mercoledì 31 agosto 2022

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

DI TIMIDEZZA E DI DETERMINAZIONE: GLI STEADS 

Sonata per la signora Luna, Philip C. Stead, Erin E. Stead 
(trad. Cristina Brambilla) 
Babalibri 2019 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni) 

"Quella sera quando Harriet Henry scese per cena, i suoi genitori dissero: 'Un giorno suonerai il violoncello in una grande orchestra. Non sarebbe bellissimo?' Harriet immaginò una folla di persone, tutte vestite come pinguini. 
Le sue mani iniziarono a sudare e il viso a scottare. 
'No' rispose dopo un sospiro. 
E sistemò i fagiolini in una lunga fila ordinata." 


Come è facile intuire ad Harriet non sarebbe per niente piaciuto suonare davanti a tante persone, in una grande orchestra (tra tante persone che sembrano pinguini). 


Lei voleva - a lei piaceva - suonare il violoncello da sola. E' timida, è introversa.
Allontanatasi dalla cucina e dai genitori, rifugiatasi nella sua camera, la trasforma nella propria minuscola casa con fuoco nel caminetto, tavolino e tazza di tè. 
Mentre suona, un gufo sull'albero di fronte alla sua finestra comincia a bubolare. 
Harriet con gentilezza lo prega di andarsene, ma lui bubola di nuovo così Harriet, arrabbiata, gli scaglia addosso la sua tazza di tè. 
Non colpisce il gufo, ma la Luna in persona che cade dal cielo e si incastra sul suo comignolo, riempiendo di fumo la sua casetta. 


Harriet si arrampica e la libera e comincia così una chiacchierata, e una passeggiata in città, un giro in barca e quando è l'ora di tornare a casa per entrambe, quella bambina introversa accetta l'invito della Luna solitaria e suona per lei. 
A un patto, però: occhi chiusi e niente applausi. 

In una intervista, Philip Stead ha definito questo libro un libro per bambini timidi su una bambina timida. Ed è assoluta verità. 
La bambina Harriet Henry (ci si potrebbero spendere tante righe su questo colpo da maestro di Philip Stead per non dare al personaggio una connotazione precisa di genere, come a voler dire i timidi sono tanto le Harriet quanto gli Henry e gli Hank... e altrettanto geniale il ritratto che ne disegna Erin) è timida e introversa quindi non ha voglia di condividere la sua musica con altre persone: il viso le si scalda e le sue mani cominciano a sudare. 
E anche quando fa una eccezione alla sua regola e suona per la signora Luna, lo fa, in un cielo vuoto, tranquillo, chiedendo in cambio silenzio e occhi chiusi. 
Ma Philip Stead non ha detto tutto. 
Questo libro non è solo un libro sulla timidezza, ma è anche un libro sulla determinazione (dote accessoria cui ogni timido dovrebbe poter accedere liberamente). 


Ecco, se da un lato la timidezza fa avvampare le guance e spesso anche sudare le mani, dall'altro la determinazione di quella bambina le permette di poter sussurrare i suoi no. No, fermi. 
Ma questo libro è anche un libro sull'incoraggiamento. 
Se da una parte i due genitori entrano nella timidezza e ritrosia di Harriet a gamba tesa, al contrario la signora Luna, dopo essersi dimostrata vicina e comprensiva nei confronti della bambina che mette in fila i fagiolini, prova a valicare il confine della timidezza e, con garbo, trova una via per incoraggiare la piccolina a superare la sua paura. 
Sempre nella stessa intervista, Philip dichiara: "Gli introversi sono spesso messi in una posizione in cui devono difendere la loro introversione. Penso che spesso ci sentiamo come se la cosa che stiamo facendo abbia valore anche se la stiamo facendo da soli. E penso che sia una cosa particolarmente importante a cui pensare perché è quasi impossibile essere soli di questi tempi. 
Ultimamente abbiamo riflettuto molto su come sarebbe crescere in questo momento in un mondo che è tutto basato sulla condivisione. Il tempo tranquillo e da soli era essenziale sia per me sia per Erin, da bambini. E lo è ancora. 
Non credo che ai bambini sia spesso permesso di fare le cose da soli, davvero da soli. Tutto è sempre documentato e condiviso. Music for Mister Moon è un libro su un personaggio introverso, fatto da due introversi. 
Di solito non amiamo dire cosa significhi un libro, ma in fondo il libro ha lo scopo di porre una domanda che è: una cosa può avere valore se non è condivisa?"
Chi conosce il percorso formativo dei coniugi Stead (percorso che li ha portati a essere quello che sono oggi) non può non leggere in questo libro una meravigliosa metafora della loro relazione 'artistica' e, più in generale, umana. 
Per essere subito chiari, dietro Harriet ci sono tutti i timidi e gli introversi del pianeta, la cui schiera è guidata da Erin - la cui riottosità all'essere sotto i riflettori è ormai proverbiale - e dietro la Luna (nelle lingue di ceppo anglosassone Luna è maschile e nel titolo infatti parla di Music for Mister Moon...) ci sono tutti gli incoraggiatori, con Philip capofila. A lui si deve la spinta iniziale per dare la necessaria fiducia a Erin nell'intraprendere la carriera di illustratrice. 
Ma ci sarà modo e tempo di approfondire.



Come è accaduto al principio del loro sodalizio artistico, anche in questo caso Philip scrive una storia per Erin, ossia pensando a lei e al suo modo di illustrare. Si dimostra capace di lasciare a lei un sacco di spazio, mettendo a tacere le parole ed Erin, per converso, riesce a costruire intrecci e richiami, a trovare soluzioni molto originali laddove il testo le offra l'opportunità. 
Mi riferisco, per esempio, all'idea che Harriet come pubblico abbia solo i suoi peluche, un orso e un tricheco, orso e tricheco che incarnano poi il capellaio e il pescatore. 


Erin, illustratrice -timida/introversa/solitaria- con questo libro ha dimostrato a se stessa e al mondo la sua determinazione a dare il meglio di sé: a un passo dalla nascita della sua prima bambina le tavole del libro sono praticamente pronte ed è lì che lei decide che è tutto da rifare. Le illustrazioni fatte non la convincono fino in fondo, quindi ricomincia tutto da zero. 
Nel frattempo la sua bambina nasce, ma lei -timida/introversa/solitaria- va avanti verso il suo obiettivo e si dimostra anche coraggiosa e determinata e il libro diventa quello che è ora. 
Le illustrazioni, scarne e armoniose come il testo, si caratterizzano per un delicato segno a matita applicato su monostampe a inchiostro (si tratta di olio per incisione, non colore a olio per pittura). 
Il colore, questa volta, viene steso con il rullo, la racla, su una base rigida di acrilico. 


Con questo sistema e con una palette di colori ancora più tenui del solito, la Stead ottiene un effetto nebbioso in cui agiscono una grande luna leggermente luminosa con sembianze umane, un carro comicamente minuscolo e una bambina dall'aspetto serio, con i codini, a malapena più alta del suo strumento. 
Si muove sulla scia del libro precedente, Il postino dei messaggi in bottiglia, con le monostampe, tuttavia acquisisce una sicurezza e una distanza dalla precisione ossessiva vista in Se vuoi vedere una balena. Sembrerebbe quasi che Erin Stead stia cominciando a lasciare uno spazio maggiore all'impulsività e alla imprevedibilità del medium. Sembra. 
Per ogni immagine, Erin Stead ottiene una scansione che viene stampata invertita. 
Su quella appoggia la lastra di cianacrilato, insomma di acrilico liscio e rigido, che inchiostra a seconda del fondo colorato che vuole dare all'immagine. Poi libera dal colore le parti dove deve andare il disegno, grazie all'immagine sottostante, usando un tovagliolino da neonato (!) e quando le serve una diversa texture - per esempio lungo la cornice - allora usa una cosa più rigida, uno scottex. 
A questo punto prende il foglio su cui disegnerà e lo fa combaciare, lo mette a registro, alla perfezione con la lastra di cianacrilato inchiostrata e preme con il suo consueto strumento di bambù. Poi aspetta almeno due giorni per dare il tempo al colore di asciugarsi perfettamente, prima di procedere con il disegno nelle zone colorate. E allora è festa grande!

 
La qualità del risultato è sotto gli occhi di tutti. 


 Carla 

Noterella al margine. A settembre di Erin e Philip Stead si parlerà a Cagliari durante una giornata di formazione propedeutica all'incontro/intervista con i magnifici Steads durante il Festival Tuttestorie, a Cagliari dal 5 all'8 di ottobre.

lunedì 29 agosto 2022

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

UNA DATA INDIMENTICABILE


Nella mia personale bibliografia di Pierdomenico Baccalario questo romanzo, ‘La rivincita dei matti’ pubblicato da Mondadori, contende la vetta ad ‘Hoopdriver’; vi spiego brevemente perché.
Innanzitutto per i personaggi, un gruppo di ex degenti dell’ospedale psichiatrico di Trieste: persone ghettizzate, ignorate, insultate, talvolta torturate; ultimi fra gli ultimi che, grazie a una coraggiosa riforma, provano a ricostruirsi una vita dignitosa fra ‘normali’.
In secondo luogo, il contesto, siamo nell’estate nel 1982, quella dei mondiali di calcio vinti gloriosamente dall’Italia di Bearzot; l’autore ricostruisce il clima di quell’anno magico e lo utilizza come pretesto per inventare la partita del riscatto fra un meraviglioso gruppo di ex degenti contro la squadra degli infermieri. La squadra de ‘I Veci’ è stravagante, sbrindellata, costituita da giocatori segnati dalle proprie fragilità. Eppure.
Infine la scrittura: Baccalario racconta questa storia che pesca a piene mani nella storia reale di una città, Trieste, e del suo manicomio, rivoluzionato da quel grande psichiatra che è stato Franco Basaglia; la arricchisce a ogni capitolo con un ritratto, fra il vero e l’immaginario, dei degenti giocatori, delle loro parabole di vita, con uno stile che mescola, in giusta dose, commedia e dramma, con quel necessario pizzico d’indignazione, dettata dalle ingiustizie e dai pregiudizi che circondavano queste persone.
La storia è raccontata in prima persona da Agnese, detta Steno, nipote dell’intrepido organizzatore di questa storica impresa, Arturo Praz. 
Passo passo seguiamo le vicende di zio e nipote che in vespa si mettono sulle tracce degli ex compagni, figure una più bella dell’altra, fra lo stravagante e il patetico, ma tutte ammantate di una grande dignità. La partita di rivincita sulla squadra degli infermieri, capitanati dal perfido Cerletti, deve tenersi l’undici luglio, giorno in cui si giocherà la finale dei mondiali. Arturo è sicuro che la squadra dell’Italia arriverà fin lì perché è legato a Bearzot da un sorta di patto segreto, nato nei tragici giorni della guerra lungo il confine con la Jugoslavia.
Non voglio aggiungere di più né sulla trama né sui personaggi: godeteveli leggendo d’un fiato questa storia, facendo il tifo, è il caso di dirlo, per questa straordinaria squinternata squadra di matti.
Oltre tutto quello che ho detto, mi è piaciuto ritrovare l’atmosfera degli anni delle grandi riforme, fra cui quella della legge Basaglia, che faceva pensare a un’Italia più giusta, più libera, più aperta; quell’atmosfera l’ho respirata a pieni polmoni nella mia giovinezza e in piccolissima parte ho contribuito a sostenerla.
Non posso fare altro che consigliare caldamente la lettura di questo romanzo a ragazzi e ragazze con gli occhi ben aperti sul mondo, a partire dai tredici anni; ma lo consiglio a tutti, per non dimenticare quello che siamo stati e, soprattutto, perché un buon romanzo è un buon romanzo e basta.

Eleonora

Noterella a margine. Forse è un puro caso che il perfido Cerletti porti lo stesso cognome dello psichiatra Ugo Cerletti, inventore della terapia ‘elettroconvulsivante’, detta altrimenti elettroshock, con cui sono stati torturati molti malati?

“La rivincita dei matti”, P. Baccalario, Mondadori 2022



venerdì 26 agosto 2022

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

PONTE DEL DIAVOLO


Daniele Nicastro, nel suo inquietante ‘Il ponte dei cani suicidi’, pubblicato da Pelledoca editore, compie un’eccellente operazione di sincretismo, mettendo insieme due leggende, entrambe basate su tradizioni antiche, per dare vita ad un’autentica storia di paura.
La prima è legata ad uno dei tanti ponti ‘del Diavolo’, in questo caso quello sul fiume Lys, in Val d’Aosta. Qui c’è una bella leggenda riguardante la contesa fra San Martino e il Diavolo, che pretendeva vittime per concedere il passaggio sul ponte; Diavolo che naturalmente viene gabbato dal Santo, grazie al sacrificio di un cane. L’altra è invece di origine scozzese e riguarda un ponte da cui si sarebbero lanciati numerosi animali, fra cui parecchi cani.
Nel paese in cui è ambientata la nostra storia, in effetti i cani spariscono. Ad indagare su questo mistero sono una ragazza, Serena, ambientalista in erba, e Martino, nomen omen, un undicenne ipo udente con un meraviglioso meticcio al guinzaglio, Rumo.
Martino è un personaggio particolarmente interessante, una sorta di anti-eroe, che spesso si sottrae alle prove che il destino gli riserva, ma nello stesso tempo è determinato a risolvere l’enigma dei cani scomparsi. Martino non sente bene, ha gli apparecchi acustici e si aiuta leggendo le labbra delle persone, ma sente la voce della Bestia che emerge dalle oscurità del ponte quando gli si avvicina con il suo cane. La Bestia vuole proprio lui e fino a che non potrà averlo si prenderà i cani del paese.
I due ragazzi brancolano nel buio, non sanno spiegarsi le sparizioni di cani, i salti nel vuoto di alcuni di loro e quindi cercano consiglio prima nel folklore, con la leggenda del ponte del Diavolo, poi nella scienza, ma non riescono a trovare una soluzione. Non resta per Martino, se vuole salvare almeno Rumo, che affrontare le sue stesse paure, combattendo quella Bestia oscura che simboleggia tutto ciò che non conosciamo o non comprendiamo.
Può far conto sulla sua amica Serena, che quanto a coraggio e determinazione lo sovrasta decisamente, e su un amuleto per affrontare lo scontro finale.
Gli adulti in questa storia sono personaggi di contorno, che assistono, il più delle volte, senza capire. Ma, d’altra parte, questa dell’undicenne Martino, è una storia di formazione, di crescita, in cui il perno narrativo è rappresentato dalla necessità di affrontare le proprie paure per poter affrontare poi le prove che la vita sottopone.
L’ambientazione invernale, il buio, la pioggia rendono ancor più cupa la storia che sembra avvolgere i personaggi in un gelido abbraccio.
Questa è una storia di paura e l’autore lo dichiara, a partire dall’incipit; è una storia in cui non tutto si risolve, non tutto viene chiarito, proprio perché si muove in una zona d’ombra al confine fra il razionale e l’irrazionale. E questo è sicuramente un suo pregio, lasciando a lettrici e lettori il compito di interpretare il testo; un altro punto di forza sta proprio nel protagonista, nella sua fragilità e nei suoi dubbi.
La lettura è consigliata a ragazze e ragazzi capaci di specchiarsi nelle proprie paure, a partire dai dodici anni.

Eleonora

“Il ponte dei cani suicidi”, D. Nicastro, Pelledoca editore 2022



mercoledì 24 agosto 2022

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


TUTTO D’UN FIATO


Raccontare la vita di un dodicenne giamaicano non è semplice, considerando la distanza non tanto geografica quanto di stili di vita. A-Dziko Simba Gegele, autrice nata in Inghilterra e residente nei Caraibi, lo fa con grande immediatezza, raccontandone la vita ‘in presa diretta’. La storia del protagonista si svolge a cavallo fra i suoi dodici e tredici anni, un momento molto delicato, in cui è inevitabile contare gli esuberanti peli che crescono sul mento dell’odioso Kenny, separarsi dal cugino Delroy, che è anche il suo migliore amico, competere per il cuore e il sorriso di Christina Parker; mentre, nel frattempo, suo padre decide come deve impiegare i soldi che ha vinto per un premio scolastico, la pestifera sorellina Mary Janga non lo lascia in pace e la matematica continua ad essere incomprensibile.
La scelta stilistica dell’autrice consiste nell’uso della seconda persona singolare, quel tu che fa entrare il lettore o la lettrice dritti dritti nella vita del nostro protagonista, come se lui parlasse direttamente al lettore, lo mettesse al suo posto. Questa scelta dà alla narrazione una grande freschezza, un’immediatezza che favorisce il coinvolgimento di chi legge; tuttavia presenta anche elementi di difficoltà, con lunghi periodi con pochissima punteggiatura, intervallati dai dialoghi.
Un lettore o una lettrice non esperti possono trovare delle difficoltà nel seguire l’andamento della narrazione.
Detto questo, non si può far altro che divertirsi leggendo le avventure e le disavventure di un preadolescente che, come tutti, non vede l’ora di crescere: il rapporto ambivalente con il padre, che spesso gli impone scelte e responsabilità che non vorrebbe; la descrizione della faccia della mamma che legge una brutta pagella e, di converso, la felicità per il premio ottenuto dal figlio, che finalmente grazie a Delroy, ha capito cosa significa la parola ‘applicarsi’; la scoperta della vera amicizia, quando insieme a Splo, Poonz e Fletcher va a trovare Bigga, annichilito e isolato da tutti perché ha commesso un grave errore durante un’importante partita di calcio. E per la prima volta prova la sensazione, davvero bella, di fare la cosa giusta, condividendo la tristezza di un ragazzo in quel momento detestato da tutti, almeno da tutti i tifosi.
Insomma, molte situazioni in cui i nostri ragazzi e le nostre ragazze possono rispecchiarsi, dalle situazioni familiari ai rapporti con i compagni di scuola, dalle prime amicizie importanti ai primi amori, in quell’età di grandi trasformazioni fra i dodici e i tredici anni. Nello stesso tempo non si possono tralasciare le differenze, la dignitosa povertà, le piogge torrenziali, l’orgoglio di avere un’automobile e il desiderio di guidarla il prima possibile.
Lettura divertente, leggera, ma tutt’altro che superficiale, consigliata a lettrici e lettori che abbiano almeno dodici anni.

Eleonora


“Tutto daccapo”, A-Dzivco Simba Gegele, trad. R. Belletti, Atmosphere libri 2021




lunedì 22 agosto 2022

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

PARKER E SVEN E FRA LORO ALASKA


Non è esattamente una novità, ma è un libro che vale la pena di segnalare: si tratta del romanzo della olandese Anna Woltz, già autrice di ‘Tess e la settimana più folle della mia vita’; entrambi i romanzi sono tradotti mirabilmente da Anna Patrucco Becchi e pubblicati da Beisler.
‘Alaska’, questo è il titolo del nuovo romanzo, racconta la storia di due tredicenni, entrambi segnati da una vita difficile: Parker è una ragazza la cui vita è stata sconvolta da una rapina effettuata nel negozio dei genitori, rapina durante la quale il padre è stato ferito e soprattutto traumatizzato, Sven è un ragazzo epilettico, costretto a una vita di costante allarme, con il rischio concreto che una crisi un po’ più grave lo porti in ospedale. Frequentano la stessa classe ed entrambi sono segnati dallo stigma dell’anormalità. Sven per le sue probabili e spaventose crisi, Parker perché il primo giorno di scuola si è messa ad abbaiare come un cane. Parker the barker, la ragazza che abbaia è ancora segnata dalla precoce separazione dal suo labrador, di nome Alaska, che la famiglia ha dovuto dare via per l’allergia di uno dei fratelli di Parker. Destino vuole, però, che Alaska diventi il cane guida di Sven, addestrato a gestire le sue crisi.
Quando Parker scopre questo passaggio, decide di far visita a Sven, nottetempo e in incognito, per poter incontrare nuovamente il suo amato cane. Si presenta camuffata da un passamontagna e in questa forma anonima riesce a comunicare con un compagno di scuola finora detestato: infatti è lui ad averle attribuito il soprannome, poi adottato da tutta la classe.
Sven presto scopre l’identità della sua visitatrice notturna e la smaschera, costringendo il povero Alaska a scegliere fra le persone che più ama.
Sembra così finire malamente il tentativo maldestro di Parker di ritrovare il suo cane; ma la storia subisce una svolta casuale e improvvisa che rimescola tutte le carte.
Il romanzo alterna il punto di vista, raccontato in prima persona, dei due protagonisti e questo consente al lettore e alla lettrice di comprendere non solo la loro soggettività, ma anche come vivono il rapporto con l’altro, con tutto il portato di incomprensioni, delusioni e belle sorprese.
Rispetto al precedente romanzo, ‘Alaska’ si misura maggiormente con il dramma, abbandonando l’inimitabile leggerezza di ‘Tess’: qui abbiamo due preadolescenti costretti loro malgrado ad affrontare, con le loro forze, qualcosa che è più grande di loro, la malattia e un trauma difficile da superare.
Ovviamente lo fanno con tutti i limiti dell’età, con una certa dose d’incoscienza, alternando sentimenti contrastanti.
Nell’evoluzione del racconto ha un ruolo decisivo Alaska, per la sua dedizione, intelligenza ed empatia. Legato affettivamente a Parker, mette al primo posto il suo ruolo di ancora di salvataggio, conquistando anche il cuore dello scettico Sven. In diverse occasioni il suo ruolo diventa decisivo nello sciogliere i nodi emotivi che avvicinano e allontanano i due protagonisti.
Con un tono più serio, Anna Woltz conquisterà in questo caso lettrici e lettori più grandi, dai dodici anni in poi con una lettura sensibile e intelligente.

Eleonora

“Alaska”, A. Woltz, trad. A. Patrucco Becchi, Beisler 2021



 

lunedì 8 agosto 2022

ECCEZION FATTA!

 

BLOG IN PAUSA

Shaun Tan da Piccole storie di periferia

di nuovo operativo 
dal 
22 agosto 

venerdì 5 agosto 2022

IL RIPOSTIGLIO (libri belli e impolverati)

MESCHENMOSER E BUSTER KEATON

Cik, Sebastian Meschenmoser 
Orecchio acerbo 2022 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni) 

"I pulcini, ovviamente, avevano bisogno di una lampada termica e di un recinto vero e proprio. E di un nome. Ma dare il nome giusto a un pulcino non è così semplice. Come si fa a sapere se diventerà gallina o gallo? Ecco come è nata questa storia quasi vera: C’erano una volta sei pulcini in una scatola di cartone. I loro nomi erano Camilla, Calimera, Pola, Enrichetta, Ayla e Cik. Ogni giorno la mamma dava loro da mangiare." 

Fin dal principio Cik si dimostra quello con più aspirazioni di tutti - i cosiddetti sogni nel cassetto. 
Ha in progetto di diventare Capo Gallo e allora primeggerà in tutto: mangerà per primo e tutto quello che vorrà; Enrichetta sarà la sua compagna, e con lei faranno tante uova; lui la proteggerà, ma dovrà anche lasciarla a casa spesso per andare nelle pericolose missioni che il destino gli riserverà. 
E dopo aver sentito le storia che la mamma leggeva loro la sera sulla terribile volpe, Cik si convince anche che toccherà a lui difendere l'intero pollaio dagli attacchi dell'infido animale: sarà lui a metterla in fuga, quando lei cercherà di infilarsi nel pollaio per fare una delle sue razzie. 
Cik, ne è ormai certo, si distinguerà dagli altri per la sua cresta imponente e per la coda piena di lunghe e lucenti piume: entrambi vessilli di un eroe senza paura, quale lui si sente! 



Sebastian Meschenmoser, tranne la foto di ordinanza in cui accenna un blando sorriso, in tutte le altre immagini che lo ritraggono appare come un giovane e serio signore tedesco, con barba e occhiali. 
E sempre lievemente spettinato. 


Sia che lo ritraggano mentre dipinge una delle tavole per l'Unendliche Geschichte, sia che accarezzi un giovane cervo imbalsamato, o tenga in braccio un pinguino, o sia seduto tra le sue tele, sia che abbia pulcini fin sulla testa: lui non accenna mai a un sorriso. 
Sembra che sappia che far ridere è un affare molto serio. 
In quasi tutte queste immagini, il suo viso appare imperturbabile, con uno sguardo distante, uno sguardo che punta all'orizzonte. 
Quello stesso sguardo che aveva Buster Keaton. Quello che in gergo si chiama deadpan. La comicità che nasce dal fatto che si ride perché nessuno ride. 


Se non sapessimo chi è, difficilmente potremmo credere che libri come Gordon und Tapir, Lo scoiattolo e la luna, Quei dannati sette capretti e adesso Cik siano usciti dalla testa di un signore così serio. 
Eppure. 
La sua imperturbabilità intride tutti i suoi personaggi: tutti serissimi nel loro ruolo. 
E tutti i suoi libri sono tenuti insieme da questo filo rosso. 
Serio e seriamente preoccupato si dimostra lo scoiattolo convinto di avere la luna davanti alla sua tana, serio e assertivo il lupo che rigoverna la casa dei sette capretti, serio e volitivo (!) il pulcino che punta a diventare gallo. 
La serietà impera in tutti i suoi libri eppure, non mi risulta che ne esistano esempi in cui i lettori, grandi o piccoli che siano, non scoppino in risate fragorose e non saltino almeno una volta sulla sedia per lo stupore. Possibilmente alla fine delle storie che racconta. 
E come Buster Keaton aveva capito molto bene, vedendo che la gente al cinema si sbellicava molto di più alle sue facce inespressive, piuttosto che a quelle sofferenti o arrabbiate, tanto più Meschenmoser dà vita a personaggi che si prendono così tanto sul serio che i lettori non possono fare a meno di ridere di loro! 


Il lato vero della storia di Cik che è quasi vera sta nella professione della moglie che mette insieme, da pedagogista, bambini e animali (api e polli). 
Purtroppo una volpe, a Kreuzberg nel centro di Berlino,  ha fatto una strage nella sua scuola quindi a casa Meschenmoser hanno deciso di prendere dei pulcini per allevarli perché si abituassero il prima possibile alla convivenza con gli umani e non avessero paura dei bambini. 
Come nella storia, li hanno 'battezzati' e come nella storia qualcosa è andata diversamente da come avevano supposto. 
Un fatto però era certo: i polli hanno tra loro caratteri molto diversi. 
E una mamma può essere tale anche con barba e baffi.


Questa circostanza ha suggerito a Meschenmoser di ragionare, con quella profonda serietà e lungimiranza di sguardo che ha, sulla questione dei generi. A voi, scoprire con quanto garbo e senso dell'ironia lo faccia. 
A prescindere da questo suo modo, questa sua prospettiva sempre originale di affrontare anche grandi questioni, Meschenmoser andrebbe portato sempre in palmo di mano per la altissima qualità del suo disegno. 
Si dice cosa nota che lui, accanto alla sua attività di autore/illustratore, abbia una solidissima carriera come artista/pittore. 
Qui in Cik, come anche negli altri albi citati, lascia da parte l'olio - tecnica che richiede un tempo lungo di realizzazione - e opta per la matita e i pastelli. 
Questa storia va veloce e grafite e matite colorate si rivelano vincenti. 
Le stesse 3 tavole a colori, a più colori (+ una in B/N), dedicate ai sogni di Cik, sono diversissime anche come impostazione nella pagina: sono una citazione precisa dei vari stili che contraddistinguono diverse tipologie di fumetto nel corso del tempo, da Little Nemo di Winsor McCay per la prima sequenza a quella dei supereroi della Marvel nella terza. 

Mentre la seconda è una citazione disneyana. 
Insomma qualcosa di molto simile a quello che fa Wiesner (Uisner) nei Tre porcellini quando li fa entrare in un libro dozzinale di filastrocche o in un libro di storie di cavalieri e draghi... 
Attraversare, in scioltezza, i diversi immaginari. Non è roba da tutti.
La quarta sequenza - rigorosamente in bianco e nero ha una chiave tutta sua che esula dal fumetto e si connette invece al cinema: ad Alien in particolare, dove per la prima volta è un'eroina al femminile, Sigourney Weaver,  a risolvere la situazione! 
Insomma il gioco è fatto e il cerchio - per definizione perfetto - si chiude! 

Carla

mercoledì 3 agosto 2022

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

SEGRETI INQUIETANTI


Il romanzo breve di Thórarinn Leifsson, ‘Il segreto di papà. Romanzo per ragazzi con genitori problematici’, pubblicato da Salani, è improntato a quello che comunemente chiamiamo humor nero: la storia che racconta, infatti, potrebbe essere in chiave horror, se non avesse un impianto nettamente umoristico.
Sidda e suo fratello nascondono un terribile segreto, anche se la loro più grande aspirazione sarebbe vivere una vita normale, normalissima: il loro papà, Björn, non è solo stravagante, alieno a qualsiasi forma di igiene, dotato di un ventre prominente, esibito in ogni occasione; lui è un cannibale, un vero cannibale che sfrutta ogni occasione per mangiarsi qualche essere umano.
I due ragazzini sono molto combattuti fra l’affetto e l’orrore, ma direi più il disappunto per le abitudini alimentari del genitore. La mamma lavora tutto il giorno, come venditrice telefonica di qualsiasi prodotto, e annega nel super lavoro la frustrazione di non essere riuscita a far cambiare abitudini alimentari al marito.
Sul conto di Björn indaga un investigatore, chiamato da tutti, e per ovvi motivi, Viddi Nicotina, che inutilmente cerca prove relative alla sparizione di numerose persone, fra cui il coordinatore scolastico dei ragazzi.
Ma alla fine arriva la goccia che fa traboccare il vaso della pazienza familiare: Björn cerca di infilare nel forno il grasso, appetitoso amico dei figli, Bjössi. A quel punto, cade qualsiasi complicità e i figli denunciano il padre, che viene processato e condannato a morte. Inutile dire che escogiterà una fuga degna del suo stile, preparata mangiando fagioli e verdure marce in quantità industriale.
Lo stile di Leifsson, apprezzato scrittore e illustratore islandese, è volutamente grottesco, intriso di sottolineature dei caratteri dei personaggi volte all’assurdo; d’altra parte fornisce una galleria di personaggi tutti votati all’eccesso, con l’eccezione dei due protagonisti, che tanto aspirano alla normalità.
Se per certi versi può ricordare Roald Dahl, personalmente mi ha ricordato tanto la famiglia Dalverme del romanzo ‘Matilde’, mi sembra in realtà più vicino a Walliams, per esempio  ‘Zia malefica’ o ‘Polpette di topo’: con l’autore inglese condivide la sottolineatura caricaturale dei personaggi e delle situazioni, con ampio uso di situazioni repellenti e disgustose, che peraltro fanno tanto ridere ragazzini e ragazzine intorno ai dieci, undici anni.
Il sottotesto viene esplicitato dall’autore più o meno a metà romanzo, in un passaggio in cui accenna a tutti quei segreti inconfessabili che i genitori nascondono ai propri figli: senza pensare agli eccessi, è sufficiente pensare alle bugie, alle ipocrisie, ai piccoli delitti quotidiani che contraddicono l’immagine dei genitori come persone irreprensibili.
In ogni famiglia ci sono segreti, piccoli e grandi, e in genere non è piacevole per i figli scoprirli. Meglio, quindi, riderci su, pensando a situazioni davvero imbarazzanti.
La lettura è divertente, scorrevole e breve, indicata per questi giorni di vacanza che non vogliono troppo impegno per lettrici e lettori di almeno dieci anni.

Eleonora


“Il segreto di papà. Romanzo per ragazzi con genitori problematici”, T. Leifsson, trad. S. Cosimini, Salani 2022



lunedì 1 agosto 2022

IL RIPOSTIGLIO (libri belli e impolverati)

Da oggi ri succede questo. Si riapre la rubrica IL RIPOSTIGLIO. Come esattamente due anni fa, prendendo il nome dal titolo di un meraviglioso racconto di Saki. E nasce dal desiderio di togliere dall'oblio di un ripostiglio, quei libri di orecchio acerbo (clic) che - per l'imbarazzo che nasce da un conflitto di interessi patente - non hanno meritato a tempo debito neanche una riga su questo blog. Visto che l'imbarazzo è comunque inevitabile, la rubrica avrà una cadenza vacanziera. Date queste premesse, la rubrica si sarebbe potuta anche chiamare: In punta di piedi, Tutto cambia, Vacanze o ancora Oltre il giardino. Ma non è successo. 


Flutti, David Wiesner 
Orecchio acerbo 2022 



ILLUSTRATI 

Non credo che sia necessario soffermarsi sulla trama di questo libro (la conoscono anche i pesci).
Ma sulla sua storia, forse sì.
Su David Wiesner (Uisner) è piuttosto complicato essere brevi, essere esaustivi, essere meno che meticolosi. 
Partiamo dalla brevità e dalla completezza di informazione: Wiesner ha al suo attivo diciassette libri di cui è solo illustratore: sono quelli che hanno segnato l'inizio della sua carriera, ma sono anche quelli di cui non parla volentieri, salvo rare eccezioni (Honest Andrew) e sono quelli che, sullo scorcio degli anni Ottanta, lo hanno fatto decidere per una carriera diversa, di autore unico dei propri libri. Per chi volesse indagare la ragioni per cui, si rimanda ad alcuni esilaranti post in cui lui racconta le difficoltà degli inizi. A questo punto comincia la sua attività di autore unico (a parte la graphic novel Fish Girl, con Jo Napoli ai testi) e al suo attivo ha 13 libri, di cui tre premiati con la Caldecott (uno è Flutti, nel 2006), altri con la Caldecott honor (ossia il secondo posto) e via discorrendo, vari Horn Book, vari NYT Best picture book e via andare. 
Per quanto uno possa impegnarsi, è piuttosto difficile non farsi sfuggire qualcosa. Quindi non resta che puntare sulla meticolosità, perché sappiamo per certo che è una dote che lui apprezza e che pratica da quando era un ragazzino. 


D'altronde sua madre è stata capace di collezionare tutti i disegni del piccolo David, almeno finché hanno vissuto sotto lo stesso tetto. 
Buon sangue... 
Che David Wiesner sia un genio e un talento unico non credo vada dimostrato qui, ma che queste sue doti siano anche il frutto di tanto lavoro puntiglioso di indagine, di riflessione, di ricerca, di studio che anticipa il lavoro creativo in sé, credo vada detto con chiarezza. 
E questa accuratezza e scrupolosità non si vede solo nel tipo di disegno che mette su carta (acquerello a successive velature), ma anche nell'attenzione narrativa, secondo cui tutto deve sempre tornare alla perfezione, avere un proprio senso. 


Come a dire che dietro i voli della sua immaginazione, c'è sempre una logica maledettamente stringente. Logica che gli permette - ed è qui la chiave - di poter raccontare tutto e di essere creduto.


Per far capire il livello altissimo di logica nel concepire un disegno, nel caso di Flutti, si può prendere ad esempio la tavola con la piovra seduta in poltrona. E' una delle foto emerse dal rullino della macchina fotografica a pozzetto subacquea Melville: si vede una enorme piovra sul fondale marino che è seduta su una vecchia poltrona  mentre legge un libro, circondata da pesci su un divano (e, su una poltrona quasi di spalle, c'è un'altra piovra). Tutti la ascoltano e poi pesci lanterna che illuminano l'ambiente sotto i portalampade. 
Ecco: questi sono i salti della sua immaginazione che però trovano la loro ragion d'essere in quel container ammaccato che si vede sullo sfondo. Quel container è caduto da una nave cargo che lo trasportava, è finito in mare, si è squarciato e dalla sua pancia è uscito tutto quel meraviglioso arredo che costituisce il set di quella fotografia. 
O ancora. Una piccola tavola nella sequenza dei panel - vera e propria appropriazione del codice narrativo del fumetto a cui Wiesner fa spesso ricorso - in cui si vede la mano della signorina prendere il rullino da sviluppare e darne uno nuovo al ragazzo perché ricarichi la suddetta Melville. Questo per rispondere a tutti coloro che superficialmente individuano un vulnus in quel preciso punto della narrazione... 

O ancora nel pin sulla borsa da mare con la sigla LBI, Long Beach Island, il luogo dove tutto si svolge e dove si sono svolte tutte le estati del piccolo David. 
O ancora. Nella precisione assoluta del racconto che nella sua testa doveva essere un inno alla curiosità e nello stesso tempo una riflessione sull'essere parte di una storia più grande di noi. 
E' lui stesso a raccontare quanto abbia ronzato intorno a questi due fuochi - i flotsam/relitti lasciati dal mare e un legame forte fra ragazzini/e di mondi diversi, lontani nello spazio e nel tempo. 
Sapeva, almeno fin da principio, che in questa storia ci sarebbe stata una macchina fotografica, ma sulla sua funzione non trovava una quadra e ha speso tanto ragionamento (e tanto ha fatto sudare freddo la sua editor parlando di una chatti-camera, una macchiana fotografica parlante...) - fino ad arrivare ad avere l'idea finale e vincente della extraordinary photo che crea il famoso aha moment (parole sue), ovvero quella fotografia che fa sgranare gli occhi al protagonista e gli accende una curiosità enorme, la fotografia della ragazzina con in mano una foto che ne contiene altre nove (se non erro), sempre più piccole e sempre meno a colori: da esplorare al microscopio (sempre la logica che vince su tutto). 
Se tanta meticolosità attraversa questo come molti altri suoi libri, sarà interessante dire solo due parole finali sulla scelta della palette di colori. 


Wiesner è talmente ossessivo nei suoi processi creativi che mette sempre i suoi pennelli in un preciso punto del tavolo, secondo una precisa sequenza, per non avere sorprese. Tuttavia sulla scelta del colore, fino all'ultimo non prende decisioni, non stabilisce nulla a priori. 
E' l'unico ambito dove è lui stesso a volersi stupire. Martedì era una storia notturna quindi fu il blu cobalto a essere il colore guida. 
Qui le prime due tavole (detto fra parentesi, un vero omaggio alla visione e allo sguardo visto che si contano sette occhi, di cui uno ingrandito, una lente, un microscopio, un binocolo) sono piene di luce perché è una splendida mattina su una spiaggia di LBI. 
E luce sia, colori forti accesi (anche un po' contro il suo gusto) fino ad arrivare a quel dentice in primissimo piano, caldmio, che ci guarda - anche lui - come Hal 9000 in 2001 Odissea nello spazio. 
Ma questa è un'altra storia. 

Carla 

Noterella al margine. Per amore di meticolosità, sappiate che tutto nasce da qui, da un paio di versi di una poesia di Odgen Nash intitolata The germ, letta alle elementari dalla sua maestra. 

Does anybody want any flotsam? 
I've gotsam. 
Does anybody want any jetsam? 
I can getsam. 

Una parola, flotsam, e un ragionamento che hanno fluttuato nella sua testa per almeno quarant'anni...