mercoledì 29 novembre 2023

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


OSCURE MINACCE


‘L’estate in cui Ethan salvò San Francisco’, di Gianluca Grechi, è pubblicata nella recente collana di narrativa per giovani adulti, Border, di Edizioni Corsare.
Non si tratta di un semplice romanzo d’avventura: si tratta di una storia che affonda le radici nella fantascienza e in alcuni temi ricorrenti, come l’invasione della Terra da parte degli alieni, che però non è detto provengano da un altro pianeta.
Il punto di partenza è dato dall’arresto del padre del giovane protagonista, Ethan; da quel momento si sono susseguiti eventi inquietanti e straordinari, dal ritrovamento di un cristallo verde dai poteri straordinari, a quello di un messaggio cifrato di origine militare. Per non parlare poi delle osservazioni astronomiche che il padre di Ethan, Peter, improvvisamente ha cominciato a fare, puntando un potente telescopio in un preciso quadrante di cielo.
Il nostro protagonista, che vive un momento non proprio brillante a scuola, è confortato e supportato dal suo amico del cuore Michael e da Abby, una ragazza intraprendente e molto più razionale di lui.
Ad aiutare i ragazzi, che cercano di venire a capo dell’enigma, c’è anche Tom, un veterano di guerra accompagnato dal suo inseparabile cane, diventato, come altri suoi commilitoni, un clochard.
Dopo diversi tentativi, i ragazzi riescono a decifrare il messaggio cifrato, che parla di un imminente attacco alla Terra da parte di alieni provenienti da un lontano pianeta, Kapteyn-B.
Ma la minaccia alla città di San Francisco viene veramente dallo spazio profondo, o si nasconde sotto terra, minando alle fondamenta gli edifici della metropoli americana?
Ai lettori e alle lettrici il compito di dipanare la matassa e scoprire chi è il vero colpevole dietro gli strani avvenimenti che si susseguono in quella città.
Naturalmente, protagonisti dell’azione sono i tre ragazzi, che, nel frattempo, devono gestire anche la loro vita di tutti i giorni, fatta di scuola, gare di scherma, scontri con gli inevitabili bulli.
Della trama in quanto tale non è possibile aggiungere altro, per non svelare i diversi colpi di scena che punteggiano la narrazione. Penso sia interessante notare quanto Grechi compie, pescando nel tradizionale repertorio della fantascienza, mescolando topoi diversi, dal macrocosmo al microcosmo.
Non è la prima volta, e non sarà l’ultima, che ai ragazzi spetti salvare il mondo, combattendo non solo contro il Nemico, ma anche contro l’ottusità degli adulti che non colgono quello che i ragazzi sanno vedere. Questo è spesso l’aspetto che appassiona maggiormente lettori e lettrici, che non faticano a considerarsi degli incompresi.
La lettura è scorrevole e sostenuta da un ritmo che non si arrende nemmeno nei passaggi più complicati. Sicuramente uno dei colpi di scena che caratterizzano il romanzo stupirà non poco lettrici e lettori che possono appassionarsi a questa storia a partire dai dodici anni.

Eleonora

“L’estate che Ethan salvò San Francisco”, G. Grechi, copertina di A. Mosca, Edizioni Corsare 2023


lunedì 27 novembre 2023

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

LA BAMBINA HA ATTECCHITO

Diventare grande, Laëtitia Bourget, Emmanuelle Houdart 
(trad. Francesca Del Moro) 
#Logosedizioni 2023 


ILLUSTRATI 

"... ero piccola 
e sono diventata grande 
ero esile come un ramoscello 
e sono diventata robusta come una quercia 
ero tutta snodata quasi una contorsionista 
poi molto meno 
ero allegra 
e lo sono rimasta ma meno spesso 
m'incuriosiva tutto 
ma sono diventata esigente..." 

Un razzo punta verso la terra, tra due ali di fiori e piante c'è uno spazio libero per accoglierlo. 

© Laëtitia Bourget, Emmanuelle Houdart 

Quindi una grande cicogna, tornando da una pesca fruttuosa, tiene fra le braccia (!) due giovani con i corpi che si incrociano. E quindi un bebè, avvolto in una coperta dorme in un guscio che è anche un po' albero e sta mettendo radici... 
È fatta: la bambina ha attecchito e quindi cresce. 
Cammina lungo i percorsi di una vita, capace di vederne l'inizio, il punto di partenza e, alzando lo sguardo, di coglierne l'evoluzione, le sue trasformazioni. 
Da esile ragazzina a robusta e solida donna, da neonata a ragazza  - lividi e sbucciature e qualche feritina -  con gli anfibi nei piedi.

© Laëtitia Bourget, Emmanuelle Houdart 


Da giovane dipendente con un biberon e un telecomando, a donna indipendente che tutto ciò che le serve lo porta con sé, da spensierata a utile, dall'essere circondata da molti all'essere sola. Grata alla vita, un giorno, nel razzo che ha invertito la rotta, scompare. Non prima di essersi sentita parte di un tutto e poi di aver dimenticato tutto. 

Il senso potrebbe annidarsi qui: "convinta che scrivere per bambini significhi scrivere per tutti e scrivere per adulti escluda invece i più piccoli", firmato Laëtitia Bourget. E, se così è, perché  non estendere lo stesso pensiero anche scrittura per immagini di Emmanuelle Houdart? 

© Laëtitia Bourget, Emmanuelle Houdart 


Non è forse lei quella che stratifica ogni sua figura di così tanti significati da cogliere, esplorando ogni singolo dettaglio, a età sempre molto diverse? Dal goderne in senso puramente estetico e di armonia compositiva, a volerne leggere riferimenti anche molto profondi. Uno per tutti: il libro di farfalle nel paniere di un futuro genitore che ritorna nel lettino di una bambina che lo guarda e 'lo legge' con occhi e dita interessate. 
Prima di dire ogni bene di questo libro, parrebbe necessario ribadire una osservazione che in altri casi è stata fatta e che riguarda la capacità di intesa profonda tra testo e immagine cui corrisponde una altrettanto profonda intesa tra il modo di leggere il mondo di chi scrive e chi illustra. 
Non è affatto una consuetudine che la qualità di un libro cresca in modo esponenziale rispetto alla somma delle due singole qualità che convergono (in realtà le qualità dovrebbero essere almeno tre o quattro, ma facciamo finta che...). In termini numerici, si potrebbe dire che in alcuni libri uno più uno faccia tre e non due. 
Questo è uno dei casi. In estrema sintesi li si potrebbe definire binomi felici. 
Bourget e Houdart si sono spesso incontrate e abbracciate sulle pagine dei libri, e nel catalogo Logos lo si può verificare facilmente. La prima cosa bella che succede con loro è il grande spazio che ciascuna lascia all'altra. E qui si potrebbe aprire una parentesi su quanto sia 'complesso' scrivere parole perché un illustratore ci si accomodi dentro. Basti dire che l'intesa di vedute sul risultato finale, la curiosità e l'attesa per il lavoro dell'altro, e il rispetto e la fiducia tra chi viene prima e chi viene dopo nel concepire un libro, tutto questo fa la differenza. 

© Laëtitia Bourget, Emmanuelle Houdart 


Si sarà notato, qui, si spera. 
A parte questo lungo corollario, credo si debbano notare un paio di cosette. La prima, non indifferente, sta nel femminile che attraversa il libro. Conoscendo un po' la poetica di entrambe, accanto a una scelta - diciamo così - politica, mi pare che il femminile dipenda da quella onestà intellettuale, da quella verità sopra ogni cosa, che caratterizza il loro modo di raccontare
Sono due donne e, come tali, pensano e parlano. Non potrebbe essere diversamente. 
E in nome di quella stessa verità, raccontata con la nettezza di una poesia, con il garbo e l'ironia delle immagini, si racconta il lungo percorso di un'esistenza. 
Ed ecco la seconda cosetta. Essere capaci di raccontare in meno di centocinquanta parole che cosa è una vita, il senso di vivere. Con i molti punti di partenza e gli altrettanto numerosi traguardi. 

© Laëtitia Bourget, Emmanuelle Houdart 


E qui arriva la raffinatezza di saper parlare una lingua universale che tutti sono in grado di capire. 
A seconda dell'età di chi legge, ci si riconoscerà negli inizi o negli arrivi ma a tutti sarà chiaro quello che è detto in copertina con una felice sintesi: tutti noi siamo allo stesso tempo ciò che eravamo, un bell'imperfetto, e ciò che poi siamo diventati, un bel passato prossimo... 

Carla

domenica 26 novembre 2023

STRUDEL DI BIETA, SPECK E PROVOLONE

La bieta, con tutto il rispetto, io la considero una verdura che da sola non 'tiene spirito'. 
Quando uno se la si ritrova sola nel piatto, ha la sensazione, mangiandola, di lavarsi la coscienza perché ha quel saporino innocuo che fa tanto bene. 
Ma, per l'appunto, non ti rimane impressa. 
Lessa, con l'olio è un supporto sano per sostenere l'olio. Con il limone, è una aberrazione. 
Ragione per la quale ne esistono enne possibilità diverse per impiegarla, ma mai da sola. Con i pomodorini per condirci la pasta, nella varie torte rustiche, mischiata a formaggi saporiti.
E questa, trovata spippolando in rete, è una variante personale di una ennesima ricetta per 'far fuori' la bieta e uscirne con onore. 


Ingredienti 

Per la pasta 
200 gr di farina 0 
un pizzico di sale 
20 gr di olio extra vergine d'oliva 
80 gr di acqua tiepida 
mezzo cucchiaino di aceto 

Per il ripieno 
bieta, un bel po' 
speck un bel po' 
provolone piccante 
olio 
uno spicchio d'aglio e un po' di peperoncino 


Mischiare la farina con gli altri ingredienti e lavorare la massa fino ad ottenere un impasto elastico. Quindi richiuderlo tra due piatti tiepidi per mezz'ora. 
In questo tempo di attesa, accendere il forno a 180° e scottare la bieta e poi scolarla e ripassarla nell'olio bollente insaporito dall'aglio e dal peperoncino, prudentemente tolti.
A questo punto, stendere la sfoglia sottile sottile e darle una forma rettangolare e spalmarci sopra la bieta un po' tritata, quindi i dadini di speck e fette sottili di provolone. 
Va lasciata libera dal ripieno una cornice alta due dita per poterla arrotolare con se fosse uno strudel. 
A questo punto, vanno sigillati i due estremi e messa in una teglia ad anello, unta e spolverata di pangrattato. 
Deve cuocere almeno 45 minuti, fino a quando il sopra si brunisce.
Fatto!

Carla

venerdì 24 novembre 2023

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

LUPI SPAVENTOSI


Questa storia è piena di topoi letterari, che vanno dal fiabesco al fantastico, non disdegnando complotti, istitutrici sadiche, saggi servitori e colpi di scena ben distribuiti.
Si tratta della cifra stilistica di Joan Aiken, scrittrice britannica insignita nel 1999 dell’Ordine dell’Impero Britannico per i meriti conseguiti nella letteratura per l’infanzia, che ama mescolare sapientemente generi letterari e linguaggi.
Adelphi ci propone, con la traduzione di Irene Bulla, le illustrazioni di Pat Marriott, un saggio finale illuminante di Brian Phillips e una magistrale copertina di Edward Gorey, ‘I lupi di Willoughby Chase’, scritto nel 1962, ma dal sapore nettamente ottocentesco.
La trama parte da un antefatto fantastico, che vede la Gran Bretagna retta da un ipotetico Re Giacomo III e collegata alla Francia da un tunnel sottomarino, da cui, imprevedibilmente, i lupi sono tornati ad invadere il territorio inglese.
Nella tenuta di Willoughby Chase vive la famiglia di sir Willoughby Green, in partenza con la moglie per le Indie a causa della cagionevole salute della consorte; i coniugi affidano la giovane vivacissima figlia Bonnie ad una severa istitutrice, Letitia Slighcarp. Bonnie sarà raggiunta dalla cugina Sylvia che vive in condizioni miserevoli con l’anziana zia Jane.
Già qui si mescolano i temi del fantastico, in cui dominano gli affamati lupi che popolano il paesaggio invernale, e del realismo dickensiano, con la descrizione minuziosa delle miserabili condizioni dei più poveri. E, in più, il prevedibile complotto di miss Slighcarp e dei suoi complici, ai danni delle bambine e della devota servitù, che ammanta la vicenda di mistero e di avventura, in cui i buoni faticano non poco ad affermare le proprie ragioni nei confronti di cattivi senza redenzione come l’ambiguo signor Grimshaw e la perfida signora Brisket.
Tutto ruota intorno alle proprietà di sir Green, cui aspirano senza ritegno miss Slighcarp e compari, mettendo in piedi una gigantesca truffa per impossessarsi dell’ingente patrimonio, relegando le due inopportune, ma intraprendenti bambine in un orfanotrofio che assomiglia strettamente ad un carcere. L’occasione per portare avanti il complotto si presenta con la notizia del naufragio della nave su cui viaggiavano i coniugi Green.
Non svelo il finale, che è prevedibile, e qui sta il suo bello, anche nell’articolata e severa punizione dei cattivi.
Nel mescolare i generi letterari, l’autrice si compiace ad inserire, in un racconto in cui la prevedibilità è necessaria, passaggi paurosi: l’attacco dei lupi al treno, o l’imprudente pattinata sul fiume gelato, orchestrata dalle due bambine, mentre da lontano si sentono agghiaccianti ululati.
Le illustrazioni in bianco e nero di Marriott sottolineano con un pizzico d’ironia la cattiveria dei cattivi e l’innocenza dei buoni.
La lettura, divertente per i lettori più allenati, appassionante per lettrici e lettori alle prime prove impegnative, si presta perfettamente anche alla lettura ad alta voce.
Lettura caldamente consigliata a partire dai nove anni.

Eleonora

“I lupi di Willoughby Chase”, J. Aiken, trad. I. Bulla, Ill. P. Marriott, con un saggio di B. Phillips, copertina di E. Gorey, Adelphi 2023







mercoledì 22 novembre 2023

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

DELL'INQUIETUDINE

Storie quasi di paura, Kotryna Zilė (trad. Adriano Cerri) 
Emons Edizioni 2023 


NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dai 9 anni)

"Avanzava lentamente, con la testa sollevata. Le corna era due tronchi ripartiti in tanti rami sui quali gli uccelli stavano appollaiati. Sembrava enorme. E in effetti lo era. Sulla fronte, lo spazio tra le corna risplendeva d'una luce accecante, come se vi avessero piazzato la lampada di un faro. O il potente fanale di una jeep. 
'Elzè?' 
'Lo vedo.' 
Si fermarono entrambe. Parlavano con gli occhi piantati su quel superbo Cervo. Dovevano proteggersi gli occhi dalla luce emanata dalla fronte dell'animale. 
'Cos'è quello?' 
'Che ne so?' 
'Caspita, però, quant'è grande!' 
'Già'." 

Elzè, tredici anni e sua sorella Greta, otto, da sole, stanno facendo quello che una tradizione lituana della vigilia di Natale richiede: girare per tre volte, sempre a sinistra, intorno alla propria casetta. La loro non è propriamente una casetta, ma un palazzone di dodici piani. E mentre son lì che girano in tondo, al freddo e allo scuro, incrociano questo grande animale che cammina, altero. Enorme a tal punto da finire con le sue corna a toccare fili dell'alta tensione dei filobus. L'elettricità dei due cavi fulmina il grande cervo che prima si ferma e poi stramazza al suolo in un sussulto. Gli uccelli restano lì. Le due bambine si avvicinano con cautela per vedere se sia morto. E mentre si avvicinano e sembra loro di vederlo respirare, sentono anche una voce: un uomo sta correndo verso di loro e verso il cervo a terra. E' il guardiano del deposito, Barnardas... 
Questa è la loro storia: natalizia e magica quanto basta. Quella di due bambine che, sole alla vigilia di Natale, trascorrono un Natale diverso e magnifico, insieme a quel guardiano premuroso e abile riparatore di molte cose oltre ai filobus, e a un cervo che potrebbe star meglio. E forse ci riesce. 

Il deposito dei filobus è una delle dieci storie, ammantate di scuro e attraversate da un brivido gelato. Tutti e dieci i racconti sono tenuti insieme da un nesso che li lega alla tradizione lituana, tra mito e leggenda, tra fiabe popolari e racconti favolosi. 


Tutti e dieci i racconti sono scritti e tradotti con sapienza e grazia. 
Tutti e dieci racconti toccano questioni ancestrali. 
Ciascuna storia parte da un nucleo originario rappresentato dai racconti che il padre di Kotryna, un signore dai lunghi baffi spioventi, le faceva quando lei era piccola. Presumibilmente, turbandola quel tanto da renderne il ricordo indelebile. 
E infatti, a distanza di anni, ciascun racconto paterno è poi diventato a sua volta qualcosa d'altro: una storia del tutto diversa, spesso ambientata nel contemporaneo ma che con il nocciolo originario condivide l'atmosfera ombrosa, misteriosa, magica. Continuando a turbare e a rimanere altrettanto indelebile. 
Insomma, quel "quasi" che anticipa la parola paura, non rilassi nessuno. Anzi, abbia il compito di accentuare il senso di incertezza che, a ben vedere, è quello che si rivela più perturbante di qualsiasi orrendo mostro o strega crudele. 


Qui siamo in quella dimensione ambigua, dell'inquietudine, in cui tutto potrebbe accadere. La trepidazione, il turbamento, nelle narrazioni, spesso e volentieri, si genera camminando su un sottile filo tagliente che segna il confine tra la realtà e il possibile. E' una cosa diversa dalla paura, che tutto sommato, funziona come un interruttore 'salvavita' che mette un persona nella condizione di autoconservarsi. O almeno nel tentare di farlo. 
E per rimanere ancora un momento sulla questione del filo, non si può non dire due cose sulle illustrazioni del lato 'grafico' della medesima Kotryna. 
Rigorosamente in bianco e nero, va da sé, sono disegni in cui, con un preciso programma, nulla appare con chiarezza e precisione: un segno tremante, un filo appunto, a prima vista poco più che uno scarabocchio che si muove come il volo di un insetto, spesso punta verso una direzione per poi sterzare brusco e prenderne tutt'altra. Ma è quanto di più lontano ci sia da uno scarabocchio, perché nel frattempo crea magicamente profondità di campo e nessi di senso. E non solo. 
Figurine mai troppo regolari che sembrano uscite da una mano incerta di bambina di talento, per poi invece mostrarsi in tutta la loro sapiente resa tridimensionale: le mani, le caviglie ossute, le planimetrie di un appartamento o la profondità degli armadietti in una palestra... 


Una vera goduria, i tagli prospettici. 
Bell'intreccio, bel ricamo con il testo, bello davvero. 
E se al testo infine si torna, va detto forte e chiaro che nei dieci racconti di Kotryna Zilė questo gusto per il non detto fino in fondo, questo senso di magico e di mistero sempre latente fanno la differenza. E costituiscono un buon gancio per il lettore che con difficoltà deciderà di chiudere il libro anzi tempo. Non prima di aver cercato di capire ben bene cosa gli è stato appena raccontato. In questo dimostra una bella dimestichezza nel costruire l'architettura del racconto senza dire, se non sul finale, come stanno davvero le cose. 
Un po' come capita quando si svela la sembianza di un nuovo monumento cittadino: un grande telo lo copre, poi qualcuno ne prende una cocca e con un gesto plateale lo mostra a tutti. E partono gli applausi del pubblico stupefatto e pieno di meraviglia. Ecco, qualcosa del genere accade spesso anche qui. 
Così succede in Latte, La piscina, Prossima fermata, per citarne tre, tra i miei preferiti. 


Poi arrivano i racconti ispiratori, quelli del papà e allora, come per incanto, tutto va a comporsi in un quadro chiaro, anche se spesso ben pieno di magia. 
Essi hanno il dono di fare luce, appunto, hanno il tono della chiacchiera tra amici e l'obiettivo non dichiarato di stemperare tutta la tensione. Per poi riaccenderla al racconto successivo. 
Gran finale: in qualsiasi sequenza di racconti nasce spontanea la gara per il preferito. E anche questa volta è andata così. 
Su tutti ce n'è uno che mi sembra brillare più di ogni altro, per profondità di sguardo e per umanità, parola da intendersi qui nella sua doppia accezione: L'armadio


Su questo, per altrettanto profonda disumanità, tacerò. 

Carla

lunedì 20 novembre 2023

FAMMI UNA DOMANDA!


DA DOVE SPIRA IL VENTO


La virtuosa coppia costituita da Sarah Zambello, per i testi, e Susy Zanella, per le illustrazioni, torna con un nuovo volume di divulgazione: ‘Ventario’, pubblicato da Nomos editrice.
Collegato idealmente e concettualmente a ‘Nuvolario’ e ‘Ondario’, anche questo volume approfondisce i temi della meteorologia, affrontando qualcosa di apparente ovvio, come le nuvole o le onde del mare: i venti.
Come nei libri precedenti, l’oggetto dell’indagine viene analizzato da diversi punti di vista: mitologico, letterario, scientifico, alternando testi descrittivi ad altri che hanno un carattere più squisitamente evocativo.
Tutti noi conosciamo il vento come fenomeno naturale e lo viviamo quotidianamente, invocandolo, quando fa troppo caldo, o temendolo, quando si preannunciano gravi perturbazioni.
Ma quanti di noi sanno come vengono definiti i venti in base alla provenienza geografica o come vengono misurati, per esempio secondo la scala di Beaufort? Oppure, argomento che attira ragazzi e ragazze affascinati dagli eventi catastrofici, chi conosce davvero la differenza fra tornado e uragani?
Per tutti quelli che hanno di questi dubbi, ‘Ventario’ è un testo eccellente, chiaro, preciso, dettagliato quanto basta a farsi un’idea dell’argomento.


Come nei precedenti libri, il linguaggio è tecnicamente corretto, rimandando all’opportuno glossario; scelta intelligente, che rifugge dalle semplificazioni e dalle banalizzazioni.
Ma quella che potrebbe sembrare una fredda esposizione di spiegazioni scientifiche viene poi integrata dai riferimenti letterari, che vanno dalle ‘Metamorfosi’ di Ovidio a Bob Dylan, con la sua notissima canzone ‘Blowin’ in the Wind’.
Particolarmente interessante il riferimento all’effetto ‘farfalla’, la teoria esposta dal meteorologo Edward Lorenz, che metteva in discussione i modelli matematici fino ad allora utilizzati. Da quella conferenza uscì modificata l’immagine della scienza, applicata alla meteorologia, diventando molto meno deterministica di quanto non fosse stata fino ad allora.


Sicuramente i lettori più giovani, dai dieci anni in poi, non coglieranno tutta questa complessità, ma ne avranno in qualche modo sentore, rendendosi conto di quanto sia difficile racchiudere la realtà naturale negli indispensabili schematismi della scienza.
Ragazze e ragazzi saranno sicuramente affascinati dall’argomento, dalla curiosità sulla storia e le storie che riguardano il vento e la conoscenza che oggi ne abbiamo; ma anche dalle belle illustrazioni di Susy Zanella, una delle più brave illustratrici che lavorano nel campo della divulgazione. In questo libro riesce ad assecondare i testi letterari, così come chiarisce e supporta i testi più tecnici.


L’impaginazione curata ed elegante, i testi sintetici e precisi, con la supervisione del Dipartimento di ingegneria civile, chimica e ambientale dell’Università di Genova, la suggestione delle immagini rendono il libro adatto a lettori e lettrici dai dieci ai novantanove anni.

Eleonora

“Ventario”, S. Zambello, ill. S. Zanella, Nomos edizioni 2023



venerdì 17 novembre 2023

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

POLVERE DI STELLE

Ascolta, mamma
, Sachie Hattori (trad. Roberta Tiberi) 
Kira Kira edizioni 2023 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Quando una stella esplode si trasforma in cento puntini scintillanti. 
Quei puntini di luce siamo noi. 
Poi una grande nave viene a prenderci. Sulla nave ci insegnano tante cose, che il mondo è meraviglioso e a volte triste. 
E che da lì in poi inizierà un lungo viaggio per raggiungere mamma e papà. 
Ci sono bambini che vanno in grandi città, altri in piccole isole. 
Mi ha sorpreso incontrare un bambino che ha scelto di vivere in un luogo freddissimo. 
Gli ho regalato la mia sciarpa." 

Accoccolata sulle ginocchia della madre, una bambina racconta. Sembra quasi abbia paura di dimenticare. Cosa che è altamente probabile. 
Insomma, prima che scompaia del tutto il ricordo, è meglio che qualcuno sappia il grande viaggio che affronta ogni bambino o bambina prima di nascere. 
A quanto pare, la strada non è facile. Attraversano giungle, senza mai perdersi, volano in alto senza mai sentire la vertigine. Nuotano in abissi profondi e incontrano le balene, loro così piccoli. Vedono fiori bellissimi e cercano di non dimenticare come riconoscere la bellezza, là dove si manifesta. Trovano coraggio di fronte ai pericoli e attraversano la nebbia perché vedono la luce in fondo. 
Là c'è qualcuno che li sta aspettando... 

La questione non è da poco. 
 Già anni fa, in un altro bel libro, Monica Morini, dopo essere stata a lungo nel reparto prematuri ed essersi a lungo interrogata e aver a lungo interrogato bambini e bambine, scrisse di questo tempo mitico e sulle modalità del passaggio da uno stato all'altro. In quel caso i tremori erano maggiori. 
Qui l'angolo visuale è leggermente diverso e parte da un incontro. 
E come avviene dopo qualsiasi incontro, dopo averlo vissuto, lungo o corto, fugace o duraturo che sia, viene spontaneo girarsi indietro e interrogarsi sulle ragioni profonde che lo hanno provocato. Inevitabilmente saranno quelle a dargli un carattere. 
Quindi, anche nella maternità, uno dei tanti tipi di incontri che accadono, di certo uno dei più emozionanti e fondamentali per l'esistenza, le domande sorgono spontanee e sono assolutamente speculari. In quella testa nuova nuova e in quelle più strutturate ci si interroga: Ma tu chi sei? Ma da dove arrivi? Ma perché proprio noi due? E a voler proseguire ne arrivano altre migliaia.


Ascolta, mamma - che nella sua edizione originale francese aveva un titolo ben più evocativo: L'infini voyage - intorno a tutto questo ruota. 
Una breve riflessione preliminare va fatta. 
Questo è un libro che - e il titolo italiano e la postfazione di questa seconda edizione lo impongono - prevede un doppio lettore. E non solo perché i bambini non sappiano leggere... 


Un lieve scarto di prospettiva sul titolo avrebbe dimostrato un cincino di coraggio in più. Tuttavia è tale scelta comprensibile perché i libri per l'infanzia passano sempre prima per le mani degli adulti, e quindi la mamma la sia mostra in copertina (anche se ritratta solo parzialmente) e la si evoca nel titolo, appunto. 
Fortunatamente quest'angolo visuale, dichiaratamente tutto bambino, nel testo non si perde mai. Si tratta di un viaggio in piena regola in cui agiscono, volitivi e coraggiosi, pupetti e pupette, tutti avvolti in tutine colorate. Attraversano scenari ogni volta differenti - dalla grande navicella spaziale che ricorda una testuggine marina, a un grande teatro con tanto di palchi e platea e palcoscenico su cui un vecchio mago merlino li istruisce su bellezze e tristezze del mondo, dalla giungla agli abissi in mezzo a branchi di pescetti poco più piccoli di loro, balene e calamari giganti. Sono i protagonisti assoluti. 


I grandi, a parte il vecchio maestro, sono meravigliosamente assenti, se non raffigurati in diapositiva. Unica eccezione è rappresentata da quella mamma a metà che ascolta e da quell'allegro corteo di donne che segna, alla fine del libro, il momento della nascita: una danza piena di gioia in cui i bambini sono il motore di tutto il movimento. 
Ecco, forse uno dei meriti di questo libro è la volontà di circoscrivere il ruolo degli adulti. Pur essendo un fatto che li riguarda parecchio e di cui si ascrivono la completa responsabilità. Nel testo sono gli attenti ascoltatori della narrazione della bambina, nelle immagini sono corpi accoglienti, braccia abbraccianti, mani rassicuranti. E sono, come è naturale che sia, materia di studio. E null'altro.
L'altro grande merito di questo libro, ripubblicato in un formato che gli rende maggior giustizia, sta nell'illustrazione, che si esplicita in una lettura occidentale della sensibilità giapponese. 


Alcune soluzioni sono davvero molto ben riuscite, per esempio il passaggio dai fondi neri alla nebbia che tutto avvolge e sfuma. Brava anche nel disegnare i tantissimi bambini in movimento senza cadere quasi mai nel bamboleggiare il soggetto. Brava nel mettere in sequenza belle soluzioni compositive - il teatro scuola con tutte le piccole nuche, come se il lettore fosse seduto tra loro nella sua poltroncina di velluto (forse). Brava nell'alternare le tavole incorniciate con quelle al vivo, tenendo conto che questo provoca nello sguardo di chi legge una diversa percezione. Brava soprattutto  nell'uso del nero - tanto e diffuso - che nei libri per bambini, bambini anche molto piccoli, è sempre troppo raro. 
Insomma, brava. 

Carla

mercoledì 15 novembre 2023

FAMMI UNA DOMANDA!


SPIEGARE LA VITA


Guillaume Duprat non è autore che si spaventi di fronte alla complessità, che così bene ha affrontato nei suoi precedenti lavori, da ‘Il libro delle terre immaginate’ a ‘Zoottica’, a ‘Universi’.
Questa volta, con un approccio più semplice, affronta ‘Le meraviglie della vita’, tradotto da Annalisa Comes, con la revisione scientifica di Marco Granata, per i tipi de L’Ippocampo.
Un libro illustrato, con numerosi inserti di cartotecnica, che affronta uno dei temi più complessi e affascinanti del nostro tempo.


Tutti i viventi hanno in comune cinque chiavi: nascere, crescere, nutrirsi, riprodursi e morire. Questo ciclo vitale accomuna amebe e pangolini, rododendri e scimpanzé.
Ma se questo appare semplice, tutto il resto non lo è: come si definisce la vita, cosa distingue i viventi dal mondo inanimato e poi, per approfondire ulteriormente il tema, che risposta danno religione e scienza al grande quesito sull’origine della vita.
Con grande equità vengono esposte le diverse teorie che fanno discendere l’atto creativo da un dio o da più divinità, così come da piante o animali.
Nello stesso modo, in modo molto semplice Duprat espone le teorie più recenti sull’origine della vita sulla Terra a partire dagli atomi che costituiscono la materia dell’Universo; l’autore non manca di sottolineare quanto ancora si debba scoprire per rispondere a questa domanda.
Viene poi raccontata la vita degli organismi unicellulari e poi, a seguire, degli organismi pluricellulari.
Macroscopicamente, l’albero della vita è costituito da tre rami: gli eucarioti, ovvero gli organismi pluricellulari e i procarioti, divisi in batteri e archei.


Se l’origine della vita ha ancora degli aspetti oscuri, l’evoluzione dei viventi e la selezione naturale sono concetti ormai acquisiti dalla maggioranza delle persone, ma Duprat non manca di ricordare che l’evoluzionismo ha una lunga storia e molti nemici.
La continuità della vita è garantita dalla riproduzione, di cui vediamo i diversi aspetti nel mondo animale e vegetale; l’ereditarietà dei caratteri e le loro variazioni sono invece espressione del codice genetico, studiato in termini biochimici a partire dagli anni Cinquanta.
Una caratteristica peculiare della vita terrestre è la sua caducità: ogni organismo vivente, con pochissime eccezioni, è destinato a morire, ma anche la morte può essere vista come quel processo di trasformazione che coinvolge tutto il reale, così come aveva detto Eraclito e come ha dimostrato il primo principio della termodinamica in relazione all’energia dell’Universo, che, trasformandosi, resta costante.
La vita come la conosciamo, e molti viventi ci sono ancora ignoti, si regge su un equilibrio dinamico con l’ambiente di cui fa parte e questo equilibrio fragile viene messo in discussione soprattutto dalle attività umane.


Per chiudere questa carrellata sui diversi aspetti della vita sulla Terra, Duprat ci sorprende con una domanda inconsueta, che riguarda il senso della vita, inteso come finalità della biosfera, che la scienza nega, a differenza da un approccio religioso, ma inteso anche come visione soggettiva, come significato che ciascuno attribuisce alla propria vita, nella sua fragilità e finitezza.
Come sempre un testo denso, anche se in questo libro espresso con un linguaggio semplice, corredato dal necessario glossario, comprensibile anche da lettori e lettrici più giovani; un viaggio sintetico ed essenziale attraverso tematiche scientifiche e antropologiche, con lo sguardo multidisciplinare tipico dell’autore francese. Una sfida non indifferente nel coniugare semplicità e correttezza dei temi trattati.
Le immagini che accolgono il testo, che spesso appare in forma di didascalia, sono suggestive e coinvolgenti, fedeli compagne del testo; portano il lettore e la lettrice dal microcosmo al macrocosmo con leggerezza e immancabile precisione.


Consiglio caldamente la lettura a giovani scienziati e scienziate, a partire dai nove anni.

Eleonora

“Le meraviglie della vita”, G. Duprat, trad. A. Comes, rev. M. Granata, L’Ippocampo 2023