, alla cura dei fucili, all’organizzazione della vita quotidiana nel capanno che fa da rifugio. Il mondo intorno è racchiuso nella neve, ogni rumore ovattato, le serate passano giocando a carte e raccontandosi aneddoti delle stagioni precedenti. Sono lì per la caccia allo zibellino, dalla pregiata pelliccia. I primi giorni passano nell’osservazione attenta delle mosse dei cacciatori, nella ripetizione quotidiana dei gesti che consente loro di catturare e uccidere le diverse prede. Pian piano, però, nella mente di Dima si fa strada una sorta di inquietudine come se inconsapevolmente percepisse che in tutto questo c’è qualcosa di sbagliato.
A questo punto, però, si inserisce un nuovo attore: un corvo che approfitta della carcassa di un cervo, le cui carni sono esposte a essiccare. Nonostante gli appostamenti, i tre cacciatori esperti sono gabbati da un misero uccello, che ogni volta riesce a sottrarre loro un lembo di carne. Fino a quando allo zio Nikolaji non viene in mette un trucco ancora più astuto dei precedenti.
Sono dunque due i fili narrativi che si intrecciano, in un racconto incalzante e avvincente: uno riguarda la crescita di Dima, la maturazione di un senso di alterità e di distanza da quegli adulti che all’inizio ammirava e aveva preso a modello, un sentimento all’inizio confuso e poi, via via, più chiaro di amore per la natura e soprattutto di rispetto per essa.
L’altro filo è rappresentato dal rapporto che proprio con la natura hanno i cacciatori: una sorta di spersonalizzazione di ogni elemento naturale al fine di poterlo sfruttare al meglio. In realtà, anche chi dice di amare la natura, lo fa spesso con un approccio egoistico e contraddittorio, confondendo i propri bisogni di gratificazione per generoso slancio a difesa di questo o quel animale. Nello stesso modo anche nel cuore dei cacciatori c’è il ricordo di questo o quel cane, o dell’uccellino caduto dal nido e salvato.
Percepire la natura come oggetto consente a tutti noi di sfruttarla e, paradossalmente, le prime vittime di questo sfruttamento siamo proprio noi, costretti a vivere in un ambiente alterato e minaccioso.
Come si può immaginare; Dima sarà costretto a una scelta, che spezzerà alcuni legami ma che gli aprirà un rapporto nuovo col mondo naturale.
Romanzo di formazione intenso, complesso, anche se consente una lettura in chiave puramente avventurosa, ‘Il Corvo’ riprende e riannoda fili di riflessioni che in questi ultimi anni si sono susseguite anche con un grande interesse nel pubblico dei non addetti ai lavori.
Mi permetto di riportare una delle citazioni che aprono il libro, tratta da ‘La casa estrema’ di Henry Benson:
‘..gli animali...non sono né fratelli né esseri inferiori: sono altre nazioni, intrappolate con noi nella rete della vita e del tempo, nostri compagni di prigionia nello splendore e nel travaglio del pianeta’.
Consiglio caldamente la lettura a ragazze e ragazzi maturi a partire dai tredici anni.

Eleonora

“Il Corvo”, E. Rudaševskij, trad. F. Mastruzzo, Edizioni San Paolo 2022



venerdì 14 ottobre 2022

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


CAVALCARE LA FURIA

Il mondo è rosso, Britta Teckentrup (trad. Sante Bandirali) 
Uovonero 2022 


POESIA ILLUSTRATA PER PICCOLI (dai 5 anni) 

"La furia è accecante, 
ma vedo chiaramente 
che ora uguale a prima 
non ci sarà più niente. 
E tuoni,
ed esplosioni, 
e fulmini, 
e saette, 
e fuochi, 
e turbinii, 
e raffiche, 
e vendette! 
Ruggisco, strillo, 
ringhio, scateno ogni mio 
istinto." 

Vede rosso, quella bambina che si oppone al vento e attraversa di corsa il mondo che quando non è sotto un cielo di nuvole incombenti, è scuro, è grigio color della lavagna o blu o nero come un mare tempestoso. 
Attraverso lo spazio, corre, vola, si impone, con le spalle sempre rivolte a sinistra, e a destra lo sguardo. Tranne in un caso. Spesso le mani e i pugni serrati in avanti, o sui fianchi, con le guance pallide e poi infuocate. Sotto gli spruzzi battenti, attraverso una tempesta di schizzi di un mare in tempesta, lei è lì che lo sfida:  non si spaventa, ha un gran coraggio: è potente e dimostra la sua forza.
 

Lentamente il cielo della notte si rischiara e la luna appare e altrettanto all'improvviso quel furore, quella rabbia, diventa una pantera da cavalcare: un animale su cui salire in groppa e attraversare la campagna all'alba di un un nuovo giorno. Lasciata indietro la furia cieca, ora resta un cielo chiaro e il coraggio di aver saputo attraversare il suo monsone e aver visto in sé l'energia per un altro giorno e un altro viaggio. 

Questione complicata: irta - come tutto ciò che riguarda il racconto a parole e immagini delle emozioni - di burroni in cui precipitare. 
Qui però succedono una serie di cose che danno la rassicurante sensazione di non cadere nel vuoto, ossia di avere per le mani un libro ben fatto. 
La prima cosa che succede è molto silenziosa e riguarda la composizione delle immagini: lo spazio che si prendono e i colori di cui si servono. 
La seconda che accade è quella connessa alle parole che, pur non essendo silenziose, parlano una lingua inaspettata. 
La terza cosa che succede è il ragionamento che le prime due suggeriscono, e incitano a intraprendere. Con ordine: la prima dipende e si qualifica in uno degli aspetti più eclatanti dell'arte di Britta Teckentrup, di cui si è parlato anche altrove. 
Mi riferisco alla sua capacità di costruire attraverso il colore e il tipo di segno (e quindi anche la tecnica) un preciso stimolo emotivo nell'osservatore. Prima ancora di raffigurare qualcosa: un luogo, un personaggio, un oggetto, Britta Teckentrup organizza attraverso i due codici suddetti - segno e colore - un contesto emotivo in cui invitare i propri lettori. 


Qui, molto più che altrove, forse guidata dall'argomento intorno a cui ruota la narrazione, la Teckentrup non si dà limite e parte con una doppia tavola al vivo, in cui il rosso e il grigio e il nero si mescolano creando più che un paesaggio (in realtà ogni sguardo sarà in grado di leggere il proprio attraverso una nebulosità dei colori sovrapposti) uno stato d'animo. Già nella pagina successiva, una tavola singola a sinistra, il rosso viene attraversato e abitato dalla bambina che si oppone alla tempesta che la investe. E' in primo piano. Lei, come spesso accade nelle illustrazioni di Teckentrup, è poco più che una silhouette, rigorosamente scura, in ombra. Ma con pochi segni si intuisce la potenza della scena: occhi serrati, bocca aperta, mani aperte... 
Contemporaneamente, in modo quasi inconsapevole per il lettore, si percepisce la forza impetuosa delle scene: lo spazio dell'illustrazione riconquista lento la successiva tavola, la coda del drago sconfina addirittura nel bianco dedicato al testo. 
Vengono utilizzate tutte le possibilità che la pagina le consente: immagini a doppia pagina senza parole, immagini a doppia pagina con il testo che corre sotto, pagine di solo testo, pagine di sole immagini, pagine che diventano campo di scontro tra testo e figure. Un continuo variare di ritmo di lettura e di sguardo e di colori, in un tripudio, una sorta di happening pittorico con evidenti riscontri a livello emozionale; qualcosa che raramente ha trovato spazio finora negli albi illustrati. 
Su tutto ciò si diffonde un testo che graficamente continua a giocare sul proprio impatto visivo. Combatte, si ingrandisce, rimpicciolisce, si smaterializza, ossia viene quasi raspato via dalla forza che lo circonda. 


E qui è già entrata in campo la seconda cosa: il testo. Potente, almeno al pari dei colori che riverbera, insolito, pieno di soluzioni linguistiche ricercate: acceco, sfreccio, strappo, percuoto, sfregio, impazzo! Accurato, preciso nel suo pescare in una lingua alta, nel suo crescendo e nel suo essere, incredibile, in rima. Una rima che arriva in fondo: una partenza che solo dopo suona come un verso. 
Credo che, a giudicare da quando si vede nella versione originale in tedesco, la traduzione di Bandirali con onore sia stata capace di assecondare non solo 'la metrica', ma anche la medesima musica e impatto. La terza cosa è, a evidenza, la più spinosa: che senso dare a tutto questo flusso incontenibile, inarrestabile, straripante che è la rabbia, o per meglio dire la furia (in tedesco Wütend è ben di più di arrabbiato, ha a che fare con la furia: furioso, furente, con la bestialità: imbestialito...)? 
Fortunatamente non c'è una soluzione consolatoria (speriamo bene: tutto quel rosso e tutto quel nero tutte quelle furie e urla quanto influiranno sull'atto codardo e miope di riappoggiare il libro sullo scaffale?) tesa a limitare i danni del sentirsi furiosi, ma c'è una lettura possibile che è un po' quella che è la stessa Natura a suggerire (e non è un caso che Teckentrup affidi ai suoi disegni questa chiave interpretativa) - a parte la più facile e trita che dopo la tempesta, poi tornerà il sole - ce n'è un'altra più sottile che allude - quanto meno sul piano visuale - al mondo animale. 


Le bestie - dal barboncino all'orso polare - hanno nei loro codici di comportamento 'naturali' l'aggressività e non c'è nulla di sbagliato in questo. E allora la chiave è un po' questa: anche l'uomo (e i bambini ancora di più) -per quanto cerchi sempre di nasconderlo e soprattutto di reprimerlo- con la rabbia e l'aggressività deve fare necessariamente i conti. 
Attraversarla, cavalcarla ed essere capace di vederne il potenziale di energia che essa genera per utilizzarlo al fine di 'irrobustirsi' prima di affrontare una nuova sfida, a me pare cosa buona e giusta. Imparare a non nasconderla, ma al contrario essere bravi a usarla come vettore, usarla come energia per farsi portare verso qualcosa di meglio: la rabbia mi dà forza, la rabbia mi fa bene, la rabbia m'incoraggia, la rabbia mi sostiene... 

Carla