mercoledì 29 aprile 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

IL PROFUMO DEL GI-NE-PRO

Il riccio nella nebbia, Sergeij Kozlov, Jurij Norstein, 
illustrazioni di Francesca Yarbusova, (trad. Livia Signorini)
Adelphi 2019


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"Ogni sera Riccio andava a casa di Orso a contare le stelle. Accovacciati su un tronco i due sorseggiavano il tè e guardavano il cielo stellato, sospeso sopra il tetto proprio dietro al comignolo. Le stelle a destra del comignolo appartenevano a Orso. Quelle a sinistra erano di Riccio."


Con il suo fagottino che contiene un barattolo di marmellata di lamponi Riccio si mette per strada, attraversa la pineta e non smette di guardare il cielo stellato, anche nel riflesso della pozzanghera. Un gufo lo segue e lo imita, anche quando, passando, Riccio manda il suo saluto al fondo del pozzo.
All'improvviso la nebbia. 


Un cavallo bianco ha le sue zampe immerse in quella lattigine impalpabile. Riccio la attraversa, gioca con le falene, con una foglia secca che nasconde una lumaca sotto di sé. Schiva un volo di pipistrelli, ma ormai la nebbia lo avvolge sempre di più, facendogli sparire ogni cosa davanti.
Con l'aiuto di un bastoncino arriva a rifugiarsi nella cavità di un grande albero, ma poi scappa perché la nebbia gli turbina intorno e gli sembra di essere inseguito da pipistrelli, lumache elefanti e dal gufo. Anche il fagotto sembra introvabile, fino a che un cane, arrivato dal nulla, non glielo posa sulle zampine. Perso ogni orientamento finisce nel fiume e dalla corrente si fa trasportare, ma quando le forze lo stanno abbandonando, Qualcuno lo trasporta al sicuro sulla riva. Sfinito Riccio si siede su un tronco, finché Orso, che lo aveva invocato nella disperazione, non lo raggiunge trafelato. Ha preparato ogni cosa e, finalmente di nuovo insieme, sulle sedie di vimini, prenderanno il tè e conteranno ancora una volta le stelle.
Solo un pensiero di Riccio scappa verso il Cavallo nella nebbia, se la caverà?

Tra i criteri di scelta di un libro c'è quello che si fonda sulla fiducia nei progetti editoriali. Il progetto editoriale di Adelphi non è affare da raccontare qui. Forse però vale la pena mettere in chiaro e per iscritto che la fiducia la merita. Tutta e sempre.
Rari e preziosi sono i libri che Adelphi pubblica nella collana I cavoli a merenda, una collana dedicata ai lettori più giovani, di cui però solo di rado i grandi flussi di comunicazione si occupano. Forse non è un caso, perché i libri in collana sono oggetti molto raffinati, che hanno spesso radici che affondano nel passato, in odore di classici. Purosangue i suoi autori: da Sendak a Sis, da Cneut a Gorey, da Richler a Sto, dai coniugi Dugin alla coppia Norstein-Yarbusova.
Questo è per dire che un libro del genere non va lasciato giù. 
A prescindere, non può tradirti.
Chi siano questi due artisti russi, entrambi provenienti dal mondo della cinematografia, Jurij Norstein (qui nella scrittura supportato da Kozlov) è considerato il miglior autore russo di animazione e la Yarbusova è la sua scenografa di sempre. La storia di questo personaggio particolarissimo, un artista visionario con una inguaribile nostalgia per un'Unione sovietica che non esiste più, che da trentanove anni lavora all'animazione de Il cappotto di Gogol, la si può apprendere ancora una volta grazie ad Adelphi, nel libro che racconta la sua storia (Verrà il lupetto grigio, di Brian Phillis). Delle qualità della Yarbusova parlano le illustrazioni. Una su tutte, il cavallo nella nebbia. La storia di questo piccolo riccio che ha abitudini tenere e che attraversa la natura con un intreccio di timore e di meraviglia e che non può e non vuole dimenticare ciò che ha incontrato sulla sua strada, sembra essere, ironia della sorte, una sorta di alter ego di Norstein. 


Dimostrano entrambi, a vedere le loro storie, di avere la medesima sensibilità e purezza d'animo, la medesima poesia espressiva, il medesimo stupore negli occhi.
Il riccio e la nebbia nasce, ovviamente, come breve animazione nel 1975. La Petruševskaja, con la quale all'epoca stava progettando la scrittura di un altro film di animazione, gli disse camminando in un parco che il progetto era in un vicolo cieco, perché mai e poi mai avrebbe potuto fare qualcosa di più bello del Riccio nella nebbia

 
Le cose andarono diversamente, forse anche per merito della scrittura di Ljudmila: con Il Racconto dei Racconti del 1979 vincerà importanti riconoscimenti anche internazionali e tutti lo considereranno la sua summa poetica e il più bel film di animazione di sempre.
La cosa che lascia stupiti i lettori del libro, all'epoca lasciò senza parole sia i bambini che gli animatori che si chiesero come fosse possibile renderla così viva.
Nel libro tutto questo si attenua, ma quella nebbia è davvero una magia, nel suo nascondere e svelare. 

In questa rarefatta, quanto (o)scura atmosfera ci sono alcuni punti fermi e luminosi: l'amicizia tra Riccio e Orso, che è ad evidenza una sicurezza per entrambi; l'esplorazione della natura che ha una sua voce molto precisa ed è protagonista e non solo sfondo. A tal proposito, Norstein afferma che nessuno meglio della Yarbusova dimostra di avere sensibilità più adatta per raccontare la natura. Questa attraversata di bosco, ovviamente, assume carattere onirico e diventa esercizio spirituale nei confronti delle proprie inquietudini.
Dunque, dopo amicizia, esplorazione nella natura ed esplorazione nel proprio intimo, si aggiunge l'altra grande questione che il libro pone: il mistero che fino in fondo non si svela. Da un parte, le visioni di Riccio, che ricordano per costruzione del Il sonno della ragione di Goya e dall'altra, l'arrivo di Qualcuno, il traghettatore gentile; ecco la gentilezza, per esempio in quel paziente ripetere gi-ne-pro, è l'altro elemento che tiene insieme questa storia.



È quella stessa gentilezza e premura per l'altro che ricorda gli animali del bosco di Tellegen o quelli della Perret o ancora Luigi di Katharina Valckx. Ultimo elemento, trattandosi di una trasposizione su carta di quello che Miyazaki considera uno dei film d'animazione suoi preferiti, è la meraviglia.
La meraviglia di perdersi e di ritrovarsi, la meraviglia di saper guardare con occhi sempre nuovi: il volo delle falene, la lucciola sul filo d'erba, la poltroncina di vimini e quel magnifico cavallo.


Sì, è meraviglia.

Carla

lunedì 27 aprile 2020

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


TRALAL’ART


Questo è il titolo della nuova collana dell’editore francese Nathan, con la firma della giovane illustratrice Sandrine Andrews; è un progetto sicuramente originale che l’editore italiano Gallucci ha tradotto nel più anonimo Scorri l’Arte.


L’originalità sta nel aver applicato un format di grande successo di questo stesso editore francese, in italiano sempre tradotto da Gallucci con il nome di collana ‘Scorri e gioca’: una cartotecnica efficace, che fa funzionare le animazioni anche nelle mani dei più piccoli, al servizio di illustrazioni molto chiare, dai colori vivaci e che raccontano oggetti della vita quotidiana, gli animali, le stagioni e così discorrendo. Se guardiamo ai titoli della nuova collana, ‘I colori’ e ‘Le forme’ viene da pensare alla solita , ma proprio solita, rassegna di cerchi e quadrati per spingersi, per i più audaci, fino ai rombi.
Invece la trovata geniale sta nel piegare riproduzioni di opere d’arte di artisti moderni all’illustrazione, appunto, di forme e colori.


Si tratta di cinque immagini per libro affiancate da un testo di poche righe, quasi lo spunto di una storia possibile, in cui, per esempio, sulla spiaggia bianca compare una casa rossa. Le opere sono riprodotte per intero o per dettagli, quando una foresta esotica diventa un aranceto.
Se nel libro dedicato ai colori le immagini si prestano bene a magici cambiamenti, in fondo è proprio questo il segreto di questo tipo di animazioni, con le forme è sempre e solo il colore a cambiare, necessariamente, salvo stravolgere il quadro originale. C’è dunque solo il fatto di nominare cerchi, quadrati e triangoli nel momento in cui l’animazione li modifica.


Gli artisti coinvolti nella missione di portare il bello ad altezza di occhi di piccini e piccine sono tanti: Mondrian, van Doesburg, Delaunay, Trauber-Arp, Kandinskij, Klee, Malevic, Vallotton e Rousseau, tutti adattissimi a colpire prima di tutto i sensi dei bimbi.
Il meccanismo di questi libri si basa su punti fermi semplicissimi: la vivacità del colore e lo stupore dovuto al mutamento, un mutamento che il bambino può controllare. Ma non c’è solo questo; c’è anche la bellezza, l’armonia di forme e colori, lo stimolo visivo di forme inconsuete, l’accordo fra colori ora in sfumatura, ora contrastanti; c’è insomma un’educazione alla visione estetica, al bello, che non è mai precoce. Non è certo importante cogliere l’originalità di opere di questa grandezza; è esattamente il contrario, si tratta di rendere queste opere, al di là del loro significato e del loro valore, strumento di un’educazione inconsapevole e indiretta, che speriamo entri nel quotidiano dei bambini. Che i libri per i più piccoli siano fatti, pur nella loro essenzialità, bene, ben concepiti, ben costruiti, facili da utilizzare e belli è una cosa importante, che rende più piacevole l’esperienza del maneggiare l’oggetto libro, che, a sua volta, per il suo contenuto è fonte di stimolo e di crescita.


In questo caso, bella l’idea, che speriamo continui a dare frutti, e funzionale la realizzazione per un uso divertente adatto a bambine e bambini dai due anni in poi.

Eleonora

“I colori”, S. Andrews, Gallucci 2020
“Le forme”, S. Andrews, Gallucci 2020

domenica 26 aprile 2020


BISCOTTI E CANI DA COMPAGNIA

Niente di complicato, un frollino di provenienza francese.
La galette di Nantes, con ricetta sbagliata, ma corretta dall'esperienza, presa da un piccolo quanto prezioso e impreciso libretto di soli biscotti.
Ha aiutato me e la PP a tenerci occupate, in compagnia, nelle serate di noia, farli e poi mangiarli...




Ingredienti
50 gr di burro
75 gr di zucchero
1/4 di cucchiaino di sale
125 di farina
2 rossi d'uovo
25 gr di mandorle tritate finissime

Accendete il forno a 170°.
In una ciotola mettete il burro morbido e tagliato a tocchetti e lavoratelo con lo zucchero fino a ottenere una crema spalmabile, aggiungete il rosso d'uovo e quindi la farina un po' alla volta e otterrete un composto simile alla frolla.


Prendete un foglio di carta da forno, infilzateci due stecchi da spiedo come regoli per ottenere un'altezza uniforme dei biscotti e, poco per volta, stendete l'impasto con un matterello infarinato (o con un altro foglio di carta da forno). Con un coppa pasta o una tazzina, o un bicchiere, tagliate dei tondi che metterete a distanza sulla leccarda del forno, foderata. A questo punto con i rebbi della forchetta fate delle piccole incisioni sui biscotti, pennellateli con del rosso d'uovo e mettete sopra un po' di granella sottile di mandorle.
Infornate per una decina di minuti, finché non imbiondano.
Fateli freddare quel tanto che vi permetta di sentirne il sapore.

Carla


Noterella al margine. 
La PP è una brava cana, di intelligenza media, (quasi) perfetta (presque parfait, così la definì un bambino in Provenza, accarezzandola, e da qui il suo nome di casa: PP) prudente, pigra, prevedibile e un tantino puzzolente (le P sono parecchie). 
Alcuni suoi gesti, sebbene matematicamente ricorrenti, però, continuano a riempirmi di stupore ogni volta che li vedo. Uno su tutti: la zampa che tiene fermo un qualsiasi cartoccio per terra che vada leccato con cura.




venerdì 24 aprile 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

INFANZIA IMBROGLIONA

Il regalo, Emma Adbåge, (trad. Samanta K. Milton Knowles)
Beisler 2020



ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"'Ho un’idea!' dico. 'Regaliamo il castello verde a Frej.
 E io mi tengo quello rosso'. Ma la mamma non è d’accordo.'Non si può, hai scelto tu il castello rosso per Frej.' 'Sì, ma quello era prima, quando il castello verde mi piaceva ancora!"


È il compleanno del piccolo Frej. Bisogna prepararsi per andare alla festa. Le attività fervono: pulizia corporea accurata, asciugatura dei capelli e lieve messa in piega per farli stare in ordine. Vestito simil elegante, con papillon che sancisca il fatto che non si è indossato la prima cosa presa a caso nell'armadio. Anche sua madre si sta facendo bella e sta pensando anche a scrivere un bel biglietto di auguri con il pennarello dorato. Ultima cosa da fare prima di uscire è impacchettare il regalo: un castello rosso. Ugualissimo al suo che però è verde. Accidenti, è verde. E qui arriva l'idea: io mi tengo quello rosso che mi piace di più ora e a Frej regalo il mio verde. Tale disinvoltura non è degli adulti che del 'cambiare idea' ne fanno una malattia. 



Non vale stringersi il pacchetto al cuore e macerarsi nel rammarico. Bisogna andare.
Alla festa tutto procede come alle feste e in ultimo arriva anche lo spacchettamento dei regali. Frej fa a brandelli la carta e spera tanto che nella scatola ci sia un castello...verde. Non rosso!

E finalmente arriva anche il secondo libro di Emma  Adbåge.
Dopo aver gioito per La buca (Camelozampa 2020), sfogliando Il regalo si riconfermano i pensieri già fatti sulla poetica così originale di questa giovane autrice svedese.
Si riconferma la grande capacità che la  Adbåge dimostra nel raccontare come funziona il pensiero nella mente dei quattrenni.
Senza ritocchi da 'adulta',  racconta i bambini per quello che sono spesso, ovvero imperfetti. Opportunisti, in questo caso.
La prima cosa che salta all'occhio è il racconto di una infanzia, letto attraverso la relazione reciproca tra questo bambinetto (o bambinetta) e sua madre, di fatto quasi l'unica adulta della storia, a parte quelli che fanno, come sempre nelle sue storie,  da 'tappezzeria' alla festa di compleanno di Frej, presumibilmente i genitori di quest'ultimo.
Lei, la madre, ovviamente, non molla sul punto fermo che il regalo è un castello rosso e non si può mettere in atto lo scambio.
E altrettanto caparbio appare il/la quattrenne che ha già in testa un piano preciso per raggirare l'adulto, al momento opportuno. In questo non patisce affatto l'autorità che la madre esercita, ne riconosce l'ineludibilità, ovviamente, ma si organizza opportunamente e in totale autonomia per arrivare al proprio scopo: avere un bel castello rosso, al posto di quello verde, ormai out of date. 

Ecco, la separatezza dei mondi, quello dei piccoli e quello dei grandi: alla festa il crocchio degli adulti che chiacchierano, ignorando i bambini, e i bambini che ignorano i grandi, bevendo, "decorati" a festa, i loro sciroppi al lampone e mangiando la torta, non prima di aver cantato tantiaguriate. Adulti che ignorano i capricci, adulti che cadono nei trabocchetti...


Seconda cosa degna di nota è la capacità di raccontare il quotidiano per quello che è. Senza veli. Ancora una volta a partire dal mondo dei bambini che si annoiano stravaccati in mille posizioni differenti, sulla poltrona di casa, in attesa che gli adulti siano pronti (come si differenzia la percezione del tempo tra piccoli e grandi...); che guardano con ammirazione e invidia un adulto che scrive, che si sbrodolano a una festa, che si siedono sulle ginocchia con le gambe a rana, che lasciano le scarpe in giro.



Ecco, in questo quotidiano c'è raccontata tanta intimità: sederi che spuntano dalle porte, gente in mutande che gira, vai e vieni di scarpe messe e tolte e lasciate qui e là.  La scena in cucina, con un altro sederone in bella vista, insieme a una lavastoviglie piena di piatti sporchi è di nuovo uno scorcio di vita, che colpisce per la sua lucida autenticità. 




Il coraggio sta nel disegnare tutto un po' storto, ma maledettamente vero, senza mai cedere alla lusinga di una immagine anche solo impercettibilmente oleografica, manierata o stereotipata.
Per la
Adbåge chi è sovrappeso lo sia serenamente, chi è calvo lo sia altrettanto. Chi è un po' sciatto a fine festa, non si preoccupi di nasconderlo.
I bambini stessi sono come sono: capricciosi, furbi, viziati, e fortunatamente sempre piuttosto indipendenti e determinati a sopravvivere.
Il regalo, rispetto alla Buca, grazie alla circostanza di essere sempre in interni, mette sotto una luce forte anche uno degli altri temi cari alla Adbåge, ovvero l'accumulo di oggetti e minuscoli dettagli che con cura, sempre un po' sbilenca, mette sul foglio, a riempirlo. Dalle panoramiche sui buffet ai pavimenti sempre un po' ingombri, ai piani cottura che funzionano a pieno regime.
Su tutto però trionfa la questione centrale, la prima cosa che colpisce nei suoi libri: un ottimo racconto di infanzia. Di una sana infanzia che si garantisce il diritto di pensarla diversamente da un attimo all'altro, di una sana infanzia che vuole essere onnipotente e soprattutto che sa essere imbrogliona, per puro spirito di attaccamento alla vita.

Come darle torto?

Carla

mercoledì 22 aprile 2020

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

JESSICA


Nuovissimo non è, ma è passato nei banchi delle librerie un po’ in sordina, soverchiato dalle innumerevoli strenne che nel finale d’anno invadono le librerie.
Si tratta dell’ultimo romanzo di John Boyne, ‘Mio fratello si chiama Jessica”, pubblicato da Rizzoli. Il titolo dichiara direttamente il tema, fra i più spinosi da proporre ai ragazzi.
Il protagonista è Sam, un ragazzino di tredici anni, dislessico, che si pone come principale obbiettivo della sua vita scolastica il diventare invisibile, non attirare su di sé l’attenzione di qualche bullo di turno. E’ l’esatto opposto del fratello Jason, popolare, circondato da amici e da ragazze, campione di calcio. E’ il suo fratellone, quello che lo aiuta a leggere e gli infonde sicurezza.
Solo che arriva un giorno fatidico in cui Jason fa outing, dichiara di fronte alla famiglia allibita che Jason non esiste più, c’è Jessica. Questa rivelazione stravolge le vite di tutti: i genitori, più che distratti, si rifiutano di prendere in considerazione la possibilità di avere un figlio transgender.
Qui bisogna aprire una parentesi: uno degli aspetti più gustosi di questo romanzo, scritto con grande leggerezza e ironia, è proprio il ritratto dei genitori, coppia di politici in carriera, che per ogni gesto soppesano quanto potrà favorirne l’ascesa o meno. La madre è una sorta di novella Thatcher, mentre il padre ne è il segretario particolare e tutto nella loro vita, in un paese alle soglie della Brexit, è volto verso l’obbiettivo supremo, varcare la soglia del 10 di Downing Street.
L’ironia feroce verso la coppia di genitori li rende figure a tratti grottesche, mentre lo sconvolgimento del piccolo Sam, protagonista del romanzo e voce narrante, viene trattato con delicatezza. La sua vita viene sovvertita, la sua invisibilità sociale perduta per sempre, l’appoggio del fratello diviene ormai labile. Se Jason/Jessica vive tormentata il suo lento e incerto processo di cambiamento, Sam diventa lo zimbello della classe, è incapace di comprendere le motivazioni del fratello e si fa prendere dalla rabbia, tanto da tagliargli nottetempo la coda di cavallo dei suoi lunghi capelli biondi, senza mai ammettere di averlo fatto.
Un rifiuto in piena regola che non è l’espressione del perbenismo dei genitori, ma del panico causato dalla perdita del suo unico punto di riferimento.
Jason/Jessica se ne va di casa, grazie a una provvidenziale zia hippy, Sam è diviso fra la nostalgia e la rabbia per il presunto tradimento. C’è un percorso da fare e tutta la famiglia, nonostante tutte le resistenze, alla fine lo compirà. Con più affetto e meno certezze.
Come si comprende questo romanzo, non privo di difetti, ha comunque il coraggio di raccontare i problemi di chi nasce in un corpo che non gli corrisponde; ed è una scelta intelligente quella di raccontare questo travaglio dal punto di vista di chi è coinvolto affettivamente e non comprende quella sorta di tradimento che gli viene imposto.
Efficace la descrizione delle ambiguità, dell’incertezza, del travaglio che la scelta del cambio di genere comporta; funziona meno la resa dell’ambiente familiare, in cui è troppo evidente la sottolineatura sarcastica, che ha come obbiettivo una classe politica non molto apprezzata, a discapito di una maggiore credibilità umana.
La difficoltà della famiglia ad accogliere la diversità è un tema caro a Boyne, come per esempio in ‘Che cosa è successo a Barnaby Brocket?’, dove l’assurdo è un modo per rappresentare la distanza degli affetti dalla realtà delle persone, dalla loro singolarità.
Per ovvi motivi, non è un libro che si acquista d’impulso e schiere di mamme e di nonne lo hanno evitato con cura in occasione dei regali di Natale; è un peccato però, è un romanzo che, nonostante certe sue imperfezioni, merita di essere letto per il coraggio di affrontare un tema difficile e per la levità con cui riesce a descriverlo.
Lettura matura per ragazze e ragazzi a partire dai quattordici anni.

Eleonora

“Mio fratello si chiama Jessica”, J. Boyne, Rizzoli 2019


lunedì 20 aprile 2020

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


ASPETTANDO CHE 'SPIOVA'...

L'arca del signor Noa, John Yeoman, Quentin Blake
(trad. Maria Pia Sacciani)
Edizioni Clichy 2019


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Proprio in quel momento Sem accese la televisione. La signora delle previsioni annunciava l'imminente arrivo di preoccupanti inondazioni. 'Ecco!' esclamò sobbalzando il signor Noa, 'la trasformerò in un'arca. E così sarà in grado di galleggiare oltre il muretto'. Cam e Sem la trovarono un'idea strepitosa."

Ora lo ha, un motivo per tenere quella enorme barca in giardino.


In attesa delle preoccupanti inondazioni i Noa si attrezzano: trasportano all'interno dell'arca tutto ciò di cui hanno bisogno e, per restare fedeli alla tradizione, fanno salire diverse coppie di animali. A parte quelli di famiglia, ovvero criceti, gatti, pesci e pappagallini, se ne aggiungono in prestito. Solo gli insetti stecco non avranno ospitalità sull'arca: è stata chiara la signora Noa, su questo.


Al suo interno, in attesa della grande pioggia, vengono stipati panini, letti, chitarre e molto altro ancora e quando ormai è il momento di mettersi a dormire, qualcuno bussa: è una coppia di pecore che, fortunatamente, occupa l'ultimo angolino libero.
Chiusi nell'arca per quaranta giorni, bella noia per chi non è abituato a stare con le mani in mano: così l'intera famiglia si occupa delle decorazioni per il futuro Natale.
Il sistema per sapere cosa stia succedendo all'esterno è quello già collaudato in passato. Si manda fuori un volatile, ma non avendo colombe a disposizione, anche delle papere andranno bene. Al ritorno, non hanno nessun ramo d'ulivo nel becco, ma un paio di collant umidi della vicina di casa.
La missione si è rivelata letteralmente un buco nell'acqua.
Ingannare l'attesa cantando e suonando, mette allegria e anche gli animali ne traggono giovamento. La notte passa serena e, quando il mattino successivo, Noa cerca altri animali volontari per una esplorazione all'esterno, nessuno sembra interessato.
Se quel gruppetto di ragazzini, in fila sul prato di casa, incuriosito dalla baldoria sentita la notte precedente, non avesse lanciato sassolini sul fianco dell'arca, la famiglia dei Noa sarebbe ancora lì ad aspettare che spiova...

Nel 2017 Quentin Blake cura una mostra per la House of Illustration che ha girato fino al 2019, per celebrare i suoi 50 anni di libri fatti con John Yeoman.
Tra loro tutto è iniziato nel 1960 quando proprio Blake chiede all'amico Yeoman di scrivere il testo di un libro che lui avrebbe volentieri illustrato, Nasce così A Drink of Water. Il sodalizio, felicemente, prosegue nel tempo e l'ultimo titolo uscito a due mani, nel 2017, All the year around (tradotto e pubblicato da Clichy nel 2018 con il titolo Un anno intero) ne è conferma.



Quentin Blake è il numero uno sia quando è autore completo, sia quando è "solo" illustratore.
Di sicuro è uno degli illustratori più fedeli che si conoscano, visto che è legato a un pugno di autori con cui non si limita a collaborare, ma piuttosto a condividere in profondità il tono e il senso del racconto.
Primo fra tutti Roald Dahl (che senza Blake nell'immaginario collettivo avrebbe un posto diverso), quindi Yeoman e poi la nostra Bianca Pitzorno.
Si tratta di binomi felici, ovvero di intese così potenti tra autore e illustratore che riescono a dare ai libri una sorta di valore aggiunto, che non è così scontato si verifichi.
Il binomio felice con Dahl si costruì con il tempo, passando attraverso una lenta conoscenza reciproca. E montagne di schizzi di prova.
Con Yeoman, le cose sono andate in modo diverso: la loro l'intesa sul foglio arriva grazie alla loro bella amicizia pregressa, nata in gioventù quando entrambi studiavano insieme all'università. 
A Yeoman, più che non a Dahl, spetta il merito di aver rappresentato il punto di partenza di una nuova carriera per Blake, verso l'illustrazione per l'infanzia.
Senza di lui, sarebbe stato molto peggio.


Tanto con Dahl quanto con Yeoman,  Blake resta fedele a due principi ineludibili per lui: costruire la complessa relazione tra testo e illustrazione senza mai andare contro la storia. Questo implica un grande lavoro in fase di disegno preparatorio che, in itinere, viene sottoposto agli autori del testo per ricevere conferma di aver colto il nocciolo. 
Stabilita una programmatica fedeltà al testo, per Blake si parla semmai di ampliamento della storia, ottenuto con l'aggiunta di dettagli. 
Il secondo principio da cui non prescinde è il divertimento, l'humor. 
Quello inglese.


Qui, per esempio, Blake connota i coniugi Noa come una coppia di freak adulti, fazzolettino al collo e gilet per lei, maglietta a righe e scarpe da ginnastica per lui.
Senza mai smentire la storia, Blake ne potenzia il senso, ne accelera il ritmo in un naturale crescendo, lavorando sui dettagli. 

L'umorismo al quale non rinuncia, si insinua laddove pensa di non 'disturbare' il già abbastanza comico testo dell'amico John. 



Si prende un poco di spazio, in coerenza con quanto detto nel testo, come per esempio nella piccola serie di oggetti lignei, in aggiunta a quelli citati nel testo, ovvero biciclette e ombrello di legno, annettendo alla categoria del bricolage fai-da-te anche la fabbricazione della borsa della spesa o dei due sacchi a pelo dei ragazzi, qualche pagina dopo.
Geniale.

Carla

sabato 18 aprile 2020


DI SCAFFALI E BARATTOLI VUOTI

In quell'altra vita, una delle ultime uscite fatte è stata quella che ci ha portato all'Ikea per comprare una nuova piccola libreria perché in quell'altra vita di libri io ne compravo parecchi.
In uno con il piccolo scaffale abbiamo anche comprato una buona scorta di caramelle mou svedesi: dei cubetti di meno di 2 cm di lato, marroncini, il gusto classico e neri, alla liquirizia. 
Diverse e migliori dalle normali mou.


In questa vita, inesorabilmente le scorte si assottigliano.
In questa vita lo scaffale dei libri non si sta riempiendo, mentre il barattolo di vetro con le caramelle si sta svuotando.
In questa vita sto imparando a stare con quello che ho. Però se da un lato non mi posso permettere di comprar libri come in quell'altra vita, sul refilling del barattolo delle mou posso forse fare qualcosa in regime autarchico.
Ecco la ricetta per farsi in casa le caramelle mou normali e alla liquirizia, che è facile facile, a patto che si abbia un termometro da cibo e un contenitore angolare che tenga il calore.


In caso contrario, mettetevi in una delle code davanti ai supermercati e compratevi le Elah, che però, onestamente, sono proprio un'altra cosa.

Ingredienti:
250 gr panna fresca
250 gr di zucchero
120 gr di acqua
1 pizzico di sale
10 gr di liquirizia nera frullata e ridotta in polvere (le Saila sono perfette)

In una pentolino con il fondo rinforzato mettete lo zucchero e l'acqua, girate con un cucchiaio in modo che si sciolga l'uno nell'altra e poi mettete sul fuoco allegro e, senza MAI toccarlo o girarlo con mestoli o cucchiai (l'unico movimento consentito è quello di far ruotare il caramello tenendo il pentolino per il manico) fatelo cuocere finché le bollicine non diventano piccole (segno che l'acqua è evaporata quasi del tutto) e il colore diventa quello della marmellata d'albicocche. A questo punto, fuori dal fuoco versateci dentro LENTISSIMAMENTE, perché si genera un grande vapore e bollore che tende a far uscire tutto dai bordi, la panna che avete precedentemente riscaldato a 80°.
Aggiungete un pizzico di sale (e la liquirizia se le volete nere). Rimettete sul fuoco, a questo punto al minimo, e girate in continuazione il composto sobbollente con un netta pentole di silicone fino a che non raggiunge i 125°. 


Vi avviso che ci metterà almeno 10 minuti, un quarto d'ora.
Raggiunta la temperatura, togliete dal fuoco e foderate il contenitore con la carta forno e quindi versateci il cremoso composto. Fate raffreddare per almeno 3 o 4 ore, quindi rivoltate il lingotto di mou e, con un coltello dalla lama grande e affilata, tagliatelo a cubetti. Incartateli in pezzettini di carta forno e il gioco è fatto.
Attenzione, danno assuefazione.

Carla

giovedì 16 aprile 2020

UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)


I.A.


Quale argomento più fascinoso di quello dell’Intelligenza artificiale, già declinato in molti modi dalla fantascienza classica e reso popolare anche da film come ‘2001 Odissea nello spazio’, ‘Blade Runner’, ‘Io, Robot’. E’ stato riproposto recentemente anche in un romanzo, ristampato in versione economica l’anno scorso, del 2008: ‘Genesis’, di Bernard Beckett.
Proprio perché è un tema molto visitato, è difficile orientarsi in una produzione che lo ha affrontato da diversi punti di vista: le macchine ostili, gli androidi dominati da sete di vendetta e desiderio di distruzione, le macchine eredi di una terra spopolata.
Ma per fare un raffronto più ravvicinato ho scelto un racconto del grande Philip Dick: “Impostore”, contenuto nella mitica raccolta, curata da Sergio Solmi, “Le meraviglie del possibile”. In questo racconto del lontano 1953, un personaggio, Olhman, viene accusato di essere una spia degli extraterrestri, nemici della Terra e di essere un androide che ha preso le sembianze di un umano, con lo scopo di far esplodere una potentissima bomba. Olhman è convintissimo che ci sia un errore, ma gli agenti che lo fermano e vogliono ucciderlo affermano che lui è stato programmato per sostituirsi all’uomo di cui deve prendere il posto, acquisendone anche i ricordi, tanto da convincersi di essere effettivamente lui, un umano. Olhman conduce tutti dove è caduto un razzo nemico e lì giace in effetti il corpo senza vita di un altro Olhman; tutti sembrano convincersi della sua tesi fin quando non compare un coltello. Olhman stesso si convince dell’inganno e in quel momento, innestata dal suo momento di consapevolezza, esplode la bomba.
Dunque, qui non la macchina al servizio dell’uomo, come nelle tre leggi della robotica create da Asimov, ma una tecnologia aliena capace di confondere il confine fra umano e non umano. Questo è proprio il punto cruciale: se una macchina non solo può mimare le sembianze umane, la voce, i tic, ma può assumerne la personalità e i ricordi, qual è il confine che lo separa dall’originale? Quindi cosa è squisitamente umano? Nel racconto di Asimov, e nel seguente romanzo scritto con Silverberger, ‘L’uomo bicentenario’, scritto nel ‘76, la risposta è l’immortalità. L’androide Andrew, alla fine del suo progressivo processo di identificazione con i creatori umani, chiede di poter morire come loro perché solo la caducità dà senso alla vita.
La risposta di Bernard Beckett è molto diversa e passa attraverso un lungo colloquio fra la giovane Anax e i saggi che la devono forse ammettere all’Accademia. L’esame verte sulla vita di un uomo leggendario, Alan Forde, di cui Anax ricostruisce le imprese, in particolare il suo rapporto con l’androide Artfink, dall’aspetto scimmiesco. Si sviluppa un lungo dialogo, direi piuttosto pretenzioso, sul tema della libertà. Alan Forde è stato un irregolare, una persona incline alla ribellione, che non sottosta volentieri alla legge. Riuscirà a contagiare il suo interlocutore non umano? Il finale dà la sua risposta, che conferma l’ipotesi di partenza dell’autore, che una società ordinata, basata sul controllo, è antitetica alla libertà di scegliere, senza la quale non è data umanità.
Il tema umano-non umano, che ha moltissime declinazioni e che qui abbiamo visto sommariamente esplicitato nel rapporto fra uomo e macchina pensante, è ricchissimo di implicazioni: nel tentare di rendere una macchina, perché un androide, un replicante direbbe Ridley Scott, tale è, sempre più simile al modello umano, si gioca con la creazione, con l’attribuire a essa un’anima, ovvero una individualità che va oltre una serie di chip e di circuiti complessi. La fantascienza si è sbizzarrita su questi argomenti, vedendo di volta in volta le minacce o il fascino di una alterità vivente.
Nel romanzo di Beckett sta in sottofondo anche un altro quesito: a cosa si è disposti a rinunciare per vivere in una società ordinata, sicura; qui il tema è squisitamente politico e investe una delle più grandi questioni del ‘secolo breve’: il consenso ottenuto da sistemi politici autoritari se non dittatoriali. La rinuncia alla propria capacità di pensare non è un tratto del mondo futuribile, è un tratto ineludibile della storia recente.
Come si vede sono temi densissimi, che queste storie e molte altre, scritte nel secolo passato, rendono affascinanti, costringendo anche i più riottosi a farsi domande radicali sulle sfide della scienza e della storia. Queste letture, piuttosto impegnative, richiedono maturità personale e le propongo, quindi, a lettrici e lettori motivati, a partire dai quattordici anni.

Eleonora

“Genesis”, B. Beckett, Rizzoli 2008, 2019
“Impostore”, P. Dick, in “Le meraviglie del possibile”, Einaudi 1959, 2014