domenica 29 marzo 2015

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


LA GRANDE DIFFERENZA
  
La pantera sotto il letto, Andrea Bajani, Mara Cerri



ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni)

"Poi arriva la notte che prende la casa e la mette in un sacco.
La bambina ha paura che insieme alla casa la notte prenda anche lei.
Per questo non vuole uscire dalla stanza, neanche per fare la pipì.
Per questo sotto il letto ha nascosto una vecchia padella.
Se la pipì busserà sulla pancia è nella padella che lei la friggerà."

Così il buio resterà fuori dalla casa e con lui le cose che fanno paura.
Con il suo papà, come spesso accade di venerdì sera, la bambina arriva alla sua casa in montagna. Isolata, avvolta nella notte, la casa è lì ferma: un cubo con le luci spente, circondata da alberi e animali.
Entrati, la casa li contiene e li protegge dal buio sacco della notte che li inghiotte.
Non è la prima volta che arrivano in quella casa e infatti la bambina sa come comportarsi di fronte a tutto quel nero che la circonda: una padella inutilizzata può essere utile a raccogliere una pipì notturna per evitarle l'azzardo di aprire quella porta che la separa dal buio pece. Anche la vicinanza del papà è rassicurante perché lui con le sue mani la sa condurre verso il gran tuffo notturno. Perché la notte rassomiglia al mare e nel buio si può anche surfare. 


Ma se a dover uscire dalla porta fosse il padre? I grandi la notte la sconfiggono accendendo la luce. Questa è la loro scorciatoia. Solo di rado sanno capire che nel buio tutto può sparire e che è con questo che i bambini ogni notte fanno i conti...

Una bambina e il suo papà di fronte al buio. Che grande differenza li separa. 


Ai piccoli il buio fa paura perché nel buio tutto può sparire e tutto può accadere. E quella paura lì, dello scuro, dell'oscuro, li guarda dritto negli occhi, ed è nera come la notte, è nera come la pantera. Ed è lì a un passo da loro, sonnecchia sotto il letto. Bisogna esplorarla, imparare ad accarezzarla, cavalcarla e talvolta questo può rivelarsi anche divertente. Lei li porta a vedere il mondo a testa in giù, può abbracciarli e farli volare...Loro sanno immaginare.
Ai grandi, invece, il buio non deve far paura. Perché per loro il buio si spegne con l'accendersi di una luce. Ai loro occhi nulla scompare e niente può accadere. Sotto i loro letti non ci sono le pantere. A loro è ormai negata l'ebbrezza di vedere il mondo a testa in giù... Loro sanno ragionare.
D'altronde è il loro mestiere: quello di sapere le parole per spegnere la notte, quello di avere le mani come posti caldi da abitare. A ognuno il suo.


Mara Cerri, un po' come la sua bambina in canottiera, esplora, gioca e si guarda attorno per poi mettersi faccia a faccia con il nero della notte, con il nero della pagina. Si muove nell'onirico, come è compito di chi attraverso il disegno provi a immaginare. Come quella ragazzina, capelli al vento, che cavalca un padella abbracciata a una pantera, così Mara Cerri naviga sicura sulla superficie del foglio. Ci gioca, con la cucitura per esempio, che usa come invisibile diaframma, come luogo che cattura, come vetro che separa la bambina e la pantera che in tal modo paiono specchiarsi l'una nello sguardo dell'altra. Accelera, rallenta, guarda dall'alto, proprio come se fosse lei a surfare su quella padella.


A Bajani, invece, il compito di trovare le parole. Di ragionare su, di razionalizzare, seppure da poeta, la grande differenza. Quella grande differenza accennata al principio del discorso.
Ancora una volta un grande scrittore, ammaliato, va in cerca dei disegni di Mara Cerri. Ne solletica lo sconfinato suo immaginario con una suggestione e quindi lei va, sogna, dipinge. Sogna e dipinge, ed è qui la magia, quello che forse Bajani non sapeva ancora di voler scrivere. Si crea così un circolo virtuoso tra scrittore e illustratore che alla fine rende il libro un perfetto e armonico accordo tra parole e immagini.

Carla

Il 30 marzo alle 19.30 presso la galleria Spazio & a via Guerrazzi 1 a Bologna inaugura la mostra con le tavole originali del libro (aperta fino al 30 aprile).
L’inaugurazione, alla presenza degli autori, sarà accompagnata da una lettura di Andrea Bajani e dal sound design di Alessandro Guerri.

venerdì 27 marzo 2015

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

FORSE...

La nonna addormentata, Roberto Parmeggiani, João Vaz de Carvalho


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"La mia nonna dorme tutto il giorno, da un mese.
La mia mamma dice che è come la Bella Addormentata, aspetta un principe azzurro che le dia un bacio per svegliarla."

Forse dietro tutto questo gran dormire si nascondono anche dei bei sogni, annidati in quei capelli così voluminosi: tutte le cose che a lei sono sempre piaciute molto. Mare, limonata, pane e aquiloni. 
Il bambino che ci racconta tutto questo è lì che guarda dormire la sua nonna e si interroga su cosa stia accadendo. E allora mette insieme quei pochi elementi che ha a disposizione: le cose strane che la nonna faceva prima di cadere addormentata. Ricorda quando aveva ballato il valzer in salotto con il suo cappello di fiori, oppure quando aveva deciso di fare la zuppa con i fiori del giardino odi quando progettava di andare sulla luna. E ora tutto questo insolito gran dormire.


Ma ancora prima di tutte queste cose strane, la nonna era quella che gli raccontava molte storie, gli comprava molte figurine e gli preparava molte pizzette per merenda e lo abbracciava con molto amore. Tutto questo 'molto' che c'era prima, fa sentire ancora di più il vuoto di questo suo silenzio attuale e lo rende inspiegabile ai suoi occhi. Ma la nonna è lì e lui la guarda con i suoi occhi grandi, sperando di vedere un movimento in lei al sentire che lui cucinerà come lei la miglior pasta al pomodoro al mondo. 


La nonna dormiva da un mese. Poi è arrivato il principe e l'ha svegliata e ora non sogna più. Ora può volare in alto con gli aquiloni, può nuotare nel mare, bere un sacco di limonata e mangiare un sacco di pane....

Va in direzione contraria, la nonna addormentata. Lei ha dormito prima, per poi svegliarsi. Lei da viva sogna e poi parte perché il sogno si realizzi.
Lei se ne va perché un principe azzurro l'ha baciata.
Libri che cercano di spiegare il grande mistero della morte di un nonno, così come deve apparire agli occhi dei bambini, ce ne sono molti. Più o meno riusciti, perché la retorica intorno al tema è sempre in agguato. A parte questo, noi italiani siamo un popolo che dialoga malvolentieri con il tema della morte. Ci piace tanto parlar di malattie, ma quando si tratta di morte, tra grandi, ci ammutoliamo volentieri. Non ci piace parlarne o sentirne parlare: per paura o per scaramanzia cerchiamo sempre di svicolare dal discorso. Riguardo al compito di spiegarlo ai bambini, le cose un poco cambiano. Siamo sempre molto prudenti e scaviamo nel nostro immaginario per trovare metafore sempre nuove per spiegare la scomparsa e per far trovare loro un po' di sollievo nel lutto. I nonni che, di norma, sono i primi a uscire di scena nella vita dei bambini, vanno in cielo e da lì vegliano, si trasformano in ciliegi, diventano piccoli e i bambini li respirano, oppure ammettono la loro stanchezza per aver vissuto intensamente e hanno solo un gran bisogno di fermarsi...
Qui Roberto Parmeggiani (concedetevi due passi nel suo blog) va in direzione contraria: morire è per quella nonna svoltare e andare verso la liberazione. Per quel bambino che rimane, l'assenza assume così un senso diverso e addolcisce il peso della perdita senza ritorno. Forse.
Sono principalmente due le cose che mi hanno colpito di questo libro. 
La prima: l'attentissimo uso del linguaggio e in particolare dell'uso dei tempi dei verbi che, da soli, hanno il potere di cambiare il verso della storia. Ad un presente e a un futuro che portano in sé la prospettiva del bambino proiettato verso un domani, si contrappone con ferma delicatezza un imperfetto che inverte il nostro pensiero in avanti e lo riporta all'indietro. Girando quella pagina, tutti percepiscono (perché nessuno glielo dice espressamente) che la nonna è andata. 

La seconda cosa, invece, la noto nei disegni di João Vaz de Carvalho e, più nel dettaglio, nel gioco espressivo di quel bambino, dai grandi occhi sgranati. Quello sguardo, apparentemente sempre uguale, passa dallo stupore iniziale per questo sonno senza risveglio, dalla perplessità per le stranezze della nonna, alla speranza di riuscire a svegliarla con le sue letture, allo spaesamento davanti a quel letto vuoto e infine al dubbio tanto grande che le cose siano effettivamente andate come gli hanno raccontato. 

Roberto Parmeggiani finisce il suo racconto lasciando la nonna in mezzo a tonnellate di pane che se la gode, Carvalho, invece, si prende una tavola in più -l'ultima- dove quel bambino, come tutti i bambini avrebbero fatto al posto suo, nel silenzio e nella solitudine, guarda la luna e con gli occhi sembrerebbe dire: Forse...

Carla


giovedì 26 marzo 2015

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


ZERO


Se si cerca un'interpretazione originale del concetto generazione 2.0, questo romanzo di Luigi Ballerini, Io sono Zero, lo è sicuramente.
Un interessante incontro fra romanzo di fantascienza e spy story che descrive un'evoluzione futuribile e inquietante del nostro presente digitale.
Zero è un ragazzo di quattordici anni, cresciuto in assoluto isolamento e allenato in una realtà virtuale a diventare il perfetto guidatore di droni, un soldato deprivato di emozioni e perfettamente capace di interagire con la tecnologia più avanzata. A condurre questo 'esperimento' è una rete di congiurati, militari o servizi segreti deviati, che nell'assoluto segreto coltiva sogni di una guerra perfetta. Contro un nemico ipotetico, contro chi si oppone, contro l'umanità.
Non voglio addentrarmi più di tanto nella trama, che scorre veloce e adrenalinica come l'azione che racconta, che si svolge in un frenetico fine settimana.
Mi interessa ragionare con voi sul nostro presente e sui nostri incubi inespressi.
La narrativa fantascientifica dagli anni '50 in poi ha volutamente dato forma alle paure del mondo uscito dalla Seconda Guerra Mondiale: ha immaginato e messo davanti ai nostri occhi orizzonti catastrofici legati alle armi di potenza prima inimmaginabile, come la bomba atomica; ha evidenziato le storture e i possibili orrori di una società di massa spersonalizzante; ha dato corpo, alieno, alle paure del diverso, dell'ignoto; ha immaginato i paradossi dell'intelligenza artificiale, quel 'quasi' umano che viene percepito come una minaccia. E' stata, insomma, una sorta di specchio deformato che consentiva al cittadino uscito fuori dall'atomica e dal mondo concentrazionario, di vedere i limiti, le storture, le inquietudini, di esorcizzarli, in qualche modo di vaccinarsi. Alcuni di questi romanzi hanno avuto un valore profetico.
Da cosa ci sta mettendo in guardia Ballerini? Le implicazioni di un mondo virtuale onnicomprensivo, capace di controllare il comportamento di utenti privi, artificialmente, di qualsiasi senso critico; ragazzi che confondono, plagiati, la realtà con il mondo virtuale; organizzazioni, militari e non, in grado di utilizzare questi strumenti ad insaputa della maggioranza delle persone. Che ci sia del vero in tutto questo, è indiscutibile; che il nostro comportamento sia monitorato, studiato e utilizzato, per esempio a fini commerciali, è noto; potrebbe essere usato anche a fini politici o militari? Forse.
Siamo di fronte ad una svolta dell'umanità, ad una simbiosi fra essa e le macchine che ha costruito, ad una radicale spersonalizzazione dell'individuo? Forse.
L'unico antidoto a questi inquietanti processi, così sembra sostenere l'autore, appare essere una componente altamente rivoluzionaria del comportamento umano, l'empatia legata all'amore materno, incarnato in questa storia da due personaggi antitetici.
Come dargli torto. Ma se davvero questa componente affettiva fosse così forte, non ci sarebbero, né ci sarebbero state, tante guerre, massacri, stupri, torture che invece costellano il cammino dell'umanità.

Eleonora

“Io sono zero”, L. Ballerini, Il Castoro 2015

mercoledì 25 marzo 2015

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

TENERLO PER SEMPRE

Papà sulla Luna, Adrien Albert
Babalibri, 2015


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"La navicella si posa sulla superficie lunare, alzando un nuvolone di polvere. Papà è lì che l'aspetta. Con un salto Maia è tra le sue braccia. 'Ho rischiato di partire senza il mio peluche. Era nascosto sotto il letto, non riuscivo a trovarlo. Sarebbe stato un peccato perché non avresti potuto vedere la pettinatura che gli ho fatto per venire sulla Luna.' 'Mi mostrerai tutto dentro la stazione spaziale', risponde papà."

Maia vive con la mamma sulla Terra, in una casetta vicino al parco. Il papà, invece, abita in una stazione spaziale sulla Luna. Maia per questo fa sempre su e giù. Ormai è una esperta astronauta e parte ogni volta con la sua astronave parcheggiata nel parco: si accomoda sul suo seggiolino, sua madre accende i reattori del razzo e l'emozione della partenza è di nuovo lì. Decollo riuscito, attraversamento dell'atmosfera senza problemi e, raggiunto lo spazio profondo, una volta che il razzo lascia libera l'astronave, essa 'veleggia' nel nero del cielo verso la Luna.


Breve merenda in assenza di gravità, quindi la navicella con Maia si stacca dalla grande astronave a alluna. La stazione spaziale non pare molto diversa da una casa terrestre e anche la vita che si fa là dentro non sembra tanto inconsueta: si mangia, si dorme si gioca, si fa il bagno, si guarda un bel film. Ma una cosa è molto diversa: quel grande telescopio con cui Maia, zoomando, riesce a vedere la sua mamma lontana. Proprio sbirciando lì attraverso Maia vede sua mamma con in braccio un gattino. Maia lo vorrebbe per sempre. Non resta che chiederglielo, una volta tornata alla base.


Tra mamma e papà ci sono 384.000 chilometri e rotti. Bisogna essere organizzati per fare questo continuo su e giù. Maia è una bambina con la valigia in mano che divide il suo tempo tra la casa di mamma e la casa di papà. Al pari di tanti bambini come lei, Maia riesce a trarre da questa distanza, da questa separazione, il meglio che può. La sua allegria e spensieratezza mi pare sia frutto di una serenità raggiunta tra la mamma terrestre e il papà lunare e anche da una sicurezza affettiva che entrambi sanno trasmettere alla piccola viaggiatrice. Tale armonia generale è a tal punto evidente che viene anche il dubbio che tale distanza un giorno non possa essere di nuovo colmata e l'astronave messa per sempre in garage.


Poco importa che Papà sulla Luna racconti di due genitori separati per sempre, o che racconti solo di un loro distacco temporaneo, il fuoco della questione sta proprio nella capacità che gli adulti dovrebbero avere nei confronti dei più piccoli nel tutelarli e difenderli dalla sofferenza che i distacchi portano con sé. Vibra tra le cose non dette un'inquietudine di fondo che anche le migliori pratiche sembrano non poter cancellare del tutto: "Ma quel gattino però lo terremo sempre con noi, vero? Come a dire, in un sotto testo, da lui non ci separeremo, vero?


Palpabile e non fittizia è tuttavia una buona armonia che regna tra i tre. E che, a vederla, trasmette la stessa gioia che si prova quando si incontrano famiglie disgiunte che hanno saputo costruire così bene la loro sfera affettiva che nessun distacco ha potuto minare.
Minuziosa la precisione, pur semplificata, delle procedure astronautiche, quel bel cielo nero lunare che contrasta con quello azzurro terrestre. I risguardi di copertina che alludono al panorama in andata e a quello in ritorno.
Il mare della tranquillità del testo ha un suo corrispettivo nelle tavole che, con il suo segno lineare, le sue ambientazioni piuttosto essenziali e l'attenzione minuziosa al dettaglio, senza mai cadere nella leziosità, mi pare tenga presente i libri di Yuichi Kasano. Originali le prospettive e le inquadrature che passano dalla grande tavola a piena pagina alla sequenza accelerata della striscia del fumetto. 


Il continuo passaggio dal primissimo piano alla panoramica movimenta ogni sequenza: se lo leggessimo in penombra potremmo pensare di essere al cinema.

Carla

martedì 24 marzo 2015

FAMMI UNA DOMANDA!


A CACCIA DI NATURA


Nell'ambito dei libri divulgativi, un posto a parte lo occupano i libri 'pratici', quelli cioè che arrivano alla spiegazione di concetti scientifici attraverso facili, o meno facili, esperienze guidate. Il limite di queste pubblicazioni, che si sono arricchite nel corso del tempo di numerose varianti, è l'artificiosità delle situazioni e l'individuazione di un target un po' limitato di potenziali scienziate e scienziati.
Trovo più divertenti i libri che aiutano genitori ed insegnanti ad indicare un modo apparentemente più semplice, in realtà molto articolato, di avvicinarsi alla natura e ai suoi segreti.
Di questo genere il recente Natura in città. Tante attività da fare fra cortili e giardini, di Fiona Danks e Jo Schofield per Editoriale Scienza: dico che la semplicità è solo apparente perché per metterlo in pratica è necessaria una rivoluzione culturale. Infatti, se frequentando un bosco, o facendo una gita didattica si dà per scontato che in quelle circostanze dovremo 'vedere' gli animali o le piante mostrati dalla guida, per vedere realmente quello che abbiamo intorno, la vita che pullula, si moltiplica, si arrampica, magari sul balcone di casa, bisogna davvero aprire gli occhi su aspetti del quotidiano che di norma non rivestono alcun interesse sia per gli adulti che per i piccoli esploratori; al contrario, pensiamo agli insetti o alle lumache, viviamo queste presenze come inopportune se non nocive.


In un giardino o anche in un terrazzo è possibile fare moltissime osservazioni interessanti, e corredarle di esperienze di facile realizzazione. Qui interviene proprio il nostro libro, che ne propone di vario tipo e di diversi livelli di difficoltà: come fare un ristorante per farfalle o metter su una colonia di lumache; non inorridite, vi assicuro, perché l'ho fatto da bambina, che è un'esperienza divertente e per niente 'sporca'.
Questo è uno dei grandi problemi: avere a che fare con la terra, gli animali sicuramente non corrisponde agli standard igienici che molte mamme si prefiggono, ma anche con questo si può venire a patti, compensati dall'entusiasmo e dalla libertà acquisita da bambine e bambini.


Dalle mangiatoie per uccelli si passa a progetti creativi che utilizzano il materiale naturale, foglie, rami, bacche e quanto si possa trovare con grande facilità.
Non è solo un buon manuale per attività all'aria aperta, anche sotto casa o nel cortile della scuola; questo libro insegna a far proprio il microcosmo che circonda l'affannata vita quotidiana dei nostri pargoli, facendo in modo che ciascuno bambino e ciascuna bambina se ne prenda cura con la consapevolezza che quell'angoletto di verde è un pezzetto del suo domani.
La casa editrice non è nuova a queste proposte e accoglie progetti interessanti e originali, come la piccola collana, curata da Emanuela Bussolati e Federica Buglioni e legata all'Expo, denominata Ci provo gusto; ma sul cibo, la sua cultura, la sua produzione e manipolazione e su questa collana, che ne parla, ritorneremo prossimamente.
Se intanto volete dare un'occhiata a questo libro, il link è questo.


Eleonora

Natura in città. Tante attività da fare tra cortili e giardini”, F. Danks e J. Schofield, Editoriale Scienza 2015


lunedì 23 marzo 2015

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


RAGAZZI CORAGGIOSI

Il giorno degli eroi, Guido Sgardoli
Rizzoli 2014


NARRATIVA PER GRANDI (dai 12 anni)

"Moretti è Silvio, soldato semplice, 84° reggimento fanteria, brigata Venezia. Scava la terra secca per fare una trincea. 'Lo sai cos'è la trincea, Moretti?' gli hanno chiesto appena arrivato al fronte. 'La trincea è la tua tomba. Prima te la scavi e poi finisce che ci muori dentro. La tua umida tomba.' Lo dicono per mettere paura ai nuovi arrivati, ma non sono tanto lontani dalla verità."

I 'nuovi arrivati' sono i ragazzi del '99 quelli che hanno dovuto aspettare e che sono finiti in trincea solo al compimento del loro diciottesimo compleanno: nel 1917, quando oramai la Grande Guerra si combatteva già da due anni.
Questa è la storia di uno di loro, Silvio Moretti.
La partenza, quel mattino del luglio del 1917, segna una cesura tra quello che era il prima e quello che è stato il dopo. Inevitabilmente.
Il suo prima è una famiglia contadina del Piave. Tanti fratelli, un padre, Nane, di poche parole, un mulo sui campi, e una madre, Ada, friulana devota a Dio e alla famiglia. Su sette, tre i fratelli rimasti: Carlo, Aldo e la piccola Lina. Gli altri, angioleti, dice Ada.
Da sempre convinta che sia l'aratro e non la politica che porta il pane, la famiglia Moretti conduce una vita povera, fatta di solo lavoro dalla mattina alla sera quando, finalmente riunita intorno al tavolo, può fare musica con l'armonica di Carlo mentre la vocina di Lina canta vecchie romanze. Scemenze, le definisce il padre, mentre la madre sorride e si riempie gli occhi dei suoi quattro figli rimasti.
La guerra incombe ed è lì a due passi. Nel 1915 è Carlo il primo ad arruolarsi, lo seguirà Aldo, nonostante il suo piede torto e, a distanza di un anno, è il turno di Silvio.
E qui comincia il dopo. La sua vita in trincea, con i compagni con cui condivide la fame, il freddo, i pidocchi e la paura. Silvio comincia a vedere una guerra ben diversa da quella che gli avevano raccontato, da quella che aveva letto sui giornali. Una guerra fatta di lunghe attese, di battaglie perdute per la conquista di poche centinaia di metri. Un nemico a due passi, molto meglio armato, ma altrettanto fiaccato dalla fatica e dalla disillusione di questa guerra che ogni giorno che passa appare a chi la combatte in prima linea sempre più inutile.
I sogni di gloria, lo slancio patriottico che aveva mosso tutti al principio, si sbriciola. E, per chi è al fronte, non resta altro che aspettare che finisca e sperare di riportare a casa la pelle. E per chi è restato a casa, non resta altro che aspettare e sperare che chi è partito torni.

Il contributo di Sgardoli alla causa di celebrare un anniversario importante, il centenario della Grande Guerra, appare lontano dalla retorica e attento a dare di questo conflitto un'immagine autentica e complessa. In una soluzione narrativa insolita, il libro è costruito secondo un punto di vista unico, di Silvio Moretti appunto, ma visto contemporaneamente negli anni prima della sua partenza, e in quello trascorso lungo la linea del Piave. I due flussi narrativi, divisi e alternati, finiscono per intrecciarsi l'uno nell'altro dando così a chi legge la percezione della complessità di un processo storico, raccontato nei suoi presupposti e nelle sue conseguenze. Bella idea.
Il secondo grande merito di questo libro sta nell'aver creato un contesto, anzi due, particolarmente autentici. Il lavoro nei campi accanto ai fratelli, la città dove scappa con Aldo a far borsa nera, l'osteria del Neri dove per molti avviene l'iniziazione all'età adulta, la cucina fumosa della cascina, il davanzale con le castagne di Natale sono 'visibili' e se ne percepisce addirittura l'odore. Lo stesso può dirsi per quella fossa di terra secca, scavata a fatica e in cui cercano riparo quei tanti ragazzi arrivati da ogni parte di Italia con il sogno di difendere la patria. La carrellata sull'umanità che circonda Silvio è altrettanto tangibile. Dal Nane senza una mano, al Sapienza che gira in bicicletta portando notizie, al Rame che porta sul petto il cartellino Fermati indirizzato al proiettile, alla Lina che si innamora di un soldato fuggiasco. Tutti loro sono, ad evidenza, il risultato di una appassionata ricerca fatta di testimonianze, di storie più che di Storia. E questo la allontana da ogni appiattimento e da ogni trappola didascalica e retorica. Il terzo elemento di valore sta nell'aver raccontato l'eroismo dei piccoli, di quelli che non hanno contato nulla, nell'aver mostrato la forza invincibile dell'illusione di coloro i quali hanno creduto che, sventolando il fazzoletto bianco di una madre, tutto potesse finire.

Carla

sabato 21 marzo 2015

PLUMCAKE ALL'ARANCIA

 
La ricetta con cui mi sono presentata su questo blog era tratta dal libro di Lisa Casali Ecocucina. Azzerare gli sprechi, risparmiare ed essere felici (Gribaudo, 2012), libro che come dissi è ricco di spunti interessanti.
Mi era stato regalato e a mia volta l'ho regalato a due amiche, tra cui mia cognata Lorenza, ottima cuoca, che come me ama molto sperimentare e ogni tanto rispolvera i vari libri e prova qualcosa.
Questa volta è toccato al plumcake all'arancia, che si è rivelato un'ottima scoperta. E' facile e veloce da preparare, e in più c'è anche la soddisfazione di non buttare le bucce delle arance.
Unica accortezza è utilizzare arance che non siano state trattate sulla buccia.

Ingredienti
quel che resta dalla spremuta di due arance non trattate
200 gr di zucchero di canna grezzo
3 uova
200 gr di farina
200 gr di ricotta
1 bustina di lievito
sale/burro

Prima di preparare la spremuta lavate bene le arance. Una volta estratto il succo terrete tutto sia le calotte della buccia che la polpa che vi è rimasta sullo spremiagrumi.
Tagliate grossolanamente le mezze calotte e frullatele insieme alla polpa di scarto e lo zucchero.
Versate il composto in una ciotola e unite le uova, la farina e la ricotta, lavorando il tutto fino ad ottenere un impasto omogeneo.
Imburrate o foderate di carta da forno uno stampo da plumcake da circa 24 cm e versatevi il composto.
Cuocere a 180° per 40 minuti. Anche quando sarà perfettamente cotto, la pasta rimarrà un po' umida.
Lasciate raffreddare e se vi va spolverizzate con lo zucchero a velo.

Gabriella



 


venerdì 20 marzo 2015

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


SOVVERSIVI MOLTO SERI


Bella, sorprendente novità, da pochissimo arrivata in libreria: Cantalamappa. Atlante bizzarro di luoghi e storie curiose, del mitico gruppo di scrittori che va sotto il nome di Wu Ming. Collettivo nato da una costola del gruppo Luther Blisset, ha firmato libri come Q, Manituana, Altai e così via.
E ora, fra lo stupore generale, ecco una storia per ragazzi: sicuramente apprezzabile già dagli otto/nove anni, ma credo si possa dire che la fruibilità aumenta con l'età ed è godibilissima anche dal pubblico adulto.
Il pretesto narrativo che fa da cornice ai singoli racconti è dato dalle storie di viaggio di due anziani giramondo, i Cantalamappa, appunto; a raccontare le loro mirabolanti storie un amico, custode temporaneo del Librone dei Viaggi, da cui emergono appunti, mappe, cartoline. Ad una prima lettura gli episodi sembrano la raccolta di episodi storici bizzarri, camuffati appena un po' per rendere il tutto un po' più esotico e per confondere le acque.



Alcuni episodi sono facilmente identificabili, come la storia dell'eresia dolciniana, o il disastro del Vajont; altri sono ben conosciuti, penso alla fuga sul monte Kenya di due prigionieri italiani detenuti dagli inglesi, durante la seconda guerra mondiale. Infine altri sono veramente strani e il dubbio sulla loro veridicità resta. Ogni storia è accompagnata dalla sua mappa, disegnata da Paolo Domeniconi.
Sono racconti brevi in cui la Storia entra sotto forma aneddotica, divertente, paradossale, una corsa spaziotemporale che sembra smarrirsi un po'; ma il filo conduttore c'è e si vede bene, nelle gustose parodie di Benito Mascellone e i Biechi Neri, o del conte Cinovolpe de Smisuratis, costruttore improvvido della diga del Vajont; spesso dati storici e fantasia si mescolano, ma anche questo ha la sua ragion d'essere, con l'invito finale, con tanto di dati cartografici, di andare a vedere, a verificare l'effettiva esistenza dei luoghi nominati.


Gli episodi raccontati non sono certo quelli che si incontrano nei libri di storia, se non per qualche accenno, e, vi assicuro sono tutti interessanti, divertenti il più delle volte, altre drammatici, ma sono sempre spunto di sottolineature e riflessioni che denunciano le ingiustizie, palesano i veri fini di tante avventure, invitano a guardare al passato con l'occhio al mondo di oggi.
Si spazia molto in queste storie, dall'antichità dell'isola di Pasqua, i cui abitanti si sono autodistrutti, al presente dell'isola di plastica, l'ammasso di rifiuti galleggiante che ammorba una grande area dell'Oceano Pacifico.
Anche questo libro per ragazzi e ragazze è un libro 'militante', che dichiara apertamente da che parte sta ed è un bell'esempio di onestà intellettuale e di letteratura civile, di cui, credo, abbiamo tutti un gran bisogno.

Eleonora

Cantalamappa. Atlante bizzarro di luoghi e storie curiose”, Wu Ming, Electa kids 2015


giovedì 19 marzo 2015

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


Squadra cacciafantasmi e la pista di ghiaccio, Cornelia Funke, Fréderic Bertrand (trad. A. Petrelli)



NARRATIVA PER MEDI (dagli 8 anni)

"Il corridoio stretto e freddo sul quale si affacciavano le porte delle cantine era illuminato debolmente e come al solito faticò a infilare quella dannata chiave nella serratura. Quando spinse la porta, questa si aprì con un cigolio sinistro.
Un antro nero e ammuffito si spalancò davanti a lui."

Per Tom è decisamente una giornata storta. Anche perché sua madre lo ha appena spedito nella temuta cantina a prendere il succo di mela. Tom teme quella cantina perché, per usare le parole di Calvino, in quel luogo tetro e pieno di polvere e ragni, ci si sente....
La cantina è infestata da fantasmi. In verità il fantasma è solo uno solo, ma piuttosto spaventoso.
Sfuggito alle sue dita gelate intorno al collo, divincolatosi dalla appiccicosa bava prodotta che gli blocca le scarpe, Tom torna a casa, ma nessuno crede al suo racconto, tranne la nonna. Ma le nonne servono a questo. La sua, addirittura gli dà un utile indirizzo di una sua amica cacciafantasmi, Edvige Rosapepe. Al suo fianco, Tom affronta il terribile abitante della sua cantina e scopre un paio di cose interessanti su di lui. La prima: è lui stesso un perseguitato. La seconda: Ugo, il suo fantasma, parla in un modo assurdo.
Così, alleatosi con il FAMI (fantasma mediamente inquietante) della sua cantina, lo aiuta a scacciare il FAMOR (fantasma molto ripugnante) che gli ha usurpato la lussuosa dimora. A suon di terra di cimitero, profumo alla violetta, con la complicità della nonna, e un po' di biscotti, la squadra composta da Ugo, Tom, Edvige e il suo dado detector ingaggiano una dura battaglia contro il fantasma bullo per riconquistare l'antica dimora del fantasma piccolo.


Racconto, primo di una serie di quattro episodi, che in Germania ha spopolato già dagli anni Novanta e che in Italia fu pubblicato da Mursia. Nella sua edizione originale, illustrato dalla stessa Funke, la squadra cacciafantasmi si compone di buffi personaggi, tra loro molto eterogenei. Una vecchietta, che dall'alto dei suoi anni, ha una consolidata esperienza nel campo della disinfestazione da fantasmi, un ragazzino fifone ma anche coraggioso a suo modo, e un fantasma petulante con un curioso difetto di pronuncia. A loro si affianca una serie di comprimari: una madre sempre un po' troppo nervosa, una sorella maggiore, arrogante quel tanto che basta, un malcapitato produttore di biscotti.
Semplice, dal ritmo serrato, infatti si legge di un fiato, Squadra Cacciafantasmi è stato illustrato nuovamente, ma questa volta a colori, da Fréderic Bertrand e soprattutto ritradotto felicemente da Alessandra Petrelli che ha il merito di aver dato voce insolita e buffa a quel fantasma un po' piagnone, caratteristica che lo rende indimenticabile.
Mito assoluto in Germania, Cornelia Funke anche in Italia è molto conosciuta e amata soprattutto per i numerosi romanzi fantasy per ragazzi più grandi, dalla Trilogia del mondo d'inchiostro, al Il Cavaliere dei Draghi o Il Re dei Ladri, fino ai più recenti Reckless e Fearless.
Dai più piccoli, immagino, sarà apprezzatissimo questo libro, corredato da un glossario per iniziati che rende il racconto roba da esperti Ghostbuster. Non è da tutti sapere cosa sia una Cintura NENÉ o una CLIDECA, e neppure saper distinguere un FAAN da un FAI. Ma a tutti suggerisco di tenersi lontano dai MISAZ perché con quelli non si scherza. Tutt'al più chiamate l'URASP...

Carla

mercoledì 18 marzo 2015

UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)


E ORA PARLIAMO DEL FARE

In apparenza la carrellata di titoli che sto per proporvi concerne la manualistica di tipo più o meno artistico. Come imparare a disegnare, in primo luogo: testi rivolti di solito ai bambini, con una serie di immagini da riprodurre, più o meno semplificate. Altri poi propongono progetti artistici che consentono di utilizzare diverse tecniche pittoriche.
Ma dalla pubblicazione degli Scarabocchi di Taro Gomi, ad opera di Corraini, si è affermato un modo molto più libero di concepire l'apprendimento del disegno: le sue figure abbozzate, anche molto semplici, incomplete, non costituivano un modello di perfezione, un disegno 'giusto', cui il bambino deve uniformarsi, ma una palestra per esercitare la fantasia. Da lì una serie quasi infinita di imitatori, per una tipologia di libro, in cui si richiede di inventare forme e canoni, molto fortunata, con l'elaborazione di interessanti sviluppi: come vere enciclopedie che il bambino o la bambina deve illustrare da sé ,o , fra i tanti, Riempiamo questo libro d'arte, che applica la tecnica dello scarabocchio all'introduzione di proposte legate a pittori dell'arte moderna. Molto ben riuscito.


Qui vorrei parlare degli ultimi sviluppi, che travalicano decisamente il mondo infantile per coinvolgere anche gli adulti.
Due proposte vengono dalla casa editrice Logos, sempre molto attenta al mondo delle immagini in tutte le sue sfaccettature: la collana 20 modi per disegnare..., curata di volta in volta da grafici diversi, è esplicitamente rivolta ad aspiranti disegnatori di tutte le età, ma per quanto riguarda i bambini richiede già una certa dimestichezza con la matita. L'autrice Trina Dalziel, o Zoe Ingram, propone pagine fitte fitte di esempi di rappresentazioni di un soggetto, per esempio un tucano, cui si affianca una pagina bianca lasciata alla fantasia del lettore che si deve cimentare nel copiare e nell'inventare. Interessante vedere come si propongano scelte stilistiche diverse proprio per indurre il lettore o la lettrice a scegliere o creare un proprio stile grafico.


Più recente la collana curata da Sachiko Umoto, chiamata Illustration school. Stesso target, grandi e piccoli che si cimentano con il disegno.
Qui, più tradizionalmente, si illustrano i passaggi che consentono di disegnare che so, un orso, ma il segno, assolutamente 'moderno', l'essenzialità la limpidezza del tratto sono tutto fuorché tradizionali. Si parte da un soggetto e si cerca di dare l'idea di.., immaginando poi le azioni che possono animare quel soggetto.


Infine c'è il vasto mondo dei coloring books, che sta rapidamente contagiando gli aspiranti artisti, ma anche i manager stressati. 

Oppure i manuali che consentono di creare forme e oggetti tridimensionali. Ma di questo, semmai, riparleremo. Non è un caso che su questo terreno, abbastanza marginale all'apparenza, si cimentino case editrici come L'Ippocampo, Logos, Electa Kids, Corraini, tutte indirizzate ad uno standard estetico rilevante.
Nel proporre modelli da copiare o giochi da sfruttare a fine didattico, questi libri non sono mai sciatti, ripetitivi, noiosi, ma propongono modalità sempre diverse che possono incoraggiare il lettore ad intraprendere un proprio percorso. Se i bambini e le bambine hanno desiderio di rafforzare il loro talento con una guida, questi sono libri che riescono a proporre un modello non banale, stimolante, esteticamente valido. Se vogliamo cercare antidoti al brutto che tutto pervade, possiamo passare anche di qui.

Eleonora


Riempiamo questo libro d'arte”, Deuchars Marion, Magazzini Salani 2011
20 Modi per disegnare una farfalla e altre 44 cose volanti”, T. Dalziel, Logos 2015
20 Modi per disegnare una fragola e altre 44 bontà”, Z. Ingram, Logos 2015
Illustration School. Animaletti”, S. Umoto, Logos 2015


martedì 17 marzo 2015

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


La mia invenzione, Silvia Vecchini, Maria Girón
Edizioni corsare 2015


POESIA

"A volte se voglio accenderla
devo spegnere qualcosa.
Per farla andare al massimo
è bene avere qualcosa da guardare
tipo una finestra
o un libro."

Ma questa invenzione la puoi portare anche fuori: in macchina fa nascere pensieri interessanti. E' utile se vuoi ricordare o se vuoi dormire e, nonostante le apparenze, tiene insieme chi si vuole bene. Ma alle volte si rivela un'arma a doppio taglio e la puoi usare per tener lontani gli altri. Di sicuro suggella i momenti più importanti di una vita. Non ne puoi fare a meno se vuoi guardarti da vicino, ma serve anche tanto se dalle cose vuoi prendere distanza.


Ai grandi dà fastidio molto spesso, ma chi è vecchio sa come usarla e non la teme. Agli animali, poi, piace parecchio.
Un unico difetto: al buio fa paura. Ma se un cuore amico batte nei paraggi, lei ti aiuterà a ricordare quando tutto è cominciato ed eri dentro un sacco pieno d'acqua e, a parte quel tum tum tum materno, intorno a te c'era solo un gran ... silenzio.


Era scritta su un foglio di carta e intorno c'era un frastuono che non le rendeva giustizia. Quella è stata la prima volta che l'ho letta. Ironia della sorte: in uno dei posti più lontani dal silenzio che io conosca, la fiera di Bologna, una poesia sul silenzio. Eppure, anche in quelle condizioni avverse, brillava già. Nonostante poesia e rumore non vadano d'accordo.
Al contrario, poesia e libri sono fratelli. Ed ecco allora un luogo accogliente in cui stare.
Il silenzio, come la noia, non è merce dei nostri giorni. Si scappa dal silenzio perché ci mette a nudo, perché ci costringe a fare i conti con noi stessi. È meglio alzare i toni, cercando di dimostrare al mondo che si è vitali, piuttosto che mostrarsi taciturni, quando non si ha niente da dire.
In una sorta di horror vacui del silenzio, horror silentii si può dire, i grandi temono il silenzio per loro e per i piccoli: "Come sei silenzioso, c'è qualcosa che non va?" "Oggi ti vedo silenziosa, hai litigato con qualcuno?" "Che tipo strano quello, è così silenzioso...". È sintomo di disagio, così come lo sono quegli spazi di nulla facenza che si insinuano tra una partita di calcetto e un corso di ceramica e che al più presto vanno colmati.


Eppure un po' di silenzio, come un po' di noia, sono come l'aria: ossigenano il pensiero. Per inventare, per capire, per riposare, per ascoltare, per ricordare, per concentrarsi non si può prescindere dal silenzio. E dunque continuiamo in questo rapporto oscillante e ambivalente con esso: lo fuggiamo e lo cerchiamo, perché alla fine non siamo capaci a fare senza, perché noi da lì veniamo.
Mettere un così bel libro in mano a dei bambini è come accendere una miccia che c'è da augurarsi inneschi un bel fuoco di discussione sul tema. Tra maestre che lo implorano in classe e genitori che lo temono tutto il giorno e lo pretendono dalle nove di sera in poi, che relazione hanno i bambini con il silenzio? È vero che esso suggella grandi amicizie e grandi separazioni? È vero che il silenzio in un bosco accerta che tu sei parte di esso? È vero che nel silenzio si fanno i migliori pensieri?
A parte la copertina che non mi convince, perché troppo rumorosa e che quindi poco comunica del tema, una volta aperto il libro, le due voci si accordano. Fin dai risguardi che di silenzio parlano, invece, apertamente.
Dalle immagini capiamo: voce di bambina che racconta. Con un fratello, alle prese con i molti momenti di silenzio che punteggiano la loro giornata, che si apre con un libro e con un libro si chiude. E in mezzo c'è la vita quotidiana: la complicità di fare il bagno assieme, il gioco degli indiani, guardare lontano con il proprio cagnone accanto. E poi di nuovo lei da sola, avvolta nel silenzio della concentrazione, della contemplazione di un cielo stellato e con il naso all'insù ad occhi chiusi mentre comincia a nevicare e ogni rumore per forza si allontana. 

Maria Girón, illustratrice catalana, avvolta nel silenzio dei media, con un blog fermo e una pagina web che risale a quattro anni fa, ha un gran talento e una sensibilità fuori da comune. Felicissime le interpretazioni che dà del testo. Brava nel cogliere i tanti agganci che il testo le offre e che lei amplifica ogni volta. Mi pare abbia visto e imparato molto da grandi maestri dell'illustrazione.

Carla