Flutti, David Wiesner
Orecchio acerbo 2022
ILLUSTRATI
Non credo che sia necessario soffermarsi sulla trama di questo libro (la conoscono anche i pesci).
Ma sulla sua storia, forse sì.
Su David Wiesner (Uisner) è piuttosto complicato essere brevi, essere esaustivi, essere meno che meticolosi.
Partiamo dalla brevità e dalla completezza di informazione: Wiesner ha al suo attivo diciassette libri di cui è solo illustratore: sono quelli che hanno segnato l'inizio della sua carriera, ma sono anche quelli di cui non parla volentieri, salvo rare eccezioni (Honest Andrew) e sono quelli che, sullo scorcio degli anni Ottanta, lo hanno fatto decidere per una carriera diversa, di autore unico dei propri libri.
Per chi volesse indagare la ragioni per cui, si rimanda ad alcuni esilaranti post in cui lui racconta le difficoltà degli inizi.
A questo punto comincia la sua attività di autore unico (a parte la graphic novel Fish Girl, con Jo Napoli ai testi) e al suo attivo ha 13 libri, di cui tre premiati con la Caldecott (uno è Flutti, nel 2006), altri con la Caldecott honor (ossia il secondo posto) e via discorrendo, vari Horn Book, vari NYT Best picture book e via andare.
Per quanto uno possa impegnarsi, è piuttosto difficile non farsi sfuggire qualcosa.
Quindi non resta che puntare sulla meticolosità, perché sappiamo per certo che è una dote che lui apprezza e che pratica da quando era un ragazzino.
D'altronde sua madre è stata capace di collezionare tutti i disegni del piccolo David, almeno finché hanno vissuto sotto lo stesso tetto.
Buon sangue...
Che David Wiesner sia un genio e un talento unico non credo vada dimostrato qui, ma che queste sue doti siano anche il frutto di tanto lavoro puntiglioso di indagine, di riflessione, di ricerca, di studio che anticipa il lavoro creativo in sé, credo vada detto con chiarezza.
E questa accuratezza e scrupolosità non si vede solo nel tipo di disegno che mette su carta (acquerello a successive velature), ma anche nell'attenzione narrativa, secondo cui tutto deve sempre tornare alla perfezione, avere un proprio senso.
Come a dire che dietro i voli della sua immaginazione, c'è sempre una logica maledettamente stringente. Logica che gli permette - ed è qui la chiave - di poter raccontare tutto e di essere creduto.
Per far capire il livello altissimo di logica nel concepire un disegno, nel caso di Flutti, si può prendere ad esempio la tavola con la piovra seduta in poltrona.
E' una delle foto emerse dal rullino della macchina fotografica a pozzetto subacquea Melville: si vede una enorme piovra sul fondale marino che è seduta su una vecchia poltrona mentre legge un libro, circondata da pesci su un divano (e, su una poltrona quasi di spalle, c'è un'altra piovra). Tutti la ascoltano e poi pesci lanterna che illuminano l'ambiente sotto i portalampade.
Ecco: questi sono i salti della sua immaginazione che però trovano la loro ragion d'essere in quel container ammaccato che si vede sullo sfondo. Quel container è caduto da una nave cargo che lo trasportava, è finito in mare, si è squarciato e dalla sua pancia è uscito tutto quel meraviglioso arredo che costituisce il set di quella fotografia.
O ancora. Una piccola tavola nella sequenza dei panel - vera e propria appropriazione del codice narrativo del fumetto a cui Wiesner fa spesso ricorso - in cui si vede la mano della signorina prendere il rullino da sviluppare e darne uno nuovo al ragazzo perché ricarichi la suddetta Melville. Questo per rispondere a tutti coloro che superficialmente individuano un vulnus in quel preciso punto della narrazione...
O ancora nel pin sulla borsa da mare con la sigla LBI, Long Beach Island, il luogo dove tutto si svolge e dove si sono svolte tutte le estati del piccolo David.
O ancora. Nella precisione assoluta del racconto che nella sua testa doveva essere un inno alla curiosità e nello stesso tempo una riflessione sull'essere parte di una storia più grande di noi.
E' lui stesso a raccontare quanto abbia ronzato intorno a questi due fuochi - i flotsam/relitti lasciati dal mare e un legame forte fra ragazzini/e di mondi diversi, lontani nello spazio e nel tempo.
Sapeva, almeno fin da principio, che in questa storia ci sarebbe stata una macchina fotografica, ma sulla sua funzione non trovava una quadra e ha speso tanto ragionamento (e tanto ha fatto sudare freddo la sua editor parlando di una chatti-camera, una macchiana fotografica parlante...) - fino ad arrivare ad avere l'idea finale e vincente della extraordinary photo che crea il famoso aha moment (parole sue), ovvero quella fotografia che fa sgranare gli occhi al protagonista e gli accende una curiosità enorme, la fotografia della ragazzina con in mano una foto che ne contiene altre nove (se non erro), sempre più piccole e sempre meno a colori: da esplorare al microscopio (sempre la logica che vince su tutto).
Se tanta meticolosità attraversa questo come molti altri suoi libri, sarà interessante dire solo due parole finali sulla scelta della palette di colori.
Wiesner è talmente ossessivo nei suoi processi creativi che mette sempre i suoi pennelli in un preciso punto del tavolo, secondo una precisa sequenza, per non avere sorprese. Tuttavia sulla scelta del colore, fino all'ultimo non prende decisioni, non stabilisce nulla a priori.
E' l'unico ambito dove è lui stesso a volersi stupire. Martedì era una storia notturna quindi fu il blu cobalto a essere il colore guida.
Qui le prime due tavole (detto fra parentesi, un vero omaggio alla visione e allo sguardo visto che si contano sette occhi, di cui uno ingrandito, una lente, un microscopio, un binocolo) sono piene di luce perché è una splendida mattina su una spiaggia di LBI.
E luce sia, colori forti accesi (anche un po' contro il suo gusto) fino ad arrivare a quel dentice in primissimo piano, caldmio, che ci guarda - anche lui - come Hal 9000 in 2001 Odissea nello spazio.
Ma questa è un'altra storia.
Carla
Noterella al margine. Per amore di meticolosità, sappiate che tutto nasce da qui, da un paio di versi di una poesia di Odgen Nash intitolata The germ, letta alle elementari dalla sua maestra.
Does anybody want any flotsam?
I've gotsam.
Does anybody want any jetsam?
I can getsam.
Una parola, flotsam, e un ragionamento che hanno fluttuato nella sua testa per almeno quarant'anni...
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