lunedì 29 giugno 2020

FAMMI UNA DOMANDA!


INTERCONNESSI


Appena si prende in mano ‘Le Meraviglie della Terra’, dell’autrice americana Rachel Ignotofsky , magari attirati dalla bella copertina, si capisce subito che non si tratta della consueta rassegna di luoghi del mondo, con scarne didascalie, pensati per stupire il giovane lettore o lettrice. La struttura del libro, gli argomenti trattarti e lo stesso carattere di stampa fanno pensare a lettrici e lettori che abbiamo superato i 10 anni e che abbiano qualche competenza biologica. E questo è un grande pregio, perché a fronte di tanta produzione che introduce alle problematiche scientifiche, è necessario ci siano anche testi di approfondimento. Come questo.
Il sottotitolo, ‘Come funzionano il nostro pianeta e i suoi ecosistemi’ chiarisce meglio il contenuto: molti capitoli, infatti, sono dedicati all’analisi di diversi ecosistemi, dalle pampas alle mangrovie indocinesi, descrivendone le caratteristiche, le piante e gli animali che vi abitano e così discorrendo.
Ma le parti che mi sono sembrate più interessanti sono quella iniziale e quella finale.
La parte iniziale ha un’impronta decisamente più teorica e fornisce al lettore o lettrice gli strumenti necessari per comprendere la complessità del tema affrontato: si comincia con una serie di definizioni, bioma, ecosistema, comunità, popolazione, per spiegare poi il flusso energetico che consente a un ecosistema di vivere. Ciascun vivente ha bisogno di nutrienti e di energia; l’energia viene fornita dal sole e immagazzinata dalle piante, che ne consumano gran parte; quella che non è consumata è immagazzinata sotto forma di zuccheri, che vengono a loro volta assimilati dagli animali che mangiano le piante e che costituiscono, a loro volta, la fonte di energia per i carnivori.


Un ecosistema vive proprio delle interconnessioni che si creano fra gli elementi organici e inorganici che lo compongono. Fra questi possono esserci relazioni diverse, e complesse. Che vanno dalla predazione al commensalismo, al parassitismo e così via. Gli ecosistemi possono comprendere territori vastissimi o piccolissimi.
Molta carne al fuoco, molti argomenti interessanti che aiutano a farsi un’idea più precisa anche delle problematiche ambientali di cui tanto si parla.
La parte finale, anche questa più teorica e meno descrittiva, parla del ciclo dell’azoto, del fosforo e dell’acqua, soprattutto dal punto di vista delle criticità causate dall’inquinamento, che altera gli equilibri naturali. Da notare come, in queste spiegazioni, emerga il ruolo indispensabile dei batteri, come mediatori per l’assimilazione di sostanze necessarie alla vita. Cosa risaputa, certo, ma che talvolta è necessario ricordare per avere più chiara l’idea delle interconnessioni anche invisibili che legano i viventi fra loro.
Il libro non può che terminare con la descrizione dell’impatto distruttivo dell’uomo, ma questa è cosa nota, ma a quanto pare non degna di particolare attenzione da parte di chi potrebbe metterci rimedio.
Questo libro ha alcuni importanti punti di forza: la precisione, che tra l’altro implica l’esplicitazione delle fonti bibliografiche utilizzate, cosa piuttosto rara; precisione che si estende anche al necessario glossario. L’impaginazione vivace, colorata, mai noiosa, opera della grafica Lizzie Allen, che rende la lettura agile e piacevole. Le illustrazioni, della stessa Rachel Ignotofsky, molto chiare, ma nello stesso tempo gradevoli ed efficaci.


In sintesi, ‘Le Meraviglie della Terra’ è un bel libro di divulgazione scientifica, adatto a lettrici e lettori a partire dai dieci, undici anni, ricco di informazioni e ben fatto anche graficamente. Una bella lettura estiva, per coltivare un po’ di consapevolezza.

Eleonora

“Le Meraviglie della Terra. Come funzionano il nostro pianeta e i suoi ecosistemi”, R. Ignotofsky, Salani 2020


venerdì 26 giugno 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


LIVRE DE CHEVET

Grolefante e Topolino. Che amicizia bestiale!
Pierre Delye, Ronan Badel
(trad. Eleonora Armaroli)
Terre di Mezzo 2020


FUMETTO PER MEDI (dai 7 anni)

"'Di' Groelefante, secondo te c'è qualcuno sulla luna?' 'Ma certo, guarda, s'illumina tutte le notti'. Quello che conta di più per i nostri amici è il tempo passato assieme: il tempo passato, presente e futuro."



Si sono incontrati d'estate, camminando su due sentieri convergenti. Sovrappensiero entrambi, si sono molto spaventati nel momento dell'incontro: non si erano visti, l'un con l'altro. Dopo essersi fermati, il topo e l'elefante verificano la loro compatibilità reciproca : entrambi con quattro zampe, due orecchi, una bocca, un naso e una coda, senza contare il colore che li accomuna. Sono uguali, U-GUA-LI. si passa quindi alle presentazioni, Grolefante, chissà perché, e Topolino, ovvero piccolo topo.
La loro sintonia è perfetta e quindi decidono di fare strada assieme. attraversano luoghi, stagioni, incontrano altre creature e in tutto questo andare e riposare, mangiare e dormire, fianco a fianco, i due chiacchierano, riflettono sui minimi e sui massimi sistemi.

Ci sono dei libri che fanno più strada di altri e riescono ad arrivare all'ambita sedia-comodino di casa mia. Si possono serenamente definire livres de chevet, perché guadagnano quella posizione in merito al grado di affezione che suscitano nel proprio lettore. Averli sempre vicini, poterli sfogliare prima di spegnere la luce, leggerne qualche pagina per addormentarsi di buon umore, ecco cose così.
Questo va considerato un ottimo livre de chevet.
Di fumetto ne so meno di mezza, quindi non ho strumenti per entrare nel merito di una analisi approfondita. Posso solo dire che si tratta di un libro ibrido che alterna vignette classiche con i suoi ballon a scene scontornate di diversissime dimensioni.
Spesso e volentieri i dialoghi tra i due sono accompagnati da testo libero, di solito sulla cornice superiore o inferiore della pagina, che ha la funzione di essere una sorta di voce fuori campo di commento a quello che sta per succedere o è appena successo.
Del tono che il libro mantiene dalla prima all'ultima pagina, invece, si rende necessario parlare a fondo.


Tutto nasce dal magnifico assurdo che elefante e topo si riconoscono come uguali, ovvero né l'uno né l'altro paiono notare quello che è assodato, ovvero che un topo è minuscolo rispetto a un elefante (lasciamo da parte la leggendaria paura che uno proverebbe nei confronti dell'altro. E' un topos letterario che qui non viene neanche mai considerato, se non forse per smentirlo alla radice).
Dunque, nella stragrande maggioranza dei casi il sorriso di chi legge si genera proprio constatando che il topo e l'elefante non vedano ciò che è sotto gli occhi di tutti. Per esempio quando corrono insieme ed è l'elefante ad alzare un gran polverone, l'elefante si limita a commentare che quando si è in due a correre, questo succede. 



Oppure quando il topo ingiustamente accusa l'elefante di avergli rubato il costume da bagno, o ancora quando sognano entrambi una piccola casette che faccia loro da tana, o devono attraversare un lago ghiacciato.
A parte l'ironia sottile che attraversa queste pagine, sembrerebbe ci cogliere, qualcosa che va ancora più nel profondo, ovvero una consapevolezza che hanno entrambi riguardo al loro sentirsi fino in fondo uguali. Come a dire che l'uguaglianza tra te e l'altro esula dagli aspetti esteriori. Le riflessioni sulla questione le faccia ciascun per sé.
L'altra grande molla che fa sorridere sta nella convergenza di sguardi sul mondo che sfugge all'immediata comprensione. Spesso capita che in situazioni del genere l'uno venga in soccorso dell'altro per dare plausibili spiegazioni di ciò che si palesa davanti ai loro occhi. Come per esempio davanti al dialogo di una serpe e di una rana... 



Di solito è il topo che condivide il suo modo di vedere e ragionare e l'elefante si limita ad annuire soddisfatto. Qui si entra in un'altra questione più profonda che ha a che fare con la fiducia reciproca, e quindi anche con l'amicizia, che li tiene insieme. Ma anche su questo, ognuno potrà ragionare per sé.
Terzo elemento che caratterizza un altro buon numero di vignette li vede semplici testimoni di esilaranti teatrini, quello della cangura che si gratta perché il suo piccolo la sera precedente ha mangiato i biscotti a letto è uno dei migliori.


Per concludere, si può tornare all'assurdo cui si alludeva al principio: anzi, all'apoteosi dell'assurdo. Dal margine destro del foglio vediamo l'elefante correre come un razzo, appena lanciato un potente barrito che, BRAAAAAAAAAAAAAAAA, attraversa l'intera vignetta sottostante,. E perché lo fa, chiede il topo, ovvio, per VEDERE fin dove lo si sente.
E bravi Delye e Badel: un piccolo capolavoro senza il quale si dormirebbe peggio. Soprattutto di questi tempi.

Carla

mercoledì 24 giugno 2020

FAMMI UNA DOMANDA!


PLASTICA IN MARE


‘Plasticus Maritimus. Una specie invasiva’ è un libro senz’altro originale: nasce dalla collaborazione fra Ana Pêgo, biologa marina, e Isabel Minhós Martins con Bernardo Carvalho, che insieme ci propongono un libro di divulgazione che è anche un agile manuale per la pesca di un oggetto particolare, la plastica, che abbonda nel mare come una perniciosa specie invasiva.
Questo è l’escamotage più originale del libro: la plastica, ma dovremmo dire le plastiche, è trattata come una specie biologica, con tanto di nome scientifico: Plasticus Maritimus. Vista in questo modo, la plastica è una specie dalle forme e colori differenti, dotata di grandi capacità mimetiche, presente in tutti i mari e in tutti gli oceani, in cui si sposta sfruttando le correnti, con grandi capacità distruttive in qualsiasi ecosistema marino.
Per capire bene la gravità della situazione bisogna focalizzare due argomenti: l’importanza degli oceani nel produrre ossigeno e controllare la temperatura delle terre emerse, nonché per la sopravvivenza delle popolazioni che di pesca vivono; e, questo è il secondo punto, la quantità incontrollata di plastica che si riversa nell’oceano: otto milioni di tonnellate ogni anno. 


Ana Pêgo, che ha fatto della esplorazione delle coste marine una passione e un lavoro, ci spiega dettagliatamente come la plastica arrivi in mare e come si comporti una volta arrivata lì, mostrando i lentissimi processi di degradazione che alla fine producono le micro plastiche, quelle che ci ritroviamo nel piatto, quando mangiamo prodotti ittici.
I pericoli rappresentati dai diversi tipi di plastica sono molteplici: dalla succitata micro plastica, ingoiata da diversi animali marini, alle reti da pesca, ai contenitori realizzati con sostanze tossiche. 

E sopra tutto il problema più grande, la lentissima degradazione del materiale di partenza.
La vera soluzione, oltre ai buoni comportamenti relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti, è nella riduzione della produzione e quindi dell’uso, eliminando gli oggetti usa e getta, gli imballaggi, sostituendoli con materiali biodegradabili.
Se questa è la teoria, c’è poi una parte pratica: ovvero come diventare un efficiente pescatore di plastiche; anche questo aspetto può diventare lo spunto per una ricerca, per un diario in cui vengono catalogati i ‘reperti’. Ci sono aspetti della nostra vita quotidiana solo apparentemente innocenti e che in realtà sono la manifestazione di pessime abitudini: l’uso di cannucce per le bibite, o dei cotton fioc o dei palloncini per le feste.


Si può indiscutibilmente fare a meno di tutto questo e di molto altro e possiamo confidare, con un pizzico di ottimismo, che le giovani generazioni sapranno fare scelte radicali in questo senso. Leggere questo testo dà la precisa misura di quanto sia vasto e complesso il problema e di quanto un ‘mondo migliore’ passi necessariamente dalla riduzione e riqualificazione dei consumi.

‘Plasticus maritimus’ è dunque un bel libro di divulgazione, dedicato a un argomento di grande attualità, ma si segnala anche per altri aspetti: il rigore dei contenuti scientifici, sottoposti a più revisioni, la semplicità e la precisione del testo, anche quando si affrontano temi più squisitamente scientifici; la bella impaginazione, fondata sulle illustrazioni coloratissime di Bernardo Carvalho, che accompagnano il testo in ogni pagina, prendendosi un piccolo riquadro o la pagina intera.
Nella parte finale sono presenti anche delle fotografie, in cui la poesia dell’immaginazione lascia il posto alla prosaica e triste rappresentazione della pletora di rifiuti che possono trovarsi sulle spiagge.
Per questi motivi, direi che abbiamo davanti uno dei migliori libri di divulgazione usciti finora, una bella sintesi di cura editoriale e di correttezza scientifica, come si vorrebbe vedere più spesso.
Con la mediazione adulta è un libro che può essere apprezzato a partire dai sei anni, ma piacerà senz’altro anche a ragazze e ragazzi più grandi, che vogliano tradurre in pratica l’ideale di un mondo migliore.

Eleonora

“Plasticus Maritimus. Una specie invasiva”, A.Pêgo, I. Minhós Martins, B. P. Carvalho, Topipittori 2020




lunedì 22 giugno 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


FANTASMA DA ASPORTO

Rosa Riedl, fantasma custode, Christine Nöstlinger
(trad. Anna Patrucco Becchi)
La nuova frontiera 2020


NARRATIVA PER GRANDI (dai 10 anni)

"Allora ho pensato: Rosa, devi andare da lui! Rosa, Fischl ha bisogno di te! Rosa mi sono detta, esci da questa stupida cassa! Esci immediatamente, Rosa!
E non scherzo ce l'ho fatta. Mi sono semplicemente alzata e sono uscita dalla bara. La gente avrà proprio di che stupirsi, ho ancora pensato. Ma la gente non si è stupita. Perché non mi hanno nemmeno vista."

Il suo corpo morto nella bara, mentre a decollare è il suo gagliardo spirito che deve assolutamente aiutare il signor Fischl che è stato malmenato e umiliato dalle camicie brune. Per farlo, Rosa è finita sotto un tram e adesso è fantasma. Per diventarlo, dunque, devi avere una buona ragione che ti spinga e Rosa ce l'ha: aiutare il prossimo, soprattutto i più deboli. Ed è qui che entra in gioco Nasti, bambina timida e paurosa che vorrebbe tanto avere un angelo custode, come quello della sua amica Tina. Un angelo che la difendesse dai mille pericoli che vede davanti a sé.
Tuttavia, forse in ragione del fatto che è atea, Nasti non può avvalersi di un angelo che la protegga, ma di un fantasma, sì. Rosa Riedl la prende sotto il suo abbraccio invisibile ma protettivo e con lei condivide molto del suo tempo. Vanno in giro, poco perché Rosa ha i piedi delicati, e imparano molto l'una dell'altra. Nasti conosce così la storia di Rosa, portinaia del palazzo accanto a quello di Nasti. Ne impara e ammira il coraggio e l'innato e irrefrenabile senso di giustizia che la fa combattere fino alla morte. E anche solo grazie alla sua presenza, Nasti smette piano piano di aver paura di tutto: cani, buio, solitudine in casa. E da fifona, diventa quasi una barricadera. Di sicuro guadagna abbastanza coraggio e sicurezza di sé con i suoi affetti, a tal punto da condividere con loro la conoscenza del suo personalissimo fantasma, senza temere di essere presa per pazza.
Questo è il racconto del loro rocambolesco e avventuroso 'pezzo di strada' fatto assieme.

Dopo una partenza un po' rallentata, il libro si scioglie e tutto scorre, è proprio il caso di dirlo, a meraviglia.
D'altronde, sono piuttosto basse le probabilità che un libro di Christine Nöstlinger sia un brutto libro. E anche questo, già pubblicato quarant'anni fa anche in Italia con il titolo Angelo custode, cercasi, non fa eccezione. 
Nonostante l'età, che si percepisce in quella patina che lo rende un classico moderno, Rosa Riedl mostra tutte le caratteristiche peculiari della scrittura dell'autrice austriaca: in primo luogo il gusto per il meraviglioso che ha funzione di miccia per accendere un racconto che invece ha come obiettivo quello di radicare nella realtà, qui addirittura nella Storia. Dall'indimenticabile bambino liofilizzato che arriva in sorte a Berta Bartolotti, all'invenzione del signor Bat che rimette in sesto una nonna ringiovanita un bel po' fino ad arrivare ai nani in testa, la Nöstlinger è capace di giocare con il filo dell'assurdo in moltissime delle sue migliori storie. La sua caratteristica però sta nell'inserimento del meraviglioso a uso e consumo di una situazione molto reale. E nel farlo, riconferma il carattere 'sociale', 'etico' si potrebbe definire, delle sue invenzioni. In altre parole, introduce il magico con la funzione di sciogliere problemi reali, ingiustizie evidenti, debolezze conclamate.
Qualcosa di molto diverso dal magico che si conosce nella fiaba.
Qui le paure di una bambina, certe sue timidezze si risolvono attraverso un fantasma altruista che funziona altresì anche da collante per le amicizie di Nasti e per consolidare le relazioni familiari.
A questo punto entra in gioco un'altra costante delle sue storie: l'accettazione dell'imperfezione che diventa in qualche misura addirittura un suo marchio di fabbrica. A parte l'elemento scatenante, ovvero le paure di Nasti, la Nöstlinger sparge imperfezioni anche dove non sono previste. Che sia un espediente per rendere in chiave comica il personaggio chiave, il fantasma con i piedi piatti a cui viene l'emicrania ogni qualvolta si manifesta alla vista dei mortali, è chiaro a tutti; ma è anche un modo per avvicinare idealmente la perfezione al difetto.
Questo, se visto in trasparenza è un modo intelligente per raccontare il mondo all'infanzia, veicolando un messaggio che non credo sia necessario qui dover esplicitare.
E così si arriva alla terza caratteristica: la posizione allineata all'infanzia che si consolida ancora di più nel racconto ironico a talvolta sarcastico di un mondo di adulti, non sempre all'altezza delle situazioni. Senza mai arrivare a farne dei personaggi negativi, la Nöstlinger si limita a coglierne i tic, le fragilità, riuscendo comunque sempre a mantenere una certa bonarietà nei loro confronti. I bambini e la bambine sono raccontati con sincerità, con pregi e difetti, ma anche qui - accanto al rispetto che lei porta all'intera categoria che sente di dover difendere - aggiunge uno sguardo affettuoso e indulgente.
L'impegno sociale è uno degli altri temi forti della Nöstlinger, che qui diventa politico. Messo sullo sfondo della vicenda personale di Rosa, l'invettiva contro il nazismo, inevitabilmente diventa spunto di riflessione.
Visto l'argomento, il rischio di cadere nella didascalia poteva presentarsi, ma non con la Nöstlinger che è capace di creare con questa costruzione la giusta distanza e soprattutto di spargerci intorno una delle sue straordinarie fantasmagorie. Anzi, in questo caso preciso, fantasma-gorie. 
Brrrr.

Carla

domenica 21 giugno 2020


ESSER ZUCCHINE

Ho imparato che chi ama le melanzane di solito non ama le zucchine. Ho anche appreso che chi coltiva le zucchine cerca di venderle o regalarle in giro, ma a tavola le ignora, se non addirittura le detesta. Terza cosa che so sulle zucchine è che quando si fa il loro momento, non ce n'è per nessuno, o meglio ce n'è per tutti: le piante ne fanno, ne fanno e ne fanno.
Ultima cosa che so su di loro è quella che le devi cucinare entro 48 ore dal loro raccolto. Il soggiorno in frigo nuoce alla loro dolcezza/insipienza iniziale per trasformarsi in un amaro sottile, subdolo e di certo indelebile.


Io continuo a comprarle ma vivo con un amante delle melanzane che guarda sempre con sufficienza il mio sacchetto di zucchine. Tranne quando gli si prospetta lo sformato di zucchine.
Carpita la ricetta in rete (Sapori dal mondo), trasformata a sufficienza per poterla pubblicare con una certa disinvoltura quest'oggi.
Di semplicità disarmante!

Ingredienti
4 etti di zucchine romanesche
120 gr di farina
2 uova
100 ml di latte
50 ml di olio extravergine di oliva
7,5 gr di lievito per cose salate
200 gr di provolone piccante grattugiato tranne un pugnetto fatto a tocchetti
25 gr di parmigiano grattugiato
noce moscata
pepe, sale
pan grattato

Accendete il forno a 180°.
In una ciotola grattate alla julienne le zucchine.


In un'altra ciotola mettete i liquidi e le polveri e poi con la frusta mischiate. Aggiungete il parmigiano e il provolone grattugiati e mischiate. A questo punto versate le zucchine e continuate a mischiare. Aggiungete, la noce moscata, il pepe e il sale.
Prendete una teglia abbastanza alta, ungetela e poi mettete il pan grattato a grana grossa (se lo avete) in modo da fare uno strato uniforme, quindi versate
il composto. Sulla superficie date un'altra grattatina di parmigiano, spargete in modo uniforme i tocchetti di provolone e spolverate con un altro pochettino di pan grattato. Poco.


Infornate e fate cuocere per circa 40 minuti, poi abbassate a 160 e cuocete per altri 10 minuti.
Fatto! Riposata, dà il meglio di sé (come tutti d'altronde).

Carla

venerdì 19 giugno 2020

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


FALCI


Primo di una trilogia, ‘Falce’, di Neal Shusterman, è un romanzo distopico, ambientato in un futuro lontano, in cui la vita dell’umanità è gestita da un sistema informatico, Thunderhead, che ha messo fine ai governi, alla politica, alle guerre. Ma c’è un problema: l’umanità è diventata immortale, ciascun individuo può rigenerarsi, e quindi ringiovanire, tutte le volte che vuole; non esistono incidenti o malattie che possano mettere fine alla vita di un essere umano. Ma questi fortunati esseri umani continuano, più o meno stancamente, a riprodursi e quindi qualcuno deve assumersi l’ingrato compito di ridurre la pressione demografica.
C’è una sorta di Confraternita che si occupa di questa attività, chiamata ‘spigolatura’: la Compagnia delle Falci. Si tratta di persone che praticano una sorta di omicidio legalizzato, ponendosi al di sopra della legge. Temuti e adulati, svolgono il loro mestiere con modalità diverse: chi con compassione verso le proprie vittime, chi con efferato sadismo.
Entriamo nel mondo delle Falci grazie ai due protagonisti del romanzo, Rowan e Citra, scelti entrambi dal Maestro Faraday come apprendisti. Ne seguiamo l’apprendistato che consiste nello studiare le armi, le tecniche di uccisione, la storia di questa lugubre confraternita.
La Compagnia delle Falci, come si può immaginare, è un luogo di potere, che ciascuno dei componenti esercita come crede, vivendo nel lusso o nell’estrema povertà; e ci sono anche lotte di potere all’interno del gruppo, contrapponendo una vecchia guardia, improntata a un’etica rigorosa, e i seguaci del Maestro Goddard, che vuole togliere ogni limite alla ‘spigolatura’.
Faraday e Goddard sono nemici giurati e quest’ultimo riesce a mettere una contro l’altro i due apprendisti di Faraday, che nella prova finale del loro apprendistato dovranno affrontarsi e quello che soccomberà dovrà essere ‘spigolato’ dall’altro.
Per impedire questo, Maestro Faraday si suicida; ma l’esito del suo gesto è diverso. Rowan deve seguire Maestro Goddard, che lo addestrerà alle più raffinate tecniche di morte; Citra seguirà Madame Curie, molto vicina al vecchio Maestro Faraday.
L’intreccio si arricchisce sempre di più di colpi di scena e cambiamenti di fronte, che costringono il lettore a restare incollato alla pagina.

Sia l’editore americano che quello italiano, Mondadori, che ha pubblicato il romanzo nella collana Oscar Fantastica, hanno dato a questo libro una veste editoriale particolare: il formato più grande, la sovracopertina-poster, il bordo nero delle pagine, tutto a sottolineare la particolarità del romanzo, che ha alcune caratteristiche che lo avvicinano ai romanzi distopici che nel recente passato hanno caratterizzato la letteratura per giovani adulti: i giovanissimi inseriti in una società solo in apparenza pacificata, che delega a chi di dovere la gestione legale della violenza; gli stessi giovanissimi su cui pesa la responsabilità di cambiare il mondo e di salvarlo. Un altro aspetto tipico delle visioni distopiche è il governo del mondo da parte di una Intelligenza Artificiale, l’unica capace di gestire razionalmente le umane passioni.
C’è però in più la capacità visionaria di un autore di spessore come Neal Shusterman, che, pur dilungandosi forse troppo nella parte iniziale, costruisce un universo claustrofobico in un mondo in apparenza liberissimo. Fra le righe di questo mondo inventato, c’è la riflessione su cosa diventerebbe un’umanità immortale, priva di slanci e di passioni, percorsa solo dal brivido di paura che nasce quando si incontra una Falce per strada; e si ragiona molto sul paradosso di una società liberata dal bisogno e dalla morte eppure sottoposta all’arbitrio, squisitamente umano, della morte scelta a tavolino. Esiste un modo etico di esercitare questo potere? Ci si addentra, dunque, nella riflessione sul rapporto fra le libertà individuali, posso scegliere di essere in un modo o nell’altro, e un potere impersonale, qui rappresentato da un super-governo gestito da un’Intelligenza Artificiale.
Immaginare un mondo liberato dal bisogno e dalla morte e renderlo un incubo è un esercizio già percorso nella letteratura fantastica e pur sempre interessante, che costringe il lettore a riflettere su quella che potrebbe essere la comprensibile aspirazione di molti.
Lettura consigliata a lettrici e lettori maturi a partire dai quattordici anni.

Eleonora

“Falce. Libro 1 della Trilogia della Falce”, N. Shusterman, Mondadori 2020



mercoledì 17 giugno 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

UGHM

Essere me, Luca Tortolini, Marco Somà
Kite Edizioni 2020


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"Vivo in una casa così grande che molti non riuscirebbero nemmeno a sognarla.A due passi dall’oceano. La gente fa la fila per venire a stringermi la mano o anche solo per guardarmi.
Sono quello che viene definito un divo. Tutti pensano che io viva in un sogno da fiaba. Mi dicono 'come vorrei essere nei tuoi panni'.
Ma il mio più grande desiderio sarebbe andare in giro nudo. E non mi è permesso."

Neanche un momento libero, sempre qualcuno alle calcagna che suggerisce ciò che è meglio fare o dire. Qualcuno che gli tenga compagnia, che gli consigli cosa mangiare, come vestirsi: i fotografi potrebbero essere in agguato...
Anche sul lavoro, la libertà è un sogno. La pubblicità, i film, le interviste sono tutte cose impossibili da rifiutare, per non parlare delle feste a cui è utile presenziare. Tutto scritto, tutto programmato, tutto stabilito.
Anche in amore, nessuna libertà.
Il modo in cui tutto è cominciato non è stato per niente piacevole. Al contrario. Abbindolato da mille lusinghe, è stato sradicato dalle sue abitudini, la sua famiglia, i suoi alberi. 


Con la promessa di girare un film di cassetta, lo hanno caricato su una nave e portato in un ambiente ben diverso, una metropoli americana. Lungo e faticoso il lavoro di adattamento, lo studio della lingua, gli esercizi. Caldo, fatica e neanche un amico vero.
La solitudine incalza, nessuna notizia da casa, fanno sì che arrivi quello che si definisce il punto di non ritorno. Ed è proprio di un ritorno che si tratta. Un piroscafo che lo riporti a casa e che con il vento in poppa gli tolga di dosso tutto ciò che non è suo.

La morale di questa storia è presto detta e si riassume nella lettura in sequenza del titolo e della quarta.
Come se ci potessero essere dubbi, la dedica è a King Kong, quel gorilla portato via dall'Isola del Teschio perché ultimo esemplare della specie del Gigantopiteco. Nella realtà, King Kong non è un autentico gorilla, ma un personaggio inventato da Merian C. Cooper, un automa ricoperto di pelliccia di coniglio.
La storia del primo King Kong, film kolossal americano degli anni Trenta, è nota a tutti. Ed è anche risaputo a tutti che il personaggio, costruito perché colpisse l'immaginazione del pubblico, ma anche perché -con la sua triste storia- toccasse le corde più profonde dell'animo degli spettatori, è diventato immediatamente un mito.


Tortolini parte dalla corda profonda che si muove quando pensiamo a King Kong. Ovvero quando ci dimentichiamo l'automa, il modellino, l'animatrone di Rambaldi, e lo immaginiamo invece come un gorilla vero, enorme, strappato via dalla sua terra, l'Isola del Teschio, appunto, e dal suo branco. Questo allontanamento prevede inevitabilmente una rinuncia a essere se stesso, gorilla nella giungla, per essere invece quello che gli altri si aspettano che lui sia. Quando King Kong appare a tutti come una creatura fuori contesto, diventa subito mito nell'immaginario comune, però nessuno pensa al suo impaccio nell'indossare panni non propri. Nessuno si cura del peso che hanno le aspettative di chi ti circonda.


Ed è proprio su questo suo essere unico, diverso, che la celebrità mette radici e pretende un costo da pagare.
Fama alla quale è impossibile sottrarsi e che trasforma quella che fino a ieri era vita privata in vita pubblica, con tutte le suddette controindicazioni del caso. Ma qui si innesta la questione più profonda, ovvero quella della autodeterminazione, quell'essere me del titolo. A ogni costo.
Tortolini per rendere ancora più chiara e forte questa necessità si serve di una icona del nostro immaginario, il gorilla King Kong, perfetto per raccontare la difficoltà di essere se stessi, in una 'giungla' metropolitana. Lo strappo che lo trasporta da una vita all'altra è ancora più doloroso e la distanza tra passato e presente è ancora più grande.
Insomma passare inosservati e in più essere se stessi da gorilla a New York non è per niente facile. 


Nonostante Marco Somà, da par suo, faccia di tutto per 'ambientarlo' negli anni Trenta, corredando le tavole di ambienti, architetture, suppellettili, arredi, abbigliamenti, costruiti con ossessiva precisione e adatti a creare il giusto contesto, altrettanto cerca di smentirsi, disseminando bucce di banane o ramoscelli ovunque e giocando, altrettanto da par suo, sui dettagli che denunciano una tensione che si muove in senso contrario. L'altro gioco dialettico, altrettanto ben riuscito, lo stabilisce tra colore e bianco e nero, tra tavola piena e disegno libero a matita, sulla pagina bianca.
A queste interessanti tensioni, si aggiungono un bel po' di cose non dette a parole che sono disseminate nelle immagini: uccellini fedeli ma liberi, carte da parati allusive, lumi portati come souvenir, piroscafi con il nome adatto. 


Su tutto ciò, quella palette di colori che ormai è un marchio per Marco Somà. Con un po' di rosa in più.

Carla

lunedì 15 giugno 2020

FAMMI UNA DOMANDA!


I SEGRETI DELLA QUERCIA 


Prende sempre più piede una modalità di esposizione di temi di divulgazione attraverso lo stile narrativo degli illustrati: una sorta di divulgazione illustrata, in cui proprio la struttura del libro ricalca le modalità degli albi. Anche il testo, in questi casi, ha spesso una chiave narrativa, che fa da cornice a quello che si vuole spiegare.
Su questa lunghezza d’onda si muove il libro di Daniele Zovi ‘Ale e Rovere. Il fantastico viaggio degli alberi’, illustrato da Giulia Tomai e pubblicato da De Agostini. Daniele Zovi ha scritto importanti libri di divulgazione, che hanno dato un serio e approfondito contributo alla comprensione delle tematiche di conservazione della biodiversità nel nostro Paese.
Qui si rivolge a un pubblico di bambine e bambini, affrontando alcuni aspetti poco conosciuti della vita degli alberi.
Il pretesto narrativo è rappresentato dalla passeggiata che una bambina, Ale, compie insieme al papà e al cagnolino Buck. Mentre il papà va in cerca di funghi, Ale e Buck si fermano nei pressi di una quercia che comincia a parlare con la bambina, cui non pare vero di poter dare libero sfogo alla sua curiosità.
Rovere, questo il nome della quercia, svela alcuni aspetti poco conosciuti della vita degli alberi: per esempio che anche per loro esiste il ciclo di attività/riposo, che per il mondo animale è il ciclo veglia/sonno; e spiega come i primi raggi di sole ‘sveglino’ gli alberi.
Parla poi di un altro aspetto sorprendente, che riguarda la vita sotterranea: descrive, infatti, come le radici abbiano diverse funzioni, dall’estrazione del nutrimento dalla terra alla creazioni di reti simbiotiche con i funghi, che consente, ad esempio, di nutrire una giovane pianta poco distante.


Già questo è più che sufficiente per modificare l’immagine che i bambini e le bambine, ma direi un po’ tutti noi, hanno del mondo vegetale. Per far viaggiare i semi le piante usano diversi mezzi: il vento, ma anche animali che mangiando e trasportando frutti e semi, li spargono nel territorio; si crea così una sorta di interdipendenza fra specie vegetali e animali, che è quello che noi chiamiamo ecosistema. Ma se le strategie riproduttive sono abbastanza note, di certo sono meno note le complesse relazioni che si creano nel mondo sotterraneo, sotto i nostri piedi. In particolare si affaccia l’idea di un mondo tutt’altro che statico, in grado di comunicare e interagire con gli altri alberi, dimostrando una capacità di adattamento all’ambiente davvero stupefacente.


Con questo albo, grazie anche alla collaborazione con l’illustratrice Giulia Tomai, nota per alcune belle copertine e per alcuni ritratti presenti nelle antologia di personaggi famosi, questi concetti, che svelano aspetti così complessi del mondo arboreo, vengono esplicitati con grande semplicità e chiarezza: con il filo conduttore di una storia semplice si entra in punta di piedi e con intelligenza in un mondo sconosciuto, al di là delle apparenze.
Lettura piacevole e istruttiva per bambine e bambini curiosi a partire dai sei anni.

Eleonora

“Ale e Rovere. Il fantastico viaggio degli alberi”, D. Zovi, ill. G. Tomai, De Agostini 2020




venerdì 12 giugno 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


LA LEGGEREZZA PENSOSA

Il soldatino, Cristina Bellemo, Veronica Ruffato
Zoolibri 2020


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"Il soldatino aveva l’uniforme. E il fucile in spalla.
I suoi confini erano: a nord la testa con l’elmetto.
A sud i piedi con gli anfibi.
A est la mano sinistra che stringeva una bomba a mano.
A ovest la mano destra per sparare."

Nella sua testa non c'era spazio per altri pensieri: solo la guerra.
E la sua maggiore occupazione era marciare, attaccare, mirare, sparare, ritirata.
Ma quella notte fa molto freddo e lui si ferma. Vede una luce in lontananza e pensando sia il nemico, punta per l'ennesima volta la sua arma. Si accorge ben presto che si tratta solo di una casa. Piccola. Per la prima volta non sfonda, ma bussa e ad aprirgli è un uomo. Il nemico contro cui difendersi? Troppo stanco il soldatino e troppo bello il tepore che lo avvolge entrando. Lo scoppiettare del fuoco lo mette in allarme ma il profumo di buono lo tranquillizza. E comincia a togliersi di dosso elmetto e armi, anfibi e poi piano piano tutto il resto e nulla accade.


Nessuno lo attacca, nessuno lo ferisce o lo prende prigioniero o, peggio, lo dichiara disertore. Mangia e nessuno lo avvelena. Parla e nessuno lo offende. Quella branda è lì ad aspettarlo e per la prima volta abbassa la guardia e si sdraia. Il suo ultimo pensiero prima di addormentarsi è qualcosa di insolito per la sua testa: è un pensiero piccolo che se non è la guerra, allora deve essere la pace...


Cristina Bellemo talvolta ha la capacità di incantare
Qui accade. 
Scrive poche parole che però hanno la qualità di essere quelle giuste.
Pesate, una per una, scelte con cura per dare il meglio di sé. E con questo piccolo mucchio di nomi, aggettivi e verbi costruisce una storia che sa essere singola e molteplice, ovvero è composta di vari strati che puntano ad andare verso un nocciolo sodo, ma non per forza.
Si può scegliere di rimanere a galla e di leggerla come se fosse 'solo' la storia di quel soldatino un po' goffo ma sempre in allerta, oppure si può decidere di acuire lo sguardo e intenderla come la storia di tutti coloro che sono chiamati a combattere le proprie piccole battaglie quotidiane.  E' forse il racconto di una guerra tra soldati oppure è anche il racconto di una lotta personale, spesso e volentieri senza un vero scopo? Ha a che fare con lo scontro fisico oppure chiama in causa un tipo di sguardo con cui leggere il mondo e i suoi abitanti?
Quello che accade di sicuro in chi la legge ha a che fare comunque con una netta sensazione di leggerezza, leggerezza di pensiero. Un acuto lavoro che sottrae peso e che porta rarefazione e trasparenza. In una parola, chiarezza. Sempre lì torno, alla prima Lezione americana, che per me rappresenta un faro illuminato sulla letteratura di tutti i tempi: la leggerezza della pensosità, ovvero il frutto di un lento e ponderato processo di riflessione, sottrazione, pulitura che porti alla precisione di un discorso che brilla per l'uso di quelle esatte parole e non di altre.
In questo camminare sospesi, Veronica Ruffato non fa altro che accordare il suo passo attraverso l'uso di un segno elastico, pieno di estensioni a cui ci ha abituato.


Progetta un soldatino blu, lo arma, ma di tromba che lui maneggia come fosse un fucile a baionetta. 



Lo mette in mezzo a una moltitudine di singoli corpi tra loro molto diversi che però creano un unico organismo pulsante, rosso. Una cosa li tiene tutti insieme: sono tutti sportivi, dai giocatori di basket alle ballerine di classica, dai pallavolisti ai pugili che combattono per la vittoria in gara. Tutti passano in parata sotto lo sguardo incuriosito di spettatori e attraversano le pagine da destra verso sinistra, fino a lasciare campo libero al blu del soldato che diventa il blu della notte ghiacciata e della casa, vista in lontananza. Il blu del soldato resta, ma il colore della casa al suo interno rispecchia quella sensazione piacevole che sappiamo indebolisce pian piano la sua postura sempre in allerta. Si può dire con sicurezza che la traduzione in figura del testo si rivela davvero originale, fino a concludersi con una jam session che pacifica tutti.


Sui disegni definitivi restano tracce del lavoro preparatorio, un buffo vezzo di Veronica Ruffato, così come già compariva nella sua bella edizione del Brutto anatroccolo (Zoolibri, 2018). 


Lì come qui, continuano  a volteggiare i comò e i comodini.

Carla